di Sensei Paolo Spongia
Nel mese di Agosto 1998 si è
tenuto a Naha, Okinawa, il World Budo Sai, Gasshuku (raduno di pratica
intensiva) mondiale, che ha visto riuniti i praticanti di Goju-Ryu di Okinawa
della Scuola del Maestro Morio Higaonna (9°dan), giunti dalle 44 nazioni
aderenti alla I.O.G.K.F. (International Okinawan Goju-Ryu Karate-do Federation),
che hanno così, tra duri allenamenti, convegni e una grande serata di
dimostrazioni celebrato il 110° anniversario della nascita di Bushi Chojun
Miyagi, fondatore dello stile.
L'appellativo di Bushi
assume ad Okinawa un significato diverso che non in Giappone dove era usato per
designare il Samurai. In Okinawa il titolo di Bushi viene attribuito ad un
grande maestro di Karate-do che non solo abbia sviluppato ad altissimi livelli
la propria arte ma che rappresenti anche un modello etico e spirituale.
Ricordiamo che, episodio
spesso misconosciuto, Chojun Miyagi fu il primo Maestro di Karate di Okinawa che
fu riconosciuto come insegnante di Budo in Giappone con il titolo di Kyoshi
(secondo livello) nel 1935, dopo che, nel 1933, diede dimostrazione della sua
arte al Butokuden a Kyoto davanti ad adepti di altre discipline del Budo. Miyagi
dimostrò come il Goju-Ryu di Okinawa differisse notevolmente dal Karate di
Funakoshi, allora già conosciuto in Giappone, e come il Karate-do fosse degno di
essere considerato alla stregua delle altre arti del Budo. Hironori Otsuka,
fondatore del Wado-Ryu, Gichin Funakoshi, fondatore dello Shotokan, e Kenwa
Mabuni, fondatore dello Shito-Ryu, ottennero il riconoscimento di Renshi (primo
livello) rispettivamente nel 1938 e 1939.
Ho avuto numerose occasioni
per parlare con Higaonna Sensei della pratica Zen che entrambi condividiamo e
del suo legame con l’arte marziale.
In particolare a Roma, nel
1997, nei giorni seguenti lo stage che tenne per la prima volta in Italia,
seduti a tavola dopo un durissimo allenamento che si era tenuto nel mio Dojo,
parlammo a lungo e il Maestro mi parlò di Sogen Sakiyama Roshi, ottantenne
monaco Zen Rinzai, in gioventù praticante di Goju-Ryu discepolo di Chojun Miyagi,
ed ora suo Maestro Zen e del fondatore del Matsubayashi Ryu Shoshin Nagamine, da
poco deceduto.
Mi promise che una volta ad
Okinawa mi avrebbe dato l’occasione di incontrarlo e praticare con Lui.
Così è stato, Higaonna
Sensei, il giorno seguente il nostro arrivo a Naha, ha avvisato Sakiyama Sogen
Roshi che il suo rappresentante italiano e cinque allievi (che praticano Zazen
alla Tora Kan) sarebbero andati al suo Dojo a praticare Zazen e ad incontrarlo
il giorno successivo.
Il pomeriggio del giorno
dopo ci rechiamo al piccolo tempio di Kozenji, che si trova a Shuri, in
prossimità del famoso castello e ci uniamo alla pratica di Zazen nel Dojo.
Terminate le due sedute di meditazione (o meglio, contemplazione) seduta,
intervallate dal Kin Hin (meditazione camminata) Sakiyama Roshi ci invita nella
sua stanza e ci offre del tè verde con dei dolci. Con la traduzione in inglese
di un suo discepolo ci pone numerose domande sulla nostra pratica dello Zen e
del Karate, all’inizio con una certa diffidenza, temendo probabilmente che
fossimo degli occidentali alla ricerca di un esotico souvenir. Dalle nostre
risposte e dalle domande che gli poniamo si rende conto di avere a che fare con
dei praticanti sinceri e si accende di entusiasmo e curiosità al sapere che in
Italia pratichiamo lo Zen Soto nella più pura tradizione secondo l’insegnamento
del Rev. F.Taiten Guareschi, maestro del tempio di Fudenji, erede nel Dharma di
Deshimaru Roshi e Kodo Sawaki Roshi.
L’atmosfera diventa presto
familiare e il Maestro ci invita a tornare nei giorni seguenti a praticare Zazen
la mattina presto e a fermarci successivamente a ricevere il suo insegnamento.
Ci fa riaccompagnare in albergo dal discepolo che aveva tradotto il nostro
dialogo il quale, durante il tragitto, mi racconta che il Roshi è un personaggio
straordinario, molto rispettato in tutta Okinawa.
Mi dice che in Giappone e ad
Okinawa i monaci Zen, molti dei quali sposati, hanno creato un business
celebrando i riti funebri, a pagamento; Sakiyama Roshi invece non si cura
minimamente del denaro, officia i riti funebri solo dei propri discepoli o dei
loro familiari e vive da solo nel piccolo Dojo di Kozenji concentrato unicamente
sullo Zazen.
Quello che segue è un
tentativo di riunire organicamente, le note da noi raccolte riguardo gli
insegnamenti ricevuti da Sakiyama Sogen Roshi e le sue risposte alle nostre
domande.
Si consiglia di rileggere
l’intervento di Sakiyama Sogen al Simposio che si è tenuto a Naha durante il
Budo Sai già pubblicato sul numero precedente di Tora Kan Dojo (n°13) per
comprendere meglio alcuni suoi pensieri.
Domanda:
Maestro, come si concilia la compassione del Buddhismo Zen con la pratica
talvolta violenta del Karate-do. Il Samurai che uccide, con lo Zen ?.
Sakiyama Roshi:
" Le vostre domande sono molto belle e intelligenti. Pochi praticanti di Karate
giapponesi pongono domande così interessanti.
Si può combattere per
salvare la vita così come si può combattere per distruggerla.
Quando si combatte è
importante aver chiaro in mente il perché si combatte quell’avversario. Se si
combatte per ‘andare oltre’ è una cosa, se invece si combatte solo per battere
l’avversario questo è il combattimento di un cane da combattimento.
Esiste una spada che da la
vita ed una che la toglie.
Nella pratica del Karate
esiste una forma di ‘Karate pratico’(Jisen), in cui si allena esclusivamente il
pugno (la tecnica) per il combattimento e la difesa personale, e una forma di
autentico Karate.
Accadde una volta che il
Maestro Chojun Miyagi camminando di notte in un vicolo buio fu aggredito da un
tipo che praticava il Karate pratico, esperto nel lanciare lo zuki. Costui tentò
di colpire Chojun Miyagi dopo averlo afferrato al bavero, Miyagi schivò mandando
il colpo a schiantarsi contro il muro alle sue spalle e immobilizzò
l’aggressore.
Se questa persona avesse
praticato il Karate autentico ad un buon livello, nello stesso istante in cui
afferrava il bavero avrebbe subito percepito il livello di Chojun Miyagi e
avrebbe abbandonato immediatamente il combattimento.
Un buon Karateka può
percepire quale sarà l’esito del combattimento.
Il grande spadaccino Yagyu
Munnenori convocò i suoi tre figli per stabilire quale di essi fosse degno di
essere il suo successore e li mise alla prova ponendo un vaso in bilico sulla
porta di ingresso alla sua stanza.
Chiamò il primo che aprì la
porta e al cadere del vaso schivò e con la rapidità del vento tagliò in due il
vaso. Chiamò il secondo figlio che al cadere del vaso lo raccolse al volo tra le
braccia. Giunse il momento del terzo figlio il quale prima di aprire la porta
percepì che qualcosa stava per accadere, così socchiuse leggermente la porta e
vide il vaso, lo prese delicatamente tra le mani, entrò e lo pose nuovamente al
suo posto. Il terzo figlio fu decretato come successore.
La giusta proporzione nella
pratica dovrebbe essere 60% Kata, 40% Kumite. Inoltre l’insegnamento dovrebbe
comprendere l’insegnamento orale, etico, storico.. Chojun Miyagi nel suo
insegnamento distribuiva equamente pratica e trasmissione orale.
Riguardo la pratica di Zazen
Sakiyama Roshi ha affermato:
"Zazen è conoscere sé stessi
e conoscere sé stessi è superare (abbandonare) sé stessi. Abbandonare, non come
quando si perde del denaro ma nel senso di abbandonare il proprio piccolo ego
per ottenere il proprio vero sé o grande Ego.
Ad una praticante del nostro
gruppo che si era mossa durante lo Zazen Sakiyama Roshi ha chiesto se avesse
qualche problema fisico particolare alla sua risposta di avere fastidi alle
ginocchia il Maestro ha replicato:
Hai problemi nel praticare
Karate ? No ? Allora puoi praticare Zazen!
Durante Zazen si deve
restare immobili a meno che non si abbia un serio impedimento fisico. Si deve
superare sé stessi e non si deve confondere l’avere la massima cura di sé con
l’indolenza, il prendere le cose alla leggera . (il Maestro ha usato il
termine easy going).
La postura di zazen deve
essere nobile, dignitosa e confortevole.
Ho raccontato al Maestro che
durante uno dei miei primi approcci con la pratica di Zazen avevo confidato ad
una monaca Zen, durante un incontro che seguì la pratica, che avevo un gran
dolore alle ginocchia e mi chiedevo qual’era il limite oltre il quale era lecito
andare senza cadere nell’automortificazione, mi rispose che per lei era più
importante il suo spirito che le sue ginocchia. La risposta lasciò il segno.
Sakiyama Sogen al mio racconto
ha replicato:
"Both are important,
entrambi sono importanti lo spirito e le ginocchia".
Domanda:
Spesso si fraintende il termine Ken Zen Ichinyo (Lo Zen e la spada,o il Karate,
sono una cosa sola) con l’idea: poiché Karate e Zen sono una cosa sola allora è
sufficiente praticare solo il Karate.Io penso invece che significhi proprio
l’opposto: che Karate e Zen devono essere le due facce della stessa medaglia,
completandosi.
Sakiyama Roshi:
Giustissimo. La pratica di Zazen rende la pratica del Karate quella di un leone.
La pratica di Zazen
amplifica gli effetti della pratica del Karate-do.
Ad un certo livello, tra i
praticanti di Karat-do che praticano Zazen e quelli che non lo praticano si
viene a creare un divario notevole nelle loro pratiche. Le due strade si
separano conpletamente.
A questo punto il Maestro ci
chiede di eseguire da seduti le tecniche respiratorie del Kata Sanchin, poi
entusiasta ci dice:
"Quando eseguite Sanchin i
vostri occhi diventano più luminosi, brillano."
"Sanchin è un Kata
fondamentale,le fondamenta del Goju-Ryu."
Domanda:
Maestro, sappiamo che Lei è stato per un periodo negli Stati Uniti, cosa pensa
dell’approccio occidentale allo Zen ?
Sakiyama Roshi:
E’ molto raro che degli occidentali si interessino sinceramente alla cultura
orientale, quando ciò accade ne sono molto felice.
Domanda: Penso
che il principio di Mushotoku (senza scopo o spirito di profitto) sia il
concetto più difficile da comprendere e accettare per gli occidentali. Non
crede?
Sakiyama Roshi:
Quando Bodhidharma giunse in Cina venne convocato dal Re Butei che aveva
attivamente protetto e diffuso il Buddhismo costruendo templi, monasteri.
Il Re gli chiese: "Ho diffuso il Buddhismo con grande energia, ho costruito
templi... Quali sono i miei meriti?"
Bodhidharma rispose: "Nessun Merito"
Nella pratica Zen non ci sono ricompense.
Domanda:
Maestro ma i Samurai praticavano Zazen per divenire più efficaci in
combattimento ? Se sì, come si concilia con Mushotoku ?
Sakiyama Roshi:
I Samurai non praticavano per diventare più forti.
Il Maestro commenta il fatto
che sui giornali locali èstato dato ampio risalto al torneo dimostrativo di Iri
Kumi (la forma di combattimento a contatto pieno del Goju-Ryu di Okinawa) che si
è tenuto durante il Budo Sai come momento di marginale importanza, mentre poco
viene detto circa il Gasshuku e le altre importanti manifestazioni culturali ad
esso legate.
Al che io racconto l’episodio
accaduto durante la cerimonia di apertura del Budo Sai, quando, ha preso la
parola un giapponese vestito con un tradizionale kimono bianco, presentato come
rappresentante del comitato olimpico giapponese, che ha offerto a Higaonna
Sensei un diploma e con voce decisa e tono piuttosto aggressivo, ha invitato
Higaonna Sensei e la sua organizzazione ad aderire al progetto di ingresso del
Karate alle olimpiadi promosso da lui stesso e da Kunio Tatsuno.
Questo inatteso intervento ha
creato un certo imbarazzo. Higaonna Sensei, presa la parola, con l’onestà e la
coerenza che gli sono propri ha rifiutato l’offerta affermando che il suo
pensiero e la sua pratica sono diametralmente all’opposto del Karate olimpico e
ha aggiunto che l’ingresso del Karate alle olimpiadi significherebbe la morte
del Karate-do tradizionale.
Alla replica di Higaonna sensei
è seguito un applauso di 10 minuti da parte degli allievi della sua scuola.
Al racconto dell’episodio
Sakiyama Sogen ha mostrato una grande felicità per la risposta data da Higaonna
Sensei e ha commentato:
Sakiyama Roshi:
Higaonna Sensei è molto coraggioso. Questa proposta gli è stata sicuramente
formulata in questa occasione, di fronte a tutti, per cercare di metterlo in
difficoltà. Sicuramente se Higaonna Sensei avesse accettato la proposta, a
questo sarebbe stato dato ampio risalto su tutti i giornali mentre il suo
rifiuto è stato ignorato.
Anche se ci sono contro un milione di persone, noi dobbiamo andare diritti sul
nostro cammino.
Higaonna Sensei è sincero e vive la pratica e l’insegnamento come la viveva
Chojun Miyagi, nello stesso modo.
Siete molto fortunati ad avere un insegnante come Morio Higaonna perché avendo
un modello di alto livello si può acquisire la capacità di discernere i livelli
più bassi.
Il Maestro Racconta che a Tokyo
ha avuto occasione di conoscere grandi Maestri di Karate, come, Otsuka, Nakayama,
Yamaguchi...
Domanda:
Maestro pensa che il Goju-Ryu giapponese sia differente da quello d’Okinawa ?
Sakiyama Roshi fa un gesto
esplicito aprendo le braccia con una mano verso il cielo ed una verso la terra
in direzioni diametralmente opposte.
Domanda: Il
Maestro Chojun Miyagi praticava Zazen?
Sakiyama Roshi:
Il Maestro Miyagi curava con estrema attenzione l’aspetto spirituale e mentale
della propria arte. Esercitava di continuo la propria mente. E anche se non
posso dire di averlo visto praticare Zazen pubblicamente, spesso si ritirava
nella sua stanza per lunghi periodi e sono certo che si dedicasse alla
meditazione.
Il giorno precedente il nostro
rientro in Italia siamo andati per l’ultima volta a praticare con Sakiyama Roshi.
Il momento dei saluti è stato toccante, l’anziano maestro ci ha confidato che
gli sarebbe mancata la nostra compagnia, ci ha accompagnato alla porta del
tempio e salutato calorosamente. Tutti noi ci auguriamo di rincontrare al più
presto Sakiyama Roshi, chissà, magari invitandolo in Italia.
Da:
http://www.iogkf.it/liokar.htm