"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
Nato
a Torino nel 1926, Elémire Zolla
è morto giovedì nella sua casa di Montepulciano, dove viveva da molti anni,
fra quelle colline senesi che considerava un «insegnamento ininterrotto, una
melodia perpetua, una scoperta ubriacante», come raccontava a Doriano Fasoli in
Un
destino itinerante. Conversazioni tra Occidente e Oriente, edito
da Marsilio nel 1995. Saggista e critico tradizionalista, professore di
letteratura americana prima all'università di Genova e poi a «La Sapienza» di
Roma, in quella stessa cattedra che fu, prima di lui, di Mario Praz. Fu un
pensatore anti-progressista o meglio antimodernista, si interessò alle culture
e alle religioni orientali cercando di rintracciare sempre, sotto la superficie
delle differenze, simboli, segni e figure che avvicinassero l'Oriente e
l'Occidente. Un percorso di difficile e controversa catalogazione che lo portò
dalle origini di anglista ad approdare alle dottrine esoteriche e mistiche fino
all'alchimia. In difesa di una spiritualità, secondo il suo pensiero soffocata
dal materialismo moderno. Avvicinandosi alla Scuola di Francoforte per poi
criticare con nettezza la civiltà di massa con due testi che restano tra i suoi
più importanti: L'eclissi
dell'intellettuale
(del 1959) e Volgarità
e dolore,
entrambi pubblicati dall'editore Bompiani. Una traiettoria che comprende
l'uscita per Adelphi, nel 1971, di un libro che all'epoca suscitò non poche
polemiche, Che
cos'è la tradizione
(che lo stesso editore ristampò nel 1998). Una requisitoria contro le ideologie
totalitarie, soprattutto quelle di segno progressista, in cui Zolla rintracciava
una sorta di degenerazione satanica dell'Illuminismo. La sua produzione di libri
e saggi è vastissima. Una delle sue opere più note resta senza dubbio I
letterati e lo sciamano, testo
del 1969. Nel 1978, sulla scia del pensiero del filosofo di destra Oswald Spengler
autore del libro Il
tramonto dell'occidente
edito a Monaco nel 1917, Zolla scrive il libro Gli
usi dell'immaginazione e il declino dell'occidente.
Del 1997 è la ripubblicazione in due volumi per Adelphi del libro I
mistici dell'Occidente.
Del 1999, stavolta per Einaudi, è il volume Il
dio dell'ebbrezza: antologia dei moderni dionisiaci.
Numeroso è l'insieme dei saggi da lui raccolti che sono stati editi in numerosi
volumi, relativi alla figura del Superuomo (nicciano) nella letteratura europea
e nord-americana. Zolla vede incarnati nel Parsifal e nel Tannhauser il
prototipo del super-uomo. In una introduzione scrive: «Il culto delle forze
distruttive non basta da solo a definire lo stregone `maligno', essendo proprio
infatti anche del mistico scivaita che tali forze adora per purificarsi d'ogni
identificazione col divenire e sciogliersi compiutamente da se stesso. Lo
stregone `maligno' e il superuomo invocano viceversa la distruttività per
esaltare fino al delirio perpetuo l'io che hanno prima quintessenziato
riducendolo alla sua smorfia più atroce». Da ciò si capisce quanto Zolla sia
stato lontano da una corretta interpretazione della figura del Superuomo di
Nietzsche. Secondo il grande filosofo tedesco non
esistono fatti, ma solo interpretazioni e
pertanto il Superuomo come titolare della volontà
di potenza,
viene pensato come quel soggetto capace di dare interpretazioni del mondo e cioè
di conferire, attraverso la sua lettura energetica e avvalorante realtà a
quello che pensa e a quello che fa: nuovo demiurgo moderno. Zolla
è anche autore di romanzi come Minuetto
all'inferno
(Einaudi 1956) con il quale vinse il premio Strega riservato alle opere prime e Cecilia
o la disattenzione
(1961), penetrante e ambiguo ritratto psicologico. Una
delle sue ultime opere pubblicate è il saggio edito da Adelphi Lo
stupore infantile.
Lo scrittore aveva consegnato un ultimo testo dal titolo: Discesa
agli Inferi e resurrezione"
che sarà in libreria (sempre per Adelphi) il prossimo autunno.