Chiamato a dirigere
nel 1969 da Federico Codignola la rivista Conoscenza religiosa della
Nuova Italia, riunì intorno a se un vortice di persone che assunse il teorema
della trasmissione conoscitiva, la paràdosis gnostiké, come un
implicito programma di guruship. Fece conoscere in Italia autori come Tolkien,
Florenskij, Dickinson, Barnes, Schneider, Hescel, Hampate-Ba. Dopo una
breve e vaga adesione al pensiero della Scuola di Francoforte, la svolta
decisiva per lui avuta a seguito dell’antologia dei mistici d’occidente a
cui si dedicò, fino al distacco dall’Occidente con Aure: “Fuorché tra
antiche pietre non si cerchino aure in Occidente: la civiltà che ha smarrito
la nozione di illuminazione e la scienza del ritmo” (1981), fino a dire che
le cose “non si fanno, accadono a partire da certi movimenti del cuore”.
In omaggio alla sua opera riporto la trascrizione di una storica registrazione
su radio tre Rai tenuta nell’aprile del 1993, Paesaggi con Figure,
programma a cura di Gabriella Caramore.
Beh io ebbi una fortuna, che credo abbastanza rara. Dei genitori
incredibilmente distratti, non si apprendevano a me, cioè non avevano
l’impressione di dover ricavare qualcosa da me o di dovermi instillare
qualcosa, non mi facevano insegnamenti come in genere i genitori ritengono di
dovere di fare.
La maggior parte della gente si lamenta di avere avuto genitori distratti,
lei invece se ne fa motivo d’orgoglio
Ne fui ben felice, mi lasciarono completamente a me stesso, così si facevano
avanti, dicevano qualche parolina, ma senza troppo impegno, senza poi badarci
tanto; ed è quello di cui ha bisogno un bambino, ha bisogno di questo stare
fuori perché ha molto da fare, ha macigni da trasportare, ha l’intero mondo
da organizzare…
Forse tra i meriti dei suoi genitori che erano distratti come lei dice vi
era il fatto che suo padre era pittore, e sua madre era musicista e non lo so
se questo in qualche può avere contato…
Questo fatto sì li distraeva abbastanza, li teneva attenti a quello che
dovevano fare…
Ma oltre a distrarli c’è anche il fatto che fosse cresciuto tra
immagini, suoni…
Sì questo mi giovò sicuramente, ho sentito quasi tutto il repertorio per
pianoforte sin dai primi anni, avevo imparato quel che si può imparare
osservando un pittore anche questo sin dai primi anni, quindi questo tipo di
esperienza lo ebbi in pieno e mi giovò poi nella vita potere ricorrere a
queste memorie così consolidate
Quindi c’è una educazione precoce all’armonia, alla bellezza, alle
forme…
All’interesse per queste cose…
Senta, invece più avanti altri elementi che lei abbia sentito come
formativi, incontri, persone, letture?
Persone no! nessuna persona che mi abbia colpito in qualche maniera
nell’infanzia o anche più tardi…i maestri a scuola li ritenevo piuttosto
uggiosi e tentavo di evitarli il più possibile, d’altra parte a scuola non
c’erano difficoltà, imparavo con una certa facilità, sicché la scuola non
ebbe una gran parte se non di rivelarmi un mostro che mi sarebbe toccato poi
di affrontare.
Qual era questo mostro?
Il mostro era l’atmosfera italiana, quel tempo…
Dunque stiamo parlando degli anni…
Nacqui nel '26 a Torino, sicché negli anni 30 cominciai a guardarmi
d’attorno…
E questo mostro che volto aveva?
Allora era un mostro fascista! Non che l’Italia si redima diventando
antifascista, questo non l’ho mai creduto, però certamente da fascista era
parecchi seccante e per un bambino che voleva starsene tranquillo e non
disturbato dalla retorica generale questo mostro poteva essere ossessivo.
Questo bambino cosa percepiva di questo mostro? L’ossessività?…
Intanto la retorica era profusa a piene mani nella scuola dove andavo a
Torino…questo bisogno di sentire l’esaltazione della truppa, esaltazione
dell’onore, tutte queste cose che non venivano nemmeno spiegate, erano
istillate così con l’interazione costante e con l’aria trasognata. Cosa
poi che mi è servita come allenamento, perché poi nella vita non mi è
capitato di esser sedotto da questo tipo di esaltazione. Poi m’interessava
quel pochino di giustificazione che tentavano di fornire gli educatori, per
esempio quel tipo di perorazione patriottica…per cui mi studiai tutto ciò
che c’era di disponibile sull’idea di nazione, di popolo, sull’ideologia
che veniva ammannita, e quindi studiai parecchio di politica e tutto quello
che potevo raggiungere lo assimilavo e giunsi così al mio uso interno a una
specie di vago, generico liberalismo da bambino, con il quale mi serviva
buttar via tutta questa immondizia che mi veniva rovesciata addosso nella
scuola o nelle conversazioni generali…perché io devo dire che Torino passa
per esser stata antifascista, giuro che da bambino non vidi altro che fascisti
fanatici attorno a me, e tornavo a casa felice di non essere più fulminato da
queste perorazioni patriottarde, in casa non se ne parlava, erano del tutto
indifferenti alla vita politica i miei genitori, semmai erano un pochino
antifascisti, io invece ero un piccolo fanatico e me ne vergogno, mi
disgustava talmente questo tipo di perorazioni patriottiche e sviluppai una
resistenza impenetrabile.
Quindi il suo era un acceso antifascismo…
E da bambino sì ahimè, quanto tempo mi hanno fatto sprecare in sentimenti
così inutili…
Sentimenti inutili, però anche lei ci diceva delle informazioni poi…
Eh sì mi sono fatto poi una certa cultura diciamo politica
Ecco, perché anche la piccola cultura politica poi mi sembra l’abbia in
anni un pochino più maturi di adolescenza e giovinezza aiutato a prendere
visione non solo di questo mostro fascista ma anche ad avere una idea della
modernità come le sembrava allora configurando e quale poi si è venuta in
lei a capire con il tempo…come una idea molto precisa…
Mah io come dico sono uscito da questa prova, aggiungiamo poi che spesso si
andava via, si abitava fuori, si abitò per due anni in Inghilterra, a Parigi,
sicché non fui sempre sottoposto a questa pressione, tanto più la pressione
mi veniva a sembrare una assurdità, qualcosa di innaturale e di deleterio. In
genere dunque non ero permeabile alle parole d’ordine, a tutte le parole
d’ordine, in primo luogo a quella che ormai si dimentica che era fondamento
del fascismo così come è stata a fondamento di tutte le altre ideologie che
sono seguite ed è quella della modernità, il dovere di essere alla page, di
essere perfettamente inseriti nel proprio tempo, di amare il proprio tempo, di
seguirne le direttive, e tutto questo non ebbe mai su di me la minima
possibilità di insidiarsi, non ho mai ritenuto di dovermi adeguare al tempo,
semmai spero che il mio tempo si adegui un pochino a me
Se dovesse dire che cosa la distinguesse più radicalmente dalla Scuola di
Francoforte oltre alle cose che ci ha detto…
Beh, mi distinse in modo fondamentale un incarico che ebbi per caso, cioè
l’incarico di fare una antologia dei mistici, mi venne da Citati che
lavorava allora per la Garzanti e volle che facessi un’antologia dei mistici
d’occidente e accettai, ma non sapevo che la cosa sarebbe stata fatale per
me!
In che senso fatale?
Perché m’interessavano i mistici, avevo seguito un po’ tutta la
rievocazione delle verità mistiche che c’era stata verso la fine
dell’ottocento in alcuni autori, però non mi ero mai fermato a ridosso,
l’impegno a dover raccogliere tutte le pagine mistiche a principiare dai
pitagorici, raccogliere tutti i grandi mistici greci e romani, poi passare
dalla perfezione dei neoplatonici fino ai nuovi mistici che nascevano dal
ceppo cristiano, e via via a seguire questo sviluppo della mente mistica dallo
pseudoDionigi fino alla fine di questa grande fioritura che avviene non a caso
alla fine del Settecento. Tutto questo fu per me una esperienza fondamentale
per molti motivi. Prima di tutto m’accorgevo di una serie di verità sempre
espresse alla stessa maniera, quasi dai primordi greci fino alla fine del
Settecento. Io posso sovrapporre i vari mistici perché possono avere visioni
diverse in termini di personaggi, circostanze, però fondamentalmente uguali
perché tutti portano determinati atteggiamenti verso l’essere e il non
essere, verso l’emersione dell’essere dal non essere, nel rapporto tra
l’essere e il non essere, tutto questo è definito in modo costante ed è
l’unico fatto costante della Storia, per cui distinguere i periodi della
storia della mistica è dato e non è dato. Poniamo: nella letteratura indù
che è pervaso da questo sentimento mistico è quasi impossibile determinare
la data delle opere…si sgarra da un secolo all’altro addirittura, anche
nel mondo cristiano è molto difficile stabilire esattamente a quale data ci
si trova, salvo per la qualità filologica del linguaggio, ma non ci sono
altri criteri che ci consentano di determinarlo.
Quindi il tipo di verità espressa lo trovava identico…
Trovavo una verità che non cambiava con il cambiar del tempo oppure cambiava
ma per aspetti trascurabili
Che non cambiava con il cambiar del tempo e neppure deduco da questa
antologia dei mistici con il cambiare delle zone di provenienza…
Non ci sono più osservando questi mistici queste distinzione sulla quale è
basata la concezione generale della storia.
Ecco, ci aiuti a sgombrare il campo da equivoci, vaghezze e da cose con cui
siamo abituati a ragionare. Come conosce la conoscenze mistica?
Conosce attraverso un’intensificazione che porta a concentrarsi sui fatti
fondanti e non sui fatti variamente fondati. Cosa significa questo? Significa
che mi astraggo dalle circostanze generali dalle quali sono impegnato per
ritrovare i punti diciamo eterni, non modificabili, che sono alla radice di
ogni evento. Se io mi trasporto a questo punto con tutto il mio essere ho
quello che si suol dire una visione mistica. Poi la mistica non è legata
necessariamente alla teologia, tutta la mistica buddista per dire non è
legata al concetto di Dio, anzi è espressamente e volutamente atea.
Ma anche attenendoci alla mistica d’occidente, parlando lei anche di
mistici pagani e quindi…
Sì, ma non c’è una differenza di tipo teologico e poi posso trovare ogni
tipo di cristianesimo e ogni tipo di non cristianesimo in questa costanza
della visione mistica.
L’arco della mistica finisce nel settecento?
Finisce. Dopo ci sono esempi molto trascurabili. Per la Francia l’ultimo
grande mistico è De Pierre de Cossada, il quale ci da una versione perfetta
della mistica eterna, dopo di lui in Francia non ritrovo più questa vena…
Cos’è che fa estinguere questa vena?
Che cosa sarà mai? E non sarà la vittoria dell’illuminismo? Cioè la
mentalità illuministica con la rivoluzione francese s’impone con il ferro e
con il sangue, viene diffusa in tutta l’Europa e diventa una costante
d’allora in poi della mentalità europea, tanto è vero che questa
esplosione di sentimenti mistici dopo di allora non ci sarà più. Non volevo
affatto finire l’antologia con il settecento, protesi fra tutte le
testimonianze ma non ritrovai più questa tonalità così sicura, trovai
semplicemente della gente che si adeguava ai canoni ecclesiastici e forniva i
giudici delle santificazioni di ragioni sufficienti, ma non più con quella
tonalità travolgente, né in Inghilterra, né in Francia, né in Italia.
Ecco, allora cosa ha preso il posto della mistica?
Nulla direi. C’è il vuoto da allora, non c’è più la possibilità di
attingere a queste forze straordinarie. Io non è che non abbia cercato, ci fu
un periodo in cui andavo alla ricerca degli ultimi bagliori di questa vitalità
e trovai taluni, specie donne meno uomini, ma donne straordinarie…mi ricordo
una monaca in un monastero laziale che ancora parlava con l’intensità
travolgente di una grande mistica spagnola e però a ridurre per iscritto
quello che lei diceva non venivano fuori della pagine di alta letteratura,
questo non è più dato…si è estinta completamente.
Che cosa l’aura per lei, Zolla?
L’aura è ciò che alona una cosa, che la rende viva, è quell’alone
indicibile perché non si può definire cos’è l’aura di una cosa,
l’emanazione, la prova di vitalità, l’aura può circondare qualsiasi
cosa, una montagna, i fiori, un volto umano.
E’ legata alla bellezza allora?
Sì, però ci può essere un’aura legata a cose sinistre volendo, non è
detto che sia soltanto la bellezza a emanarla, infatti una dea mostruosa può
essere vibrante di un’aura travolgente.
E l’aura può essere anche in chi la coglie?
Non esiste se non c’è chi la coglie, ma non è soltanto di chi la coglie,
esiste anche oggettivamente.
Lei dice anche in Aure che chi abbia consuetudine con la propria
intimità scorge le aure nel mondo esterno, chi si ignora, chi non abbia mai
avuto un sogno fatidico, può passare accanto ad esse e neanche voltarsi.
Il libro Aure nasce per una volontà di negazione. Fu scritto negli
anni in cui in Italia imperversava il terrorismo, in cui era pericoloso
muoversi per le strade, in cui una generazione di folli aveva deciso di
rivoluzionare tutto a forza di scoppi e detonazioni ed eccidi. E non sono mai
stato molto legato all’Italia, io amo moltissimo l’arte italiana, amo
certe consuetudine italiane, certe cucine italiane ma i per sé, la nazione in
quanto tale mi pare costruita un po’ con un collante abbastanza indegno. Non
credo in breve al risorgimento, quindi non sono quello che si chiama un
patriota. Questo legame che tuttavia mi lega all’Italia, in fondo rispetto
le leggi italiane, tento di non ribellarmi troppo e questo collante scomparve
completamente quando l’Italia diventò la nazione più ossessionata dal
terrorismo, quindi parlo degli anni 70, quindi in ogni momento che potevo
scappavo. Dapprima andavo sempre in Iran, poi cominciai a girare, incontrai
mia moglie, incominciammo a girare insieme, lei era stata per tanti anni in
India e quindi cominciai a esplorare l’India con lei ed ebbi degl’incontri
straordinari, si aggiunsero a quelli che ho avuto nell’Iran e poi via via
tutti gli stati dell’Asia più o meno visitai e quasi in ognuno d’essi
incontrai persone memorabili, templi che non posso dimenticare, poi in Italia
la situazione è diventata quasi normale, e ho potuto risistemarmi da queste
parti…quel libro riporta una stagione infernale in Italia ma…
Ma il libro non è affatto infernale, c’è un po’ di malinconia
invece…
Qualche volta quando parlo di ricordi di una Italia diversa, naturalmente
spira qualche malinconia per ciò che andò perduto…
Allora forse abitare a Montepulciano ha il senso di questo ritrovare le
cose perdute, le cose che vorrebbe conservare…
Per ora è un accostamento delle pietre…
Lei accennava, Zolla, agli incontri che ha avuto in questo suo girovagare e
in Aure ne dà molti racconti e forse mi piacerebbe che qualcuno di questi
racconti venisse evocato da lei…se ne ha in mente qualcuno in particolare.
Ho incontrato una quantità di uomini straordinari, gente che valeva la pena
d’incontrare, capace di trasmettere tesori straordinari…
Ma quest’incontri, mi scusi se l’interrompo, avvenivano quasi sempre
per caso?
Quasi sempre per caso, non c’era mai l’indirizzo di una persona da cui mi
sono recato e poi ho trovato meravigliosa. No! li ho incontrato per caso!
Mettiamo, uno dei principali e forse primo di questi uomini straordinari di
questa lunga serie fu Abram Heschel che era discendente di una famiglia
chassidin polacchi molto illustri, riconosciuto generalmente nel mondo
chassidico e lo incontrai per caso, perché frequentavo un ristorantino che
esisteva a Roma tempo fa e dove andava un cabalista e mi facevo istruire da
lui e una sera mi disse: no guardi io stasera sto zitto, ho l’obbligo di
stare zitto, non le dirò mezza parola…io gli domandai perché e lui mi
disse perché qui c’è l’uomo di fronte al quale io ho l’obbligo del
silenzio e m’indicò un uomo che sembrava proprio uscire da una vignetta
colata dell’ottocento, con la barba bianca, con un fare maestoso e che
mangiava in modo rituale, in modo straordinario, da osservare, e questo mi
dice è Abram Heschel, lo avevo sentito nominare vagamente e c’incontrammo a
questa maniera, fummo presentati e da lì nacque un’avventura per me
fondamentale e accanto a lui per anni e anni venni a conoscere per esperienza
diretta, per osservazione immediata la vita dei chassidin polacchi, qualcosa a
cui mi ero avvicinato attraverso mille letture, però senza mai toccarlo,
senza amai averne l’esperienza piena.
E questo fu un primo incontro fondamentale, dopo di che mi sento capace di
intuire qualcosa di quello può essere la vita di un uomo che riferisce tutto
alla sephirot, al divino che si materializza nelle minime cose, nel modo di
riversare l’acqua per lavarsi le mani prima del pasto, quindi ho avuto
questa straordinaria fortuna. Ma uno fra tanti, tutta una serie di
straordinari incontri, alcuni nemmeno viaggiando…un giorno incontrai un
professore di fisiologia punto e basta…però un giorno mi svelò che lui era
il capo di una confraternita zazen e si prodigò in un modo straordinario,
quasi eroico nel comunicarmi tutto quello che poteva dello zen nella settimana
in cui poteva rimanere in Italia, e io avevo un grande desiderio di attingere
a queste conoscenze che possedeva.
Gli scrissi talvolta per vedere se ci si poteva rincontrare. La sua risposta
fu molto zen! Mi mandò tutto l’occorrente per la calligrafia giapponese!
Dovevo imparare molto a scrivere!
Poi invece ci sono gli incontri così non di esperienza, non di persona ma
gli incontri nei testi, nei libri, e anche di questi lei restituisce immagini
di grande intensità…tra le figure che più mi ha colpita in questo suo
ultimo libro, Uscite dal Mondo ,è questa figura di Duncan Derrett…
E’ uno strano uomo, era un uomo molto bizzarro devo dire…era un buon
avvocato inglese e poi ha incominciato a sentire una strana attrazione verso
il diritto indù, anzi verso il diritto indiano che è l’insieme dei diritti
indù, dei diritti islamici, perfino del diritto ebraico. E padroneggiò la
materia, diventò un maestro del diritto indù. A metà della vita incominciò
a scoprire che esisteva un diritto radicalmente diverso, fondato su regole di
ragionamento che non avevano nulla in comune con quelle britanniche o indù,
ed è il diritto ebraico, e gli venne in mente che i vangeli non si potessero
leggere se non accompagnati passo per passo da un avvocato ebreo del tempo e
quindi come aveva incarnato perfettamente l’avvocato indiano incarnò
l’avvocato ebreo del tempo di Gesù e incominciò a rispiegare i vangeli
passo per passo alla luce del diritto ebraico del tempo. Ora siccome di fatto
Gesù combattè il diritto, un gran lottatore contro il diritto, è
impossibile intenderne i significati se non si è un buon avvocato ebreo del
tempo e di colpo tutta la prospettiva dei vangeli cambia di molto, li si legge
in tutt’altro modo, in modi talvolta bizzarri, vediamo il caso del Cristo
intorno all’adultera in cui non risponde non dice una sola parola però si
china a scrivere per terra e che fa Derrett? Comincia a calcolare quale spazio
ha dove scrivere, calcola quante lettere ebraiche si possono disporre in
quello spazio su quella sabbia. Va a finire che riesce a individuare
esattamente il passo dei salmi che poteva citare ed è un passo molto ambiguo
ma che risponde esattamente alla domanda, adesso non ho tempo di spiegare
esattamente e filologicamente come va alla ricerca, ma indubbiamente è
esaltante e a questo modo non c’è episodio dei vangeli che non viene
riletto fondamentalmente.
Sa cosa colpisce di questa indagine che racconta di questa figura?
Ovviamente la singolarità di questo personaggio così genialmente maniacale
ma anche però la seduzione che esercita su di lei, questa sua capacità di
reinterpretare la storia, cioè di…
Di rileggerla! Al modo giusto tra l’altro!