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Marcella Tassinari
Nel
riprendere in mano i testi di Cristina Campo le prime forti che mi colgono sono
il vigore della personalità e la straordinaria capacità di conoscere e
trasmettere. Vigore intellettuale e spirituale alimentati da una vastissima
cultura e da una conoscenza penetrante che la spingono a calarsi nel bello della
natura e dell’uomo, alla ricerca del pensiero incorrotto e dell’anima pura.
Quasi a voler significare che quanto manca alla letteratura d’oggi non è la
consapevolezza dei mali nel mondo, quanto la perdita dei valori i quali, mentre
in passato erano convissuti con il male, poi vennero spazzati via, perché la
rivoluzione del costume li considerò inutili e paralizzanti retaggi di una
tradizione. Molti
sono i percorsi che ella insegue con attenzione per esprimere il pensiero e la
fede che la animano nel suo cammino letterario, ma il modello di riferimento che
continuamente ricorre sembra essere la fiaba. In essa, infatti, continuamente si
avvera il raffronto tra reale e immaginario, tra conosciuto e invisibile, poiché,
dice, “fiaba è destino in lenta formazione”1. Della
fiaba prende in considerazione il protagonista che è posto di fronte alla
prova, al cammino da percorrere, dove incontrerà asperità, fatiche e ostacoli
che l’obbligheranno ad una vera e propria trasformazione di sé, ad una
graduale metamorfosi, fino a ritrovarsi lavato “da ogni rimpianto adolescente,
da ogni ruggine di fantasia”, liberato da condizionamenti, come “attenta
anima nuda”2. Solo a queste condizioni ed in tale circostanza non saranno più
gli occhi di carne a vedere, ma la “percezione sottile”, la quale gli
consentirà di scoprire l’impossibile, di arrivare a sfiorare la soglia del
mistero. Analogamente, soggiunge, si svolge il destino di ogni uomo, il suo
cammino è faticoso, irto di prove per affrontare le quali si rende necessaria
una sovrabbondanza naturale, quella riserva che le persone nate, o cresciute in
campagna portano in se stesse. Perché coloro che ebbero questa opportunità
custodiscono per tutta la vita “il sentimento di un arcano e pur preciso
linguaggio, di uno svolgersi musicale di frasi che, mentre colmano i sensi di
sovrabbondante letizia, annunciano alla mente un ultimo disegno, sempre di nuovo
promesso e differito”3. La
natura è capace infatti, in quanto paesaggio vivente, di trasmettere a coloro
che sono nell’età della formazione, forza fantastica, esuberanza di cuore e
armonioso senso del vivere, consente il raffronto fra il loro cammino appena
iniziato e quello dell’eroe della fiaba, e l’accostamento “se non al
significato, al potere dei simboli”4, animandoli di presenze arcane e di
timori, ma anche di liete liberazioni. Il
paesaggio prepara a tali stadi spirituali, sicché lungo la strada sparisce
d’incanto la misura di tempo e di spazio e si può procedere per ore come in
un cerchio senza uscirne, come accade nel sogno, o si può in pochi passi
toccare l’orlo dell’illimitato, percepire l’Altro, l’Ulteriore. Ma
come riferire questa percezione? Solo
la vera poesia è capace, nel suo linguaggio essenziale, di far intuire quanto
il cuore e la mente hanno interiorizzato, di dare espressione a questo momento
magico e misterioso che si veste di Bellezza. E che cosa è la Bellezza se non
la quarta virtù, dice Cristina Campo, teologica essa pure, poiché Fede,
Speranza e Carità, “sono ininterrottamente intessute e significate dalla
Bellezza”5, che fluisce dall’una all’altra come in tre vasi comunicanti. Ma
dove si trova e che cosa è questo “bello” che sempre viene rincorso? Forse
è il simbolo dell’armonia, uno dei più preziosi che si sono persi smarrendo
il senso religioso della vita, il senso religioso di ogni destino umano
edificato nella pazienza di fronte all’inesplicabile, perché religione non è
altro che destino santificato, attesa di Dio. Vi
sono un ordine spaziale, un ordine astrale e finalmente un ordine naturale che
si esprimono secondo leggi, o meglio, secondo una sintassi propria, che possono
ogni giorno accrescere l’umana consapevolezza e indirizzare verso la
perfezione. Ed ognuno può vivere questo momento dell’intuizione poetica,
consegnando alla fede quanto ancora rimane oscuro alla propria comprensione,
“enigma ogni giorno nuovo, proposto e mai risolto, se non nell’ora decisiva,
nel gesto puro”6, alimentato quotidianamente di pazienza e di silenzio, come
dice Sant’Agostino: pazienza e silenzio che vogliono insinuare qualcosa,
indicare una propensione. Cristina
Campo parla della strada da lei percorsa, da oriente ad occidente, seguendo
quattro linee: il linguaggio, il paesaggio, il mito e il rito. Il linguaggio che
mano a mano si arricchisce di conoscenza si carica di simboli, il paesaggio in
quanto esprime l’ordine naturale della creazione in una progressione di novità,
il mito che calandosi nel mistero ti conduce verso l’illimitato, il rito che
onora nella sua bellezza attraverso la liturgia l’insieme di queste realtà,
Deus absconditus. E
qui si apre il discorso della liturgia: “liturgia - come poesia - è splendore
gratuito, spreco delicato, più necessario dell’utile. Essa è regolata da
armoniose forme e ritmi che, ispirati alla creazione, la superano
nell’estasi”7. Ma liturgia è anche celebrazione del mistero divino, è
desiderio di glorificarlo allo scopo di ricomporre sulla terra le meraviglie
della creazione, il regno astrale, il succedersi delle stagioni, il mistero del
tempo: è itinerario verso Dio. E dalla Campo ci viene proposto ad esempio un
brano del vangelo quando, nella casa di Simone il Lebbroso, la Maddalena sparge
sui piedi di Gesù l’intera ampolla di nardo odoroso; sorge il rimprovero di
Giuda che reclama il prezzo per i poveri e Gesù dice “I poveri avrete sempre,
ma non avrete sempre me”, e intende esprimere la sua denuncia contro il
pericolo di smarrire la giusta attenzione nei confronti di ciò che è primario
per essere proditoriamente trascinati verso distrazioni onorevoli. “Ella mi
prepara per la mia sepoltura”8, dice ancora il Salvatore mettendo in rilievo
come il gesto della Maddalena, nella sua complessità, vada al di là del senso
liturgico e divenga sacramentale. E lasciamo alla meditazione del lettore il dare approfondimento alla parola di Cristina Campo.
Da: http://www.il-margine.it/archivio/1999/d2.htm
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