in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

  home page   cerca nel sito   iscrizione newsletter   email   aggiungi ai preferiti   stampa questa pagina    
 

 

  SU DI ME
 Vita       
 Pubblicazioni

 Corsi, seminari, conferenze

 Prossimi eventi
 
  DISCIPLINE
 Filosofia antica       
 Mistica
 Sufismo
 Taoismo
 Vedanta              
 Buddhismo              
 Zen
 Filosofia Comparata
 Musica / Mistica
 Filosofia Critica
 Meditazione
 Alchimia
 Psiché
 Tantrismo
 Varia
 
  AUTORI
 Mircea Eliade       
 Raimon Panikkar
 S.Weil e C.Campo
 René Guénon, ecc.
 Elémire Zolla     
 G.I.Gurdjieff  
 Jiddu Krishnamurti
 Rudolf Steiner
 P. C. Bori       
 Silvano Agosti
 Alcuni maestri

 

PITTURA E ZEN

"...l 'Occidente, invece, pone l'accento sulla forma,

tentando di raggiungere lo spirito attraverso di essa. Per l'Oriente accade tutto il contrario: lo spirito è tutto in tutto..." 

D.T.Suzuki
Misticismo Cristiano e Buddista
-La via orientale e occidentale-
Ubaldini Editore -Roma

Parlando una volta con un gruppo di cultori d'arte a proposito dell' insegnamento buddhista del 'Vuoto' e della 'Medesimalità', tentai di dimostrare come l'insegnamento sia in relazione con le arti, e quanto segue faceva parte del mio ragionamento.
A dire il vero, non sono qualificato per parlare d'arte, perché non posseggo inclinazione ne educazione artistica e non ho avuto molte , occasioni di apprezzare buone opere d'arte. Quindi, tutto quello che posso dire è più o meno concettuale. Prendiamo il caso della pittura. Ho spesso udito critici d'arte cinesi e giapponesi dichiarare che l'arte orientale consiste soprattutto nel dipingere lo spirito e non la forma, poiché, essi dicono, quando si comprende lo spirito, la forma si crea da se; la cosa principale è penetrare nello spirito dell' oggetto prescelto dal pittore. L'Occidente, invece, pone l'accento sulla forma, tentando di raggiungere lo spirito attraverso di essa. Per l'Oriente accade tutto il contrario: lo spirito è tutto in tutto e si è convinti che quando l'artista afferra lo spirito, il suo lavoro rivela qualcosa di più di quanto possano trasmettere i colori e le linee. Un vero artista è un creatore, non un copista; egli ha visitato la bottega di Dio ed ha appreso i segreti della creazione creando qualche cosa del nulla. Con un pittore di questo genere, ogni pennellata è lavoro di creazione ed egli non può rifarla perché non è dato ripetere. Dio non può cancellare il suo decreto:esso è finale, irrevocabile, è un ultimatum. Cosi il pittore non può riprodurre la propria opera. Ogni sua singola pennellata è assoluta e, pertanto, come può essere riprodotta l'intera composizione o struttura, essendo la sintesi di tutte le pennellate ciascuna delle quali è stata orientata verso il tutto? Allo stesso modo, ogni minuto della vita umana, essendo espressione del suo io interiore, è originale, divino, creativo e non può essere recuperato.

In tal modo, ogni singola vita viene ad essere una opera d'arte.Se riusciamo o no a farne un capolavoro inimitabile dipenderà dalla nostra consapevolezza dell'opera del sunyata in noi stessi. Come può il pittore penetrare nello spirito della pianta, ad esempio se vuole dipingere un ibisco, come fece Mokkei (Mu-chi) nel XIII secolo nel suo famoso quadro del Tempio di Daitokuji a Kyoto? Il segreto deve essere svelato dalla pianta stessa. Ma può un essere umano trasformarsi in una pianta? Visto che il pittore aspira a dipingere una pianta o un animale, deve esservi in lui qualcosa che, in un modo o nell'altro, corrisponda ad essi. In questo caso, egli deve essere in grado di diventare l'oggetto che desidera dipingere. La disciplina consiste nello studiare la pianta interiormente, con la mente completamente purificata del suo contenuto soggettivo ed egocentrico. Ciò significa tenere la mente all'unisono con il 'Vuoto' o 'Medesimalità', per mezzo del quale colui che sta davanti all'oggetto cessa di essere qualcosa di esterno ad esso e si trasforma nell'oggetto stesso. Questa identificazione mette in grado il pittore di sentire le pulsazioni e la medesima vita che anima lui e l'oggetto. Questo si vuole intendere, quando si dice che il soggetto si perde nell' oggetto e che quando il pittore comincia la sua opera non va lui a lavorare, ma l'oggetto stesso di cui, quindi, il pennello, come il suo braccio e le dita diventano servi obbedienti. L'oggetto esegue il proprio ritratto; lo spirito vede se stesso riflesso ,in se stesso. Anche questo è un caso di auto-identità.
Si dice che Henri Matisse guardasse per settimane l'oggetto che in se intendeva dipingere, a volte per mesi, sino a quando lo spirito dell'oggetto cominciava a muoversi in lui, sollecitandolo, persino minacciandolo, dandogli un'espressione....

 

 

D.T.Suzuki

 

 

Da: http://www.aikidoedintorni.com/Pittura%20e%20zen/pittura_e_zen.htm

 

 

                                                                                                                                           TORNA SU