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Sul tema del caso - Dai Quaderni (Simone Weil)
I * percepire l’essere amato in tutta la sua superficie sensibile, come un nuotatore il mare. Vivere all’interno di un universo che è lui. E’ per caso (un caso provvidenziale) che questa aspirazione profonda, che ha le sue radici nell’infanzia (gestazione), coincide con l’istinto detto sessuale – il quale è estraneo all’amore, se non per il pensiero dei figli. Per questo la castità è indispensabile all’amore. E l’infedeltà lo macchia. Appena c’è bisogno, desiderio, anche reciproco, c’è oltraggio.* /”percepire…oltraggio”: cancellato a matita/
389 Credenze a diversi livelli. Es. credenza nell’esistenza di Dio, in me, a tale – tale – e tale livello; che egli non esiste, a tale – e tale livello, ecc. Non si deve scegliere tra le opinioni (salvo in certi casi), accoglierle tutte, ma comporle verticalmente e collocarle ai livelli opportuni. Così caso, destino, Provvidenza.
II 65 Cattivo modo di cercare. Attenzione aggrappata a un problema. Ancora un fenomeno di orrore del vuoto. Non si vuole che il proprio sforzo vada perduto. Accanimento nella caccia. Non è necessario voler trovare. Come nel caso della dedizione eccessiva, si viene a dipendere dall’oggetto dello sforzo. Si ha bisogno di una ricompensa esteriore, che a volte il caso fornisce, e che si è pronti a ricevere a prezzo di una deformazione della verità. Solo lo sforzo senza desiderio (non attaccato a un oggetto) contiene infallibilmente una ricompensa. “Il Padre nel segreto … “ /Matteo VI,18/ Indietreggiare davanti all’oggetto perseguito. Solo ciò che è indiretto è efficace. Non si fa nulla se non si è dapprima indietreggiato. Leva. Nave. Ogni lavoro.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 108 S. Giacomo “Se un fratello o una sorella sono nudi e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro.”andate in pace, riscaldatevi e nutritevi” senza dar loro il necessario per il corpo, a che giova? Così è della fede, se non ha le opere, essa è del tutto morta” /Giacomo II,15-17/ “ La fede agiva insieme alle opere” /II,22/. “Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Quando noi mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, noi guidiamo tutto il loro corpo” /III,2-3/. (questi due versetti sono sottolineati). FRENO “Osservate anche le navi, le quali, pur così grandi e spinte da venti impetuosi, sono dirette da un piccolissimo timone, a volontà del timoniere; così la lingua è un piccolo membro e si vanta di grandi cose. Osservate come un piccolo fuoco incendia una immensa foresta; anche la lingua è un fuoco, il mondo dell’ingiustizia, questa lingua posta nelle nostre membra macchia tutto il corpo e infiamma il ciclo della creazione, quando è infiammata dalla Geenna” /III,4-6/. <”adulteri”, coloro che tradiscono lo Sposo per il mondo>. “La lingua nessun uomo può domarla” /III,8/ Freno, timone. Una piccola forza diretta ha il sopravvento su una grande forza cieca. Ma perché vi sia direzione, è necessario che ciò che dirige disponga di una piccola forza. Se non c’è in noi qualcosa capace di dirigere e che disponga di una piccola forza, il nostro stesso pensiero è interamente caso; ma non può esserlo. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
190 La ricompensa per aver pensato a Dio con attenzione e amore sufficienti è l’essere costretti a fare la sua volontà. E reciprocamente, la volontà di Dio è ciò che non si può non fare quando si è pensato a lui con attenzione e amore sufficienti. Stoici: il bene è ciò che fa il saggio. Libertà e peccato. Il possesso di un tesoro implica la possibilità di perderlo; nondimeno perdere una perla non significa avere una perla. Il peccato è uno sperpero della libertà. Una necessità rigorosa, che esclude ogni arbitrio, ogni caso, regola i fenomeni materiali. Nelle cose spirituali, benché libere, vi è se possibile ancor meno arbitrio e caso. Idea cattolica (cfr.santa Caterina da Siena) secondo la quale Dio (o il Cristo) non può fare una certa cosa da lui desiderata se non lo si prega con sufficiente intensità (immagine mitica).
198 Se pensassi che Dio m’invia il dolore con un atto della sua volontà e per il mio bene, crederei di essere qualcosa, e trascurerei l’uso principale del dolore, che è d’insegnarmi che sono niente. Non si deve dunque pensare nulla di simile. Ma è necessario amare Dio attraverso il dolore (sentire la sua presenza e la sua realtà con l’organo dell’amore soprannaturale, l’unico che ne sia capace, così come si sente al consistenza della carta attraverso la matita). Allo stesso modo lo spettacolo della miseria degli uomini m’insegna che essi sono niente,e, a condizione che io m’identifichi con loro, che io sono niente. Non è solo in quanto essere umano determinato, è in quanto essere umano che io sono niente. In quanto creatura. Debbo amare di essere niente. Come sarebbe orribile se io fossi qualche cosa. Amare il mio nulla, amare d’ essere nulla. Amare con la parte dell’anima che si trova dietro il sipario, perché la parte dell’anima che è percettibile alla coscienza non può amare il nulla, ne ha orrore. Se essa crede di amarlo, vuol dire che ama altra cosa che il nulla. La sventura estrema che colpisce gli esseri umani non crea la miseria umana, la rivela soltanto. Dobbiamo alleviarla, quando possiamo, unicamente per questa ragione. Dobbiamo evitare di cadere in essa ovvero di uscirne quando possiamo, perché essa deve venire dal di fuori, essere subita. E dobbiamo amare come noi stessi, nello stesso modo con cui amiamo noi stessi, l’essere umano che il caso mette in nostro potere di aiutare.
204 La nozione di CONDIZIONE DI ESISTENZA è PER NOI L’UNICO LEGAME TRA IL bene e la NECESSITA’. La bellezza è l’armonia del caso e del bene. Il reale (per l’uomo) è ciò che è sentito e pensato allo stesso tempo. La gioia è il sentimento della realtà. Più l’opposizione del caso e del bene è sensibile, più la bellezza e la gioia sono profonde. La tristezza è l’indebolimento del sentimento della realtà. E’ una cattiva de-creazione, a livello dell’immaginazione. E’ un crimine rendere gli uomini tristi. Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso terrestre, erano tristi. Anche il Cristo. “La mia anima è triste fino alla morte”. /Mc XIV,34; Mt XXVI,38/ Se l’uomo non potesse subire del male da parte della natura e soprattutto da parte degli uomoni, la parte umana dell’anima non sarebbe dunque sottomessa alla necessità. L’uomo che non è radicato in Dio con l’amore soprannaturale è interamente abbandonato al caso. Ma ogni essere umano, per quanto in basso sia nato, ha in un periodo della sua vita la possibilità di radicarsi in Dio. Se non ne approfitta, e se in seguito è abbandonato alla sventura fino al punto di non avere più questa possibilità, allora si ha un fenomeno non diverso da quello per il quale alcuni esseri umani muoiono prematuramente. Dio vuole tutto ciò che si produce allo stesso titolo, non alcune cose come mezzi ed altre come fini. Così pure vuole allo stesso titolo l’insieme e le parti, ogni porzione, ogni traccia che è possibile operare nella realtà continua. Questo è rappresentabile per l’intelligenza umana solo nei termini seguenti: egli vuole la necessità. La volontà di Dio non può essere per noi un oggetto d’ipotesi. Per conoscerla noi dobbiamo solo constatare ciò che accade: ciò che accade è la sua volontà. Il Verbo è il silenzio di Dio. Non si deve dire che Dio vuole la sofferenza di un santo in vista del suo progresso verso la perfezione, ma: egli vuole la sua sofferenza, e vuole il suo progresso, e vuole il legame tra i due – e un’infinità di altri legami ancora. Non devo amare la mia sofferenza perché mi è utile, ma perché essa E’. La necessità è il velo di Dio. Letture sovrapposte: leggere la necessità dietro la sensazione, leggere l’ordine dietro la necessità, leggere Dio dietro l’ordine. E’ necessario amare tutti i fatti, non per le loro conseguenze, ma perché in ogni fatto Dio è presente. Ma questo è tautologico. Amare tutti i fatti è lo stesso che leggere Dio in essi. E’ necessario amare i propri nemici perché esistono. E’ necessario (se se ne presenta l’occasione e se non vi si oppone alcun inconveniente grave) far loro del bene per amarli. I precetti non sono dati per essere praticati, ma la pratica è prescritta per l’intelligenza dei precetti. Sono delle scale. Non si suona Bach senza aver fatto delle scale. Ma non si fanno neppure le scale per le scale. Cfr:Upanisad; Lao Tzu. L’idea della Provvidenza diminuisce la purezza dell’amore di Dio. Non c’è che una prova della bontà di Dio: che noi l’amiamo. L’amore che noi abbiamo per lui è l’unico beneficio degno della nostra riconoscenza, e di conseguenza quest’amore racchiude in se stesso la prova della sua legittimità. Quando esso non ha altro movente che se stesso, niente può colpirlo; perché anche nel momento del : “Perché mi hai abbandonato?” l’amore non viene meno, ma assume la forma dell’assenza invece della forma del contatto. Esso perviene così al punto estremo di purezza. Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste. Significa amare ogni cosa in egual misura; come il Padre è allo stesso titolo il creatore di ogni cosa. Ma, a un altro titolo, è il creatore dell’ordine del mondo. Il Verbo, silenzio in Dio, parola nella creazione. L’essenza di Dio non è né soggetto né oggetto, ma pensiero (“L’attributo pensiero”)./espressione di Spinosa/
211 Le teorie sul genio che fa di continuo scoperte, sul progresso, ecc. derivano dal fatto che è intollerabile rappresentarsi ciò che vi è di più prezioso al mondo come abbandonato al caso. Ma proprio perché è intollerabile deve essere contemplato. La creazione è proprio questo. L’unico bene che non sia soggetto al caso è quello che è fuori del mondo.
255 Due cose necessariamente legate. Esempio. Una bilancia è vuota. Un pezzo di gesso cade su uno dei piatti. Esso si abbassa. Dio vuole una di queste cose in se stessa. Vuole l’altra in se stessa. Vuole l’insieme formato dalle due. Vuole il legame tra le due. Vuole il carattere necessario di questo legame. Ciascuna di queste cose singolarmente, tutto ciò insieme, e non c’è coincidenza né caso. Vi è identità tra: Dio vuole questo, e: questo è. A essa corrisponde in noi l’identità tra l’amore soprannaturale e la credenza. L’amore soprannaturale, che è obbedienza, è ciò che corrisponde in noi alla volontà di Dio. Dobbiamo essere indifferenti al bene e al male, ma essendo indifferenti, cioè proiettando in modo uguale sull’uno e sull’altro la luce dell’attenzione, il bene vince per un fenomeno automatico. E’ questa la grazia essenziale. Ma è anche la definizione, il criterio del bene. Un’ispirazione divina opera infallibilmente, irresistibilmente, se non si distoglie l’attenzione da essa, se non la si rifiuta. Non si tratta di fare una scelta in suo favore, è sufficiente non rifiutare di riconoscere che essa è. Obbedienza, unico passaggio dal tempo all’eternità. 308 <N.B. Ci sono tre cose da non fare. Domandare a Dio il pane naturale. Dipende dalla cieca necessità fornirlo o rifiutarlo in conformità al caso. Chiedergli d’intervenire nell’ambito riservato alla volontà della creatura. E desiderare il prestigio sociale, che appartiene al diavolo>.
III 23 Matematiche. Niente caso, e tuttavia delle coincidenze.
78 La danza è il ritorno dal movimento retto al movimento circolare. (Così pure la corsa a piedi, quando è bella: Ladoumègue. E’ lo stile). E’ un movimento non diretto, senza intenzione, e che tuttavia non si produce a caso, ma è sottomesso a una necessità rigorosa più di un movimento che procede da un’intenzione. L’equilibrio è la virtù suprema (che Platone chiama giustizia?); è l’unione di virtù incompatibili. Negli esseri ispirati dal male c’è unione di vizi incompatibili? Non credo. I vizi sono sottomessi alla gravità, per questo nel male non c’è profondità, trascendenza.
88 C’è una sofferenza che è il contraccolpo del male che si fa. Sofferenza espiatrice. C’è una sofferenza che è l’ombra del bene puro che si desidera. Sofferenza redentrice. C’è anche quella che è legata al gioco cieco della necessità; anche la sofferenza espiatrice e la sofferenza redentrice sono prodotte da questo gioco cieco, poiché il caso fa parte del carattere irriducibile della sofferenza.
139 Noi vorremmo che tutto ciò che ha un valore fosse eterno. Ora tutto ciò che ha un valore è il prodotto di un incontro (innanzitutto me stessa; il caso ha fatto a suo tempo incontrare mio padre e mia madre!... e tutti quelli che amo, e tutti gli uomini, e tutto quanto è stato fatto dagli uomini), dura nell’incontro, e finisce quando ciò che si era incontrato si separa. E’ il pensiero centrale del buddismo (pensiero eracliteo). Esso conduce dritto a Dio. La meditazione sul caso che ha fatto incontrare mio padre e mia madre è ancora più salutare di quella sulla morte. C’è una sola cosa in me che non abbia la sua origine in questo incontro? Solamente Dio. Ma anche il pio pensiero di Dio ha la sua origine in questo incontro. Un’amicizia reale è essenzialmente qualcosa di eterno. Il pensiero che possa finire è insopportabile. E tuttavia si sa bene che essa ha avuto un inizio. Un caso ha posto Platone alla presenza di Socrate. E se il figlio di Maria fosse morto di crup? Cercare di definire l’uso legittimo della parolina se. L’uso della nozione di possibilità è la ricerca degli invarianti.
178 Non si è mai se stessi. Si è sempre qualco’altro. Non c’è egoismo. Ma quest’altra cosa deve essere Dio. Soltanto così si è se stessi. Occorre rinunciare a se stessi in quanto esseri limitati, e a questo scopo bisogna solo riconoscere tutte le cose limitate in quanto tali. Se io pensassi tutto ciò che è limitato come limitato, nel mio pensiero niente procederebbe più dall’io. Attraverso me Dio e la creazione sarebbero in contatto. Gli esseri che amo sono creature. sono nati dall’incontro casuale tra il loro padre e la loro madre. Anche il mio incontro con essi e casuale. Essi moriranno. Quel che pensano, che sentono, che fanno è limitato e commisto di bene e di male. Sapere questo con tutta l’anima, e non amarli meno. Contemplare la differenza tra sapere e sapere con tutta la propria anima. Quando si è sorpresi da qualche cosa che si era previsto (e in questo periodo tempestoso mi capita spesso), non lo si era previsto con tutta l’anima. Conoscere le cose e gli esseri limitati come limitati, con tutta la propria anima, e portar loro un amore infinito. Questo significa veramente lasciare in sé un passaggio per il contatto tra Dio e la creazione. Dio ama infinitamente le cose finite in quanto finite.
IV 197 Se si subordina ogni cosa all’obbedienza a Dio, senza restrizione alcuna, con il pensiero: Se Dio è reale, si guadagna così tutto – anche se l’istante della morte portasse tutto il nulla; anche se queste parole non corrispondessero ad altro che a delle illusioni, non si è perso niente, perché in questo caso non c’è assolutamente alcun bene, e quindi niente da perdere; piuttosto si è guadagnato di essere nella verità, perché si sono abbandonati alcuni beni illusori, che esistono ma che non sono beni, per una cosa che (in questa ipotesi) non esiste, ma che, se esistesse, sarebbe anche l’unico bene…. Se si governa così la propria vita, nessuna rivelazione nel momento della morte può causare rimpianto; perché anche quando il caso o il demonio governasse tutti i mondi, non ci sarebbe da rimpiangere di aver vissuto così.
232 Che la casualità degli eventi mi privi di tutto ciò a cui gli esseri umani hanno rinunciato per amore di Dio, senza che vi sia partecipazione da parte mia, e in modo tale che in quel momento io abbia dimenticato di averlo desiderato in precedenza.
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