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A ricordo di
Elémire Zolla

a cura di Moreno Neri

 


Elémire Zolla

 

Il Sacro e la tradizione
perenne contro i falsi miti del progresso e
dello pseudo-illuminismo

 

 di Vittorio Vanni

 

Giovedì 30 maggio alle ore 17 è deceduto Elémire Zolla, nella Montepulciano dove aveva voluto passare gli ultimi anni della sua vita. Nato a Torino il 8 luglio 1926, fu allievo di Mario Praz, fino a sostituirlo, alla sua morte, nella cattedra di letteratura anglo-americana della Sapienza di Roma. Studioso insigne della tradizione, i suoi interessi si volsero in questo vastissimo campo, in particolare sul misticismo, la magia, l’alchimia ed il Sufismo, in cui intravedeva una persistenza, rara nell’esoterismo, della tradizione orale ed elitaria, l’unica che non produca degenerazioni nei concetti iniziatici. Critico del mondo moderno, sulla scia dei grandi tradizionalisti quali Guénon, Evola, Coomaraswamy, Schuon, Eliade ecc., nel 1971 quando al vecchio mondo immobile ed obsoleto si credette di poter sostituire paradigmi altrettanto obsoleti e oscuri, volle scrivere un testo, Che cos’è la tradizione, che differenziasse ciò che è eterno da ciò che è transeunte. La sua opera, profonda ed inquieta, esplorò culture lontane nello spazio e nel tempo, nella diffidenza verso un Occidente ed una modernità sempre più lontana da una spiritualità che - innata nell’uomo – nel nostro ciclo storico, l’età oscura è negata e sottilmente indirizzata verso degenerazioni perverse e strumentali. La grande intellettualità di Elémire rimane nelle sue  opere, quella spirituale nel deposito cosmico ed universale dei Maestri passati. Noi massoni possiamo solo abbassare i nostri labari abbrunati, con rispetto, riverenza e commozione, verso un testimone vigile ed un attore importante del tempo dell’attesa, fino a che la grande rivoluzione solare ritorni al suo punto d’inizio, al momento eterno dell’oro spirituale.

 

(da “Erasmo Notizie” – n. 11 – 15 giugno 2002)




Il ricordo nel cimitero di
Montorio a Montepulciano

 

Martedì 9 luglio a Montepulciano si è svolto, in forma strettamente privata, la commemorazione d’Elémire Zolla, da parte della vedova, Maria Grazia Marchianò, docente di estetica all’Università di Arezzo. Erano presenti circa cinquanta persone fra amici, discepoli, colleghi, parenti, fra i più vicini all’insegnamento ed alla personalità del Maestro. Dopo una lettura di brani dell’opera d’Elémire, riferenti al tema della scomparsa e dell’insussistenza dell’individuo, la professoressa Marchianò ha celebrato l’antico rituale induista dei defunti, che prevede tre suoni cristallini di campanello, tre giri intorno alla salma in senso orario, tre invocazioni alla pace, fra gli effluvi densi dell’incenso. Francesca Menchini, suonatrice di flauto, ha suonato alcuni brani musicali fra cui i temi vivaldiani 1,4,3 dell’opera 8, ed il violinista girovago Simon Scott alcune arie celtiche. L’offerta di sciarpe votive al grande tradizionalista, da parte dei discepoli, ha terminato la cerimonia. In rappresentanza del Grande Oriente erano presenti i Fratelli Silvio Calzolari e Vittorio Vanni.

 



Elémire Zolla, studioso della Tradizione

 

Ad memoriam

 

di Silvio Calzolari*

 

Quanto mi sarebbe più gradito parlare ancora oggi con Elémire Zolla anziché scrivere di lui. Mi è difficile tracciarne un profilo per mantenere viva nella memoria quella sua immagine così bonaria e, nel contempo, autorevole e battagliera. Conobbi Elémire diversi anni fa ad un Convegno d’orientalisti: parlammo di sciamanesimo e di estetica giapponese. Era un uomo che sapeva cogliere la bellezza delle cose con la fantasia di un bambino. Era però un logico assoluto. Aveva una mente limpida ed una volontà di osservare il mondo con una razionalità quasi adamantina. Con Elémire vinceva sempre la ragione; la profonda cultura ed un atteggiamento di tolleranza nei confronti degli altri, gli permettevano di enunciare il suo pensiero con una fermezza lungi da qualsiasi arroganza, mantenendo il suo spirito aperto alla comprensione di chi per altra cultura ed altre esperienze, si discostava dalla sua strada. Zolla non era, come è stato scritto sui giornali nelle settimane dopo la sua morte, un irrazionalista, un mistico ispirato, era piuttosto un filosofo, un esoterico ricercatore, teso a trovare una soluzione all’eterno dualismo, fra ragione e irrazionalità, del pensiero occidentale. Tentava di superare la polarità dell’essere per tendere alla pura unità e cercava di dare una risposta a quali rapporti esistono tra religione, mistica e Tradizione. La ragione arriva al suo limite là dove comincia il vero Assoluto, e Zolla cercava un accesso razionale alla realtà mistica e religiosa e pensava di averlo trovato nelle filosofie e religioni dell’Asia. Ma l’Oriente di Zolla non aveva niente di esotico; anzi era una chiave di interpretazione (con una trasposizione di punti di vista) del mondo occidentale con i suoi sogni ed i suoi miti. Zolla osservava così il mondo e le cose sotto una nuova luce, quasi gli fosse concesso d’uscire al di là di tutte le culture e le civiltà, al di là d’ogni “muro delle idee”, nell’etere interculturale. Tale trasposizione agiva in lui come un elettroshock dello spirito, lo risvegliava dall’assolutismo etnocentrico in cui tendiamo volentieri a cullarci. Di assoluto, per Elémire c’era soltanto l’uomo. Dalla tradizione occidentale, Zolla aveva ereditato il rigore, il dubbio metodico, la vocazione filosofica; ne sono prova alcuni scritti giovanili come Orrore e Utopia, apparso su “Lo Spettatore Italiano”, dove introducendo in Italia la Scuola filosofica di Francoforte, portò negli ambienti intellettuali d’allora la sua critica incalzante alla modernità. Zolla riteneva che l’Illuminismo avesse raggiunto il suo culmine filosofico e letterario nell’opera del marchese de Sade, e che i totalitarismi del XX secolo ne fossero il naturale esito politico. Anche alcuni saggi successivi, come l’Eclisse dell’intellettuale (1959), rimasero improntati alle tematiche care alla Scuola di Francoforte, con la sua critica acuta alla civiltà di massa. Ne Le Origini del Trascendentalismo (1963), si avvicinò invece al demonismo puritano per poi affrontare i temi della scelta religiosa di Emerson, la fede delle comunità religiose nella nascente nazione americana, gli influssi di Emanuele Swedenborg ed il pensiero utopico che porterà alla fondazione delle prime comunità trascendentaliste. È un libro, a mio avviso, assolutamente necessario per capire lo sviluppo della Massoneria americana. In seguito Elémire Zolla si avvicinò alla metafisica, alle “fonti sapienziali extra-storiche”. Lo fece nel 1963 con la monumentale antologia dei Mistici dell’Occidente, riproposta anche recentemente da Adelphi. Zolla studiava i mistici, ma si tenne sempre ben lontano dal misticismo, era semmai un monaco, un indagatore della Sophia perennis, un attento studioso della dimensione gnostica e spirituale della conoscenza. In questi anni si avvicinò all’orientalismo, al Sufismo persiano, alla medicina ayurvedica indiana, all’alchimia del Taoismo cinese, al Buddhismo, al pensiero del Vedanta, alla sotterranea corrente sciamanica che sembra collegare idealmente la sapienza occidentale a quella orientale. Nel 1975 uscì il saggio su Le Meraviglie della Natura, dedicato all’alchimia, dove iniziò a parlare degli archetipi: “La via dei Nomi di Dio è quella della scuola gnostica, ma l’alchimia è anche appannaggio della scuola illuminazionista, che sente gli archetipi come figure senza potenza e senza materia piuttosto che come Nomi (...). L’alchimista stabilisce un contatto fra il suo spirito e quello dei metalli grazie all’archetipo che impronta e una parte del suo spirito e lo spirito del metallo”. Sulla dottrina degli Archetipi tornerà a parlare anche successivamente, negli anni ’80, quando scrisse in inglese il manuale di metafisica Archetypes, dove affrontò il tema degli archetipi politici “dalla caduta di Troia agli accordi di Yalta”. Il suo concetto d’archetipo era tratto dal Vedanta e dai commentari del filosofo indiano Shankara, e serviva per indicare il punto inesteso di mediazione tra l’Uno ed il molteplice. Insieme ad Aure (1985) e all’Amante Invisibile (1986), Archetipi compone una trilogia, dove il nostro filosofo espose un vero e proprio sistema di individuazione delle forze psichiche e cosmiche che reggono e strutturano la storia dell’uomo. Nel 1989 scrisse anche un saggio sull’Androgino, l’umana nostalgia dell’interezza; “(...) In una prospettiva metafisica l’incontro con l’androgino è sempre stato inevitabile. Quando la mente si innalza al di sopra dei nomi e delle forme, non può che toccare il punto in cui anche le divisioni sessuali vengono superate”. E’ un testo straordinario, che invito alla lettura dei Fratelli Massoni perché nel nostro Tempio tutta la simbologia sotto la volta a stelle presenta un aspetto dualistico e tutto indica l’esistenza dei due poli, positivo e negativo che creano il movimento essenziale ai fini della manifestazione. L’androgino rappresenta il punto centrale, di massimo equilibrio, delle due forze che si uniscono nel mondo degli elementi. Per quattordici anni Elémire Zolla curò la rivista Conoscenza Religiosa, edita dalla Nuova Italia che cessò la pubblicazione nell’83, dove accolse saggi di Borges, di Quinzio, di Corbin, di Marius Schneider, di Mircea Eliade. e molti altri ancora. Si occupò anche di occultismo e Cabala ebraica, di Sofiologia e di metafisica dell’icona, della saggezza dei nativi dell’America del nord, di cosmogonia norrena e di rune anglosassoni. Zolla era ispirato da una voglia insaziabile di conoscenza percorse tutte le vie del pensiero senza limiti e conformismi. Era uno spirito libero molto critico nei confronti della modernità ma anche attentissimo al nuovo mondo della realtà virtuale, che in qualche modo, collegava alla tradizione della costruzione degli universi mentali, interiori, della tradizione buddhista (specialmente tibetana). Fu nemico di ogni ideologia totalitaria, e nonostante il cliché di uno Zolla reazionario e scrittore di destra, il nostro autore fu piuttosto un liberale, avverso al fascismo e ad ogni sua derivazione. Fu uno studioso della Tradizione (si legga il bel saggio del 1971 su Che cosa è la Tradizione? che destò, alla pubblicazione, gran scandalo). Fu proprio l’amore per la Tradizione che lo portò lontano ad incontrare religioni e culti più o meno noti. Già ora, a distanza di poco tempo dalla scomparsa, ci accorgiamo di quanto fosse importante ed insostituibile l’opera di Elémire Zolla filosofo eretico e sciamano d’Occidente. 

 

*storico delle religioni e fratello del Grande Oriente d’Italia

 

(da “Erasmo Notizie” – n. 13/14 – 15-31 luglio 2002)




Da “Autodizionario degli Scrittori Italiani” (Milano, Leonardo Editore, 1989)

 

Zolla Elémire

 

Nacque a Torino il 9 luglio 1926. Suo padre, Venanzio, era nato in Inghilterra da padre lombardo e madre alsaziana; aveva studiato pittura, dedicandosi alla maniera di Whistler, dipingendo dame in kimono, venendo quindi in Italia, con la moglie inglese e stabilendosi a Torino, dove aveva un gruppo di allievi (fra loro era anche Argan). La madre, Blanche Smith, sapeva suonare ogni strumento, ma preferì l’organo.

Zolla crebbe isolato nella casa paterna, parlando naturalmente inglese, francese e italiano, studiando in seguito il tedesco e lo spagnolo. Dipingeva e sonava il pianoforte. Messo a scuola, imparò l’arte di fingere, di occultare i sentimenti, disprezzò quanti gli stavano d’attorno. Non incontrò se non fascisti in Italia; lo sollevava l’espatrio frequente, il soggiorno in Inghilterra o a Parigi. Cominciò a leggere fitto; a scuola riuscì facilmente.

Fu in Italia durante la guerra, uno dei rari periodi di quieta ricchezza per suo padre; notò che a poco a poco la gente divenne meno fascista. Ricorda l’arrivo degli alleati a Torino, esattamente come l’aveva immaginato da dieci anni.

Seguì la facoltà di legge a Torino, che aveva qualche professore capace, e anche qualche sperimentatore di sciocchezze strutturalistiche. A ventidue anni si ammalò di tisi e fu per morire; durante la malattia scrisse un romanzo, che uscì nel 1956: Minuetto all’inferno (Einaudi) ed ebbe il premio Strega opera prima. Aveva parecchio stampato negli anni precedenti, sulla rivista «Letterature moderne» di Flora e «Il pensiero critico» di Cantoni, in seguito sullo «Spettatore italiano» e infine, a partire dal 1957, su «Tempo Presente». Erano saggi sui maggiori autori del Novecento, che egli tentava di riunire in una specie di luogo ideale, distante dalle contaminazioni politiche; escluse la presenza, fra loro, di Joyce. Gli scrissero Eliot e Thomas Mann, per consentire.

Nel 1957 si trasferì a Roma, dove per breve tempo ebbe parte nella redazione di «Tempo Presente». E di allora un nuovo romanzo, Cecilia o la disattenzione (Garzanti).

La raccolta dei suoi saggi, in parte ispirati alla Scuola di Francoforte, Eclissi dell’intellettuale (Bompiani, 1959, premio Crotone), ebbe parecchie riedizioni e traduzioni. Era una negazione, destinata a non poter essere generalmente accettata, e tutto il sistema dell’industria culturale, nel quale si rifletteva la tendenza del pensiero nato dopo il capovolgimento hegeliano. L’opera formulava il sottinteso invito ad abbandonare il mondo quale è stato conformato dal potere di questo pensiero: i maggiori autori degli ultimi due secoli sono stati capaci di questo esodo.

L’anno dell’uscita di quel libro era cruciale: Zolla fu anche chiamato a insegnare all’università di Roma, specie per l’intervento di Mario Praz, e incontrò Cristina Campo, con la quale visse fino alla morte di lei nel 1977.

Uscirono varie opere negli anni successivi, specie un’antologia, I mistici dell’Occidente (Garzanti, 1963, riedito nel 1980 da Rizzoli in sette volumi). La tradizione mistica era qui documentata come il luogo segreto dove si era affermata nei millenni l’uniformità permanente di una metafisica immutevole, negazione radicale del mondo in quanto tale, ancor prima che esso assumesse l’aspetto moderno. Presso Bompiani uscirono i saggi successivi: Storia del fantasticare e Le potenze dell’anima. Nel 1966 Zolla vinse il concorso a cattedra e andò nel 1967 a insegnare a Catania, per passare quindi a Genova, dove rimase fino al 1974, insegnando oltre a letteratura angloamericana anche filologia germanica.

Nel 1968 da un viaggio nel Sudovest degli Stati Uniti ricavò una storia dell’immagine dell’Indiano, I letterati e lo sciamano (1969, Bompiani, nel 1988 rielaborato, Marsilio). L’opera ebbe una risonanza notevole negli Stati Uniti.

Il periodo che andò dal 1968 al 1980 vide Zolla isolato e aborrito in Italia dalla classe che aveva afferrato il potere; egli si dedicò a viaggi in India, in Indonesia, in Corea e soprattutto in Iran. A poco a poco, dopo la pubblicazione di Che cos’è la tradizione (1971) e della vasta dissertazione alchemica Le meraviglie della natura (1975), cessarono i rapporti con Bompiani. Rimase viva però, in qualche modo, la collaborazione al «Corriere della Sera».

Zolla tornò con notevoli opposizioni a insegnare all’università di Roma nel 1974. Cominciò a scrivere in inglese. Uscì in Inghilterra e in America Archetypes (1980), seguito da The Androgyne (1981). Dopo il 1980 in Italia mutò la situazione politica, l’opposizione a Zolla parve in gran parte dissolversi. Egli sposò nel 1980 Grazia Marchianò. Riprese a scrivere in italiano e uscirono presso la Marsilio Aure (quattro edizioni, 1985), L’amante invisibile (premio Ascoli Piceno, 1987), Archetipi (premio Isola d’Elba e Mircea Eliade, 1988), Verità segrete esposte in evidenza (1990).

Aveva diretto dal 1969 al 1983 una rivista, cui fece collaborare gli autori che gli parvero in qualche modo salvarsi dalla generale decadenza, «Conoscenza religiosa» (La Nuova Italia), e in quel periodo formulò la metafisica esposta in Archetipi: essa gli parve il dono che poteva lasciare, soluzione rigorosa e pacificante d’ogni questione filosofica, capace di salvare dall’influsso delle ideologie moderne e di far partecipare alla gioia che dalla maturità in poi egli sentì pervadere la sua vita.

 


 

 

Bibliografia essenziale *

a cura di Moreno Neri

 

Minuetto all’inferno, Torino, Einaudi, 1956

Eclissi dell'intellettuale, Milano, Bompiani, 1959

I moralisti moderni, Milano, Garzanti, 1959

La psicanalisi, Milano, Garzanti, 1960

Cecilia o la disattenzione, Milano, Garzanti, 1961

Volgarità e dolore, Milano, Bompiani, 1962

I mistici dell’Occidente, Milano, Garzanti, 1963

Le origini del trascendentalismo, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1963

Storia del fantasticare, Milano, I ed. Bompiani, 1964; 2. ed. riv. e amp. Milano, Bompiani, 1973

Le potenze dell’anima : Morfologia dello spirito nella storia della cultura, Milano, Bompiani, 1968

Che cos'e la tradizione, Milano, Bompiani, 1971; nuova ed. Milano, Adelphi, [1998]

Le Meraviglie della Natura : Introduzione all’alchimia, I ed. Milano, Bompiani, [1975]; nuova ed. amp. Milano, Marsilio, 1991

I mistici dell'Occidente, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1976-1980; nuova ed. riv. Milano, Adelphi, [1997]

Aure : i luoghi e i riti, Venezia, Marsilio, 1985

Il sincretismo, Napoli, Guida, 1986

L’amante invisibile : l’erotica sciamanica nelle religioni, nella letteratura e nella legittimazione politica, Venezia, Marsilio, 1986

L’esotismo nelle letterature moderne, Napoli,  Liguori, 1987

Archetipi, (trad. con interventi e aggiunte dell'A., di: Archetypes dall'inglese di Grazia Marchianò), Venezia, Marsilio, 1988; ed. tasc. Venezia, Tascabili Marsilio, 1994

I letterati e lo sciamano. L’indiano nella letteratura americana dalle origini al 1988, Venezia, Marsilio, 1988

Le porte regali : Saggio sull'icona di Pavel Florenskij, (a cura di Elemire Zolla), Milano,  Adelphi, 1990

Verita segrete esposte in evidenza : sincretismo e fantasia, contemplazione ed esotericità, Venezia, Marsilio, 1990

Tre discorsi metafisici : (1898-1990), [con letture critiche di D. A. Conci, I. P. Couliano, P. Di Vona, G. Marchianò, E. Rasy], Napoli, Guida, [1991]

La luce : La ricerca del sacro in America, [Alpignano], Tallone, 1992

Il Bosco Sacro : percorsi iniziatici nell'immaginario artistico e letterario (con Marina Maymone Siniscalchi), Foggia, Bastogi, stampa 1992

Uscite Dal Mondo, Milano, Adelphi, 1992

Joan Petru Culianu (1950-1991), [Alpignano], A. Tallone, 1994

Lo stupore infantile, Milano, Adelphi, [1994]

Incontro con l’androgino : L’esperienza della completezza sessuale, Como, Red, 1995 (trad. dall'originale inglese The androgyne : fusion of the sexes, London, Thames & Hudson, 1981); I ed. sotto il titolo L’androgino : l’umana nostalgia dell'interezza, Como, Red, 1989

Le tre vie, Milano, Adelphi, [1995]

Un destino itinerante : conversazioni tra Occidente e Oriente, (con Doriano Fasoli), Venezia, Marsilio, 1995

La nube del telaio : ragione e irrazionalità tra Oriente e Occidente, Milano, Mondadori, 1996

L’ultima estetica prima che l’arte dilegui : Che cos’e il sadismo, Alpignano, Tallone, 1997

Il dio dell’ebbrezza : antologia dei moderni dionisiaci, Torino, Einaudi, [1998]

La filosofia perenne : l'incontro fra le tradizioni d'Oriente e d'Occidente, Milano, Mondadori, 1999

Catabasi e anastasi : discesa nell'Ade e resurrezione, [Alpignano], Tallone, 2001

 

* NdC: Non sono indicati i saggi in “Conoscenza religiosa”, nonché le varie prefazioni e introduzioni, tra cui è doveroso segnalare quelle de Il signore degli anelli: trilogia di John Ronald Reuel Tolkien (edizione italiana a cura di Quirino Principe, Milano, Bompiani, 2000) e de Le opere di Donatien Alphonse Francois Sade, scelte e presentate da Elémire Zolla (Milano, Longanesi, 1961).

 

 

Da: http://www.lamelagrana.net/letture5/zolla.html

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