|
|
Il pensiero che oltrepassa la parola di Doriano Fasoli Elémire Zolla, già professore di letteratura
anglo-americana presso "La Sapienza" di Roma e indiscusso conoscitore
a livello mondiale delle filosofie orientali (in particolare dell'induismo e del
buddhismo, oltre che delle tradizioni esoteriche in genere), ha appena dato alle
stampe un nuovo libro: La filosofia perenne. L'incontro fra le tradizioni
d'Oriente e d'Occidente (Mondadori). Ha anche curato di recente, per Einaudi,
Il dio dell'ebbrezza, una preziosa antologia dei moderni Dionisiaci: da Nietzsche
a Freud, a Benjamin,
ad Artaud, Benn,
Michaux, Landolfi...
In essa, l'autore de Le tre vie (Adelphi) tenta di uscire dalla dicotomia
droga-astensione. «Come tutti i dualismi è una trappola deformante. Ho
procurato di alzare una triade, l'astinenza e l'ebbrezza drogata sono sormontate
dalla liberazione». «Pavel Florenskij mi travolse perché difese una filosofia ortodossa e perenne, in uno stile che non era più filosofico, ma arroventato, confessionale. Era convinto da Platone, perciò capace di scrivere ad un amico lettere appassionate e dottissime, dove la filosofia perenne si dispiega in maniera trionfale». Arriviamo adesso a «Il dio dell'ebbrezza»: dove ha vissuto le esperienze più dionisiache? «In India. Nelle prime pagine del saggio introduttivo, ho elencato alcuni episodi di dionisismi indiani. Un'attraversata nella foresta accanto a Cochin, nel cuore della notte, quando mi si pararono accanto nel buio fitto alcuni squarci fulminanti di luce: mercatini dove si sciorinavano sui banchetti le erbe più odorose, le immagini più seducenti di dei, e i venditori scivolavano di banchetto in banchetto scintillando con la pelle sudata. La vista dei templi nei dintorni di Madras, dove i sacerdoti offrirono lo spettacolo della loro devozione di pulitori di lingam nel pieno della loro ubriachezza». Come nacque Dioniso? «Dalla coscia del padre Zeus. Una nascita capovolta; l'uomo compie l'opera femminile e materna; non a caso Dioniso sarà androgino». L'incontro con Nietzsche è stato determinate per lo sviluppo del suo pensiero. «L'incontro con Nietzsche avvenne per me assai tardi. Per anni non ne tenni conto. Adesso lo leggo e penso d'averlo penetrato; la sua filosofia è tra le premesse che consentono di ravvisare l'illuminismo nella sua natura più intima. Aveva acquistato da ragazzo la certezza che il tempo è un concetto deforme, che la storia non può essere altro che un sistema d'errori. Di colpo tutto il suo passato familiare crollò: la cristianità della famiglia, il culto della storia si disfecero. Non aveva ancora vent'anni e s'insediò fuori del tempo! Da allora gli era garantita per tutta l'esistenza una estraneità radicale al suo ambiente e alla sua epoca. Ravvisò, affrontandola dal suo punto di vista rigorosamente filosofico, la comicità di tutte le fedi che lo circondavano e uno sguardo fulmineo all'antica Atene, al sacerdote maggiore di Dioniso seduto in trono sul proscenio tragico o comico, gli svelò tutto dei misteri dionisiaci, quindi la natura ultima della tragedia e della commedia antiche». Verso quale direzione muove ora la sua ricerca? «Non è che io mi dedichi a ricerche. Leggo, di quando in quando un passo mi si rivela, allora seguo le implicazioni di ciò che s'è così offerto all'attenzione, lo sviluppo. Ma non è una ricerca: non sono io a spingermi innanzi, sollecitato dal senso dell'avventura e della scoperta imminente e che genero tutto il fenomeno!».
Da: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/990620g.htm
|
|