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sono uomini che non sono adatti per l'epoca in cui ...
Ci
sono uomini che non sono adatti per l'epoca in cui vivono. Avrebbero preferito
il Rinascimento, quando Carlo V sosteneva di parlare in tedesco con il suo
cavallo, o la Roma antica, quando i generali si punivano da soli con la morte.
Però, nonostante gli sforzi mentali e non, a costoro non è dato scegliere il
tempo in cui spendere la propria esistenza. La devono subire, come tutti. Elémire
Zolla, nato a
Torino nel 1926, morto ieri mattina alle 11 nel suo ritiro di Montepulciano, era
uno di questi. Romanziere, critico, cultore di mistica, di simbologia, delle
civiltà orientali, conoscitore dell'alchimia, storico dell'anima umana nel
senso lato del termine, ha rappresentato l'intellettuale lontano dalle
segreterie dei partiti in anni in cui molti hanno confuso questi modesti luoghi
con le biblioteche, o con le sedi di ricerca e dei concorsi universitari. Zolla,
insomma, aveva tutte le caratteristiche per finire in quella pagina - è ne
L'inutile bellezza - in cui Guy de Maupassant definisce la categoria degli
intellettuali come quella "degli eterni e miserabili esuli su questa
terra". Comunque Zolla non fu un esule, anzi. Riuscì in molti casi ad
avere i riflettori giusti al momento opportuno, proprio perché rappresentava
l'eccezione da segnalare. Poteva, ad esempio, esordire con il romanzo Minuetto
all'inferno (Einaudi 1956) e vincere il premio "Strega Opera prima"
insieme a Storie ferraresi di Giorgio Bassani. Riusciva inoltre ad avvicinarsi
alla Scuola di Francoforte e poi sapeva criticare acutamente la civiltà di
massa con due libri che restano tra i suoi migliori: Eclissi dell'intellettuale
(1959) e Volgarità e dolore (1962) che videro la luce presso Bompiani. E infine
si congedò dalla critica quando tutti vi si gettarono come pesci lessi; si
diede alla metafisica, ovvero a quelle che chiamò "fonti sapienziali
extra-storiche". Ci riuscì con un'opera monumentale che è ancora oggi
utile, ovvero con l'antologia I mistici in cui c'è anche il lavoro e lo
straordinario gusto di Cristina Campo (uscì da Garzanti nel 1963; è stata
ristampata in due volumi da Adelphi nel 1997). Nel 1964 ecco la Storia del
fantasticare (Bompiani), nel '75 Le meraviglie della natura , un saggio dedicato
all'alchimia (ora ristampato da Marsilio). Non
tutto finisce qui. C'è uno Zolla che si occupa di sciamanesimo, uno che si
dedica a J. Petru Culianu, studioso rumeno della gnosi (c'è il saggio numerato
edito da Tallone), uno infine che approda - siamo alla fine degli anni Novanta -
da Mondadori e pubblica libri dalle alte tirature come La nube del telaio o La
filosofia perenne . È quello che poco dopo, per lo spirito dei tempi o perché
tutti dobbiamo campare, presenzia al "Maurizio Costanzo Show". Di
questo Zolla abbiamo visto molto e conosciamo troppo poco per scrivere. Quello
che ringraziamo e a cui siamo debitori è lo studioso che dirigeva una rivista
edita da La Nuova Italia e che cessò le sue pubblicazioni negli anni Settanta:
si chiamava Conoscenza religios a . Su quelle pagine si poteva riflettere grazie
ai contributi di Abraham Joshua Heschel, di Marius Schneider (memorabile un suo
intervento sul numero 1 del 1969 dedicato a La simbologia della danza ), di
Cristina Campo, di Mircea Eliade, di altri autori che allora erano considerati
reazionari. Si trovavano poesie degli indiani d'America o ricerche sulla
simbologia dell'asino nelle religioni, inediti di alchimisti o notizie sui
mistici renani o russi, saggi di filosofia orientale, congetture su Dioniso o su
Iside. Lì i riflettori non si accesero. Erano pagine troppo intelligenti per
attirarli. Da Adelphi c'è il saggio su Lo stupore infantile (1994) e nel 1998 questo editore ristampò un libro che nel 1971, quando uscì, fece digrignare non pochi denti ma oggi non suscita più alcuna reazione, anche se resta un'opera che è il caso di leggere: si tratta di Che cos'è la tradizione . Il prossimo, che Zolla aveva già consegnato ad Adelphi e che uscirà in autunno, ha come titolo Discesa agli inferi e resurrezione . È un viaggio nel regno dei morti, nelle varie concezioni che gli uomini hanno elaborato intorno ad esso. Strana coincidenza: il suo esordio fu il ricordato Minuetto all'inferno . Quel luogo, fisico o metafisico che sia, egli lo tenne vivo nelle sue opere. Lui, comunque, ha lasciato scritto che desidera essere cremato e aveva chiesto poche notizie, se non il silenzio, intorno alla sua fine. Ha cercato di evitare gli inferni di questa terra. Per quelli culturali c'è riuscito abbastanza bene; per gli altri è il caso di ricordare che sulla porta di casa sua ha scritto le seguenti parole (citiamo a memoria): non parcheggiate automobili qui davanti, perché la mia salma dovrà passare di qua.
Da: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/020531a.htm
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