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Tra matematica e metafisica - Lo gnomone, chiave di tutti i misteri di Elémire Zolla
Negli anni '60 avevo appena letto
Guénon e la sua idea d'una riforma radicale del pensare mi aveva inebriato.
Comportava un atto preliminare audacissimo, sgombrare tutta la rivolta contro la
metafisica di cui è pervaso il nostro mondo. Mettere fra parentesi l'intera
filosofia successiva a
Leibniz, tornare a utilizzare i concetti tradizionali, che rivoluzione
entusiasmante! Altro che le ebbrezze misere misere degli appassionati di critica
illuminista o peggio, posteriore. Capitò alla fine del decennio che venissi a
conoscere Federico
Codignola: m'invitò a redigere una rivista, La nuova Italia. Ecco che
mi si offriva l'occasione di spartire con qualcuno il proposito utopistico che
mi si era acceso: riunire i pochi conoscitori delle singole materie, disposti ad
applicare i consigli sconvolgenti di Guénon. Nel corso della rivista, vidi
arrivarmi accanto alcuni ragazzi in quelle condizioni. Fra altri il matematico
Paolo Zellini. Aderì con entusiasmo e cominciò a fornirmi i suoi saggi. In
seguito, ebbe una cattedra e la casa editrice Adelphi prese a stamparne le
opere, sicché ormai ha delineato un sistema piano e persuasivo della matematica.
Esce adesso presso Adelphi un suo trattato esemplare, Gnomon. Una indagine
sul numero (pp. 480, L. 60.000). È singolare perché riporta tutto l'inizio
della matematica allo gnomone, basandosi su un frammento di
Filolao: il numero, mettendo tutte le cose in relazione alla sensazione, dà
corpo e distingue i rapporti delle cose, sia nell'infinito che nel finito. Vale
a dire, il numero, confrontato con la sensazione e con l'anima, è il punto
d'abbraccio e di fusione tra conoscente e conosciuto e anche il mezzo per
rendere conoscibili le cose e avvicinarle, stabilendo fra esse amicizia e
accordo. Distingue e definisce i rapporti purché "si pensi secondo la natura
dello gnomone". Questo all'origine fu uno stilo fissato nella terra, la cui
ombra serviva ai Babilonesi a determinare l'altezza del Sole o della Luna. Ma
formava anche una figura a squadra e si venne a denominare gnomone tutto ciò
che, aggiunto a una figura, la rende tuttavia pur sempre simile alla figura
originaria.
Schopenhauer notava che l'intelletto produce simultaneità tra tempo e spazio
correlandoli nella durata, unità di tempo e spazio, di mutamento e invarianza.
Mercé lo gnomone la matematica afferma e ribadisce l'armonia corrispettiva
all'anima, evita di cadere nell'Altro, riconduce al Medesimo, scarta il
disordine. Proclo
rammentava che i numeri svelavano gli dèi e i pitagorici presentavano il calcolo
come iniziazione alla teologia.
Plutarco illustra la concordanza delle teorie numeriche con la mitologia di
Apollo e Dioniso, di Iside. Nel Timeo
Platone parla del Medesimo o dell'Altro, l'uno essendo l'unità, la
singolarità, la forma o idea, l'altro il disordine, il crescere o siminuire che
getta nell'errore. Mercé lo gnomone la matematica salva dall'altro, conferma
nell'unità che è soggetta sì a crescita o diminuzione, ma mantenendo intatta la
sua forma. È alla teoria dello gnomone che ci si riferisce comunque nella teoria
del numero sviluppata nell'algebra araba, di
Cardano e
Bombelli, nell'analisi di
Viète, nella computazione algebrica di
Newton,
Raphson,
Lagrange e
Fourier, anche se tutti costoro dovettero rinunciare a menzionare le
affermazioni di Filolao "per necessità di autoaffermazione". Queste ritegnose
parole racchiudono in breve tutto il sarcasmo che si può immaginare in Zellini.
Da: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/991221b.htm
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