Jean Klein, La mia totale
assenza, la mia vera presenza
La mia prima e reale presa di coscienza fu all’età di 9 o 10 anni. Suonavo il
violino e il cane guaiva, disturbandomi. Presi un oggetto e stavo per
lanciarglielo, quando, improvvisamente, col braccio alzato, notai lo sguardo del
cane e compresi ciò che stavo facendo. Fu la prima volta che presi coscienza in
modo bipolare e della mia reazione che veniva da un senso di superiorità che non
aveva ragione d’essere. L’effetto fu molto forte. Mai più da allora caddi in
quell’errore.
La prima percezione dell’unità o del risveglio si produsse verso i 17 anni.
Aspettavo un treno in un caldo pomeriggio. La stazione era deserta e il
paesaggio addormentato. Tutto era silenzioso. Il treno era in ritardo e
aspettavo senza aspettare, molto rilassato e senza alcun pensiero.
All’improvviso un gallo cantò e quel suono insolito mi rese cosciente del mio
silenzio. Non era il silenzio obbiettivo di cui ero cosciente, come capita
spesso quando ci si trova in un posto tranquillo e un rumore improvviso mette in
evidenza il silenzio che ti circonda. No, fui proiettato nel mio proprio
silenzio, mi sentii in uno stato di coscienza al di là dei suoni o del silenzio.
Più tardi lo provai molte volte(…)
D. Qual era il vostro stato d’animo in quel periodo pre- indiano? Era il
momento in cui avete trovato un orientamento dove la vostra ricerca si è
chiarita di più?
Si, perché non avevo trovato né libertà né pace negli oggetti e nelle
situazioni; cessai di accumulare conoscenza ed esperienza e fui condotto ad una
ricerca più profonda: come posso raggiungere il compimento se non passo
attraverso gli oggetti? Ho vissuto a lungo con questa domanda, in uno stato di
non- conoscenza.
Ci fu un abbandono di tutto ciò che non era essenziale, di tutto ciò che non si
riferiva alla bellezza interiore, alla libertà interiore. Avevo una enorme
lucidità ed energia in quel periodo. Avevo una gioia di vivere, un entusiasmo
per la vita ed un grande ardore nella ricerca. Ha risvegliato in me il desiderio
di essere stabile in quello stato di non- conoscenza, e di trovare un aiuto in
quella ricerca (…)
D. Finché eravate discepolo di Pandiji, non avete mai desiderato altri
maestri per una maggiore chiarezza?
Non c’era in me nessun desiderio riguardo a quello. Non ero andato in India per
trovare un maestro. Fu il maestro a trovarmi. Non c’è che un solo maestro.
Arrivai presto alla conclusione che non c’è niente da insegnare e che ciò che
cerchiamo non appartiene a nessun insegnamento e a nessun maestro. Così, perché
cercare qualcuno? E’ la presenza del guru che mostra che non c’è niente da
insegnare perché il maestro è nel ”io sono”. Ho preso coscienza che è solo il
“io sono” e non uno spirito o un corpo che può portarvi al “io sono”.
D. Quanto tempo avete passato a vedere Pandiji?
Circa tre anni.
D. Poi avete lasciato Bangalore per Bombay?
Si, sono partito per visitare il paese.
D. E fu allora che avvenne l’illuminazione?
Si. Ci fu abbandono completo dello stato condizionato e stabilità definitiva
nello stato incondizionato, senza residuo. Il risveglio si dispiegò pienamente e
mi percepii nella globalità.
D. Vi era già capitato prima ?
No. Avevo avuto due o tre illuminazioni, ma quello era più di una illuminazione.
Non c’era ritorno all’indietro possibile. Avevo trovato il mio vero
fondamento.(…)
Per la qualità del mutamento, non c’era alcun dubbio che potessi essere ripreso
dalla dualità, e questo si confermò nei giorni e nelle settimane seguenti.
Sentii una rettifica nel mio corpo e nel mio cervello, come se tutte le parti
avessero trovato il loro posto giusto, la loro posizione più confortevole. Vidi
tutti gli avvenimenti quotidiani apparire spontaneamente nel non- stato nella
mia totale assenza, nella mia vera presenza.
Jean Klein.
( a cura di L. S. )
Da: http://www.revue3emillenaire.com/it/?p=1742
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