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Illuminazione originaria e mente sabi (Masao Shoshin Ichishima)
Gli studiosi giapponesi non sono concordi sulla teoria dell'illuminazione originaria (Hongakushiso), domandandosi se essa debba essere considerata come teoria buddhista o meno. Per esempio, Hakamaya Noriaki e Matsumoto Shiro hanno sollevato la questione in relazione al "buddhismo critico", basato sul pensiero di Nagarjuna [1]. Io non tratterò qui del buddhismo critico; piuttosto, esaminerò come l'illuminazione originaria abbia influenzato la formazione della cultura tradizionale giapponese e, in particolare, come veniva vista nell'uso del concetto di Wabi nella cerimonia del tè
1. Cerimonia del tè e Wabi
Secondo la cultura Wabi e
Sabi
[2], la Cerimonia
del tè (Chado) emerse intorno al XV sec., sotto l'influenza di Murata
Juko (1423-1502). Egli affermava che la mente Wabi è paragonabile a "un
buon cavallo in un'umile capanna di paglia". Solitamente, si direbbe che un buon
cavallo appare al meglio sullo sfondo del muro bianco di una stalla, pittosto
che in un'umile capanna. Il fondatore del Chado, Murata, ha considerato,
invece, la bellezza del cavallo nell'umile capanna. Il buon cavallo paragonato
all'illuminazione originaria, la quale si manifesta meglio in un'umile capanna
di paglia che in una meravigliosa stalla. Si dice che quello di oggi sia un
periodo di abbondanza. La gente trova difficile avere esperienza della mente
Wabi sullo sfondo di un così ricco contesto di abbondanza. Ora consideriamo
l'esperienza della mente Wabi nell'umile capanna del té é difficile
tradurre la parola Wabi in italiano. Alcuni dicono che riflette un senso
negativo di bellezza mentre la bellezza intesa in modo sontuoso è chiamata
Basara (vajra o diamante, derivata dalla parola sanscrita).
All'incirca 400 anni fa, vi erano due visioni contrastanti tra i maestri del té.
Il famoso Toyotomi Hideyoshi (1538-1598) favorì un senso sontuoso di bellezza
mentre il maestro Senno Rikyu (1522-1591) ricercò un senso di bellezza piuttosto
negativo. Hideyoshi costruì la stanza del té dorata Basara, mentre Rikyu
fece l'umile capanna di paglia Wabicha. Va osservato che, probabilmente,
400 anni fa era meno costoso fare un'umile capanna, mentre ora costa alquanto
allestire una capanna di paglia come padiglione da tè: lo so bene perchè
attualmente ne sto costruendo una. I saggi conoscono la loro soddisfazione per mezzo di piccoli desideri. La terra del Buddha è piena di gemme preziose che ricoprono tremila grandi mondi. Da dove derivano tali gemme preziose? Quando i buddha e i saggi soddisfano le loro menti con un desiderio minimo, allora tali gemme si manifestano per loro.
Un'umile capanna del tè
ritenuta espressione di un desiderio minimale. Quindi in un posto siffatto
l'illuminazione originaria risplende come le gemme che si manifestano per i
saggi quando viene risvegliato il vero sé che emana dall'illuminazione
originaria.
Il famoso giardiniere
Chado Kobori Enshu (1579-1647) una volta chiese al suo maestro del tè Furuta
Oribe (1544-1615) come dovesse essere il giardino Wabi ideale. Furuta
diede la sua risposta scritta per mezzo di una poesia: «La luna di sera, un lago
appena visibile attraverso gli alberi». Il giardino da tè ideale dovrebbe
manifestare Shoyoku Chisoku. La vera bellezza non può essere scorta in
piena vista. Questo perchè non si può conoscere la ricchezza della propria mente
meravigliosa se l'attenzione viene disturbata da tutto ciò che presente. Rikyu dice del Wabicha che «ci si dovrebbe rendere conto che il Chado è solo bollire l'acqua, fare il tè e berlo». Colui che beve il tè dovrebbe concentrare la sua mente sulla tazza senza pensare ai problemi del mondo. Le idee di Wabi e Sabi sono una sorta di ideale "negativo" della bellezza [5], usate per sottolineare il valore reale dell'oggetto della mente. Quando noi guardiamo begli oggetti, di solito li apprezziamo per mezzo dei nostri sensi, non tramite il subconscio. Nel Wabicha, neghiamo fin dall'inizio ciò che ci viene offerto dai cinque sensi e osserviamo l'oggetto dalla profondità subconscia. William Sturgis Bigelow nella sua introduzione alla Concentration and Contemplation of T'ien-t'ai Siau Chi-Kuan [6] dice, riguardo alla mente subconscia, che essa è capace di un più profondo discernimento che non i sensi.
2. William Sturgis Bigelow e l'apprezzamento delle arti giapponesi per mezzo dell'idea di "Calma e discernimento".
Durante
la Restaurazione Meiji molti oggetti d'arte giapponesi furono esportati in
Europa e nel Nord America. Durante questo periodo, il nuovo governo imperiale
adottò lo Shinto come religione nazionale. Il buddhismo non era più una
religione nazionale supportata dal governo come al tempo dello shogunato
Tokugawa. Sfortunatamente, ci sono dei gravi errori sul primo buddhismo Tendai e Shingon nella sua prefazione alla traduzione. Per esempio, il fondatore della scuola cinese T'ien-t'ai, Chih-I (538-597), era scambiato con Enchin (814-91), fondatore della scuola Jimon del Tendai Giapponese, e veniva affermato che la scuola Shingon era una scuola Hinayana, invece che Mahayana. Comunque, la prefazione di Bigelow alla traduzione di Okakura è interessante per come egli utilizzò il metodo della "meditazione del Loto" al fine di apprezzare le arti giapponesi nell'era Meiji (1868-1911). Egli usò termini psicologici occidentali quali conscio e subconscio per comprendere calma e discernimento. Bigelow tratta del "sistema interiore" della meditazione cinese del loto come di uno stato di coscienza sostenuto dal subconscio e non dai sensi, ritenendo lo stato di coscienza più importante della sensibilità esterocettiva e propriocettiva. Bigelow praticò la meditazione T'ien-t'ai sulla base della traduzione inglese di Okakura e ritenne che l'inconscio avesse, nell'apprezzare le arti, un'importanza maggiore dei sensi. Considerò la meditazione concentrativa o samadhi una forma di "estasi", perchè nelle lingue occidentali gli sembrava che non ci fosse nessun'altra parola idonea a descrivere il raggiungimento dello stato di coscienza chiamato samadhi . Inoltre, sosteneva che la coscienza reagisce mediante la "coscienza-mentale" [7] e non mediante i sensi, inquinati dalle illusioni. Era poi convinto che il subconscio fosse identico alla coscienza-deposito di cui parla il buddhismo. Pertanto, quando si valuta un oggetto estetico esclusivamente attraverso i sensi, la vera osservazione è impossibile poichè la valutazione deve giungere dal profondo della coscienza-deposito nella quale esiste qualcosa di grande all'interno dell'illuminazione originaria. Per esempio, gli artisti realizzano le loro immagini sulla carta-seta per mezzo del processo di discernimento e non della calma ossia l'artista discerne la realtà dall'illuminazione originaria nel subconscio tramite la meditazione. Queste sono le considerazioni di Bigelow riguardo alle arti. Egli scrive anche che l'identità personale è preservata nella coscienza. La coscienza-mentale libera di estrarre l'arte da ciò che è al di là dell'oggetto reale che si trova di fronte all'artista. In questo caso i suoi cinque sensi vengono oltrepassati. Bibelow riteneva la coscienza-mentale superiore alle cinque coscienze sensoriali. In termini generali, il nostro sapere si basa su vista, udito, olfatto, gusto, tatto e coscienza: i primi cinque sono sensi corporei, mentre l'ultimo viene dalla mente. Per questo possiamo dire che la modalità di pensiero asiatico enfatizza la mente piuttosto che il corpo. In Occidente, la tendenza è stata quella di identificare la persona con il corpo e considerare i fenomeni della coscienza come un prodotto secondario, irregolare e inclassificabile, secondo l'affermazione, fatta trenta o quaranta anni prima dei tempi di Bigelow, che il cervello secerne coscienza come il fegato secerne bile. Per Bigelow il discernimento è una funzione più ampia di quella della calma nella meditazione, ritenendo che le due siano di estensione assai diversa: l'una, attuale e molto piccola; l'altra, latente e indefinitamente grande. Egli riteneva che potrebbero essere denominate con i termini applicati all'energia, alla dinamica e al potenziale o per mezzo dei termini della psicologia moderna, conscio e subconscio. Inoltre, «la divisione è basilare e fondamentale in Oriente ed è il punto di partenza per lo studio della natura per come viene studiata lì. In Occidente classifichiamo gli organismi in base alla complessità della loro struttura fisica. In Oriente vengono classificati in base alla complessità della coscienza. Pertanto l'uomo, nella visone orientale, consiste di coscienza e, di conseguenza, la differenza tra un uomo e un altro sta necessariamente nell'estensione o nella qualità della coscienza o in entrambe. Il progresso evolutivo attraverso le vite successive viene inferito dall'incremento di coscienza. Persino in Occidente, l'estensione della coscienza attuale nella vita di ogni giorno viene riconosciuta come essere solo una frazione infinitesima della coscienza latente. Uno scrittore tedesco ha detto che il conscio è appena la tosse del subconscio; qualcun altro ha parlato del subconscio come di un oceano dall'estensione e profondità indefinite, paragonando la coscienza normale alle onde sulla sua superficie». In questo caso, il conscio è la calma mentre il subconscio è il discernimento. Il mondo visibile è pertanto molto piccolo mentre il mondo invisibile del subconscio è indefinitamente grande.
Bigelow continua dicendo che
la coscienza ordinaria agisce a volte come un impedimento e una restrizione
sull'azione della volontà, ma anche come una forma di protezione. Questo si
riferisce alla relazione tra la meditazione di calma (conscio) e discernimento
(subconscio). La calma è una specie di schermo, come quello che protegge dal
vento la fiamma di una lampada. Poi il discernimento approfondisce, come la luce
che viene da una lampada posta in un punto senza vento. Così la lampada della
saggezza lavora, facendo luce, per il discernimento del reale. Tali metodi artistici influenzarono gli impressionisti in Europa ai tempi di Bigelow. Bigelow collezionò settantacinquemila opere d'arte giapponesi e le donò al Museo di Boston. La maggior parte di esse sono considerate in Giappone come importanti cimeli culturali. Va ricordato, a proposito, che in Giappone l'espressione "tesoro nazionale" fu creata dall'amico di Bigelow, Fenollosa. Il buddhismo non godette più del supporto dello Stato nel periodo Meiji e lo Shinto divenne la religione nazionale fino alla fine della Seconda guerra mondiale. I templi buddisti non potevano ricevere la protezione del governo e questo spiega perché così tante importanti opere d'arte tradizionali andarono all'estero. Molti compratori vennero in Giappone per collezionare arte da vendere in Europa. Fenollosa e Bigelow chiesero al governo giapponese di costruire musei per proteggere l'arte dai compratori. Ma il governo Meiji non condivideva la politica dello shogunato Tokugawa di valorizzazione dei tesori nazionali e dei templi buddisti, ed era impaziente di introdurre la cultura occidentale.
3. Il Sutra del Loto, l'illuminazione originaria ed il tè Il Sutra del Loto consiste di 28 capitoli, in base alla versione cinese usata per il culto dai buddisti in Giappone. Chih-I (538-597) propose una divisione del sutra in due parti, la prima con i capitoli 1-14 riguardanti il Buddha storico Shakyamuni, apparso in questo mondo, e la seconda con gli ultimi 14 che si riferiscono alla Vera porta e in cui viene trattata l'apparizione del Buddha in ogni tempo in questo mondo, in modo tale che tutti possano realizzare l'illuminazione originaria proprio in questo mondo. Il capitolo sulla Durata della vita del Tathagata ci parla di un Buddha fondamentale o eterno esistito eoni or sono, a differenza del Buddha storico Shakyamuni. Il Buddha Shakyamuni si svegliò alla verità fondamentale, rivelata dal Buddha eterno. La relazione tra questi due Buddha è discussa nella teoria di hon-jaku o essenza e ipostasi. La seconda metà del sutra è chiamata Hon-mon mentre la prima metà è chiamata Shaku-mon. Shakumon esplora la vita e la morte di Shakyamuni come manifestazioni dell'essenza eterna dei Buddha. La parabola della casa in fiamme del terzo capitolo del Sutra del Loto è citata nel Zencharoku, dove viene affermato che "tre bambini fuggono da una casa in fiamme e raggiungono un crocevia". L'idea dell'illuminazione originaria enfatizza l'ipostasi piuttosto che l'essenza. L'ipostasi ha più valore dell'essenza, in particolar modo nella teoria esoterica Tendai che emerse nel XIII sec. in Giappone. Ciò che più interessava era il modo di incorporare effettivamente l'essenza attraverso la pratica piuttosto che la comprensione teorica dell'essenza. Tale trasmissione di carattere pratico prese la forma di trasmissione orale (kuden). Le trasmissioni orali non hanno influenzato esclusivamente il Chado ma anche le arti marziali, la lavorazione del legno, la disposizione dei fiori e altro ancora. In esse l'enfasi veniva posta sull'illuminazione originaria. Proprio per generare consapevolezza sull'illuminazione originaria, lo Zencharoku cita la parabola della casa in fiamme. Qui il maestro del tè è il ricco padre della parabola, il quale utilizza mezzi abili, promettendo di donare ai suoi figli un carro trainato da una capra, uno trainato da un cervo e uno da un bue affinché lascino incolumi la casa in fiamme. Questi tre carri presentano tre tipi differenti di istruttori del2 tè. Ma, alla fine, il maestro del tè offre ai suoi discepoli una prova concreta di ciò che hanno imparato ossia il carro col bue bianco. I bambini sarebbero potuti morire bruciati nella casa in fiamme se il padre non avesse usato strategicamente i mezzi abili offrendo i tre diversi carri. In tal modo, viene sottolineata l'importanza dei mezzi abili e dell'ipostasi nel processo di apprendimento del Chado. Il bue bianco è l'essenza e i tre carri sono l'ipostasi. Leon Hurvits, nella sua traduzione del Sutra del Loto, si esprime dicendo: «Il carro del bue bianco fu preparato dal padre in uno spazio aperto ad un crocevia ed essi non ebbero più problemi» 3[9]. Il crocevia si riferisce alle quattro nobili verità. Nel Zencharoku, i falsi punti di vista e gli atteggiamenti errati vengono discussi in modo da spiegare i giardini Roji. Con la parola Roji ci si riferisce alla manifestazione dell'illuminazione originaria. Nell'atto di entrare nel giardino sacro (Roji), si scorge la propria mente ma gli atteggiamenti sbagliati possono essere ancora presenti. Quindi, vengono purificate le mani con l'acqua e poi si entra nella stanza, così che gli atteggiamenti sbagliati possano essere eliminati [10]. La stanza da tè è il Dojo o sala di addestramento, dove i praticanti possono educare la loro mente. Il Dojo è il simbolo della purificazione. Il Mo ho chi kuan [11] dice che nel Dojo purificato di un monaco buddhista il praticante può eliminare le cinque condizioni fondamentali delle passioni e delle illusioni (o delle visioni errate che sono comuni ai tre mondi). Allo stesso modo, i praticanti del tè dovrebbero "eliminare la pula dal chicco riso" e godere la manifestazione dell'essenza nella stanza del tè. Il Zencharoku dice, relativamente ai bambini della parabola, che essi sono stati in grado di recidere le illusioni e vedere la nobile verità del crocevia. In An Outline of the Fourfold Teachings vengono discusse le ottantotto contaminazioni [12]. Ci sono molti attaccamenti da eliminare. Il processo di apprendimento del tè richiede un allenamento senza fine per tutto l'arco della vita. Il metodo per eliminare le illusioni viene ottenuto per mezzo del processo di addestramento sotto la guida del proprio maestro e viene trasmesso oralmente.
Conclusione Ho voluto introdurre il concetto di mente Wabicha e discutere di come si possa realizzare la propria illuminazione originaria tramite la pratica della cerimonia del tè. La maggior parte delle arti tradizionali giapponesi si appoggia principalmente sulla trasmissione orale. Attraverso l'addestramento sotto il proprio maestro, si può imparare l'arte. In altre parole, l'aspetto pratico è più importante della teoria ed è l'ipostasi ad essere enfatizzata piuttosto che l'essenza. Appunto per questo è possibile, per ognuno, realizzare l'illuminazione originaria attraverso l'addestramento sotto la guida del proprio maestro. La cerimonia del tè è un'arte giapponese che cerca l'esperienza dell'illuminazione originaria. Nello svolgersi del processo del Chado, i partecipanti alla cerimonia del tè realizzano uno stato di coscienza per mezzo del quale apprezzare la mente Wabi. Bigelow ricercava l'apprezzamento delle arti tradizionali giapponesi per mezzo della "meditazione del Loto". Il Sutra del Loto, come abbiamo visto, consiste di due parti, l'ipostasi e l'essenza o i mezzi didattici e la saggezza. In un certo senso, l'ipostasi è un processo di trasmissione orale atto a risvegliare l'essenza o l'illuminazione originaria. La mente Wabi è un mezzo capace di risvegliare l'illuminazione originaria. (tradotto da Riccardo Chushin Venturini e Alessandro Zanoni, Centro di cultura buddhista) Masao Shoshin Ichishima è Gonsojo della tradizione Tendai, abate del tempio Sensoji, professore dell'Università Taisho (Tokyo) [1] J. Hubbard & P. L. Swanson (Ed.), Pruning the Bodhi Tree, The Storm over Critical Buddhism, Honolulu, University of Hawaii Press, 1997. [2] «Il sabi giapponese è, prima di ogni altra cosa, l'essenza stessa della bellezza, che si tratti di una casa o di un tempio usurati dal tempo o dalle intemperie, delle sfilacciature dorate di un rotolo zen, di un antico arco esposto in un tokonoma, di una vecchia teiera arrugginita». Poiché il sabi può conservare aspetti di attaccamento nella ricerca snobistica dell'antico e dell'elegante, l'ideale wabi ne opera una sorta di correzione, proponendo un canone estetico impregnato di Vacuità, che sottolinea il valore artistico di ciò che è disadorno, naturale, non attraente, legato alla frugalità secondo lo stile di vita in un tempio buddhista. «In un certo senso lo wabi è la glorificazione della povertà artificiale [...]. La cerimonia del tè wabi non permette l'ostentazione di nessuna forma di ricchezza: coloro che entrano nel giardino da tè devono lasciare il proprio stato sociale al cancello» (T. Hoover, La cultura zen, tr. it., Milano, Mondadori, 1981). L'ideale wabi si propone di scorgere l'essenza della materia e della vita posta dietro i fenomeni. Cfr. H. E. Plutschow, Historical Chanoyu, Tokyo, The Japan Times, Ltd., 1986) [n. d. t.]. [3] Taisho Tripitaka, vol. 25, p. 710b.; Nagarjuna, Le traité de la grand vertue de sagesse (Mahaprajnaparamitasastra), tr. fr. di É. Lamotte, 5 voll., Louvain La Neuve, Univ. de Louvain, Inst. Orientaliste, 1944-81. [4] Lo Zencharoku fu scritto intorno al 1828, sulla base della trasmissione orale. Il testo sostiene che lo Zen e il tè sono una sola ed unica cosa. [5] Perché realizzato attraverso un lavoro "a togliere" [n. d. t.]. [6] W. S. Bigelow, prefazione a Chi ki (Chik i), On the Method of Practising Concentration and Contemplation, tr. in. di K. Okakura, Harvard Theological Review, 1923, XVI, n. 2, pp. 86-87. [7] Secondo la dottrina delle nove coscienze, si descrivono: coscienza-visiva, c.-uditiva, c.-olfattiva, c.-gustativa, c.-tattile, c.-mentale (detta mano-vijnana, che integra le sensazioni in una rappresentazione coerente); una settima c., che elabora concetti e dà origine agli attaccamenti; un'ottava, alaya-vijnana o coscienza-deposito; una nona, pura, incontaminata, illuminata [n. d. t.]. [8] L'oggetto purificato emerge dalla mente "mormorante" (manojalpa) mediante la meditazione concentrativa. Cfr. S. Bagchi (Ed.), Mahayanasutralankara of Asanga ("Buddhist Sanskrit Texts", n. 13), Varanasi, Mithila Institute, 1970, p. 57 [9] Scripture of the Lotus Blossom of the Fine Dharma (The Lotus Sutra), tr. in. di Leon Hurvitz, New York, Columbia Univ. Press, 1976, p. 70. [10] Per ulteriori dettagli riguardanti i falsi punti di vista e gli atteggiamenti sbagliati, cfr. il § The Cause of Suffering, in David W. Chappell (Ed.), T'en-t'ai Buddhism: An Outline of the Fourfold Teachings, tr. in., Tokyo, Daiichi-Shobo, 1983, p. 90. [11] Taisho, vol. 46, p. 13c. [12] David W. Chappell (Ed.), op. cit., p. 91 ss.
Da: http://web.tiscali.it/CulturaBuddhista/2insegnamenti/illuminazioneOriginaria.html
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