"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
non riesco a trovare altro che il fruscio delle foglie
e il canto delle cicale al calare della notte.
Il mandriano è solo, stanco
e disperato. Ha perso il bue ma, in realtà, egli si è separato da esso,
smarrendosi così nell’esperienza della separazione. Non sa che strada
seguire. C’è l’acqua che scende, le rapide,. Dentro di lui, desiderio e
paura. I concetti del bene e del male lo imprigionano.
Orme:
sotto gli alberi vicino alle sponde del fiume,
tra l’erba profumata,
sulle montagne remote.
Queste tracce sono onnipresenti come il cielo
ed evidenti come il mio naso.
Il mandriano ha trovato
delle orme: ha cominciato a capire qualcosa. Coglie una vaga sensazione di
se stesso nel complesso dei fenomeni naturali. Nell’acqua, sotto l’albero,
il giovane uomo ha visto le tracce del bue. L’animale e il cuore dell’uomo
sono una unica entità, ma per il momento è solo una percezione, una verità
che emerge solo a tratti. Il mandriano ha trovato il sentiero, ma non ha
ancora varcato il cancello.
Uccelli canterini tra i rami,
sole caldo e fresca brezza,
salici verdi vicino alla riva del fiume.
Non esiste un luogo dove il toro può nascondersi.
Chi potrebbe dipingere una testa tanto grande
e corna così penetranti?
Il giovane uomo ascolta
attentamente, ode un usignolo e segue l’oscillare dei rami di un
salice…Improvvisamente vede la coda del bue che si agita tra le fronde: Poi
scorge anche l’animale: è molto possente con grandi corna; è l’elemento yang,
l’energia creativa. Il giovane comincia a intravedere parte della sua natura
Combatto coraggiosamente per catturare il toro,
lottando contro la sua volontà feroce
e la sua forza inesauribile,
mentre carica sulle vette nebbiose dei monti
e nelle profondità inaccessibili delle forre.
Il giovane uomo deve
lottare per catturare il bue: è l’avvio del processo di conoscenza, di
apprendimento; questo disegno illustra la sensazione che si prova quando si
viene sottoposti ad una disciplina. Il ragazzo comprende che quanto ha
trovato non è l’illuminazione, ma un sé incontrollabile, indomito e
selvaggio. L’istinto animale è feroce, senza regole, non vuole essere
domato. Per ritrovare l’armonia fra di loro, il mandriano dovrà usare la
frusta
Con la frusta e la cavezza
Per evitare che si allontani inselvatichendosi,
il toro diventerà ben addestrato
e naturalmente mansueto, obbedendo senza bisogno di imposizioni.
Il mandriano è riuscito a
mettere una corda intorno al naso del bue. Lui e il bue diventano amici. Il
mandriano ha dovuto addestrarsi mentalmente per evitare di restare sempre
nell’inganno, per armonizzare la mente in modo tale che esprima senza sforzo
la natura più profonda di se stesso. Non è il mondo oggettivo a opprimerci,
bensì le nostre menti ingannevoli. Una volta domato, il toro obbedisce
naturalmente, senza ribellarsi e senza bisogno di imporgli alcuna
disciplina. L’indole di animale del giovane uomo è stata addomesticata, ma
egli non ha fiducia in se stesso, non può credere di aver addomesticato il
bue, perciò continua a tenerlo legato.
Senza fretta cavalco il toro diretto a casa.
La melodia della mia canzone saluta la sera.
Batto il ritmo, mi sento in armonia.
Non c’è bisogno di dire
che ora sono uno di quelli che sanno.
Adesso il ragazzo sta
cavalcando il bue di ritorno a casa. Suona il flauto, una dolce melodia
cavallo del suo toro, la sua attenzione non si concentra sulle cose di
questo mondo. Adesso, sicuro di se stesso, sente la libertà spontanea della
natura. Il mondo è tornato alla vita ed egli si sente una parte dei suoi
ritmi e della sua armonia. Il mandriano segue la Via con facilità e , anche
se è ancora lontano dalla fine del viaggio, va avanti, senza badare a ciò
che potrebbe tentare di attirarlo indietro.
Arrivato a casa,
il toro scompare improvvisamente.
Siedo solo e in pace.
In beata rilassatezza saluto l’alba,
abbandonando la frusta e la cavezza
nella mia umile casa.
Il giovane uomo è arrivato
a casa. I rami del prugno si piegano e muovono al vento. Il bue non c’è, è
rimasto solo, ma questa solitudine è molto diversa da quella mostrata nel
primo disegno, quando il giovane uomo era perduto e non aveva ancora nessuna
percezione di se stesso. Egli comprende che il bue è stato solo l’oggetto
temporaneo della sua ricerca. Lo ha portato a comprendere che il sé
separato, quale egli si considerava prima, non è la sua vera natura. Lo
sguardo rivolto alla luna, butta via la frusta che ha usato per domare il
bue perché ormai è inutile.
Frusta e cavezza, sé e toro:
ogni cosa è nessuna cosa.
Il cielo azzurro chiaro non è segnato da alcun messaggio.
Un fiocco di neve potrebbe durare tra le fiamme del fuoco?
Questo è il posto degli antichi maestri.
L’uomo e il bue sono
scomparsi. Tutto si dissolve. Tutte le stelle sembrano cadute in questo
biancore. Se tutto è uno, allora non esistono cose separate. Il sé di cui è
andato alla ricerca l’uomo non è una realtà indipendente. L’estinzione del
sé, la conoscenza del vuoto è rappresentata come un cerchio vuoto. Non c’è
niente da raggiungere, perché era già tutto sin dall’inizio. Anche se la
visione che l’uomo, il cercatore, è andato perseguendo è stata finalmente
ottenuta, non c’è nessuno, nessun sé separato che si voglia gloriare di un
tale risultato.
Sono tornato alle radici e la fatica è finita.
Fin dall’inizio non c’è stato nessuno a vedere o udire qualcosa.
Non esiste niente fuori dalla mia vera casa.
I fiumi scorrono quietamente e i fiori rossi sbocciano.
Nelle
più antiche versioni taoiste della parabola del toro l’ottavo stadio è il
conclusivo. Ma i maestri taoisti, percependo che in tal modo rimaneva un
barlume di dualità (il vuoto e il mondo delle apparenze) occorreva
illustrare un ulteriore passaggio nella crescita della consapevolezza: non
esiste alcuna differenza tra Nirvana (vuoto) e Samsara (il tutto): sono due
facce indivisibili della Realtà Unica.
Questo passaggio è simboleggiato dal ritorno alla fonte.
Le cose sono semplicemente quelle che sono e adesso il giovane uomo osserva
le acque azzurre del fiume che scorre, i fiori che sbocciano e milioni di
colori appaiono; osserva tranquillamente le cose cambiare.
Scalzo e insignificante, mi mescolo nel mercato.
Forse i miei vestiti sono logori, ma sorrido.
Non ho bisogno di poteri magici.
Davanti ai miei occhi fioriscono alberi avvizziti.
Il ritorno nel mondo. Il
discepolo è ora maestro e vive una vita comune tra la gente comune. In lui
tutti gli opposti si sono riconciliati. Percepisce che tutte le cose sono
perfette così come sono. Che gli altri se ne rendano conto oppure no, vede
che tutti sono già illuminati, come lo è sempre stato egli stesso. Egli è
solo un testimone del manifestarsi spontaneo del miracolo della vita. Il
maestro visita il mercato, un luogo pieno di vita. Sembra un mendicante, una
figura molto poco appariscente. Ha una bisaccia di merci che regala via. E
il cerchio comincia nuovamente: di fronte a lui c’è un giovane all’inizio
del suo viaggio, della sua personale ricerca.
BIBLIOGRAFIA:
“La saggezza Zen”,
Timothy Freke, 1998 by Crealibri, (titolo originale “ Zen wisdom”, 1997,
Godsfield Press);
“Abbraccia la tigre torna
alla montagna”, Chungliang Al Huang, 1998 ed. Corbaccio s.r.l, Milano
(titolo originale “Embrace Tiger, Return to Mountain”, 1973);
“Il significato della
felicità”, Alan W. Watts, 1975, ed. Astrolabio, Ubaldini editore, Roma
(titolo originale- “The meaning of happiness”, 1940, Harper & Row, New York)