in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

  home page   cerca nel sito   iscrizione newsletter   email   aggiungi ai preferiti   stampa questa pagina    
 

 

  SU DI ME
 Vita       
 Pubblicazioni

 Corsi, seminari, conferenze

 Prossimi eventi
 
  DISCIPLINE
 Filosofia antica       
 Mistica
 Sufismo
 Taoismo
 Vedanta              
 Buddhismo              
 Zen
 Filosofia Comparata
 Musica / Mistica
 Filosofia Critica
 Meditazione
 Alchimia
 Psiché
 Tantrismo
 Varia
 
  AUTORI
 Mircea Eliade       
 Raimon Panikkar
 S.Weil e C.Campo
 René Guénon, ecc.
 Elémire Zolla     
 G.I.Gurdjieff  
 Jiddu Krishnamurti
 Rudolf Steiner
 P. C. Bori       
 Silvano Agosti
 Alcuni maestri

 

La Mistica di Zolla
di Emanuele Giordano

 

Il corpo dell’uomo vuole cibo, la mente assiomi, l’anima l’estasi, così diceva Elémire Zolla, grande conoscitore di letterature del mondo, professore di letteratura anglo-americana e filologia germanica, studioso di mistica, esoterismo, sciamanesimo, di storia delle religioni e simbologia, di alchimia e cabala. Quando si scriverà una storia della cultura italiana dell'ultimo mezzo secolo bisognerà misurarsi con il patrimonio immenso di conoscenze lasciato da Elémire Zolla, a lungo ordinario all’università la Sapienza di Roma, morto il 30 maggio del 2002 nella sua casa di Montepulciano. Di lui si potrebbe dire che seppe assimilare intimamente i mondi da lui esplorati fino a trasformarsi e a costruirsi uno stile di scrittura dedito esclusivamente a raffinare l’eloquio fino a farlo coincidere col cuore. Autore di opere fondamentali come L’amante invisibile, Le meraviglie della natura, Aure, L’Androgino, I Mistici dell’Occidente, Archetipi, Le Tre Vie, Stupore infantile, Uscite dal Mondo, fino all’ultimo suo capolavoro Discesa all’Ade e resurrezione, opera di raro spessore.

Chiamato a dirigere nel 1969 da Federico Codignola la rivista Conoscenza religiosa della Nuova Italia, riunì intorno a se un vortice di persone che assunse il teorema della trasmissione conoscitiva, la paràdosis gnostiké, come un implicito programma di guruship. Fece conoscere in Italia autori come Tolkien, Florenskij, Dickinson, Barnes, Schneider, Hescel, Hampate-Ba. Dopo una breve e vaga adesione al pensiero della Scuola di Francoforte, la svolta decisiva per lui avuta a seguito dell’antologia dei mistici d’occidente a cui si dedicò, fino al distacco dall’Occidente con Aure: “Fuorché tra antiche pietre non si cerchino aure in Occidente: la civiltà che ha smarrito la nozione di illuminazione e la scienza del ritmo” (1981), fino a dire che le cose “non si fanno, accadono a partire da certi movimenti del cuore”. In omaggio alla sua opera riporto la trascrizione di una storica registrazione su radio tre Rai tenuta nell’aprile del 1993, Paesaggi con Figure, programma a cura di Gabriella Caramore.

Così parlò Zolla


Beh io ebbi una fortuna, che credo abbastanza rara. Dei genitori incredibilmente distratti, non si apprendevano a me, cioè non avevano l’impressione di dover ricavare qualcosa da me o di dovermi instillare qualcosa, non mi facevano insegnamenti come in genere i genitori ritengono di dovere di fare.


La maggior parte della gente si lamenta di avere avuto genitori distratti, lei invece se ne fa motivo d’orgoglio


Ne fui ben felice, mi lasciarono completamente a me stesso, così si facevano avanti, dicevano qualche parolina, ma senza troppo impegno, senza poi badarci tanto; ed è quello di cui ha bisogno un bambino, ha bisogno di questo stare fuori perché ha molto da fare, ha macigni da trasportare, ha l’intero mondo da organizzare…


Forse tra i meriti dei suoi genitori che erano distratti come lei dice vi era il fatto che suo padre era pittore, e sua madre era musicista e non lo so se questo in qualche può avere contato…


Questo fatto sì li distraeva abbastanza, li teneva attenti a quello che dovevano fare…


Ma oltre a distrarli c’è anche il fatto che fosse cresciuto tra immagini, suoni…


Sì questo mi giovò sicuramente, ho sentito quasi tutto il repertorio per pianoforte sin dai primi anni, avevo imparato quel che si può imparare osservando un pittore anche questo sin dai primi anni, quindi questo tipo di esperienza lo ebbi in pieno e mi giovò poi nella vita potere ricorrere a queste memorie così consolidate


Quindi c’è una educazione precoce all’armonia, alla bellezza, alle forme…


All’interesse per queste cose…


Senta, invece più avanti altri elementi che lei abbia sentito come formativi, incontri, persone, letture?


Persone no! nessuna persona che mi abbia colpito in qualche maniera nell’infanzia o anche più tardi…i maestri a scuola li ritenevo piuttosto uggiosi e tentavo di evitarli il più possibile, d’altra parte a scuola non c’erano difficoltà, imparavo con una certa facilità, sicché la scuola non ebbe una gran parte se non di rivelarmi un mostro che mi sarebbe toccato poi di affrontare.


Qual era questo mostro?


Il mostro era l’atmosfera italiana, quel tempo…


Dunque stiamo parlando degli anni…


Nacqui nel '26 a Torino, sicché negli anni 30 cominciai a guardarmi d’attorno…


E questo mostro che volto aveva?


Allora era un mostro fascista! Non che l’Italia si redima diventando antifascista, questo non l’ho mai creduto, però certamente da fascista era parecchi seccante e per un bambino che voleva starsene tranquillo e non disturbato dalla retorica generale questo mostro poteva essere ossessivo.


Questo bambino cosa percepiva di questo mostro? L’ossessività?…


Intanto la retorica era profusa a piene mani nella scuola dove andavo a Torino…questo bisogno di sentire l’esaltazione della truppa, esaltazione dell’onore, tutte queste cose che non venivano nemmeno spiegate, erano istillate così con l’interazione costante e con l’aria trasognata. Cosa poi che mi è servita come allenamento, perché poi nella vita non mi è capitato di esser sedotto da questo tipo di esaltazione. Poi m’interessava quel pochino di giustificazione che tentavano di fornire gli educatori, per esempio quel tipo di perorazione patriottica…per cui mi studiai tutto ciò che c’era di disponibile sull’idea di nazione, di popolo, sull’ideologia che veniva ammannita, e quindi studiai parecchio di politica e tutto quello che potevo raggiungere lo assimilavo e giunsi così al mio uso interno a una specie di vago, generico liberalismo da bambino, con il quale mi serviva buttar via tutta questa immondizia che mi veniva rovesciata addosso nella scuola o nelle conversazioni generali…perché io devo dire che Torino passa per esser stata antifascista, giuro che da bambino non vidi altro che fascisti fanatici attorno a me, e tornavo a casa felice di non essere più fulminato da queste perorazioni patriottarde, in casa non se ne parlava, erano del tutto indifferenti alla vita politica i miei genitori, semmai erano un pochino antifascisti, io invece ero un piccolo fanatico e me ne vergogno, mi disgustava talmente questo tipo di perorazioni patriottiche e sviluppai una resistenza impenetrabile.


Quindi il suo era un acceso antifascismo…


E da bambino sì ahimè, quanto tempo mi hanno fatto sprecare in sentimenti così inutili…


Sentimenti inutili, però anche lei ci diceva delle informazioni poi…


Eh sì mi sono fatto poi una certa cultura diciamo politica


Ecco, perché anche la piccola cultura politica poi mi sembra l’abbia in anni un pochino più maturi di adolescenza e giovinezza aiutato a prendere visione non solo di questo mostro fascista ma anche ad avere una idea della modernità come le sembrava allora configurando e quale poi si è venuta in lei a capire con il tempo…come una idea molto precisa…


Mah io come dico sono uscito da questa prova, aggiungiamo poi che spesso si andava via, si abitava fuori, si abitò per due anni in Inghilterra, a Parigi, sicché non fui sempre sottoposto a questa pressione, tanto più la pressione mi veniva a sembrare una assurdità, qualcosa di innaturale e di deleterio. In genere dunque non ero permeabile alle parole d’ordine, a tutte le parole d’ordine, in primo luogo a quella che ormai si dimentica che era fondamento del fascismo così come è stata a fondamento di tutte le altre ideologie che sono seguite ed è quella della modernità, il dovere di essere alla page, di essere perfettamente inseriti nel proprio tempo, di amare il proprio tempo, di seguirne le direttive, e tutto questo non ebbe mai su di me la minima possibilità di insidiarsi, non ho mai ritenuto di dovermi adeguare al tempo, semmai spero che il mio tempo si adegui un pochino a me


Se dovesse dire che cosa la distinguesse più radicalmente dalla Scuola di Francoforte oltre alle cose che ci ha detto…


Beh, mi distinse in modo fondamentale un incarico che ebbi per caso, cioè l’incarico di fare una antologia dei mistici, mi venne da Citati che lavorava allora per la Garzanti e volle che facessi un’antologia dei mistici d’occidente e accettai, ma non sapevo che la cosa sarebbe stata fatale per me!


In che senso fatale?


Perché m’interessavano i mistici, avevo seguito un po’ tutta la rievocazione delle verità mistiche che c’era stata verso la fine dell’ottocento in alcuni autori, però non mi ero mai fermato a ridosso, l’impegno a dover raccogliere tutte le pagine mistiche a principiare dai pitagorici, raccogliere tutti i grandi mistici greci e romani, poi passare dalla perfezione dei neoplatonici fino ai nuovi mistici che nascevano dal ceppo cristiano, e via via a seguire questo sviluppo della mente mistica dallo pseudoDionigi fino alla fine di questa grande fioritura che avviene non a caso alla fine del Settecento. Tutto questo fu per me una esperienza fondamentale per molti motivi. Prima di tutto m’accorgevo di una serie di verità sempre espresse alla stessa maniera, quasi dai primordi greci fino alla fine del Settecento. Io posso sovrapporre i vari mistici perché possono avere visioni diverse in termini di personaggi, circostanze, però fondamentalmente uguali perché tutti portano determinati atteggiamenti verso l’essere e il non essere, verso l’emersione dell’essere dal non essere, nel rapporto tra l’essere e il non essere, tutto questo è definito in modo costante ed è l’unico fatto costante della Storia, per cui distinguere i periodi della storia della mistica è dato e non è dato. Poniamo: nella letteratura indù che è pervaso da questo sentimento mistico è quasi impossibile determinare la data delle opere…si sgarra da un secolo all’altro addirittura, anche nel mondo cristiano è molto difficile stabilire esattamente a quale data ci si trova, salvo per la qualità filologica del linguaggio, ma non ci sono altri criteri che ci consentano di determinarlo.


Quindi il tipo di verità espressa lo trovava identico…


Trovavo una verità che non cambiava con il cambiar del tempo oppure cambiava ma per aspetti trascurabili


Che non cambiava con il cambiar del tempo e neppure deduco da questa antologia dei mistici con il cambiare delle zone di provenienza…


Non ci sono più osservando questi mistici queste distinzione sulla quale è basata la concezione generale della storia.


Ecco, ci aiuti a sgombrare il campo da equivoci, vaghezze e da cose con cui siamo abituati a ragionare. Come conosce la conoscenze mistica?


Conosce attraverso un’intensificazione che porta a concentrarsi sui fatti fondanti e non sui fatti variamente fondati. Cosa significa questo? Significa che mi astraggo dalle circostanze generali dalle quali sono impegnato per ritrovare i punti diciamo eterni, non modificabili, che sono alla radice di ogni evento. Se io mi trasporto a questo punto con tutto il mio essere ho quello che si suol dire una visione mistica. Poi la mistica non è legata necessariamente alla teologia, tutta la mistica buddista per dire non è legata al concetto di Dio, anzi è espressamente e volutamente atea.


Ma anche attenendoci alla mistica d’occidente, parlando lei anche di mistici pagani e quindi…


Sì, ma non c’è una differenza di tipo teologico e poi posso trovare ogni tipo di cristianesimo e ogni tipo di non cristianesimo in questa costanza della visione mistica.


L’arco della mistica finisce nel settecento?


Finisce. Dopo ci sono esempi molto trascurabili. Per la Francia l’ultimo grande mistico è De Pierre de Cossada, il quale ci da una versione perfetta della mistica eterna, dopo di lui in Francia non ritrovo più questa vena…


Cos’è che fa estinguere questa vena?


Che cosa sarà mai? E non sarà la vittoria dell’illuminismo? Cioè la mentalità illuministica con la rivoluzione francese s’impone con il ferro e con il sangue, viene diffusa in tutta l’Europa e diventa una costante d’allora in poi della mentalità europea, tanto è vero che questa esplosione di sentimenti mistici dopo di allora non ci sarà più. Non volevo affatto finire l’antologia con il settecento, protesi fra tutte le testimonianze ma non ritrovai più questa tonalità così sicura, trovai semplicemente della gente che si adeguava ai canoni ecclesiastici e forniva i giudici delle santificazioni di ragioni sufficienti, ma non più con quella tonalità travolgente, né in Inghilterra, né in Francia, né in Italia.


Ecco, allora cosa ha preso il posto della mistica?


Nulla direi. C’è il vuoto da allora, non c’è più la possibilità di attingere a queste forze straordinarie. Io non è che non abbia cercato, ci fu un periodo in cui andavo alla ricerca degli ultimi bagliori di questa vitalità e trovai taluni, specie donne meno uomini, ma donne straordinarie…mi ricordo una monaca in un monastero laziale che ancora parlava con l’intensità travolgente di una grande mistica spagnola e però a ridurre per iscritto quello che lei diceva non venivano fuori della pagine di alta letteratura, questo non è più dato…si è estinta completamente.


Che cosa l’aura per lei, Zolla?


L’aura è ciò che alona una cosa, che la rende viva, è quell’alone indicibile perché non si può definire cos’è l’aura di una cosa, l’emanazione, la prova di vitalità, l’aura può circondare qualsiasi cosa, una montagna, i fiori, un volto umano.


E’ legata alla bellezza allora?


Sì, però ci può essere un’aura legata a cose sinistre volendo, non è detto che sia soltanto la bellezza a emanarla, infatti una dea mostruosa può essere vibrante di un’aura travolgente.


E l’aura può essere anche in chi la coglie?


Non esiste se non c’è chi la coglie, ma non è soltanto di chi la coglie, esiste anche oggettivamente.


Lei dice anche in Aure che chi abbia consuetudine con la propria intimità scorge le aure nel mondo esterno, chi si ignora, chi non abbia mai avuto un sogno fatidico, può passare accanto ad esse e neanche voltarsi.


Il libro Aure nasce per una volontà di negazione. Fu scritto negli anni in cui in Italia imperversava il terrorismo, in cui era pericoloso muoversi per le strade, in cui una generazione di folli aveva deciso di rivoluzionare tutto a forza di scoppi e detonazioni ed eccidi. E non sono mai stato molto legato all’Italia, io amo moltissimo l’arte italiana, amo certe consuetudine italiane, certe cucine italiane ma i per sé, la nazione in quanto tale mi pare costruita un po’ con un collante abbastanza indegno. Non credo in breve al risorgimento, quindi non sono quello che si chiama un patriota. Questo legame che tuttavia mi lega all’Italia, in fondo rispetto le leggi italiane, tento di non ribellarmi troppo e questo collante scomparve completamente quando l’Italia diventò la nazione più ossessionata dal terrorismo, quindi parlo degli anni 70, quindi in ogni momento che potevo scappavo. Dapprima andavo sempre in Iran, poi cominciai a girare, incontrai mia moglie, incominciammo a girare insieme, lei era stata per tanti anni in India e quindi cominciai a esplorare l’India con lei ed ebbi degl’incontri straordinari, si aggiunsero a quelli che ho avuto nell’Iran e poi via via tutti gli stati dell’Asia più o meno visitai e quasi in ognuno d’essi incontrai persone memorabili, templi che non posso dimenticare, poi in Italia la situazione è diventata quasi normale, e ho potuto risistemarmi da queste parti…quel libro riporta una stagione infernale in Italia ma…


Ma il libro non è affatto infernale, c’è un po’ di malinconia invece…


Qualche volta quando parlo di ricordi di una Italia diversa, naturalmente spira qualche malinconia per ciò che andò perduto…


Allora forse abitare a Montepulciano ha il senso di questo ritrovare le cose perdute, le cose che vorrebbe conservare…


Per ora è un accostamento delle pietre…


Lei accennava, Zolla, agli incontri che ha avuto in questo suo girovagare e in Aure ne dà molti racconti e forse mi piacerebbe che qualcuno di questi racconti venisse evocato da lei…se ne ha in mente qualcuno in particolare.


Ho incontrato una quantità di uomini straordinari, gente che valeva la pena d’incontrare, capace di trasmettere tesori straordinari…


Ma quest’incontri, mi scusi se l’interrompo, avvenivano quasi sempre per caso?


Quasi sempre per caso, non c’era mai l’indirizzo di una persona da cui mi sono recato e poi ho trovato meravigliosa. No! li ho incontrato per caso! Mettiamo, uno dei principali e forse primo di questi uomini straordinari di questa lunga serie fu Abram Heschel che era discendente di una famiglia chassidin polacchi molto illustri, riconosciuto generalmente nel mondo chassidico e lo incontrai per caso, perché frequentavo un ristorantino che esisteva a Roma tempo fa e dove andava un cabalista e mi facevo istruire da lui e una sera mi disse: no guardi io stasera sto zitto, ho l’obbligo di stare zitto, non le dirò mezza parola…io gli domandai perché e lui mi disse perché qui c’è l’uomo di fronte al quale io ho l’obbligo del silenzio e m’indicò un uomo che sembrava proprio uscire da una vignetta colata dell’ottocento, con la barba bianca, con un fare maestoso e che mangiava in modo rituale, in modo straordinario, da osservare, e questo mi dice è Abram Heschel, lo avevo sentito nominare vagamente e c’incontrammo a questa maniera, fummo presentati e da lì nacque un’avventura per me fondamentale e accanto a lui per anni e anni venni a conoscere per esperienza diretta, per osservazione immediata la vita dei chassidin polacchi, qualcosa a cui mi ero avvicinato attraverso mille letture, però senza mai toccarlo, senza amai averne l’esperienza piena.
E questo fu un primo incontro fondamentale, dopo di che mi sento capace di intuire qualcosa di quello può essere la vita di un uomo che riferisce tutto alla sephirot, al divino che si materializza nelle minime cose, nel modo di riversare l’acqua per lavarsi le mani prima del pasto, quindi ho avuto questa straordinaria fortuna. Ma uno fra tanti, tutta una serie di straordinari incontri, alcuni nemmeno viaggiando…un giorno incontrai un professore di fisiologia punto e basta…però un giorno mi svelò che lui era il capo di una confraternita zazen e si prodigò in un modo straordinario, quasi eroico nel comunicarmi tutto quello che poteva dello zen nella settimana in cui poteva rimanere in Italia, e io avevo un grande desiderio di attingere a queste conoscenze che possedeva.
Gli scrissi talvolta per vedere se ci si poteva rincontrare. La sua risposta fu molto zen! Mi mandò tutto l’occorrente per la calligrafia giapponese! Dovevo imparare molto a scrivere!


Poi invece ci sono gli incontri così non di esperienza, non di persona ma gli incontri nei testi, nei libri, e anche di questi lei restituisce immagini di grande intensità…tra le figure che più mi ha colpita in questo suo ultimo libro, Uscite dal Mondo ,è questa figura di Duncan Derrett…


E’ uno strano uomo, era un uomo molto bizzarro devo dire…era un buon avvocato inglese e poi ha incominciato a sentire una strana attrazione verso il diritto indù, anzi verso il diritto indiano che è l’insieme dei diritti indù, dei diritti islamici, perfino del diritto ebraico. E padroneggiò la materia, diventò un maestro del diritto indù. A metà della vita incominciò a scoprire che esisteva un diritto radicalmente diverso, fondato su regole di ragionamento che non avevano nulla in comune con quelle britanniche o indù, ed è il diritto ebraico, e gli venne in mente che i vangeli non si potessero leggere se non accompagnati passo per passo da un avvocato ebreo del tempo e quindi come aveva incarnato perfettamente l’avvocato indiano incarnò l’avvocato ebreo del tempo di Gesù e incominciò a rispiegare i vangeli passo per passo alla luce del diritto ebraico del tempo. Ora siccome di fatto Gesù combattè il diritto, un gran lottatore contro il diritto, è impossibile intenderne i significati se non si è un buon avvocato ebreo del tempo e di colpo tutta la prospettiva dei vangeli cambia di molto, li si legge in tutt’altro modo, in modi talvolta bizzarri, vediamo il caso del Cristo intorno all’adultera in cui non risponde non dice una sola parola però si china a scrivere per terra e che fa Derrett? Comincia a calcolare quale spazio ha dove scrivere, calcola quante lettere ebraiche si possono disporre in quello spazio su quella sabbia. Va a finire che riesce a individuare esattamente il passo dei salmi che poteva citare ed è un passo molto ambiguo ma che risponde esattamente alla domanda, adesso non ho tempo di spiegare esattamente e filologicamente come va alla ricerca, ma indubbiamente è esaltante e a questo modo non c’è episodio dei vangeli che non viene riletto fondamentalmente.


Sa cosa colpisce di questa indagine che racconta di questa figura? Ovviamente la singolarità di questo personaggio così genialmente maniacale ma anche però la seduzione che esercita su di lei, questa sua capacità di reinterpretare la storia, cioè di…


Di rileggerla! Al modo giusto tra l’altro!

 

Inviato da Emanuele Giordano , Giovedì 3 Aprile 2003

 

 

Da: http://www.clarence.com/contents/cultura-spettacolo/societamenti/archives/001308.html

 

                                                                                                                                           TORNA SU  

 

h