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"...l 'Occidente, invece, pone l'accento sulla forma, tentando di raggiungere lo spirito attraverso di essa. Per l'Oriente accade tutto il contrario: lo spirito è tutto in tutto..."
Parlando una volta con un
gruppo di cultori d'arte a proposito dell' insegnamento buddhista del 'Vuoto' e
della 'Medesimalità', tentai di dimostrare come l'insegnamento sia in relazione
con le arti, e quanto segue faceva parte del mio ragionamento.
In tal modo, ogni singola vita viene ad essere una
opera d'arte.Se riusciamo o no a farne un capolavoro inimitabile dipenderà dalla
nostra consapevolezza dell'opera del sunyata in noi stessi. Come può il pittore
penetrare nello spirito della pianta, ad esempio se vuole dipingere un ibisco,
come fece Mokkei (Mu-chi) nel XIII secolo nel suo famoso quadro del Tempio di
Daitokuji a Kyoto? Il segreto deve essere svelato dalla pianta stessa. Ma può un
essere umano trasformarsi in una pianta? Visto che il pittore aspira a dipingere
una pianta o un animale, deve esservi in lui qualcosa che, in un modo o
nell'altro, corrisponda ad essi. In questo caso, egli deve essere in grado di
diventare l'oggetto che desidera dipingere. La disciplina consiste nello
studiare la pianta interiormente, con la mente completamente purificata del suo
contenuto soggettivo ed egocentrico. Ciò significa tenere la mente all'unisono
con il 'Vuoto' o 'Medesimalità', per mezzo del quale colui che sta davanti
all'oggetto cessa di essere qualcosa di esterno ad esso e si trasforma
nell'oggetto stesso. Questa identificazione mette in grado il pittore di sentire
le pulsazioni e la medesima vita che anima lui e l'oggetto. Questo si vuole
intendere, quando si dice che il soggetto si perde nell' oggetto e che quando il
pittore comincia la sua opera non va lui a lavorare, ma l'oggetto stesso di cui,
quindi, il pennello, come il suo braccio e le dita diventano servi obbedienti.
L'oggetto esegue il proprio ritratto; lo spirito vede se stesso riflesso ,in se
stesso. Anche questo è un caso di auto-identità.
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