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Il Vedanta vi esorta a far crescere
in voi la coscienza-testimone, in sanscrito sakshin. Rispetto a questa crescita
tutto il resto è secondario. Ora, troppo spesso, le domande che mi vengono poste
non riguardano neppure indirettamente il disimpegno della coscienza-testimone
verso i fenomeni, ma girano intorno agli avvenimenti soddisfacenti i
insoddisfacenti, a ciò che mi piace o non mi piace, al modo di diminuire o
eliminare le situazioni dolorose, di moltiplicare o rendere durature quelle
felici.
Non dico che questo tipo di conversazioni non abbiano il loro senso, ma se
siete impegnati sul cammino tutte le situazioni della vostra esistenza, sempre,
senza eccezioni, devono essere affrontate in funzione di questa posizione di
‘testimone’, di questa non-identificazione della coscienza o, se preferite,
dello spirito rispetto a queste forme e a questi pensieri. E’ spirituale ciò che
non ha forma, che non cambia, che non porta convenienze, che non può essere
pensato, che è ciò che è. Scoprite che voi siete quello, la realtà spirituale, e
che tutto il resto è materiale, anche i pensieri più nobili e i più alti slanci
dell’anima, perché non riguardano direttamente la Coscienza non-attingibile,
così spesso paragonata a uno schermo su cui si proietta un film.
Questo linguaggio non vi è inaccessibile. Non è riservato agli swami indù.
Vi riguarda tutti e a partire da ora. Sarete più o meno abili, riuscirete più o
meno facilmente, troverete forse degli ostacoli e delle difficoltà pesanti, ma
parleremo della stessa realtà Chi si impegna su un cammino e usa parole come
‘spiritualità’ o ‘spirituale’ dovrebbe dare loro un senso chiaro e convincente,
e non un contenuto impreciso in cui c’è un po’ di religione, un po’ di saggezza,
un po’ di filosofia. La spiritualità, in sintesi, è l’indipendenza dello spirito
di fronte a tutto ciò che è mutevole, limitato, misurabile, in altre parole
tutto ciò che dipende dal nome e dalla forma.
Potete arrivare ad ammettere che le vostre vite sono fatte di questo, che
sono state fin dalla nascita una successione di percezioni e concezioni, forse
anche prima di questa nascita, nella vita intrauterina. Ma il fine è di altro
ordine, di altro livello. Su questo ci sono affermazioni molto chiare, quale che
sia il tipo di spiritualità che avvicinate. Nel cristianesimo, Cristo annuncia
chiaramente: “Il mio Regno non è di questo mondo”. Anche se può essere trovato
in questo mondo, è comunque di un altro ordine di realtà: “In questo mondo
avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio, io ho vinto il mondo”. Gli indù e i
buddhisti insegnano l’irrealtà del mondo, così come lo concepiamo, e ci
propongono una realizzazione, una visione nuova, un risveglio.
I vari stati d’animo si succedono l’uno all’altro, e sono come colorazioni
mutevoli proiettate su tutto ciò che percepite, che vi separano dal vostro
essere essenziale. Siete simile a un fascio di luce bianca, incolore, davanti al
quale viene posta di volta in volta una lente blu, una gialla, una arancione,
una viola… Nel corso della vostra vita, questi vetri colorati deformano
costantemente il fascio di luce. In effetti, non conoscete che il fascio di luce
colorata, mai il fascio di luce pura. Questo è lo stato di coscienza comune. Voi
conoscete voi stessi identificati con un pensiero, un ricordo, una speranza per
il futuro. E per ora le vostre percezioni e le vostre concezioni sono sempre
accompagnate da un’emozione, da una certa risonanza affettiva, felice o
infelice, più o meno forte. Fra le grandi gioie e i grandi dispiaceri c’è spazio
per momenti gioiosi, momenti di sollievo, soddisfazioni, fastidi, delusioni,
contrarietà. Ma potete ignorare per tutta la vita il fascio di luce bianca, cioè
la vostra realtà fondamentale. Potete ignorare per tutta la vita la vostra sola
vera identità, il Sé. Potete non avere mai conosciuto altro che questi stati
d’animo, questi pensieri, questi momenti di coscienza.
Vi è possibile, qui e ora, porvi come un testimone neutro, non coinvolto,
non toccato dalla situazione in cui vi trovate o, più precisamente, dalla
coscienza che avete di questa situazione? Vi è possibile porvi un po’ al di qua
(non dico al di là, dico al di qua) di questa coscienza parcellizzata, colorata,
per ritrovare la Coscienza originaria, la Coscienza pura?
In parole povere si tratta della non-dipendenza, della libertà, la libertà
gloriosa, la libertà sovrana. Tutto il resto è non ‘semplicemente secondario’,
ma decisamente secondario.
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La Bibbia dice che l’uomo è creato a immagine di Dio. Si dice anche che Dio
è pieno d’amore e onnipotente. Scopriamo che la nostra natura originaria è
anch’essa piena d’amore e onnipotente, anche se gli amori ordinari non sono che
fascinazioni, cioè l’altra faccia dell’odio e della paura, e che finora hanno
mascherato la nostra realtà essenziale. E’ quello che gli indù definiscono
‘ignoranza’ o ‘illusione’, i buddhisti ‘sonno’. E’ ciò che noi chiamiamo
‘peccato originale’ o ‘caduta’.
E’ possibile trovare questa somiglianza, questa identità. E’ anche il
messaggio dei mistici cristiani: viviamo nel regno della dissimiglianza, ma
possiamo tornare alla rassomiglianza con Dio, a immagine del quale siamo stati
creati, e persino ritrovare la nostra identità con Lui. Meister Eckhart e i
mistici renani si sono spinti fino ad affermarlo chiaramente. Quanto agli
insegnamenti di scuola non-dualista, l’affermazione è decisa. Ma cosa significa
la frase: “Dio è insieme onnipotente e pieno d’amore”? E’ l’affermazione su cui
sono inciampati tutti coloro che si sono allontanati dalla religione o vi si
sono decisamente opposti. Possono essere laici e anticlericali anche uomini
coraggiosi, intelligenti, generosi, e non solo gente ispirata da Satana. E
comunque “l’inferno è lastricato di buone intenzioni”, e Satana non è altro che
il mentale.
“Dio è insieme pieno d’amore e onnipotente”. Questa asserzione può suonare
irritante. O Dio non è onnipotente, e allora perché dire che lo è, oppure se è
onnipotente come si può dire che è pieno d’amore quando tollera i martiri, le
atrocità, le crudeltà, le guerre, i campi di sterminio, le persecuzioni, le
torture e tutte le infamie che sconvolgono il pianeta? Per chi non è portato
alla religione dire che Dio è onnipotente può sembrare strano, visto come vanno
le cose nel mondo. Ma cercherò di farvi vedere come la cosa riguardi tutti voi,
anche se non siete affatto portati verso la religione. Il valore
dell’affermazione dipende dal modo in cui la intendete.
Provate a intenderla così: nulla in voi ha potere su Dio, nulla! Al cinema,
nessuna scena di incendio ha il potere di bruciare anche un solo pezzettino di
schermo, nessuna scena di naufragio ha il potere di bagnarlo. Nello stesso modo
nessuna percezione e nessuna concezione ha il potere di attingere la Coscienza
suprema, né ha potere sul Sé, sull’Atman.
Ritrovare Dio in voi (cosa che cerca il mistico) o ritrovare il vostro Sé
nel senso ultimo del termine, è scoprire in voi questa coscienza dell’essere,
che è detta anche Spirito, sulla quale niente ha presa. ‘Spiritualità’ è un
altro termine per indipendenza e non-dipendenza. Niente, nessun fenomeno, nessun
avvenimento, nessuna situazione ha potere su questa Coscienza suprema. E questa
verità può essere provata, sentita come un’esperienza e una realizzazione, e non
considerata un atto di adesione a un dogma. Ecco la differenza.
Quando un saggio afferma di essere stabile in questa coscienza, accade che
gli altri ne rimangono convinti, che non ci sia alcun dubbio sulla veridicità
della sua affermazione. Fino a che ho avuto dei dubbi, sono stato zitto, Quando
non ho più avuto dubbi, e questa assenza di dubbio si è confermata giorno dopo
giorno, anno dopo anno, allora e solo allora ho testimoniato. Non ne avevo
ancora una prova personale, ma ne avevo prova attraverso i saggi che incontravo,
in quanto di fronte a essi avevo la certezza che fossero stabiliti in quella
Coscienza su cui nessuna situazione esterna ha potere. Una simile libertà è il
fine, il vero fine, la risposta assoluta.
Se vi chiedo: “Qual è il contrario dell’amore?”, molti di voi
risponderebbero: “L’odio”. Oggi io risponderei: “La paura”. L’odio è un effetto
della paura. Se siete liberi da ogni genere di paura, allora siete stabili in
quell’oceano d’amore che è un aspetto della coscienza di essere. Tutti conoscete
l’espressione sat-chit-ananda: ‘essere-coscienza-beatitudine’, dove la parola
ananda implica questo clima d’amore. Si potrebbe anche dire: ‘essere-coscienza-amore’.
Tutti gli uomini cercano questo clima d’amore. La sofferenza consiste
nell’esserne esiliati, nel non sentirsi amati, nel non amare. Dove l’aspetto più
crudele è il non amare se stessi. Ciò che ci protegge dalla sofferenza è il
sentirsi amati e, quando ci sentiamo amati, la paura fondamentale (la paura di
soffrire) sparisce. Se un uomo è molto innamorato di una donna (non dico quando
è travolto da una passione di cui è il burattino, dico un vero sentimento
d’amore) ed è amato, la paura scompare; è una cosa che forse avete provato. Ma
alla prima delusione, al primo tradimento, anche minimo, il senso di paura
ritorna.
La paura prende la forma del timore di una sofferenza in particolare, ma
fondamentalmente si tratta della paura di soffrire. Avere paura significa avere
paura di soffrire, in un modo o nell’altro. E’ questo il clima in cui viviamo in
genere le nostre esistenze, perché sappiamo bene di non essere affatto garantiti
contro le prove. Non c’è buon matrimonio, né buona situazione lavorativa, né
buono stato di salute, né una collezione di polizze di assicurazione che ci
proteggano con certezza dalla possibilità di soffrire. Viviamo in un clima di
paura che è l’opposto esatto dell’amore. Se l’amore appare la paura scompare, e
se la paura scompare l’amore appare.
Dunque quando diciamo “Dio è amore” e “Dio è onnipotente”, significa che
esiste una Realtà che i rishi, i saggi, i risvegliati, i profeti hanno scoperto
e in nome della quale hanno testimoniato a buon diritto. Se nessuna verifica
fosse possibile, niente proverebbe in effetti che i dogmi a cui i credenti
aderiscono non siano illusioni infantili, come peraltro certi pensatori
affermano. Non dimenticate che la parola ‘fede’ in greco significa ‘certezza’;
ha la stessa radice della parola ‘epistemologia’, la metodologia della certezza
nella scienza.
Quale che sia la varietà dei linguaggi, il fine ultimo è la scoperta del
fondamento del vostro essere. Tutto il resto è secondario. Il fine essenziale
non è di migliorare il vostro stato relativo, il fine è di scoprire in voi
questa Coscienza onnipotente. Onnipotente non ha il senso di poter fare
qualsiasi cosa come se aveste una bacchetta magica, ma nel senso di
‘assolutamente non-attingibile’, sulla quale niente può avere prese sia a
livello grossolano, che sottile, psichico o causale.
Ecco la salvezza, ecco il compimento del vostro destino di uomini sulla
Terra, ecco la riuscita della vostra vita. Tutto il resto sfiora appena
l’essenziale, anche se diventerete celebri come Napoleone o Michelangelo. Voi vi
identificate con le percezioni e le sensazioni. E il concetto fondamentale si
riassume in una parola: io. Con tutto ciò che è sottinteso. Io sono Arnaud
Desjardins, e se sono Arnaud Desjardins non sono Alain Boiron né Paul Dumas.
L’egocentrismo è fatto di concetti derivanti dalle nostre percezioni sensoriali
e dall’apparente separazione dei corpi fisici in rapporto gli uni con gli altri.
Gli psicologi hanno insistito sul processo di distinzione del corpo fisico del
neonato da quello della madre, che si stabilisce nei primi mesi di vita. In
seguito, ci identifichiamo con il nostro nome e con la nostra forma, grossolana
o sottile, con la percezione che abbiamo di noi come persona intelligente, o
poco dotata, sportiva, istruita, ignorante, laureata, povera, ricca, celebre,
sconosciuta, eccetera. La maggior parte delle esistenze umane si compendiano in
queste identificazioni, e l’essenziale viene dimenticato.
Si dà il caso che la realizzazione di questa Coscienza non-attingibile è
talmente incommensurabile in confronto al mondo degli opposti, della creazione e
della distruzione, che per esprimere quanto qui ho detto con parole semplici e
quasi povere si è spesso usato un linguaggio grandioso. Di fronte all’esperienza
abituale di cui la quasi totalità degli uomini è prigioniera, la scoperta di
questa coscienza indistruttibile è sublime, divina, indicibile. Da qui deriva il
senso del sacro in rapporto al profano, da qui nascono la bellezza, la
grandezza, la nobiltà delle immagini, dei simboli che intendono esprimere ciò
che io ho detto con le povere parole che ho a disposizione. La cattedrale gotica
più sublime non è altro che il commento architettonico di ciò che tento di
trasmettervi.
Non si perda di vista la sobrietà dell’essenziale, né che quest’essenziale
non riguarda soltanto Dio nell’alto dei Cieli o qualche antico santo o saggio,
ma riguarda proprio voi adesso. Non dico che se vi date al tennis giocherete
tutti in Coppa Davis, dico che il principiante alla sua prima lezione, che gioca
per la prima volta con amici ha qualcosa in comune con Noah o McEnroe. Chi si
impegna sul Cammino dovrebbe avere fin dal primo giorno qualcosa in comune con
il più grande saggio o il più grande mistico della storia. Oppure vuol dire che
non parliamo lo stesso linguaggio.
Fin dal primo momento in cui vi considerate impegnati sul cammino della
saggezza, dovete essere coerenti con voi stessi e considerarvi come individui
che cercano di scoprire la Coscienza ultima (quella coscienza che già siete) per
quanto le vostre emozioni, le vostre angosce, i vostri complessi, le vostre
nevrosi siano vincolanti. Tutto questo fa parte del vostro ‘colore’, delle
vostre percezioni e concezioni, vale a dire nama-rupa.
Non basta interessarsi intellettualmente della metafisica dei Veda.
Riconoscete il vostro guru e condividete con lui i vostri sforzi per ritornare
alla Coscienza non-dipendente, la Coscienza-testimone, in tutte le circostanze
che vi si presentano: “Riguardo alla non-identificazione con i pensieri e con le
emozioni, ecco come mi comporto, questi sono i risultati che ho ottenuto, qui è
dove tendo a inciampare”. Non limitatevi ai singoli casi: “Per quel che riguarda
le difficoltà con mia moglie… per quel che riguarda le mie difficoltà
professionali… per quel che riguarda i miei problemi di salute…”.
Molti ‘ricercatori della verità’ (seekers of truth) sono ben consapevoli
delle proprie emozioni, delle difficoltà di dire ‘sì a ciò che è’, e spesso
vedono che i loro progressi, anche dopo molti anni, sono scarsi, che ci sono
ancora molte situazioni in cui la comprensione è sopraffatta, e alla fine c’è
solo un uomo che soffre o un uomo che reagisce. In queste condizioni la
coscienza, di fatto così semplice, non è più né molto chiara né molto certa. Non
si tratta qui di un livello che verrà in un secondo tempo. Non si dice a un
principiante alla sua prima lezione di tennis. “Colpire la palla e mandarla
dall’altra parte della rete lo farai in un secondo tempo, adesso accontentati di
saltare alla corda come i pugili”. Anche se un tennista fa degli esercizi
complementari per avere più fiato e più resistenza, anche se fa una dieta per
non appesantirsi, se evita di bere alcolici, di fumare, se dorme le ore giuste
la notte invece di tirare mattina in discoteca, si tratta comunque di tecniche
aggiuntive, che hanno lo scopo di agevolare la strada per diventare campioni.
Dire sì a ciò che è, aderire a ciò che è, vivere coscientemente l’emozione,
tutto questo ha senso solo se è in rapporto a un’instancabile ricerca del
Centro. E se ciò che vi ho detto fin qui vi è chiaro e diventa il vostro fine,
tutto il resto dell’insegnamento diventerà molto più convincente e decisamente
più facile da mettere in pratica, perché saprete di che si tratta, saprete
perché volete farlo e saprete la direzione verso cui dirigervi.
In questo stesso istante, qual è la mia percezione? Qual è la mia
concezione? In altre parole: Che cosa sento? Che cosa penso? Che cosa mi piace?
Che cosa non mi piace? Di che cosa ho paura? ‘Felice’ o ‘infelice’ sono
modificazioni della coscienza di essere, ma l’essere fondamentale dov’è? E’
‘Quello’ (Tad in sanscrito) che bisogna trovare, è il fine, la risposta a tutto
e la libertà. La ‘Liberazione’ è la liberazione della coscienza ‘io sono’, ‘io
esisto’, nei confronti di tutto ciò che la determina, la polarizza negativamente
o positivamente. In questo stesso istante, dove è lo schermo non-attingibile
dalla proiezione del film? Dove è il vostro proprio Sé, your own Self? In questa
accezione del termine usiamo l’iniziale maiuscola per Self o Sé, per evidenziare
che si tratta di una realizzazione non abituale che trascende la categorie di
tempo, spazio e causalità entro cui lavora il mentale.
Non c’è altra religione che la ricerca dell’eterno. Una religione o è
mistica o è degenerata. In questo caso diventa legalismo, morale, magia, oppio
dei popoli, trasformandosi in un’arma nelle mani del clero o di una casta che si
appoggia al clero. O una religione chiama tutti gli esseri religiosi ad
avvicinarsi all’esperienza mistica, oppure quella religione ha perduto il suo
senso. Traetene le conclusioni che volete.
Riguardo all’origine del cristianesimo, senza dubbio ogni essere umano è
chiamato alla realizzazione: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa farsi
Dio”. “Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti”: è un fatto. Ma la probabilità
di trovare Dio in se stessi esiste per ogni essere umano. Ma la probabilità che
ciò avvenga dipende dalle condizioni e dalle circostanze. Gli orientali hanno su
di noi il vantaggio di essere convinti che ci saranno delle vite future in cui
potremo continuare a perseguire il fine che non siamo riusciti a raggiungere in
questa esistenza, persuasi che, a forza di soffrire, gli esseri umani si
impegneranno prima o poi sul vero Cammino.
Risposta tipicamente orientale. Nel 1959, nel corso della prima intervista
concessa dal Dalai Lama, con l’autorizzazione del governo indiano che lo aveva
da poco accolto col rischio di scontentare la Cina allora alleata dell’India, un
giornalista americano chiese al monaco sovrano in esilio: “Che cosa pensa di Mao
Tse-Tung?”. Era come se nel 1942 avesse chiesto a un ebreo che cosa pensava di
Adolf Hitler. Il Dalai Lama rispose semplicemente: “He also will reach
Buddhahood one day”, “Anche lui un giorno raggiungerà lo stato di Buddha”. E’ la
sola risposta che il Dalai Lama abbia dato sull’argomento, ed è esemplare per
comprendere il contesto culturale, diciamo pure il contesto mentale, in cui vive
un orientale rimasto fedele alla sua tradizione.
Anche se ammettete l’idea che vi reincarnerete in vite future, non è una
scusa per essere pigri in questa vita. Se non fate nessuno sforzo in questa
incarnazione, perché dovreste farne nella prossima? Se ammettete l’idea di vite
future, allora dovete ammettere tutto ciò che la cosa implica. Cioè che
nascerete, nella prossima vita, nello stesso livello di essere in cui siete
morti in questa. Quindi cercate di progredire in questa vita. E se non credete
in vite future, a maggior ragione non dovete sprecare questa, perché gli anni
passano scorrendo inesorabilmente. E, come si sa, sembrano scorrere sempre più
in fretta man mano che si invecchia.
E’ ciò che dicono, in un modo o nell’altro, tutti i maestri: “Voi non vi
occupate che del relativo, non vi occupate che di questo mondo in continuo
cambiamento, non vi occupate che dei fenomeni, non vi occupate che di ciò che vi
rende felici o infelici. Così commettete un grande errore. Per quanto questo
mondo possa essere affascinante, per quanto sia potente la forza di
identificazione, dovete cercare il distacco, la posizione del testimone, dovete
cercare di situarvi in asse col vostro essere o al centro di esso”.
Il tema del centro o dell’Asse è reperibile in molti miti e in molte opere
d’arte. Che si tratti simbolicamente dell’asse dei poli intorno a cui ruota la
Terra, o del centro di una basilica, il significato rimanda al centro assiale di
ogni essere umano. Anche nella relatività in cui agiscono percezioni e
concezioni, trovandovi di fronte alla moschea più vasta, al tempio più
meraviglioso, alla più straordinaria delle cattedrali, ricordatevi e dite a voi
stessi: “Si tratta di me”. Questa cattedrale e le sue sculture parlano di me,
della mia identificazione con il mondo delle percezioni e delle concezioni, e
della possibilità di scoprire in me quel livello di coscienza che è amore, un
oceano di amore. Perché la ricerca del vostro essere essenziale non può essere
il vostro obbiettivo fin dall’inizio del Cammino? Ogni ashram è un luogo
destinato alla lotta contro il potere del sonno che vi fa dimenticare il vostro
essere reale e vi fa perdere in mezzo alle apparenze: “Ricorda, non confonderti
con questo piacere, non confonderti con questa tristezza, non confonderti con
questa gioia, non confonderti con questa angoscia, tu sei la Coscienza beata, tu
sei lo schermo intatto della Realtà su cui si proietta il film sempre mutevole
delle apparenze”.
Queste immagini e queste grandi asserzioni filosofiche hanno un senso molto
concreto. Adesso (e fra un secondo sarà di nuovo adesso, e nel secondo
successivo sarà ancora adesso) avete una certa scelta possibile tra i vostri
ricordi dell’insegnamento e il dimenticarlo completamente, e insieme dimenticare
voi stessi. C’è davvero una differenza fra voi e un’altra persona che non abbia
mai sentito parlare di spiritualità, o che la neghi del tutto? Nessuna
differenza, se il modo con cui rispondete “No!” è lo stesso.
Esiste la possibilità di ricordarsi in ogni istante dell’insegnamento, e di
ciò che il Vedanta definisce ‘coscienza-testimone’, ‘posizione del testimone’.
Coscienza pura, perché tutti questi termini designano la stessa possibilità che
vi viene sempre offerta, sempre. E questo ‘sempre’ deve essere inteso in senso
assoluto: non c’è nessuna situazione che vi impedisca di tentare questo passo
fondamentale. La Realtà metafisica è a portata di mano quanto un qualunque
oggetto vicino a voi ora. E’ qui adesso per ognuno di voi, qui e ora. E’ la
possibilità di porvi su un livello di coscienza al di là del piano fisico e del
piano sottile.
Una volta, parlando con Swamiji, usai il termine ‘metafisico’. Lui mi
chiese: “Che cosa significa?”. Risposi: “Beyond phisical”, al di là del fisico.
“Che cos’è fisico?”. “Mmm…”. “Non ti sto chiedendo una lunga dissertazione.” Poi
mi rispose lui stesso: “Phisical means attraction and repulsion”, fisico
significa attrazione e repulsione. Includeva nel piano fisico quello che gli
indù chiamano ‘piano sottile'’ considerato un piano materiale. Gli indù fanno
distinzione tra una materialità grossolana e una materialità sottile,
distinzione che la scienza occidentale non riconosce, almeno non nello stesso
modo. La materialità grossolana (quella che noi chiamiamo materia) è impregnata
di materialità sottile. E’ una materialità in quanto è misurabile, ma è più
sottile. Si possono forse considerare le onde radio o della televisione come
materialità sottile in rapporto alle molecole dei corpi semplici e dei corpi
composti.
Il campo fisico, in cui Swamiji includeva tutta la ‘Manifestazione’
(Manifestazione che per noi è sempre riconducibile alla percezione e alla
concezione), è sottoposto a una prima grande legge primordiale da cui derivano
tutte le leggi che sono oggetto di studio delle diverse scienze, cioè
l’attrazione e la repulsione: se c’è dualismo, se ci sono due, due sono in
relazione di attrazione o repulsione. Metafisica, dunque, vuol dire
semplicemente al di là dell’attrazione e della repulsione, cioè esattamente al
centro.
La coscienza egocentrica ordinaria funziona unicamente nell’ambito
dell’attrazione e della repulsione, e vede il mondo in funzione di ciò che
consideriamo rassicurante o non-rassicurante, frustrante o gratificante, felice
o infelice, eccetera.
E’ vero che la nostra esistenza è fatta di questo, è vero che nella vita ci
sono dei momenti meravigliosi e delle tragedie, degli esseri umani che corrono
sotto una pioggia di bombe, e torture, stragi, massacri; così come è vero che
c’è la tenerezza di una madre per il suo bambino. E’ innegabile, e la mia
storia, come la vostra, ha oscillato tra felicità e infelicità, gioia e
disperazione. Mi direte: “E’ il mondo normale, è il mondo ordinario!”. No! Il
fatto è che sovrapponiamo agli avvenimenti un modo morboso di percepire il
mondo, e questo mondo delle gioie e delle pene non è che la superficie della
realtà.
Inoltre, come ben sappiamo, questo mondo cambia in continuazione, si tratti
di gioie o di tragedie. E alla fine moriamo, il corpo fisico con cui ci
identifichiamo si decompone e la polvere torna alla polvere. Tutti gli
insegnamenti spirituali hanno fatto le stesse promesse. I loro linguaggi hanno
assunto forme diverse, forme austere e fredde o forme calde ed eloquenti. Oppure
il linguaggio è stato quello dell’opera d’arte, della danza rituale, della
musica sacra. Ma questo messaggio, qualunque sia, ripete sempre la stessa
verità: “Non c’è che questo, non c’è altra possibilità di coscienza”.
Ricordatevi la frase: “Ti ho chiamato col tuo nome”. “Non c’è che questo” è
rivolto a ognuno di voi, personalmente. Lo capite o non lo capite? Vi tocca o vi
lascia indifferenti? E dopo aver ascoltato il Buddha, dopo aver ascoltato il
Cristo, dopo aver ascoltato Ma Anandamayi, Ramana Maharshi, Ramdas, sentite la
fede risvegliarsi e crescere in voi?
Se non è così, non saprete mai qual è lo sforzo che fate, perché lo fate, in
che direzione andate. Potete continuare a riportare la sadhana entro i vostri
schemi mentali quotidiani e ripetere noiosamente le stesse tristezze e le stesse
opinioni per tutta la vita. Se vi chiedete: “Perché non sono più cambiato da
quando ho fatto mie le idee esoteriche?”, potete ancora porvi la stessa domanda,
ma con una sensibilità più acuta. Rallegratevi, senza paura dei cambiamenti che
rimangono entro la sfera psicologica: “Mi sento molto meglio con me stesso, non
provo più le angosce che mi angustiavano, non ho più paura di fronte agli altri,
sono sposato e sessualmente rilassato, non passo più da un lavoretto all’altro
per sopravvivere, ho un lavoro che mi interessa e mi guadagno normalmente da
vivere”. Ma vi basta questo?
Forse vi state chiedendo: “Perché non ho avuto una trasformazione più
radicale?” Ecco perché: avete voluto acquisire l’insegnamento senza tenere conto
di ciò che ho detto poco fa, convinti che l’idea di ‘coscienza-testimone’ sia
troppo complicata, troppo difficile. Non siete stati toccati dall’essenziale.
Portate in voi una sorgente di acqua viva che rimane con voi dovunque andiate.
Avete però la libertà di morire di sete accanto a una sorgente. L’acqua che
disseta, l’acqua di vita promessa dal Cristo alla Samaritana scorre in voi.
Rivolgetevi all’interno di voi stessi e bevete alla sorgente.
La spiritualità è la non-dipendenza in rapporto a tutti i fenomeni, la
non-identificazione con gli stati di coscienza passeggeri. Quando avrete
compreso che questa non-identificazione può essere tentata quali che siano le
circostanze e quale che sia il vostro stato d’animo, la via si apre di fronte a
voi. Non c’è nessuna condizione, per quanto tragica possa essere, che vi
impedisca di ricordarvi dell’essenziale. “In questo momento mi trovo in un
indicibile stato di angoscia perché mia figlia doveva rientrare alle nove di
sera, e non è ancora rientrata alle tre del mattino”. Sono d’accordo con voi che
nel relativo si tratta di una situazione angosciante, anch’io ho due figli. Ciò
che voglio ribadire (ed è qui che o capite o rifiutate di capire) è che, per
quanto questa situazione sia angosciante, all’interno di questa angoscia potete
trovare la ‘posizione del testimone’. Ma quando l’angoscia è troppo forte, ecco
che rifiutate: “No! Non voglio nessuna libertà interiore, voglio soffrire! Mia
figlia di sedici anni che doveva essere a casa alle nove non è ancora rientrata
alle tre del mattino e non ha telefonato! Come volete che faccia in questa
situazione a mettermi a cercare la ‘posizione del testimone’?
Ecco cosa vi dice il mentale e come vi imprigiona. Oh, li conosco bene
questi argomenti! Voi ascoltate, leggete, siete d’accordo con me. Solo che
quando è il momento di mettere in pratica, c’è una voce più forte che non solo
dimentica, ma rifiuta: “Io sono in uno stato di angoscia terribile, e voi mi
venite a parlare di ‘posizione del testimone’, di non-identificazione? Ma io me
ne frego! L’unica cosa che m’importa e di sapere dove è mia figlia!”. E’ la
stessa cosa quando siete innamorati pazzi e traditi dalla persona che amate. E
alla fine è la stessa cosa ogni volta: “Mi spiace, ma ho una famiglia da
mantenere, i cambi esteri sono sfavorevoli, la legge sui contributi statali è un
disastro…”. Ma sì, è così in continuazione: “Mi spiace, ma…, non è il caso di
mettere in pratica l’insegnamento, questa ‘posizione del testimone’ non mi
interessa, la coscienza di sé inattingibile non mi interessa, lo yoga verso l’atman
non mi interessa”. In altre parole, niente di ciò che avete letto o sentito, a
volte per molti anni, vi interessa. Ciò che vi interessa è il contratto che
dovete firmare questo pomeriggio, è il ritorno di vostra figlia o, per fare un
esempio personale, è il fatto che un progetto di programma televisivo, che mi
era stato garantito a parole, alla fine viene bocciato dai dirigenti incaricati,
cosa che rappresenta per me disoccupazione e, a meno di un miracolo, nessuna
speranza di guadagno per molto tempo (una situazione che conosco bene).
So bene cosa provate quando soffrite. Come tutti, ho conosciuto sofferenze,
difficoltà professionali, affettive, sentimentali e ripetuti fallimenti. E, come
voi, ho provato la gioia pazza, l’entusiasmo, la meraviglia, ho vissuto momenti
sublimi, in India, in Afghanistan, nei successi professionali, per mezzo
dell’arte, del sentimento della natura, dell’amore. Ma tutto questo non ha
niente a che vedere con la coscienza-testimone o con l’atman, la realtà assoluta
vivente nel cuore stesso del relativo. Avete la possibilità di scoprire in voi
una coscienza di sé eternamente vergine, sottesa a tutte le forme relative di
ciò che chiamate oggi ‘la coscienza’, in tutte le situazioni che potete
esprimere con le parole ‘io sono’, e che è sempre riconducibile a percezioni e
concezioni. Il vostro vero ‘Io Sono’ è inalterabile. Questo messaggio è rivolto
a tutti e (ciò che più conta) adesso.
Impegnatevi da questo momento sul cammino dei saggi, dei santi, dei mistici,
dei risvegliati, dei Buddha, e non soltanto su un cammino preparatorio di tipo
psicologico, di espressione delle emozioni, di purificazione dell’inconscio. Se
un tempo avete giocato a tennis, forse vi ricorderete che una delle grandi gioie
come principiante è stata appunto il poter pensare di fare lo stesso sport dei
vostri eroi, i grandi campioni della Coppa Davis.
Anche voi, oggi, potete sentire di essere impegnati sullo stesso cammino del
Buddha: “Io tento la scoperta in me di quella Coscienza e mi sforzo di
raggiungerla quanto più mi è possibile e di essere stabile in essa quanto più a
lungo mi è possibile”. In seguito vedrete quali sono le vostre personali
difficoltà. Ed è proprio per queste difficoltà che tante risposte aspettano di
esservi date via via che porrete domande, è per queste difficoltà che vi vengono
proposti tanti aiuti. Ma sono risposte a delle difficoltà, sono mezzi per
superare quelle difficoltà che assumeranno il loro vero senso quando vi sarete
decisi a scoprire quella Coscienza ultima che già siete senza saperlo. Potete firmare polizze di assicurazione con tutte le compagnie che volete, ma non sarete mai garantiti contro l’eventualità di una sofferenza. E questo non vi permetterà mai di scoprire l’Eterno nel cuore del mutevole, l’Infinito nel cuore del finito, l’Illimitato nel cuore del limitato, il Divino nel cuore di voi stessi. Le grandi scritture sacre vi parlano del Divino in termini di percezioni e concezioni a cui potete avere subito accesso. Ma il loro unico fine è quello di condurvi al di qua del mondo psichico delle percezioni e delle concezioni, all’interno della Coscienza non divisa in attrazione e repulsione, che è la perfetta pienezza. Da: www.rebirthing-milano.it
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