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Elémire
Zolla, viandante nel segno di Dioniso
La
scomparsa dello studioso di culture orientali che aveva esordito vincendo lo
Strega nel 1956 di Ugo Leonzio
Con un
paradosso che a Elémire Zolla
sarebbe forse piaciuto, si potrebbe dire che con la sua scomparsa si sia estinta
una razza di scrittore che da noi non è neanche esistita, se si eccettua
Giuseppe Tuccim il grande tibetologo. Di che razza si tratta? In genere, per
cavarsela alla svelta si invocano quelle sintetiche gabbie culturali simili a
protesi, dalle quali Zolla e i suoi radi ma sicuri compagni di strada
rifuggirebbero come da una malattia dello spirito.
Inutile elencarle, qualsiasi categoria vi viene in mente.
La qualità di un artista come Zolla è la sua imprendibilità, la
capacita dì essere sempre virtuale in ogni passaggio decisivo della vita,
lasciare che ogni esperienza magari drogata, sublime o Dionisiaca si manifestasse
non da sola ma come la parte di un fitto enigma in cui ci si doveva perdere.
Perdersi non è facile, soprattutto in una società intellettuale dove
tutti, con molta indulgenza, riescono a ritrovarsi e senza essersi mai
perduti. Io non so se, una volta entrato nell'enigma della sua mente, Zolla
abbia mai voluto uscirne. Aveva
capito che il viaggio non concedeva soste né riposo e soprattutto non c'erano
fermate intermedie. Mi spiego
meglio: Qualcuno che avesse seguito puntigliosamente la carriera di questo
artista della mente quale era Zolla, e ne avesse letto puntigliosamente tutta
l'opera si troverebbe a mal partito se volesse riassumerla, in qualche modo
stringerla in una sintesi, indicare un punto stabile o più alto o acuto, come
si sceglie una poesia o un romanzo dall'opera di un autore amato. La singolarità
dell'opera di Elémire Zolla è che non si può scegliere perché si dovrebbe
rinunciare a qualcosa di più decisivo che sta proprio lì accanto, nella pagina
successiva o in quella precedente. Il
viaggio di Zolla nella vita era sostanzialmente il prodigioso enigma che invece
di diradarsi cresceva di giorno in giorno, di libro in libro facendo apparire
più intensa e lontana la natura della bellezza e, se esiste, della verità.
Se esiste... E' inutile chiedersi se, adesso che Zolla ha terminato la
prima parte del suo viaggio, qualche bagliore di verità possa apparirgli o se
quell'enigma così disperante e fecondo, almeno per i suoi lettori, continuerà
a spingerlo sempre più avanti. Zolla
conosceva bene il Libro
dei morti tibetano e a me personalmente fa piacere immaginarlo mentre, fra
tre giorni, inizierà il suo viaggio nel Bardo, nella dimensione oltremondana
che aveva inseguito nella realtà più pesante e fumosa del nostro mondo. Esperto
di ricerche mistiche occulte ed esoteriche in tutte le culture del mondo,
aveva trovato in quelle orientali la porta stretta che permetteva di dare una
sguardo all'Altra Parte. Sapeva bene,
quindi, che una volta lasciato che gli elementi del corpo tornassero alla terra,
la mente avrebbe dovuto fronteggiare se stessa, non in una dimensione aliena, in
un paradiso o in un inferno ma in quella zona grigia o luminosa che avevamo
preparato in vita. Senza più l'ausilio
del corpo la mente libera il suo inconscio e finalmente incontra se stessa,
pacifica o crudele, serena oppure avida, ostile e piena di paura, In
questo passaggio difficile e tormentoso cui nessuno, probabilmente, potrà
sfuggire, io credo che Elémire Zolla incontrerà la sfida più avvincente,
quella per cui si era preparato lungo il corso della sua vita.
Chi ama il viaggio non cerca tanto la conoscenza dei luoghi, le origini
o i misteri, la bellezza o di orrori. Quelli sono i viveri che consentono di
proseguire il viaggio, sono le stanze dentro cui è lecito riposarsi e sognare.
Ma per i veri viaggiatori, come Zolla , quello che viene inseguito e ci
si fa inseguire, è la Morte: Il Dio dell'ebbrezza cosi caro a Elemire non
rivela solo il piacere estremo e non tanto recondito che la realtà della
vita sa offrirci ma è soprattutto un guardiano in attesa davanti a una di
quelle porte di cui anche Kafka ha cosi spesso parlato.
Dioniso offre l'ebbrezza come viatico per il viaggio che ci attende e che
quasi tutti vorrebbero rimandare. Ma
c'è una categoria, direi una razza, di viaggiatori che vuole conoscere il
segreto dei segreti, il cuore dei cuori, mentre è ancora viva, perché esiste
questa leggenda fin dal primo dei libri conosciuti, la saga di Gilgamesh, che
chi incontra la morte da vivo diventa immortale. I libri di Elemire Zolla riflettono come in uno specchio i vari frammenti di questi incontri con il segreto della morte. A volte ne descrivono la voce o il volto, spesso il portamento, la capacità di perdersi per qualche istante nella danza o nel canto o in un raga indiano intonato nel cuore della notte in un «ashram» o ai bordi di un lago, di un fiume sacro o di un monte sulla cui vetta è dato a qualcuno di scorgere Shiva o Dolma o tutti gli dei e i Buddha che abbiamo sognato e inseguito nel tempo. A noi restano i libri di questo singolare, solitario viaggiatore, guide blu per paesi che forse non sono mai esistiti o che si apprestano a sparire insieme al loro autore. Essi testimoniano, come splendenti graffiti, un tempo felice dove i libri creavano il mondo e i poeti della mente, come Elemire Zolla, incontravano gli Dei.
Da: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/020531h.htm
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