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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

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4 giugno 2002

ELEMIRE ZOLLA, IL PENSATORE CONTRO TUTTE LE CORRENTI
di Riccardo Garbetta

 

ROMA\ aise\ - Con la scomparsa di Elémire Zolla, avvenuta giovedì scorso nella sua casa di Montepunlciano, esce di scena non soltanto uno dei più grandi saggisti italiani, ma anche una delle figure più nobili e atipiche di intellettuale del nostro tempo. E forse l'espressione "del nostro tempo" a lui non sarebbe piaciuta, proprio perché in qualche modo egli incarnava una forma di pensiero anacronistico, avverso com'era oltre tutto all'esigenza di modernità affermata da quasi tutte le correnti del XX secolo. La pretesa di essere moderni risponde alla necessità, o all'illusione, di innovare rispetto al passato attraverso l'adesione alle mode del tempo, seguendo e condividendo le scelte dettate dal gusto, dalle teorie del momento. Questa inclinazione ad assecondare le tendenze dominanti nauseava Zolla, che tra l'altro vedeva in essa una pericolosa accettazione del conformismo, giacché essere alla moda è uno dei tanti modi per omologarsi, per rientrare in schemi che non consentono in definitiva alcuna vera originalità.

Essere contro la modernità per Elémire Zolla tuttavia non equivaleva alla difesa della tradizione, giacché con pari convinzione egli polemizzò con tutte le formule volte a imporre valori consolidati e imprescindibili a partire proprio dai concetti di patria, di famiglia o fedeltà alla nazione che da fanciullo negli anni Trenta si era sentito imporre sotto il regime fascista. Un'infanzia, la sua, per altri versi molto fortunata, in quanto favorita, nel processo di formazione - come egli stesso teneva a precisare allorché era invitato a parlare di sé - dalla distrazione dei genitori artisti (pittore il padre, pianista la madre), persone politicamente indifferenti e troppo prese dal proprio lavoro per occuparsi del figlio e influenzarne le scelte. Questo disimpegno educativo della sua famiglia fu considerato da Zolla assolutamente fondamentale per la libertà e lo sviluppo del suo orientamento culturale.

Autore di opere importanti e ardite, quali Eclissi dell'intellettuale, I letterati e lo sciamano, Lo stupore infantile, Zolla sosteneva soprattutto l'essenza di un sapere che fosse espressione di una verità unica e universale, una verità da conseguirsi astraendo dagli interessi particolari contingenti e dalle divisioni operate dagli uomini nel corso del tempo.

Essenziale fu per lui prendere quindi distanza non solo dalla modernità e dalla tradizione, ma anche dalle masse, dalle istituzioni, dalle chiese tutte, oltre che da qualsiasi schieramento politico, sempre in considerazione del fatto che l'appartenenza a qualsiasi ideologia è un vero e proprio impedimento alla conoscenza della verità. E non fu un caso se nel corso della sua ricerca egli incontrò la mistica, disciplina alla quale sembrò essere per certi versi quasi predestinato. In effetti, I mistici dell'Occidente, uscito negli anni Settanta, è il libro che, nel ripercorrere la storia dei pensatori più illuminati a partire dai pitagorici fino al XVIII secolo, segna una delle tappe più significative della sua riflessione.

Zolla dichiarò di aver dovuto interrompere la sua antologia alla fine del Settecento perché nelle epoche successive non aveva incontrato nessuna figura di pensatore in cui poter ravvisare l'intensità intellettuale di un mistico; come se la Rivoluzione Francese e le idee illuministiche che si diffusero rapidamente in tutto l'Occidente avessero reso impossibile al pensiero di calarsi nelle zone più profonde della sua riflessione. Importantissima, a questo proposito, la precisazione in più occasioni ribadita da Zolla riguardo alla natura stessa della mistica, da intendersi non come atteggiamento spirituale necessariamente in rapporto con l'esperienza religiosa (molti mistici in effetti sono laici) quanto piuttosto con la speciale profondità di un pensiero che si riallaccia a una verità prima e fondante.

Una verità - è questa la constatazione straordinaria di Zolla - che resta identica e costante in tutti i mistici senza distinzione alcuna, a prescindere sia dall'epoca storica che dall'ambiente geografico in cui essi si trovarono a vivere. E se i mistici di ogni tempo e latitudine affermano una stessa cosa, di conseguenza la verità non potrà essere che una sola. Conclusione, questa, in perfetta consonanza con quella che è stata definita "filosofia perenne", formulata da Pavlel Florenskij, teologo del primo Novecento che l'Italia ha potuto conoscere proprio grazie ad Elémire Zolla. Con filosofia perenne si designa una filosofia che per affermarsi non ha bisogno di negare o contrapporsi a un'altra. Una forma di conoscenza, in altri termini, che si precisa e definisce esclusivamente nell'affermazione di un'unica, sostanziale verità. (riccardo garbetta/aise)

 

Da: http://www.aise.it/archivio/archiviocultura/1997/c02151.htm

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