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L'idea di creazione in
Sankara (Rahul Desikan)
"Quello [è Brahman] da cui [derivano] la nascita,
etc. di questo [universo]." (Brahmasutrabhasya) Con questa affermazione inizia
la dissertazione di Sankara su Brahman e la creazione dell'universo. Il concetto
di creazione costituisce una componente essenziale del sistema Advaita di
Sankara, in risposta alla domanda: qual è la realzione tra Brahman e il mondo? O
in che senso Brahman è creatore del mondo?
Sankara postula due posizioni con cui osservare il mondo, che comportano la
[cosiddetta] dottrina delle due verità. Dalla prospettiva convenzionale, il
mondo appare pluralistico, portando alla formazione di una relazione
soggetto/oggetto tra uomo e Realtà Suprema. La Realtà suprema afferma Brahman
quale unica realtà, unico Essere esistente. Il Brahman non-duale è pertanto
l'unico Essere; nulla vi è di reale a parte Quello. Brahman può essere descritto
sia come Saguna (con attributi) o come Nirguna (senza attributi). Saguna Brahman
è l'Essere dotato di attributi o Isvara (il Dio personale) e di limite aggiunto
(il mondo) sovrapposto. Nondimeno Egli è onniscente e onnipotente, dal punto di
vista convenzionale. Nirguna Brahman è l'Essere Assoluto spogliato di ogni
qualità, attributo, limitazione aggiunta, etc. la cui realizzazione conduce alla
Moksha (liberazione).
La presenza di Isvara non attribuisce dualità alla natura del Brahman. Isvara,
Brahman con attributi, esiste quale più alta possibile realtà per coloro che non
abbiano realizzato la Realtà Ultima, quelli sottoposti al potere dell'ignoranza.
Isvara diviene il soggetto dell'upasana (devozione), e l'uomo l'oggetto, così
come sono intesi nella visione convenzionale. Sankara spesso usa 'Signore' e 'Brahman'
intercambiabilmente, per esempio, dichiara 'è ragionevole ascrivere l'agente
[dell'azione] a Lui (Brahman) dicendo "Egli vede"' (Brahmasutrabhasya). Qui
Brahman è il Signore, l'agente, 'l'onnipotente e onniscente sorgente da cui
proviene la nascita, la continuità e la dissoluzione di questo universo'.
Brahman è il creatore e la causa di questo mondo. Dunque si può affermare che
Isvara, visto come 'principio intermedio' tra questo mondo e il Brahman Supremo,
non è separato ma, parlando comunemente, un'altra faccia di Brahman.
Il Jiva individuale [anima] è differente da Isvara e non possiede il potere di
creare l'universo. Dal punto di vista dell'ignoranza metafisica, il Signore è
differente ed è più grande dell'anima individuale, e solo Lui è quell'Essere
'libero dal dolore e dalla fame, la cui volontà e sempre realizzata, che deve
essere veduto dall'anima individuale' (Chandogya Upanisad). Fino alla
realizzazione dell'identità tra Atman e Brahman, è un errore rifiutare il
Signore quale potere superiore rispetto all'anima individuale. Queste idee sono
affermate esplicitamente da Sankara: 'Parliamo di quella entità quale creatore
dell'universo, che è superiore, si deve dirlo, all'essere incarnato (jiva)'.
Esiste perciò, dal punto di vista dell'ignoranza, nonostante la presenza della
realtà suprema che sostiene l'atman come non-differente dal Brahman. Dunque,
nella prospettiva convenzionale, Isavara trascende le anime individuali.
L'onniscente e onnipotente Isvara è la causa materiale e la causa efficiente
dell'universo. All'obiezione che nell'esperienza, le cause materiali non
possiedono consapevolezza, Sankara replica: 'La causalità dell'Assoluto non è
strettamente comparabile con la causalità mondana. Non è un fatto che appartiene
al territorio dell'inferenza. Ma poichè appartiene al territorio della
rivelazione, deve essere conosciuta così come è descritta dei testi rivelati'.
Isvara, creando il mondo senza l'ausilio di strumenti o di altro, trasforma sé
stesso nei multiformi effetti del mondo con il suo grande potere. Sankara
paragona la trasformazione dell'Assoluto al latte che 'diventa caglio da solo,
senza dipendere da nessun accessorio esterno'. Isvara non ha bisogno di aiuto
esterno, poichè possiede tutto il potere necessario in sè. Dunque, Isvara può
essere descritto come il Bramahn cangiante, che unisce l'aspetto dell'essere e
del divenire al fine di creare il mondo. Questo non implica che necessiti di
auto-espressione nel molteplice. Sankara propone l'esempio di un mago che non è
illuso dai suoi trucchi, come il Signore non è sottoposto alla sua Maya
(illusione).
Varie obiezioni si sollevano sulla validità di Isvara quale causa dell'universo.
La prima obiezione riguarda l'idea di trasformazione e sulla 'contingenza della
trasformazione e la contraddizione dei testi sulla natura indivisa' Questa è
l'idea per cui se Brahman si trasforma completamente, diventando uno con la sua
creazione, o solo in parte, in ogni caso si contraddice il testo Upanishadico
che Lo definisce 'indiviso, immobile, pacifico, integro, senza colore' (Sv.
Upanisad, VI. 19). Sankara nega l'esistenza di Brahman come oggetto dei sensi,
che portano invece la percezione delle trasformazioni. Dunque Brahman, in
realtà, esiste quale entità immutabile. Soltanto immaginandolo dal punto di
vista convenzionale come Isvara, Brahman diventa soggetto alla trasformazione,
per cui la visione convenzionale non corrisponde alla realtà. Sankara afferma
che Brahman si trovi al di là della cognizione logica, dunque che non si deve
provare a conoscerlo razionalmente, piuttosto ascoltare le parole dei Veda, che
sono la sola via di conoscenza del Brahman.
Un'altra obiezione argomenta che Isvara non può essere la causa del mondo poichè
vi è una differenza di natura tra la causa e l'effetto. L'oro non può essere
causa di un vaso di coccio. Allo stesso modo, Isvara, puro e consapevole, non
può essere causa del mondo impuro e inconsapevole. Sankara risponde che
frequentemente degli oggetti inconsapevoli nascono da esseri consapevoli, come
dimostra il fatto che 'l'uomo, riconosciuto come essere consapevole, produce
capelli, unghie, etc, che sono di natura differente (essendo insenzienti)'
Sankara aggiunge poi che il mondo e Brahman non sono del tutto differenti,
condividendo la comune caratteristica del satta (esistenza).
Un'altra obiezione afferma che se il mondo origina e ritorna in Isvara, allora,
al suo ritorno, le qualità del mondo quali la materialità, la complessità,
l'incoscienza, la limitatezza, l'impurità, etc. contaminerebbero Isvara. Sankara
risponde affermando che quando gli effetti ritornano alle cause, perdono le
proprie specifiche qualità e si dissolvono nelle cause, così come gli oggetti
plasmati con la terra vengono riassorbiti nella terra, a prescindere dalle
caratteristiche individuali. Se, dunque, tutte le distinzioni si annullano nel
riassorbimento, non vi sarà alcun piano di riferimento a regolare il ri-emergere
della creazione con le sue usuali differenze? Sankara risponde con un'analogia:
'Così come nel sonno o nel samadhi, sebbene si verifichi un naturale annulamento
delle differenze, a causa del persistere dell'irreale nescienza, le differenze
si verificano nuovamente al momento del risveglio, similmente avviene in questo
caso'. La base del ri-manifestarsi del mondo si trova nelle opere compiute nelle
vite precedenti che devono essere ricompensate. Dunque il liberato non può
essere soggetto a rinascita 'poichè [nel suo caso] la nescienza irreale è stata
distrutta dalla piena illuminazione'.
L'obiezione finale, contro la dottrina di Isvara quale causa del mondo, riguarda
il suo agire ingiustamente o iniquamente, invece che con equità nei confronti di
tutte le creature. L'obiezione asserisce: 'Dio ha passioni e conflitti come le
persone ignobili, poichè ha creato un mondo ingiusto facendo sì che alcune
esperienze risultino felici, altre estremamente misere e altre miste di felicità
e di dolore. Dunque si tratterebbe di annullare la natura di assoluta purezza di
Dio, etc. che è dichiarata nei Veda e nella Smrti'. Ma Sankara risponde che Dio
prende in considerazione altri fattori. Egli non agisce arbitrariamente, ma in
realzione alle buone e alle cattive azioni compiute da ogni essere nelle vite
precedenti. Dio è come la pioggia, aiuta a crescere il riso, l'orzo, etc. mentre
le differenze tra il riso e l'orzo e tutto il resto non dipendono dalla pioggia,
ma dalle potenzialità dei semi. Dunque, Dio non può essere accusato di
parzialità o di crudeltà.
Tutto ciò porta a chiedere la domanda essenziale, perchè Isavara crea: quel è il
motivo della creazione? Dio che sussiste in perfetta soddisfazione e pienezza,
crea senza relazione ad alcun motivo, per semplice Lila (gioco, sport). E' il
fluire spontaneo della natura di Dio, come per l'uomo è naturale il respiro.
L'infinito non è qualcosa che esiste prima in sé stesso e poi prova la necessità
di esprimersi nel finito. La creazione non contiene un motivo; è spontanea.
Nessuna conseguenza morale attacca il creatore nella sua attività, per cui non
può essere ritenuto responsabile delle azioni susseguenti che scaturiscano
all'interno della creazione. Vedendo la creazione come un gioco cosmico in cui
Isvara indulge, Sankara esprime la semplicità e la facilità con cui la creazione
è sostanziata e dimostra l'infinito potere e l'esistenza sovra-razionale di Dio.
La presentazione di queste idee necessita una introduzione alla dottrina della
Maya. Brahamn si presenta come pienezza di essere, come coscienza auto-luminosa
e come sat-cit-ananda (essere-coscienza-beatitudine); Egli solo esiste. Il mondo
fenomenico, in realtà, non esiste, è solo Maya. Maya è l'intera esperienza che
deriva dalle forme, costituita dalla distinzione tra soggetto e oggetto. Ogni
volta che si verifica una trasformazione dell'impersonale nel personale, esiste
una associazione con Maya. Maya è spesso definita come il potere creativo di
Isvara. Utilizzando Maya, Dio può manifestare sé stesso nella molteplicità del
mondo. Essa è innata, insita in Isvara, e gli conferisce i limiti aggiunti. Maya
spesso si equivale con i nomi e le forme che, nella loro condizione potenziale
sono in Isvara, e nello stato sviluppato costituiscono il mondo. In questo senso
Maya è sinonimo di Prakrti. Il Signore, comunque, non rimane influenzato dalla
sua Maya, non diversamente dal mago con le proprie magie. Quando il mago fa
apparire una cosa come un'altra, si viene illusi dal credere reale un trucco. E
come un mago crea illusioni che non hanno potere su di lui e che durano fintanto
che nello spettatore perdure l'ignoranza, così Brahman ordisce il mondo
fenomenico, che svanisce al rivelarsi della vera Conoscenza.
Maya ha il potere di nascondere e di distorcere la realtà. Non solo noi non
percepiamo Brahman, ma sovrapponiamo qualcosa altro al posto della Realtà
Suprema. Dunque, Maya non è solo una condizione negativa, ma qualcosa di
positivo che produce un'illusione. Inoltre, Maya non si può definire come mera
illusione, poichè esiste realmente fino che la dualità non è completamente
trascesa. Il mondo, dunque, 'appare' reale fino che non è conosciuto il Brahamn
non-duale.
L'idea di Avidya (ignoranza metafisica) è in stretta correlazione con la
dottrina di Maya. Avidya causa Adhyasa (sovrapposizione). In realtà non esiste
alcun creatore né mondo; vi è solo Brahman. La nescienza, insieme a Maya, impone
limitazioni aggiunte sull'Infinito e porta la mente a percepire una realzione
soggetto - oggetto che fa persistere la dualità. Sankara adopera la metafora dei
vasi per illustrare l'ignoranza:
'Dunque Dio si conforma alle limitazioni aggiunte costituite da nomi e forme a
causa dall'ignoranza, nello stesso modo in cui l'etere si conforma a limitazioni
esteriori come vasi di argilla, noci di cocco, recipienti per l'acqua, etc. E
all'interno dell'esperienza umana Egli regna sugli esseri coscienti detti anime
individuali, che in realtà non sono altro che Egli Stesso, mentre nomi e forme
-assunti attraverso il corpo, la mente e i sensi - sono dati dall'ignoranza.
Dunque la Divinità, così come la sua onnipotenza e onniscenza, esistono solo in
relazione a condizioni esterne che sono [illusorie poichè sono] della natura
dell'ignoranza. Dal punto di vista della verità ultima, non si può parlare di
dicotomia tra un Dio e Suoi sottoposti, o di qualità come l'onniscienza etc.,
nel Sè. Poichè [dal punto di vista della verità suprema] non esistono condizioni
esterne al Sé, alla reale natura, ove tutte le cognizione esteriori vengono
negate attraverso la conoscenza'
Questo paragrafo esprime completamente la teoria dell'ignoranza metafisica.
Dunque, si può concludere che tutta la dualità, compresa la creazione, persiste
a causa dell'ignoranza; quando l'ignoranza è sradicata, solo il Brahman
non-duale esiste.
Ora, si può riconsiderare la questione della relazione tra Brahamn e la
creazione. Per Sankara questa domanda non ha alcuna rilevanza poichè implica che
il mondo e Brahman siano differenti entità. Questo richiede una disamina della
causalità e dei vari livelli cui è associata. Il primo livello riguarda la
credenza in un creatore onniscente e onnipotente. La mente, riconoscendo Dio (Isvara)
quale causa materiale ed efficiente del mondo, stabilisce una distinzione
definitiva tra creatore e creazione. Il creatore è differente e in qualche modo
superiore al mondo e alle anime individuali. Dunque vi è una relazione
soggetto/oggetto tra dio e gli esseri umani.
Il secondo livello introduce il concetto di Satkaryavada insieme a quella di
Brahman e di mondo. Questa idea postula che un effetto pre-esista nella causa e
che non sia diferente dalla causa. Sankara, a sostegno di questa idea, dichiara:
'nella percezione diretta incontriamo la non-differenza tra causa ed effetto.
Infatti, in un abito fatto dalla disposizione di un tessuto, non accade di
percepire l'abito separato dal tessuto; ma il tessuto stesso, di stoffa e di
trame...'. Satkaryavada, come il livello duale, appartiene al mondo fenomenico
poichè infine sostiene la causalità, idea che deriva soltanto dalla prospettiva
convenzionale. Si differenzia e si eleva dalla dualità solo nell'affermare la
non-differenza tra causa ed effetto, tra creatore e creazione. La teoria
Satkaryavada offre alla mente, non il rigetto della causalità, ma una teoria
razionale, difendibile, che può facilitare la comprensione dei Veda, a livello
fenomenico, e contemporaneamente mantenere la possibilità di un Infinito in cui
la causalità sia del tutto trascesa. Sankara difende la sua dottrina ma la
interpreta in questa direzione per guidare la mente oltre il regno della
causalità, fino al regno della trascendenza, introducendo l'idea del Vivartavada.
Vivartavada, la teoria per cui l'effetto è solo un'apparente manifestazione, una
'apparenza' della sua causa, costituisce il terzo livello. La creazione del
mondo è solo un cambiamento apparente, non una modificazione della realtà del
Brahman. Dal punto di vista del Vivartavada non vi è creazione; la realtà è il
Brahman non-duale. L'infinito Brahman in nessun modo può creare il mondo finito,
essendo completamente al di là di ogni azione. La relazione di causa ed effetto
non ha nessuna attinenza con Brahman, poichè la causa assume significato solo in
relazione alle forme della finitezza. Il Vivartavada afferma lo stato solo
apparente degli oggetti e perciò punta l'attenzione alla via per eliminare il
mondo [quale elemento del processo conoscitivo] nel Brahman, ove tutte le
domande sulla creazione tacciono. Quando Brahman è realizzato, tutta la
causalità e la dualità sono trascese. Dunque, il Vivartavada insegna che non di
può stabilire alcuna relazione causale tra Brahman e mondo e che il mondo, quale
effetto, è solo un'apparenza del Brahman.
A questo punto sorge la domanda sull'utilità dei testi [sacri] intorno alla
creazione o degli altri testi non direttamente pertinenti la Realtà Ultima.
L'obiettivo dell'insegnamento duale nei testi è la preparazione della mente alla
realizzazione. La contemplazione di Dio come soggetto e creatore di questo
universo libera la mente dai pensieri sugli aspetti volgari del mondo delle
apparenze, in particolare del godimento. Inoltre i testi sulla creazione e sulla
venuta dell'Assoluto nel mondo fenomenico sono parti di un processo teso a
portare gli studenti alla nozione della sua vera identità, attraverso false
attribuzioni e la conseguente negazione delle stesse. Sankara conferisce valore
positivo all'idea della manifestazione di Dio, quando afferma:
'Nello stato di nescenza, quando l'anima individuale è accecata dalle tenebre
dell'ignoranza e non può comprendere di essere differente dall'insieme del corpo
e degli organi, ne deriva lo stato di trasmigrazione, che consiste nel farsi
agente e sperimentatore, sotto la guida del Sè Supremo che presiede a tutte le
attività e che risiede in tutti gli esseri, che è il testimone (di tutto), che
impartisce (a tutto) intelligenza e che è il Supremo Signore. Anche la
liberazione discende dalla realizzazione che è accordata da Lui e per Sua
Grazia.'
Così Sankara intende che anche la manifestazione del mondo, con Dio creatore,
deve essere vista come una sorta di grazia; solo per la Grazia di Dio la
liberazione è possibile.
Il problema della creazione è un problema complesso, cui ci si può approcciare a
vari livelli. Il primo livello è la differenza definita tra l'onnipotente
Isavara Brahman (causa) e la sua creazione, il mondo (effetto). Questo livello è
un pre-requisito per la comprensione degli altri due livelli e dunque importante
per colui che non abbia conseguito la realizzazione. Il secondo livello è
Satkaryavada, in cui l'effetto è definito pre-esistente nella causa. Questo
livello è anch'esso preparatorio al Vivartavada, in cui la creazione e la
causalità sono trascese poichè Brahman soltanto è riconosciuto esistente. [...]
[Nota: tutte le citazioni di Sankara sono dal Brahmasutrabhasya]
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