in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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È morto Zolla, dai mistici all'Oriente indù

(Alfredo Cattabiani – L’Avvenire, 31 maggio 2002)


Quando si scriverà una storia della cultura italiana dell'ultimo mezzo secolo, si dovrà dedicare un lungo capitolo a Elémire Zolla - morto ieri nella sua casa di Montepulciano all'età di 76 anni - non soltanto come scrittore e studioso ma anche come suggeritore in campo editoriale e organizzatore culturale. Figlio di un pittore, Venanzio, celebre nella
Torino degli anni Trenta, con una nonna inglese e una madre francese, aveva maturato fin dall'adolescenza una cultura che trascendeva la piccola aia dell'Italia del dopoguerra. Lo capirono subito Nicola Chiaromonte, che lo
volle a Roma come redattore di «Tempo presente», e Mario Praz che gli suggerì la carriera universitaria. Fu Zolla a
introdurre nel nostro Paese Adorno e la Scuola di Francoforte. Ma quel pensiero critico gli andava stretto, sicché fin dagli anni '50 intraprese un cammino di ricerca che lo condusse verso il pensiero metafisico e sapienziale che era stato
trascurato, se non censurato, dalla prevalenza del neoidealismo nella prima metà del secolo e poi del marxismo e del
neoilluminismo nel dopoguerra. 
Celebre fu la sua antologia I mistici che indusse molti critici a immaginare una sua conversione al cattolicesimo, anche
perché allora era molto legato a Cristina Campo. Ma la sua evoluzione avrebbe smentito quelle voci: inoltrandosi nello studio delle religioni, specie orientali, e viaggiando soprattutto in India, si orientò definitivamente verso quelle
tradizioni. Ha avuto due meriti indiscutibili: di avere percorso fin dagli anni '50 l'itinerario di liberazione dai fantasmi
ideologici abbandonando i territori della cultura strumentale per giungere a quelli che hanno come fondamento il primato della contemplazione. In questo viaggio, segnato da libri come Il letterato e lo sciamano, Le potenze dell'anima, Storia del fantasticare, I mistici e Le meraviglie della natura, ha avuto anche modo di educare le nuove generazioni con i convegni che organizzò alla fine degli anni '60 presso l'Istituto Accademico di Roma, scoprendo scrittori e studiosi italiani, allora sconosciuti, da Guido Ceronetti a Giuseppe Sermonti e proponendo altri stranieri che poi consigliò a molti editori, come posso testimoniare io stesso, avendolo avuto come direttore di collana
insieme con Del Noce dall'editore Borla e poi come consulente da Rusconi negli anni Settanta, e come può confermare a sua volta Calasso per l'Adelphi: ricorderò fra tanti altri Mircea Eliade, René Guénon, J.R.R. Tolkien, lo storico dell'arte Hans Sedlmayr, il lama tibetano Chögyam Trungpa, il rabbino Abraham Heschel, Pavel Florenskij
o Giorgio de Santillana. Basterebbe questa preziosa funzione, esercitata in anni molto difficili per chi non si adeguava alle parole d'ordine degli intolleranti padroni del pensiero, per meritargli la gratitudine dei lettori. Avremo l'occasione per sceverare meglio gli aspetti positivi da quelli, a parare nostro, meno condivisibili del suo pensiero. Oggi ci
preme sottolineare, nel dolore e nella fretta del ricordo giornalistico, la sua statura culturale.

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