in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
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«Il Gazzettino»
http://www.gazzettino.it/

Venerdì, 31 Maggio 2002

Lo studioso torinese si è spento ieri pomeriggio nella
sua casa di
Montepulciano, all'età di 72 anni
Elemire Zolla, sciamano della filosofia
Esordì come narratore vincendo lo "Strega" nel '56 per
poi occuparsi di misticismo

di ANDREA TAGLIAPIETRA



Elémire Zolla è stato uno dei massimi studiosi
italiani del pensiero della
"Tradizione", di quello che, con una fortunata
espressione, il compianto
Furio Jesi definiva il "linguaggio delle idee senza
parole".

Con il termine "Tradizione", scritto con la "T"
maiuscola, si intende
l'architettura archetipica che regge, in una coerente
unità spirituale, i
simboli delle religioni e delle culture d'Oriente e
d'Occidente. Zolla era
convinto che al di sotto delle differenze fra le
culture, che animano gli
incontri, le mediazioni e i conflitti di quella che
chiamiamo storia delle
civiltà, esistesse una metafisica unitaria, una
"filosofia perenne", per
dirla con Leibniz, che, come un fiume carsico,
attraversava i saperi e le
credenze degli uomini delle varie epoche e e delle
diverse regioni del
pianeta. Questo sapere, antichissimo ed originario, la
cui eco si avverte
al fondo di ogni grande sistema di pensiero
dell'umanità (religioso,
mitologico, filosofico, artistico, ecc.), si
contrappone, in Zolla, come in
molti altri esponenti del Tradizionalismo del
Novecento, all'ideologia
tecnico-scientifica della modernità.

Se il mondo moderno si regge sui dualismi costitutivi
di soggetto e
oggetto, di intelletto e sentimento, di mente e corpo,
di spirito e
materia, ma anche su quello, cardinale, di razionalità
e irrazionalità,
ecco allora che la "filosofia perenne" si propone come
dissoluzione di
tutte queste separazioni, come supremo sapere della
ricomposizione e della
riconciliazione.

Nei suoi scritti, intessuti di sapiente ma mai noiosa
erudizione, Zolla
sapeva riunire in un'unica costellazione le visioni di
poeti zen, di saggi
taoisti, di monaci buddhisti, di maestri di karate e
di yoga, ma anche le
geniali e spesso sconosciute intuizioni dei grandi
"classici" del pensiero
occidentale, come Platone, Aristotele, Meister
Eckhart, Goethe,
Schopenhauer, Bachofen, Baudelaire, Nietzsche,
Heidegger. Per Zolla la
dualità di ragione e irrazionalità, che, dal tempo dei
primi filosofi
Greci, attanaglia l'Occidente, ha prodotto
innumerevoli danni alla nostra
cultura. Il più grave, forse, è stato quello di far
diventare l'uomo
occidentale sempre più prigioniero della sua della sua
soggettività e del
suo "ego", rendendolo incapace di di varcare le
frontiere
dell'individualità per entrare in contatto con
l'essere autentico che lo
fonda. Invece, questa esperienza è ancora concessa
all'uomo delle grandi
religioni orientali, come il buddhismo e l'induismo,
dove viene insegnato e
praticato il superamento della separazione di
conoscente, conoscere e conos
ciuto, dove l'io può congiungersi e infine fondersi
con l'universo.

La "mente naturale", che il sapere della "filosofia
perenne" insegna, è la
condizione mistica che consente all'uomo di
raggiungere uno stato di
abbandono simile al confine evanescente fra la veglia
e il sonno. Qui,
notava Zolla, alla fine del percorso iniziatico del
sapere tradizionale,
solo l'attenzione è viva, mentre le superstizioni e le
leggi che dominano
nella morale e nell'ordine dei fenomeni svaniscono nel
pulsare ritmico
della vita, nell'unità del Tutto. Infatti, "unica base
della ragione" è,
per Zolla, "la comunanza fra chi osserva e ciò che
osserva", la fusione con
la natura. Pagine bellissime, del resto, ha scritto
Zolla sugli animali e
sull'insegnamento mistico che da essi possiamo trarre.
"L'animale più
dell'uomo", leggiamo in "La nube del telaio", "è
prossimo all'Uno".
Infatti, "la felicità completa altro non è che una
condizione animale",
perché "l'animale ha un'esperienza interiore più
schietta dell'umana e,
quando subisce lo scatto della furia, non se ne
compiace. Non rivanga né
rimesta il carico dei ricordi, né fantastica.
Dell'esistenza rappresenta
l'essere che la fonda, il principio e il fine".

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