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Jean Klein, «Il chiaro spazio della
testimonianza» (Nuovo Messico, Agosto 1980)
Che cosa posso fare per diventare più recettivo all'ultima realtà? Non esiste un sistema, un metodo o una tecnica grazie ai quali avvicinarsi alla realtà. Essa rivela se stessa là dove ogni tecnica e ogni sistema falliscono, là dove si vede la futilità del volere. Allora la mente entra in uno stato di resa innocente. Le tecniche servono soltanto a rendere la mente più affilata e ingegnosa: ma voi restate nelle sue reti, e per quanto possiate avere l'impressione di una trasformazione, di fatto state sempre giocando i vecchi giochi. È un circolo vizioso. La libertà, l'umiltà e l'amore appaiono in modo istantaneo, mai come un raggiungimento. La mente, il processo mentale, si manifesta in termini di spazio e tempo. Ma la consapevolezza silenziosa non è condizionata né dallo spazio né dal tempo. Perciò un mentale limitato non potrà mai raggiungere l'assoluto grazie alla propria espansione. Ogni sforzo di questo tipo conduce soltanto al rafforzamento dell’ego. Se voi fate attenzione mentre parliamo, in questo stato reale di attenzione la vostra mente compie una trasformazione. La cosa importante è l’atto dell'ascoltare, l'osservazione della vostra reazione a queste parole. Il vero ascolto coinvolge tutto il vostro essere, e in esso tutti i legami dell'ego si dissolvono. La mente entra allora in uno stato di grande vigilanza. Quanto alla sua domanda in particolare, ogni metodo e ogni tecnica comportano una specializzazione e una localizzazione. Ma questo focalizzarsi su una parte non potrà mai condurla al tutto. Più lei si specializza, più il suo campo visivo si avvicina, ma la causa di base del conflitto psichico non viene rimossa. La tranquillità ottenuta attraverso le tecniche è soltanto una cosa di superficie, mentre persiste la causa più profonda del conflitto. Come posso rendere la mia mente libera dal condizionamento? La mente è funzione, energia in movimento. è un ascensore a diversi livelli di consapevolezza di esperienze passate, individuali e collettive. Senza memoria non c'è mente, perché i pensieri sono suoni, parole e simboli che appaiono nella memoria. La memoria stessa è condizionata, essendo basata sulla struttura piacere-pena: ogni piacere viene conservato, e tutto ciò che è spiacevole, penoso, viene relegato nella sfera dell'inconscio. La funzione di base dell'organismo umano è la sopravvivenza. La sopravvivenza biologica è un istinto naturale, ma quella psicologica, finché essa è semplice sopravvivenza di una psiche centrata sul «me», è fonte di conflitto. Quello che noi generalmente chiamiamo «imparare» è un'appropriazione condizionata della sopravvivenza psicologica. La mente condizionata non può trasformarsi grazie al suo stesso sforzo, o ad un sistema basato su se stessa. Allora come può verificarsi questa trasformazione, questa integrazione? La mente deve pervenire ad uno stadio di silenzio, completamente vuota di paura, di desiderio e di ogni immagine. Questo non può essere ottenuto tramite la soppressione, ma con l'osservazione di ogni sensazione e pensiero che intervengano, senza qualificazione, condanna, giudizio o comparazione. Se è all’opera un’attenzione non motivata, il censore deve sparire. Deve semplicemente essere presente uno sguardo tranquillo, rivolto a ciò che la mente compone. Scoprendo i fatti così come essi sono, l'agitazione si elimina, il movimento dei pensieri rallenta e possiamo osservare ogni pensiero, la sua causa e la formazione del suo contenuto. Diventiamo coscienti di ogni pensiero nella sua completezza, e in questa totalità non può esservi conflitto. Perciò rimane soltanto l'attenzione, soltanto un silenzio in cui non sussistono l'osservare e la cosa osservata. Non forzate la vostra mente, guardate soltanto i suoi movimenti come se osservaste degli uccelli che volano. In questo sguardo sereno, tutte le vostre esperienze vengono a galla e si rivelano. Perché uno sguardo non motivato, non condizionato, non soltanto genera una grande energia, ma libera tutte le tensioni, ai vari livelli di inibizione. Allora vedete tutto ciò che siete, voi stessi. Osservare ogni cosa con un'attenzione piena diventa uno stile di vita, un ritorno al vostro essere originale, naturalmente meditativo. Come posso agire in modo da non creare altre reazioni, altro karma? Finché amore e gentilezza saranno nel suo cuore, lei possiederà l'intelligenza atta a conoscere che cosa fare, quando e come agire. Quando la mente vede le sue limitazioni, i limiti dell'intelletto, nascono un'umiltà e un'innocenza che non sono oggetti di coltivazione, accumulazione o apprendimento, ma il risultato di una comprensione istantanea. Quando vede la sua impotenza, la sua debolezza, e nulla sta reagendo, allora arriva a un momento di resa, a una sosta silenziosa nella quale si trova in comunione con il silenzio, con l'ultima verità. È questa realtà a trasformare la mente, e non uno sforzo o una decisione. Sento di conoscere me stesso come qualcosa. Ho una certa consapevolezza delle mie forze psichiche e della mia debolezza, e sono consapevole anche della mancanza di una soddisfazione perfetta, altrimenti non sarei qui. C'è qualcosa che posso fare? Se si osserva, vedrà che esercita una violenza sulla sua percezione. Lei interferisce costantemente, cercando di controllarla, di dirigerla. Il controllore appartiene a ciò che è controllato; entrambi sono oggetti, e un oggetto non può conoscerne un altro. Perciò lei deve lasciare che la percezione si riveli sempre di più, renderla completamente libera. Se le consente di manifestarsi, di aprirsi, essa la ricondurrà presto o tardi verso se stesso. Permetta al «lasciare la presa» di rivelare se stesso e sparirà il dinamismo del produrre. Che cosa posso imparare dal conflitto? Si renda conto che, sia nell'accettare che nel rifiutare, lei è condizionato, perché non vi è nulla da accettare o da rifiutare, (In un ascolto totale, in un'attenzione senza memoria, non vi è conflitto. Vi è soltanto il guardare. In un ascolto silenzioso, ciò che è detto, ciò che è udito e ciò che sorge come risposta e reazione, sono situati dentro il suo sé. Questa percezione della loro totalità, del loro tutto, è attenzione vera, e in essa non vi sono ne problemi ne condizionamenti. Vi è semplice libertà. Che cosa intende quando dice che non vi è un attore nel fare, nel dire o nell’ascoltare? In un’azione che sgorga dalla completezza non vi è un attore che agisce, vi è soltanto l'azione. Lei sta funzionando, e l'«io» è assente. Nel momento in cui il pensiero dell'io si forma, lei diventa cosciente di se stesso e cade nel conflitto. In assenza di questo pensiero non vi è colui che parla ne colui che ascolta, non vi è un soggetto che controlla un oggetto. Soltanto allora sussiste una completa armonia e in ogni circostanza si manifesta un'adeguatezza. Qual è il posto dell'intelletto in un ascolto non condizionato? L'intelletto è una difesa contro qualcosa che rifiuta o accetta. Una volta che ha visto, fuori della totalità, la verità di qualcosa, non c'è modo di sfuggirle. Lei vive con essa. Con questa comprensione completa, la mente non può schivare il cambiamento e la trasformazione si compie. Quando l'intelletto è assente, vi è un'attenzione totale; ascoltare e parlare possono apparire spontaneamente, ma essi sgorgano dalla realtà. Non vi è più una mente che produce. In un'attenzione silenziosa la mente è completamente vuota, perciò ciò che viene udito penetra profondamente. In uno stato di rifiuto o di accettazione esiste soltanto un gioco che si fa con le parole, con la memoria, con l'intelletto. Mentre in uno stato di ascolto silente non vi è neppure posto per il giusto e lo sbagliato, per la compensazione o la conclusione. Attraverso la conoscenza intuitiva, essi sono o non sono entrambi diventati conoscenza. Diventi consapevole dei processi della sua mente e del suo corpo e comincerà a capire se stesso. Non c'è alcuna differenza tra comprendere se stessi e comprendere l'intero universo. La sua percezione apre completamente se stessa alla pienezza della realtà. Si può «pensare» l'esperienza della realtà? Un'esperienza accade. Non può essere pensata. Pensare non è un'esperienza diretta ma un inseguimento e una ripetizione della sensazione. In un'esperienza reale lo sperimentatore è totalmente assorbito nell'esperienza: essi sono una cosa sola, non c'è spazio per la memoria ne per l'identificazione. E una non esperienza perché non c'è nessuno che sperimenta alcunché. In un campo come quello della tecnologia l'accumulazione delle esperienze è necessaria e non conduce ad un conflitto. Ma sul piano psicologico, che si articola sul binomio piacere-dispiacere, l'accumulazione delle esperienze rafforza l'ego e nega la possibilità dell'esperienza reale: la non-esperienza. Il culmine maturo di un'esperienza è la libertà dell'uno, di quell'uno in cui non sussistono soggetto e oggetto. Non si tratta delT unità dell'esperienza mistica, che è ancora uno stato nel quale si entra e dal quale si esce. La vera esperienza non è una ricerca di piacere, a nessun livello, perché la soddisfazione è una sensazione che non è stata pienamente riassorbita. E ciò che rimane di un'esperienza incompleta, una ripetizione delle proiezioni della memoria. La mente allora si annoia e va alla ricerca di nuove esperienze. Nella vera non-esperienza non ci sono residui. Essa ci riconduce in ogni istante alla nostra natura senza tempo. Come posso liberarmi dal tedio che avverto sovente? Se noi viviamo superficialmente e ce ne rendiamo conto, diventiamo consapevoli di un profondo senso di sconforto che può apparirci come tedio. Ci accorgiamo di andare da una compensazione ali'altra. Guardate questi momenti di tedio. Percepiteli veramente, senza giustificazioni e concettualizzazioni. Dovete dare via libera alla percezione, lasciare che essa si dispieghi nella vostra consapevolezza. Allora ha luogo una trasformazione ad ogni livello. Tutta l'energia che era dispersa e localizzata in abitudini che si erano fissate, diviene libera, viene riorchestrata. Ogni circostanza sollecita una riarmonizzazione dell'energia ed essa si adegua perfettamente alla situazione. Nella completa riorchestrazione che ha luogo, l'energia che prima era stata dissipata in una dimensione psicologica «ritorna» e svanisce nella nostra presenza senza tempo. Lei dice che quando viviamo liberi dalla relazione soggetto-oggetto viviamo fuori del tempo. Ma i nostri corpi appaiono e scompaiono, il sole nasce e tramonta, perciò in definitiva non siamo forse legati al tempo? Lei ha chiaramente presente che cosa intende per «tempo»? Il fatto è che l’uomo sta sempre creando il tempo. Il tempo psicologico è pensiero basato sulla memoria. Esso è essenzialmente il passato, e noi riviviamo costantemente il passato attraverso il pensiero. Infatti ciò che chiamiamo futuro è soltanto un passato modificato. Il tempo psicologico non è mai nel presente, e ? nel? adesso, ma va come un pendolo in costante movimento dal passato al presente, in rapida successione. Esso esiste soltanto sul piano orizzontale dell’avere-diventare, piacere-dispiacere, attrazione-repulsione, sicurezza-insicurezza. Esso è la fonte della miseria e del conflitto. La comprensione del tempo e dello spazio psicologico è la via verso la meditazione e la vera vita. Anche il tempo cronologico, astronomico, è basato sulla memoria, tuttavia si tratta di una memoria puramente funzionale, libera dall’intervento dell’ego, della volontà. È essenzialmente presente. Gli eventi procedono in successione ordinata, e poiché non si registra un movimento tra il cosiddetto passato e il futuro, non vi è conflitto. La vita è presente, ma quando pensiamo lo facciamo in termini di passato e di futuro. Vivere nell’adesso implica una mente libera da un fine da raggiungere e dalla tendenza a ricapitolare, libera dall'afferrare e dal lottare. Nel presente non vi è pensiero; i pensieri sono fusi in un tutto. La vita nell'istante contiene ogni possibile accadimento, così che non vi è posto per il tempo. Tutto può essere così riassunto: il tempo è pensiero e il pensiero appare nel tempo. La bellezza e la gioia si rivelano soltanto nell'adesso. Lei dice spesso che l’azione giusta non è una questione di moralità ma nasce naturalmente dalla spontaneità. Come posso pervenire a questa spontaneità? La spontaneità proviene dall'ascolto e ha come risultato la comprensione. In un ascolto non condizionato, che è silenzio, libertà da ogni agitazione e concetto, la situazione viene vista nella sua interezza ed è da questo sguardo globale che sgorga l'azione spontanea, appropriata. è ovvio che un'azione che nasca da un pensiero consapevole non può essere spontanea. E altrettanto vero, ma meno ovvio, che neppure le azioni che provengono dall'abitudine, dall'inclinazione o dall’istinto possono essere spontanee. Perché l'abitudine e l'istinto sono condizionati, automatici e meccanici, e le azioni che provengono da un'inclinazione sono motivate dalla giustificazione, dalla razionalizzazione e dal conflitto. Esse sono tutte guidate da pensieri inconsci. Infatti possiamo chiamare «azione» soltanto quella che sgorga davvero dalla spontaneità. Tutto il resto non è libero da interferenze e perciò lo dobbiamo definire «reazione». Per scoprire la spontaneità, il pensiero conscio e quello inconscio devono estinguersi. Devono cessare tutte le proiezioni dell'intelletto, se una spontaneità creativa deve essere all'opera. Lo sforzo intellettuale e il coltivare il potere della volontà non sono di alcuna utilità per integrare la spontaneità. La mente deve farsi umile, sensitiva, libera da ogni violenza, orgoglio e cupidigia. Allora soltanto la vera intelligenza può entrare in funzione. Quando, attraverso l’osservazione e l'ascolto, l'intelletto diventa silenzioso, la natura basale, profonda, della mente subisce una trasformazione. Essa raggiunge gli impulsi e i movimenti più oscuri e segreti della nostra vita animale. L'intelletto diventa capace di pensare con chiarezza nella luce di un'intelligenza che integra tutti i movimenti della vita: nasce così un nuovo bellissimo essere umano. La vita è vivere spontaneamente, senza essere toccati dal tempo. Che cosa pensa della morale sociale convenzionale? Quando lei consente al Supremo di prendersi carico di lei, la spontaneità è virtuosa e va oltre la moralità sociale e convenzionale. Posso essere attivo nel silenzio? Il silenzio è il nostro stato naturale. È la tela di fondo di ogni cosa. Non è necessaria alcuna concentrazione per essere silenzio. Finché siamo coinvolti nella percezione viviamo nel tempo, cioè viviamo soltanto su un piano orizzontale. Ma il silenzio è senza tempo. Esso è nel centro in cui il tempo e il non-tempo si incontrano, dove l'asse orizzontale e quello verticale della vita diventano uno. Questo punto è il cuore. Di solito nel nostro coinvolgimento con gli oggetti noi non percepiamo le cose come esse sono realmente, ma vediamo soltanto le proiezioni dell'ego. Fino a quando le nostre percezioni non possono fiorire nel silenzio, in assenza di ego, non possiamo veramente conoscere la realtà. Vedete questo fiore? Lasciate che esso venga verso di voi nella sua pienezza senza sovrapporgli la vostra mente. L'osservazione reale è multidimen- sionale. Voi vedete, gustate, udite, toccate, provate, con tutto il vostro essere, globalmente. Il vero vedere è una recettività attenta, una passività attiva. In questa osservazione può apparire un oggetto, ma non si è diretti verso di esso. Come dovrei pensare alla morte, e come far fronte all'esperienza della morte? Il pensiero appare nel silenzio e svanisce nel silenzio. Qualcosa che appare in qualcosa e che svanisce in qualcosa non è altro che quel qualcosa. Allo stesso modo quello che lei pensa di essere appare e svanisce nel silenzio. Quello che intende come morte non è altro in realtà che un indicatore del silenzio, della vita stessa. La morte non ha realtà. Ma se non guarda le cose in questa prospettiva, allora l'idea della morte resta un'idea stagnante in cui si invischia. Finché si prenderà per un essere separato, per un'entità indipendente, sarà sottomesso alle leggi del karma. Proviamo a dirlo in altro modo: prima di parlare della morte, chieda a se stesso che cosa è la vita. Ogni percezione è, soltanto in quanto lei è eterno essere presente. Questa è la tela di fondo comune allo stato di veglia, di sogno e di sonno profondo. Nella conoscenza che vive, nel suo essere nel presente, il problema della morte non ha significato.
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