Primo Brahmana
1.Om! Quello è Pienezza,
questo è Pienezza; dalla Pienezza si attinge Pienezza. E dopo aver preso
Pienezza dalla Pienezza, rimane sempre Pienezza. Om! Pace, pace, pace!
Om! L'aurora è il capo del cavallo sacrificale; il sole è il suo occhio,
il vento il suo respiro, il fuoco onnipresente la sua bocca, l'anno il
suo corpo. Il cielo è il dorso del cavallo sacrificale; l'atmosfera è la
sua pancia, la terra il suo inguine; i punti cardinali sono i suoi
fianchi, i punti intermedi le sue coste, le stagioni le sue membra, i
mesi e le quindicine le sue giunture, i giorni e le notti le sue gambe,
le costellazioni le sue ossa, le nubi le sue carni. La sabbia è il cibo
che egli digerisce; i fiumi i suoi intestini, i monti il suo fegato e i
suoi polmoni, le erbe e le piante la sua criniera; il sole che si leva è
il davanti del suo corpo, dietro il sole che tramonta. Il lampo è il suo
ringhio, il tuono lo scuotimento del suo corpo, la pioggia la sua orina,
la voce della parola il suo nitrito.
2. Il giorno, che posa sull'oceano orientale, fu la coppa posta dinanzi
al cavallo. La notte, che si trova sull'oceano occidentale, fu la coppa
posta dietro al cavallo. Egli fu il Destriero che portò gli Dei, lo
Stallone che portò i Gandharva, il Corsiero che portò i Demoni, e infine
portò gli Uomini, come fa il Cavallo. Egli è di casa nell'oceano, dove
si trova la sua stalla.
Secondo Brahamana
1. Solo il nulla vi era
in origine: L'Universo era avviluppato dalla morte e dalla fame, poiché
fame è morte. Egli creò la mente, dicendo tra sé : "Che io possa avere
una mente". Quindi trascorse qualche tempo in adorazione, e in virtù di
tale adorazione si produssero le acque. Allora Egli comprese che
adorando aveva conseguito l'acqua. Chi conosce l'origine dello splendore
(Arka), comprende come conseguire l'acqua e diviene partecipe di
felicità.
2. L'acqua era splendore. La schiuma delle acque si consolidò e diventò
la terra. E quando anche la terra fu creata, Egli si sentì stanco.
Mentre conosceva la stanchezza e il turbamento, la sua essenza e la sua
gloria emersero all'esterno. E questo fu il Fuoco.
3. Poi si scisse in tre parti, una il fuoco, una il sole, una il vento;
questo è il triforme spirito vitale (Prana). L'oriente fu il suo capo, i
venti che provengono da quella zona furono le zampe anteriori;
l'occidente fu la sua coda; i venti che soffiano da occidente furono le
zampe posteriori; il settentrione e il mezzogiorno furono i suoi
fianchi, il cielo fu la schiena, l'atmosfera il suo ventre, la terra il
suo petto. In tal forma Egli sostenne le acque e chi questo conosce
trova, ovunque vada, il suo sostegno.
4. Poi sentì sentì il desiderio di un altro sé stesso. Per mezzo del
principio vitale si accoppiò con la Parola, Egli che è Morte e a cui la
Fame è inerente. Seme fu l'anno; non c'era anno prima di allora. Egli lo
trattenne per un tempo pari all'anno e trascorso questo tempo lo lasciò
uscire. Contro il neonato (la Morte) spalancò le fauci. E il bambino
gridò:"Bhan!" ed ebbe così origine la loquela.
5. Poi pensò tra sé "Se lo uccido, ridurrò il mio cibo a troppo poco".
Per mezzo del principio vitale generò con la parola quanto questo
universo contiene: il Rgveda, lo Yajurveda, il Samaveda, gli inni, i
sacrifici, gli uomini e gli animali. E quanto aveva creato cominciò a
divorare. Per il fatto che tutto divora [ad], Aditi [la Madre] porta il
suo nome. Di ogni cosa creata fruisce chi sa questa origine del nome
Aditi; tutto si fa cibo per lui. 6. Poi desiderò compiere un altro e più
solenne sacrificio. Egli era stanco e turbato e perciò la sua fiducia e
le sue forze venivano a mancare, poiché i sensi sono la fiducia e la
forza di un essere. Quando i sensi si dipartirono il suo corpo iniziò a
crescere, e così la mente che nel corpo era posta.
7. Egli formulò: "Diventi atto al sacrificio il mio stesso corpo! Che io
possa incarnarmi attraverso di esso". Siccome il corpo cresceva (Asvat)
prese il nome di Asva (cavallo). E siccome crescendo divenne adatto al
sacrificio, il sacrificio del cavallo prese il nome di Asvamedha. Colui
che conosce questo, conosce il significato del sacrificio del cavallo.
Immaginando sé stesso come cavallo, decise di lasciarlo libero e si mise
ad osservare. Dopo un anno lo sacrificò a sé stesso e gli altri animali
li destinò agli Dei. Perciò si sacrifica a Prajapati ciò che è dedicato
a tutti gli dei. Quel sole che lassù arde è il Sacrificio, l'anno è il
suo corpo, il fuoco sono i raggi e questi mondi il suo corpo. Questo
quanto all'Arka [radianza] e all' Asvamedha [sacrificio] che sono poi
una sola divinità, Mrtyu [la Morte]. Chi sa questo trionfa della morte
successiva, la morte non ha più presa su di lui, la morte diventa parte
del suo essere. Ed egli diviene una sola cosa con queste divinità.
[...]
Quarto Brahmana
1. In origine questo
universo era soltanto il Sé (Viraj) della forma umana. Egli osservò e
comprese di essere soltanto sé stesso, dunque affermo "Io sono". Quindi
il suo nome fu Aham (io). Perciò da allora quando a qualcuno si chiede
chi egli sia risponde "io sono", poi aggiunge il proprio nome. Siccome
Egli era prima (Purva) di tutto questo universo e prima di chiunque
aspiri alla perfezione, Egli bruciò col fuoco (Us) ogni male ed è
chiamato Purusa. Colui che conosce questo brucia chiunque desideri
levargli il primato.
2. Egli ebbe paura. Perciò tuttora chiunque sia solo ha paura. Egli
pensò: "Se non esiste nessuno oltre me, di che cosa ho paura?". Allora
passò la paura, poiché cosa avrebbe dovuto temere? Solo da una seconda
entità può provenire il timore.
3. Egli non era felice. Perciò tuttora gli uomini non sono felici quando
sono soli. Desiderava una compagna. allora divenne grande come un uomo e
una donna abbracciati e divise poi il suo corpo in due parti. Da questo
nacquero il marito e la moglie. Perciò diceva Yajnavalkya che questo
corpo è la metà dell'intero, come la metà di un frutto solo. E lo spazio
mancante fu riempito con la moglie, con cui Egli si unì, e da cui
nacquero gli uomini.
4. Ella pensò: "Come può lui unirsi a me dal momento che mi ha generato?
Bisogna che io mi nasconda". Essa si mutò quindi in una vacca, ma lui
divenne un toro e si unì a lei, così nacquero la vacche. Poi lei si
tramutò in cavalla e lui si fece stallone; poi lei si fece asina e
l'altro somaro e si unì a lei; così nacquero queste famiglie di animali.
Essa poi si mutò in capra, l'altro in becco; poi pecora e montone, e da
questo nacquero le capre e le pecore. Così Egli creò tutto ciò che
esiste in coppie, fino alle formiche.
5. Comprese allora di essere la creazione poiché egli stesso aveva
creato ogni cosa. Quindi si chiamò Creazione. Colui che conosce questo
diviene un creatore in questa creazione di Viraj.
6. Allora adoperò lo sfregamento per produrre ancora e trasse il fuoco
dalla sua origine, la bocca e le mani. Perciò questi organi sono glabri
al loro interno. Quando si parla a proposito degli dei, dicendo di
sacrificare loro, si pensi che questi sono soltanto Sue proiezioni, e
Quello è l'unico Dio. Tutto ciò che è liquido Egli lo produsse dal seme,
e tale è il Soma. Questo universo dunque è invero tutto questo: il cibo
e colui che lo consuma. Il Soma è il cibo e il fuoco è ciò che lo
consuma. La maggiore creazione di Viraj consiste nell'avere creato gli
Dei, più perfetti di Lui. Poiché Lui, sebbene mortale, creò gli
immortali, questa è la sua creazione maggiore. Colui che conosce questo
diviene partecipe della maggiore creazione di Viraj.
7. Questo mondo non era un tempo distinto e ciò avvenne per mezzo di
nomi e di forme: perciò anche oggi si distingue per mezzo di nomi e di
forme , dicendo "quello che ha una tal forma ha il tale nome". In questo
modo Egli penetrò fino alla punta delle unghie, così come un rasoio si
cela nell'astuccio o il fuoco nel combustibile. Non si vede mai tutto
perché quando respira si chiama Spirito Vitale, quando parla Parola,
Occhio quando vede, Orecchio quando ode, Intelletto quando pensa. Ma
questi non sono che nomi della sua varia attività: chi venera quindi una
cosa o l'altra, non possiede vera conoscenza, perché in questa o quella
cosa Esso non esiste solo parzialmente. Si veneri soltanto quale Atman,
perché in Esso il molteplice diventa uno. Si segua dunque nel mondo la
traccia di ciò che l'Atman è in noi; per mezzo di Esso si arriva a
conoscere questo universo. Come seguendo le orme si ritrova il bestiame
smarrito, così trova fama e onore chi questo conosce.
8. Perciò l'Atman è più caro di un figlio, più caro della ricchezza, più
caro di tutto; perciò esso è ciò che ci sta più a cuore. Chi ha a cuore
il Sé potrebbe dire a chi tiene a cuore qualsiasi altra cosa " Ciò che
ami perirà" e certamente direbbe il vero. Si mediti quindi come cosa
cara l'Atman soltanto: chi Quello medita come la cosa più cara, pone il
suo amore in ciò che non perisce.
9. Si dice che gli uomini pensano di diventare tutto tramite la
conoscenza di Brahman, ebbene cosa avrebbe dovuto conoscere Brahman da
cui tutto l'universo proviene?
10. Questo essere era solo Brahman, e conosceva unicamente sé stesso
come "Io sono Brahman". Divenne così ogni cosa, l'universo intero. Chi
tra gli Dei pervenne allo stesso riconoscimento divenne il Brahman
stesso; così fu per i Rishi, così avvenne per gli uomini. Perciò,
realizzato questo, il saggio Vammadeva asserì: "Io fui una volta Manu;
io stesso fui il Sole". Così accade anche oggi, che chi realizzi "io
sono Brahman" diventi egli stesso l'universo. Neanche gli Dei lo possono
impedire, perché egli diviene il Sé anche degli Dei. Chi venera dunque
un Dio, diverso dal Sé, dicendo "Egli è una cosa e altro sono io" invero
non ha compreso, egli è come un animale, utile agli Dei. Così come molti
animali servono gli uomini, così ogni uomo serve gli Dei; e se anche un
solo animale viene rubato il padrone se ne dispiace, cosa direbbe se
molti animali gli fossero tolti? Perciò non piace agli Dei che gli
uomini conoscano questo.
11. In origine tutte le caste erano Brahman, senza differenze. Ma
nell'unità non poteva moltiplicarsi. Creò quindi una forma
particolarmente eccellente, gli Kshatriya (casta di guerrieri e re) e
coloro che sono Kshatriya tra gli Dei:Indra, Varuna, la Luna, Rudra,
Parjanya, Yama, la Morte e Isana. Perciò nulla è superiore agli
Kshatriya e il sacerdote venera il guerriero durante la consacrazione di
un re. Così facendo il sacerdote impartisce tale gloria al guerriero. Il
sacerdote è l'origine del guerriero. Perciò anche se il re ottiene la
supremazia attraverso il rito, alla fine fa ricorso al sacerdote, come
la sua origine. Colui che offende il sacerdote, va contro la propria
origine; e gliene proviene un danno grave, come colui che offende un
superiore.
12. Ciò nonostante ancora non si moltiplicava. Creò quindi i Vaisya
(casta dei coloni, artigiani e commercianti) e quelli che tra gli Dei
sono designati a gruppi: Vasu, Rudra, Aditya, Visvadeva and Marut.
13. Ma ancora non si moltiplicava. Creò allora la casta dei Sudra( casta
dei contadini, braccianti, servi), e la Dea Pusan. Attraverso di essi si
nutre tutto quello che esiste.
14. Ancora non si moltiplicava. Dunque creò una forma eccellente, il
Dharma (il Diritto, la Legge). Questa legge governa gli Kshatriya,
perciò non vi è nulla di più alto. Per essa anche un uomo debole può
sperare di difendersi da un uomo più forte attraverso la legge, così
come con l'aiuto del re. In effetti, il Dharma non è altro che la
verità, perciò si dice dell'uomo veritiero che quegli è un uomo retto, e
di una persona che si esprime con giustizia che sta dicendo la verità.
Infatti Dharma e verità sono la stessa cosa.
15. Così furono create le quattro caste: Brahmana, Kshatriya, Vaisya e
Sudra. Egli divenne il fuoco (Agni) tra gli Dei e la casta Brahmana tra
gli uomini. Divenne uno Kshatriya tra gli Kshatriya divini, un Vaisya
tra i Vaisya divini, e un Sudra tra i Sudra divini. Perciò gli uomini
desiderano ottenere benefici dai riti dedicati agli Dei attraverso il
fuoco, e tra gli uomini attraverso i sacerdoti. Se, comunque, qualcuno
lascia questo mondo senza avere realizzato il proprio compito come il
Sé, Questi, restando ignoto, non proteggerà quell'ente, così come non
sarebbero di aiuto i Veda non studiati e le azioni non compiute.
Ciascuno mediti sui propri doveri come fossero il Sé. Chi mediterà in
tale modo non vedrà vanificate le proprie opere, poiché dal Sé si crea
tutto ciò che si desidera.
16. Questo Atman presente in ciascuno è la sede di tutti gli esseri: è
la sede degli Dei, in quanto l'uomo sacrifica e offre i suoi doni; dei
Rishi, in quanto egli studia e impara a memoria;dei Mani, in quanto
offre ai Mani e desidera prole; degli uomini, quando dà cibo e
ospitalità ai suoi simili; del bestiame, perché provvede ad esso l'acqua
e il cibo; l'Atman è la sede delle belve rapaci, degli uccelli e di
tutti gli animali, fino alle formiche, poiché essi trovano da vivere
nella sua casa. Chi desidera la sicurezza della propria casa dia
sicurezza alle creature che ricercano protezione, tutti gli esseri
desiderano l'incolumità di colui che sa questo. Ciò è stato indagato e
riconosciuto.
17. Questo universo era in origine il puro e semplice Atman. Egli era
solo ed espresse il desiderio: "Possa io avere moglie, figli, ricchezze,
e possa anche compiere opere buone". Tanti e non più sono infatti i beni
desiderabili, di più non si può ottenere. Perciò uno che sia solo
desidera anche oggi avere una moglie, dei figli, del denaro, e spera di
compiere opere buone; e fino che non abbia anche una sola di queste cose
non si sente completo. Ma la sua vera interezza consiste in questo:
l'Intelletto è il suo io, la Parola sua moglie, lo Spirito vitale è suo
figlio, l'Occhio la sua ricchezza terrena, poiché è con gli occhi che
egli ne gode; l'Orecchio la sua ricchezza spirituale, poiché con
l'Orecchio egli ascolta gli insegnamenti; il corpo è la sua opera
meritoria, perché è con esso che si compie. Quintuplice è quindi il
sacrificio, quintuplice la vittima, di cinque sensi è composto l'uomo,
quintuplice è tutto ciò che esiste. Chi sa questo, consegue tutto quel
che esiste.
Quinto brahmana
1. Quando il Padre creò
i sette tipi di cibo attraverso la meditazione e l'ascesi, dispose che
uno fosse comune a tutti i viventi, due li riservò agli dei, tre a sé
stesso, uno agli animali. Su questo si fonda tutto, ciò che vive e ciò
che non vive. Perché mai non si esauriscono i cibi sebbene vengano
costantemente mangiati? Chi conosce la causa di questa permanenza si
nutre attraverso lo spirito (Pratika), diventa come gli Dei e condivide
il nettare con loro. Questo è il contenuto dei versi:
2. "Quando il Padre creò i sette tipi di cibo attraverso la meditazione
e l'ascesi" significa che il Padre produsse il cibo proprio attraverso
la meditazione e il sacrificio. "Dispose che uno fosse comune a tutti i
viventi" significa che il mangiare cibo è comune a tutti gli esseri che
si nutrono di cibo, ma chi adora questo cibo non è libero dal male,
perché esso è cibo generico. "Due li riservò agli dei" significa
l'oblazione che si offre sul fuoco e l'offerta di doni destinati agli
Dei, quindi gli uomini compiono entrambi questi atti. Altri dicono che
questo verso si riferisca ai riti del novilunio e del plenilunio, dunque
non lo si aggravi di riti per fini materiali. "Uno agli animali" è il
latte, poiché uomini e animali vivono al loro inizio di solo latte.
Perciò a un neonato si da del burro chiarificato e si dice che un
vitello appena nato non è ancora un erbivoro. "Su questo si fonda tutto,
ciò che vive e ciò che non vive" significa che sul latte si fonda ciò
che vive e ciò che non vive. Si dice erroneamente che offrendo latte sul
fuoco per un intero anno, ci si liberi dalla morte; ciò non è vero. Solo
chi comprende che è l'offerta di tutto il cibo il vero sacrificio, si
libera dalla morte. "Perché mai non si esauriscono i cibi sebbene
vengano costantemente mangiati?" indica che colui che si ciba è allo
stesso tempo la causa del permanere del nutrimento, poiché produce il
cibo con la meditazione e le opere meritorie, e se così non fosse il
cibo presto si esaurirebbe. Dove è detto " si nutre attraverso lo
spirito (Pratika)" Pratika significa preminenza, dunque il verso
contiene un encomio: "diventa come gli Dei e condivide il nettare con
loro".
3. Dove è detto "tre ne riservò a sé stesso" si indicano: la mente, la
parola e la forza vitale; questi destinò a sé stesso. Si dice "ero
altrove con la mente, non ho veduto; ero altrove con la mente, non ho
sentito" perché è attraverso la mente che si vede e che si ode. Il
desiderio, la decisione, il dubbio, la fede, l'incredulità, la fermezza,
la vergogna, l'intelligenza e la paura sono tutti elementi mentali. Se
qualcuno è toccato di spalle avviene che comunque se ne accorga mediante
la mente, per questo esiste la mente. E ogni genere di suono appartiene
alla parola, poiché serve a designare un oggetto, ma la parola stessa
non può essere designata. Prana, Apana, Vyana, Udana, Samana e Ana sono
tutte manifestazioni dello spirito vitale. L'ente individuato di
identifica con questi oggetti: la parola, la mente e lo spirito vitale.
4. Così sono formati i tre mondi: la Parola è questa terra, l'Intelletto
è l'atmosfera, lo Spirito vitale è il cielo.
5. Così è anche il triplice Veda: la Parole è il Rgveda, l'intelletto è
lo Yajurveda, lo Spirito vitale il Samaveda.
6. Così le tre entità: gli Dei, i Mani, gli uomini. La Parola è gli Dei,
l'Intelletto i Mani, lo Spirito vitale gli uomini.
7. Così sono anche: padre, madre, prole. L'Intelletto è il padre, la
Parola la madre, lo Spirito vitale la prole.
8. Così il noto, la cosa da conoscere, l'ignoto. Tutto quello che è noto
è manifestazione della Parola, perché nota è la Parola. Conoscendo le
cose dette, l'uomo progredisce.
9.Quel che è da conoscere è manifestazione dell'Intelletto, ma
l'Intelletto è ciò che davvero si vuole conoscere. Attraverso la
conoscenza, è dato all'uomo di progredire.
10. Tutto quello che è ignoto è manifestazione della Spirito vitale,
perché lo Spirito vitale è ignoto. Attraverso di esso, l'uomo
progredisce.
11. Il corpo di questa Parola è la terra, la sua manifestazione luminosa
è questo fuoco. Perciò fin dove si estende la Parola, giunge questa
terra e lì si sprigiona questo fuoco.
12. Il corpo di questo Intelletto è cielo, la sua manifestazione
luminosa è il sole. Perciò fin dove giunge l'Intelletto, giungono il
cielo e il chiarore del sole. Dall'Intelletto e dalla Parola nacque lo
Spirito vitale; questi è Indra e non ha competitori, poiché non ha un
secondo. Non ha competitori che si riconosca in questo.
13. Il corpo di questo Spirito vitale sono le acque, la sua
manifestazione luminosa è quella della luna. Perciò dove giunge lo
Spirito vitale abbondano le acque e si mostra la luna. Parola,
Intelletto e Spirito vitale sono tutti e tre uguali, tutti e tre
infiniti. Chi li venera come finiti consegue una sede temporanea; chi li
venera come infiniti, consegue una sede perenne.
Terzo Brahmana
1. Due sono le
forme del Brahman: la corporea e l'incorporea; l'una è mortale,
l'altra immortale; una mobile e una immobile, l'una è chiamata
reale dai sensi, l'altra è quella che è tale.
2. La forma corporea del Brahman non è quella trascendente,
poiché questa forma, al di sotto dello spazio e del vento, è
limitata, condizionata e mortale. Il sole che arde sopra di essa
controlla tutte le forme corporee, condizionate e mortali.
3. Il vento e lo spazio sono la forma sottile del Brahman, forma
che è immortale, essendo incorporea, e trascendente. La persona
divina che risiede nel disco solare è la divinità che presiede
al piano sottile e incorporeo degli immortali.
4. Per quanto concerne il corpo fisico, tutto ciò che in esso
non è Spirito vitale né parte vuota costituisce il corpo fisico
osservabile, mortale, limitato. Essenza di questo corpo legato
ai sensi è l'occhio, poiché il mondo percepibile dipende
dall'occhio.
5. Lo Spirito vitale e la parte vuota del corpo sono del Brahman
la manifestazione incorporea, quindi immortale e trascendente.
La persona che risiede nell'occhio destro come divinità è
l'essenza di questa manifestazione incorporea.
6. Ma l'Essere che sta dietro la forma grossolana e la sottile
può essere immaginato con una veste tinta di giallo, o con una
bianca pelle di capra, o del rosso di una coccinella. Lo si può
concepire come una fiamma di fuoco, un fiore di loto, il
bagliore di un lampo. Subitamente Egli lampeggia propizio a chi
sa questo. Ma non vi è nulla di più sublime che ripetere "Non è
così, non è così" (neti neti). Poiché il suo nome è Verità delle
verità, Satyasya sathyam. Se realtà sono infatti gli spiriti
vitali, Egli è la loro realtà.
Quarto Brahamana
1. Il saggio
Yajnavalkya disse alla moglie Maitreyi "Io sto per abbandonare
questo luogo e voglio quindi regolare gli interessi tra te e
Katyayani".
2.Domandò allora Maitreyi: "Posto che, o signore, io ereditassi
tutta questa terra piena di ricchezze, sarei perciò immortale?"
Rispose Yajnavalkya: "No, la tua vita sarebbe come quella di chi
possiede abbondanza di cose, ma non si può sperare l'immortalità
nella ricchezza"
3. Disse allora Maitreyi "che cosa farei delle ricchezze se non
possono rendermi immortale? Mettimi piuttosto a parte di tutto
ciò che sai, mio signore".
4. Yajnavalkya rispose: "Tu sei stata la mia diletta e perciò mi
dici cose amabili. Vieni a sederti qui e io ti spiegherò ogni
cosa. Ascoltami con attenzione.
5. E quindi così parlò Yajnavalkya: "Non per amore del marito è
caro il marito, ma per amore dell'Atman il marito è caro. Non
per amore della moglie la moglie è cara, ma per amore dell'Atman
la moglie è cara. Non per amore dei figli i figli sono cari , ma
per amore dell'Atman i figli sono cari. Non per amore della
ricchezza amiamo la ricchezza, ma per amore dell'Atman amiamo la
ricchezza. Non per amore della condizione di brahmano amiamo la
condizione di brahmano, ma per amore dell'Atman consideriamo
amabile la condizione di brahmano, e così quella del guerriero.
Non per amore di questo mondo ci è caro questo mondo, ma per
amore dell'Atman si ha amore verso il mondo. Non per amore degli
Dei veneriamo gli Dei, ma per amore dell'Atman abbiamo fede
negli Dei. Non per amore delle creature abbiamo a cuore le
creature, ma per amore dell'Atman amiamo le creature. Di fatto
nulla in questo universo è amabile e amato per esso stesso, ma
perché si ama il Sé, ogni cosa di questo universo ci è cara. E'
il sé, mia cara Maitreyi, ciò che deve essere realizzato,
vedendo, ascoltando, comprendendo, meditando il Sé. In verità
chi avrà veduto, ascoltato, inteso, meditato l'Atman,
realizzando il Sé, avrà conosciuto ogni cosa.
6. Chi crede che la dignità di brahmano derivi da cosa diversa
dall'Atman, sarà abbandonato dalla casta dei brahmani; chi crede
che la dignità del guerriero derivi da cosa diversa dall'Atman,
sarà abbandonato dalla casta dei guerrieri; chi crede che il
mondo derivi da cosa diversa dall'Atman, sarà privato dalla
gioia del mondo; chi crede che gli Dei derivino da cosa diversa
dall'Atman, sarà abbandonato dagli Dei; chi crede che le
creature derivino da cosa diversa dall'Atman, sarà abbandonato
dalle creature; tutto questo universo rigetta chi crede che sia
altro dal Sé. L'Atman è questi brahmana, questi guerrieri,
questo mondo, gli Dei, le creature, tutto.
7. Così come quando si suona un tamburo, non si distinguono i
singoli suoni, ma si ascolta la musica d'insieme.
8. Così come quando si soffia in una conchiglia, non si odono le
singole note, ma il suono che ne proviene.
9. Così come del suono del liuto non si può afferrare le singole
note, ma si ascolta la melodia che vi si compone.
10. Così come fumo di vari colori si sprigiona dal fuoco della
legna umida, così, mia amata Maitreyi, così emanano da Quello il
Rgveda, lo Yajurveda, il Samaveda, l'Atharvaveda, la storia, la
mitologia, le arti, le Upanisad, i versi, i commenti, gli
aforismi, le teologie e tutte le forme di conoscenza come ci
sono pervenute. Tutte sono il respiro stesso del Sé.
11. Come l'oceano è il principio e la fine di tutte le acque, la
pelle di ogni sensazione tattile, il naso di tutti gli odori, la
lingua di tutti i sapori; come l'occhio è l'origine e la meta di
ogni colore, l'orecchio lo è di ogni suono, la mente è l'origine
e la meta di ogni pensiero, l'intelletto lo è di ogni
conoscenza; come le mani sono origine e fine di ogni azione, i
genitali lo sono di ogni forma di godimento, l'ano di ogni sorta
di escrezione, i piedi sono origine e scopo di ogni moto, così
la parola è il ricettacolo di ogni sapere e di tutti i Veda.
12. Come un pezzo di sale gettato nell'acqua in essa si dissolve
e non sarà possibile riaverlo, ma l'acqua ne resta salata
ovunque la si attinga, così, mia cara, questa immensa, infinita
Realtà non è altro che Pura Intelligenza. Essa si manifesta
attraverso questi elementi nella separatezza, e nuovamente si
ri-dissolve entro di essi. Dopo aver conosciuto tale unità non
vi è più coscienza (dell'individuo o di altro). Così parlò
Yajnavalkya.
13. Disse allora Maitreyi: "Queste parole mi turbano la mia
mente. Che quindi non vi sia coscienza quando la mente
individuale si dissolve nel Sé". Rispose Yajnavalkya: "Nulla di
quanto ho detto deve confonderti, mia cara, ma serva invece a
comprendere.
14. Poiché quando vi è dualità (tra soggetto conoscente e
oggetto conosciuto) l'uno vede l'altro, lo fiuta, lo sente, gli
parla, lo comprende, lo riconosce. Ma quando al conoscitore del
Brahman tutto si è risolto nel Sé, chi potrebbe vedere, fiutare,
udire e come, chi potrebbe parlare, pensare e conoscere e come?
Come si può conoscere Quello per il quale ogni cosa è
conosciuta? Come si può conoscere il Conoscitore?
Quinto brahmana
1.Questa terra è
miele per ogni creatura e ogni creatura è miele per questa
terra. Allo stesso modo l'Essere che risiede in questa terra,
tutto luce, immortale, e quello che riveste la forma corporea
nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa conoscenza è
l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella totalità.
2. Quest'acqua è miele per ogni creatura e ogni creatura è miele
per quest'acqua. Allo stesso modo l'Essere che risiede in questa
terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la forma del
seme nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa conoscenza è
l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella totalità.
3.Questo fuoco è miele per ogni creatura e ogni creatura è miele
per questo fuoco. Allo stesso modo l'Essere che risiede in
questa terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la
forma di parola nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa
conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
4. Questa aria è miele per ogni creatura e ogni creatura è miele
per questa aria. Allo stesso modo l'Essere che risiede in questa
terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la forma di
spirito vitale nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa
conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
5. Questo sole è miele per ogni creatura e ogni creatura è miele
per questo sole. Allo stesso modo l'Essere che risiede in questa
terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la forma
dell'occhio nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa
conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
6. Questi punti cardinali sono miele per ogni creatura e ogni
creatura è miele per questi punti cardinali. Allo stesso modo
l'Essere che risiede in questa terra, tutto luce, immortale, e
quello che riveste la forma dell'udito nell'individuo, non è
altri che il Sé. Questa conoscenza è l'immortalità, è l'unità in
Brahman, nella totalità.
7. Questa luna è miele per ogni creatura e ogni creatura è miele
per questa luna. Allo stesso modo l'Essere che risiede in questa
terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la forma
della mente nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa
conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
8. Questo fulmine è miele per ogni creatura e ogni creatura è
miele per questo fulmine. Allo stesso modo l'Essere che risiede
in questa terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la
forma dell'energia nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa
conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
9. Questo tuono è miele per ogni creatura e ogni creatura è
miele per questo tuono. Allo stesso modo l'Essere che risiede in
questa terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la
forma del suono della voce nell'individuo, non è altri che il
Sé. Questa conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman,
nella totalità.
10. Questa atmosfera è miele per ogni creatura e ogni creatura è
miele per questa atmosfera. Allo stesso modo l'Essere che
risiede in questa terra, tutto luce, immortale, e quello che
riveste la forma dello spazio nell'individuo, non è altri che il
Sé. Questa conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman,
nella totalità.
11. Questa legge è miele per ogni creatura e ogni creatura è
miele per questa legge. Allo stesso modo l'Essere che risiede in
questa terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la
forma dell'equità nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa
conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
12. Questa verità è miele per ogni creatura e ogni creatura è
miele per questa verità. Allo stesso modo l'Essere che risiede
in questa terra, tutto luce, immortale, e quello che riveste la
forma della veridicità nell'individuo, non è altri che il Sé.
Questa conoscenza è l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella
totalità.
13. Questa natura umana è miele per ogni creatura e ogni
creatura è miele per questa natura umana. Allo stesso modo
l'Essere che risiede in questa terra, tutto luce, immortale, e
quello che riveste la forma di umanità nell'individuo, non è
altri che il Sé. Questa conoscenza è l'immortalità, è l'unità in
Brahman, nella totalità.
14. Questo Sé cosmico è miele per ogni creatura e ogni creatura
è miele per questo Sé cosmico. Allo stesso modo l'Essere che
risiede in questa terra, tutto luce, immortale, e quello che è
il Sé nell'individuo, non è altri che il Sé. Questa conoscenza è
l'immortalità, è l'unità in Brahman, nella totalità.
14. E questo Sé, così conosciuto, è la guida di tutti gli
esseri, il sovrano di ogni creatura. Come tutti i raggi della
ruota sono infissi nel mozzo e nel cerchio, così tutte le
creature, tutti gli Dei, tutti i mondi, tutti gli organi vitali
e tutte le individualità sono fissi nel Sé. |
Primo Brahmana
1. Om! Janaka,
re dei Videha, apprestò un sacrificio, offrendo ai sacerdoti
lauti compensi. Brahmani della stirpe dei Kuru e dei Pancala si
riunirono per la cerimonia. Allora Janaka volle sapere quale
fosse tra i brahmini il più dotto. E mise da parte mille vacche,
con ciasuna dieci placche d'oro attaccate alle corna.
2. Quindi disse ai sacerdoti: "Reverendi bramini, invito il più
erudito teologo tra voi a portarsi via queste vacche". Ma i
sacerdoti non osavano. Allora Yajnavalkya disse a un suo
discepolo: "Portale a casa, caro Samasravas!". E poiché egli le
ebbe portate via con sé, i brahmini si sdegnarono: "Come osa
dichiararsi il migliore tra noi?". Asvala, il sacerdote di
corte, si fece innanzi e lo apostrofò: "Tu dunque, Yajnavalkya,
sei il teologo più erudito tra tutti noi!". Ed egli di rimando
"Mi inchino al più erudito tra i teologi, ma io desideravo solo
quelle vacche". Allora Asvala iniziò ad interrogarlo.
3. "Yajnavalkya, se il mondo intero è soggetto alla morte, se
l'universo intero è in balia della morte, come si sottrae il
sacrificatore alla schiavitù della morte?" "Con la parola, per
mezzo del fuoco, quella è il (vero) sacerdote chiamato Hotr. La
parola del sacrificatore è il sacerdote. Questa parola è fuoco,
il fuoco è il sacerdote; lo stesso fuoco del sacrificio è il
fuoco della liberazione, la stessa emancipazione suprema."
4. "Yajnavalkya, se il mondo intero è soggetto al giorno e alla
notte, se è in balia di essi, come si sottrae il sacrificatore
al vincolo del giorno e della notte?" "Con l'occhio, che
attraverso il sole, è il vero sacerdote chiamato Adhvaryu.
L'occhio del sacrificatore è Adhvaryu. Questo occhio è il sole;
questo sole ci porta alla liberazione, che è la stessa
emancipazione suprema."
5. "Yajnavalkya, se il mondo intero è vincolato alle due
quindicine del mese, quella luminosa e quella scura, se esso è
in balia delle quindicine, come si sottrae il sacrificatore dal
vincolo della quindicina luminosa e di quella oscura?"
"Attraverso lo Spirito vitale, che è come l'aria, che è il vero
sacerdote chiamato Udgatir. Lo Spirito vitale è l'aria ed è il
sacerdote; come questa aria è la liberazione; tale liberazione è
l'emancipazione suprema."
6. "'Yajnavalkya, se il cielo è, come si dice, senza supporto,
per quale scala salirà il sacrificatore ai mondi celesti?" "Per
mezzo dell'intelletto, attraverso la luna, che è il vero
sacerdote chiamato Brahman. L'intelletto del sacrificatore è il
Brahman. Questo intelletto è la luna; questa luna è la
liberazione; questa liberazione è l'emancipazione suprema."
Questo è quanto fu detto sulla liberazione suprema [...]
Quarto Brahamana
1. Si avvicinò
per interrogarlo allora Usasta Cakrayana. "Yajnavalkya, spiegami
dunque cosa è il Brahman che può essere realizzato direttamente
come tale, come il vero Sé dentro tutti gli esseri" "E' il tuo
stesso Sé presente in tutti gli esseri" "Cosa è in tutti gli
esseri Yajnavalkya?" "Quello che tira a sé l'aria inspirando è
lo stesso Atman presente in ogni essere; quello che assorbendo
l'aria, la fa discendere nel petto, è lo stesso Atman presente
in ogni essere; Quello che diffonde, trattenendolo, il respiro
in tutto il corpo, è lo stesso Atman presente in ogni essere;
Quello che fa fuoriuscire il fiato espirando è lo stesso Atman
presente in ogni essere. Quello è il tuo stesso Atman presente
in ogni essere.
2. Riprese allora Usasta Cakrayana: "Ne hai parlato come uno che
dica che una vacca è quel tal animale o il cavallo quel tal
altro. Spiegami veramente che cosa sia il Brahman che si
realizza direttamente come il Sé di ogni essere" "Presente in
ogni cosa è questo tuo Atman". "Cosa è presente, Yajnavalkya?"
"Non puoi vedere Quello che è testimone del vedere; non puoi
udire l'uditore dell' udire; non puoi pensare Quello che pensa
il pensare; non puoi conoscere il conoscitore della conoscenza.
Ecco che cos'è il tuo stesso Atman presente in ogni essere. A
parte Brahman, ogni altra cosa è dolore." A queste parole Usasta
Cakrayana tacque.
Quinto brahmana
1. Si fece
avanti allora Kahola Kusitakeya per interrogarlo. "Yajnavalkya,
spiegami dunque cosa è il Brahman che può essere realizzato
direttamente come tale, come il vero Sé dentro tutti gli esseri"
"E' il tuo stesso Sé presente in tutti gli esseri" "Cosa è in
tutti gli esseri Yajnavalkya?" "Quello che trascende la fame e
la sete, il dolore, la follia, la vecchiezza e la morte. Chi ha
conosciuto questo Atman, rinuncia al desiderio di avere figli,
di possedere ricchezze, di ottenere i mondi celesti e abbraccia
una vita mendicante. Poiché il desiderio di figli è il desiderio
di ricchezza, il desiderio di ricchezza è il desiderio dei mondi
celesti, ma entrambi sono solo meri desideri. Quindi il
conoscitore di Brahman, avendo completato i propri studi, si
procuri di restare in uno stato di stabilità in cui si palesi al
conoscenza; conosciuto ogni aspetto relativo alla stabilità e
allo studio, diventi meditativo; conosciuto ogni stato della
meditazione e del suo opposto, egli diventa il vero conoscitore
del Brahman. E come si comporta un tale saggio, che abbia
conosciuto il Sé? sebbene possa agire, egli semplicemente è ciò
che è. A parte Brahman, ogni cosa è destinata a perire." Quindi
tacque Kahola Kusitakeya. [...]
Sesto brahmana
1. Si fece
avanti quindi Gargi, figlia di Vacaknu:" Yajnavalkya, se
l'universo è nato e sostenuto dall'acqua, che cosa pervade e
sostiene l'acqua?" "L'aria, Gargi". Quindi proseguì: "E allora
da che cosa è pervasa l'aria?" "Dalle regioni eteree dei
Gandharva. E lei: ""Da che cosa sono pervase le regioni dei
Gadharva?" "Dal cielo solare, Gargi". " E in cosa è intessuto il
cielo solare, Yajnavalkya?" "Nel cielo lunare, Gargi" "E in cosa
è conteso il cielo lunare?" "Nel cielo delle stelle" "E in che
cosa è tessuto e conteso il cielo delle stelle?" " Nel cielo
degli Dei". Allora proseguì: "E in che cosa è intessuto il cielo
degli Dei?" "Nel mondo di Indra" "In che cosa quindi è intessuto
il mondo di Indra?" "Nel mondo di Viraj, o Gragi" "E in che cosa
è intessuto il mondo di Viraj? " Nel mondo di Hiranyagarbha" "E
in che cosa è intessuto il mondo di Hiranyagarbha?" Allora lui
rispose: "Non chiedere troppo Gragi, o la tua testa potrebbe
cadere. Stai domandando di quella realtà divina cui non è
possibile pervenire con la ragione. Non spingere oltre le tue
domande." Quindi Gargi, figlia di Vacaknu, fece silenzio.
Settimo brahmana
1. Allora
Uddalaka, figlio di Aruna, gli rivolse la parola. " Yajnavalkya,
quando da studenti vivevamo a Madra, in casa di Patanchala
Kapya, sua moglie era posseduta da un Gandharva. Noi gli
chiedemmo chi fosse e lui rispose "Kabandha,figlio di Atharvan".
Questi quindi chiese al padrone di casa e a noi studenti
"Conosci, Kapya, quel Sutra mediante il quale questa vita, la
vita successiva e tutti gli esseri sono collegati?" Patanchala
Kapya rispose "No, venerando, lo ignoro." Il Gandharva disse a
lui e agli studenti: "Kapya, conosci l'Ordinatore Interno, che
controlla questa vita e la prossima e tutti gli esseri dal loro
interno?" Patanchala Kapya rispose "No, Signore, non lo
conosco". Quindi il Gandharva disse: " Colui che conosce quel
Sutra e quell'Ordinatore Interno conosce il Brahman, conosce i
mondi, gli Dei, i Veda, gli esseri, il Sé, egli conosce tutto."
Quindi lo spiegò a noi, perciò io lo so. Dunque se tu,
Yajnavalkya, non conosci quel Sutra e quell'Ordinatore Interno
ma vuoi prendere le vacche che appartengono a colui che conosce
il Brahman, che la tua testa possa cadere." "Io conosco, o
Gautama, quel Sutra e quell'Ordinatore Interno". "Oh, ma
chiunque può dire di sapere. Dicci cosa davvero sai".
2. Allora egli disse: "Il vento, Gautama, è quel Sutra.
Attraverso di esso, Vayu, questa vita e la prossima e tutti gli
esseri sono collegati. Perciò, quando un uomo muore si dice che
le sue membra si sono sciolte. Il vento è infatti il nodo che
insieme le lega" "Proprio così, Yajnavalkya. Parlami ora
dell'Ordinatore Interno."
3. "Quello che dimora all'interno della terra, che la terra non
conosce, il cui corpo è la terra, che ordina la terra
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
4. Quello che dimora all'interno dell'acqua, che l'acqua non
conosce, il cui corpo è l'acqua, che ordina l'acqua
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
5. Quello che dimora all'interno del fuoco, che il fuoco non
conosce, il cui corpo è il fuoco, che ordina il fuoco
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
6. Quello che dimora all'interno del cielo, che il cielo non
conosce, il cui corpo è il cielo, che ordina il cielo
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
7. Quello che dimora all'interno dell'aria, che l'aria non
conosce, il cui corpo è l'aria, che ordina l'aria dall'interno,
è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé immortale.
8. Quello che dimora all'interno del mondo celeste, che il mondo
celeste non conosce, il cui corpo è il mondo celeste, che ordina
il mondo celeste dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo
stesso Sé immortale.
9. Quello che dimora all'interno del sole, che il sole non
conosce, il cui corpo è il sole, che ordina il sole
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
10. Quello che dimora all'interno dei punti cardinali, che i
punti cardinali non conoscono, il cui corpo sono i punti
cardinali, che ordina i punti cardinali dall'interno, è
l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé immortale.
11. Quello che dimora all'interno della luna e delle stelle, che
la luna e le stelle non conoscono, il cui corpo sono la luna e
le stelle, che ordina la luna e le stelle dall'interno, è
l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé immortale.
12. Quello che dimora all'interno dell'etere, che l'etere non
conosce, il cui corpo è l'etere, che ordina l'etere
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
13. Quello che dimora all'interno della tenebra, che la tenebra
non conosce, il cui corpo è la tenebra, che ordina la tenebra
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
14. Quello che dimora all'interno della luce, che la luce non
conosce, il cui corpo è la luce, che ordina la luce
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale. Questo per quanto riguarda le divinità. Ora ciò che
concerne gli esseri.
15. Quello che dimora all'interno degli esseri, che gli esseri
non conoscono, il cui corpo sono gli esseri, che ordina gli
esseri dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale. Questo per quinto riguarda gli esseri. Ora per quanto
concerne il corpo individuale.
16. Quello che dimora all'interno del naso, che il naso non
conosce, il cui corpo è il naso, che governa il naso
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
17. Quello che dimora all'interno della parola, chela parola non
conosce, il cui corpo è la parola, che governa la parola
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
18. Quello che dimora all'interno dell'occhio, che l'occhio non
conosce, il cui corpo è l'occhio, che governa l'occhio
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
19. Quello che dimora all'interno dell'orecchio, che l'orecchio
non conosce, il cui corpo è l'orecchio, che governa l'orecchio
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
20. Quello che dimora all'interno della mente (Manas), che la
mente non conosce, il cui corpo è la mente, che governa la mente
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
21. Quello che dimora all'interno della pelle, che la pelle non
conosce, il cui corpo è la pelle, che governa la pelle
dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
22. Quello che dimora all'interno dell'intelletto, che
l'intelletto non conosce, il cui corpo è l'intelletto, che
governa l'intelletto dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il
tuo stesso Sé immortale.
23. Quello che dimora all'interno dei genitali, che i genitali
non conoscono, il cui corpo sono i genitali, che governa i
genitali dall'interno, è l'Ordinatore Interno, il tuo stesso Sé
immortale.
Egli è il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore
impensabile, il Conoscitore inconoscibile. Non vi è altro
veggente che Lui, non vi è latro uditore che Lui, non altro
pensatore che Lui, non altro conoscitore che Lui. Egli è
l'Ordinatore interno, il tuo stesso Sé immortale. Quanto da Lui
differisce è dolore." A queste parole Uddalaka, figlio di Aruna,
tacque.
Ottavo brahmana
1. Disse allora
la figlia di Vachaknu: "Reverendi Bramini, porrò ora due domande
a Yajnavalkya; se saprà rispondermi, nessuno di voi potrà mai
batterlo nella descrizione del Brahman" " Domanda, Gargi".
2. Ella disse: "Ti sfido con due domande, Yajnavalkya, come un
guerriero di Banaras o di Videha tende l'arco che aveva prima
disteso e avanza con due frecce destinate al nemico, così io ti
pongo due domande. Rispondimi." "Chiedi pure, Gargi"
3. E Gargi chiese: "Da che cosa, o Yajnavalkya, è pervaso ciò
che si trova al di sopra del cielo, al di sotto della terra, e
ciò che è posto in mezzo tra il cielo e la terra; e in cosa lo
sono il passato, il presente, il futuro?"
4. Ed egli rispose: " Nell'Immanifesto è pervaso ciò che si
trova al di sopra del cielo, al di sotto della terra, e ciò che
è posto in mezzo tra il cielo e la terra; e lo sono il passato,
il presente, il futuro."
5. Ella disse: "Mi inchino a te, Yajnavalkya, che hai risposto
perfettamente alla mia domanda. Preparati ora alla seconda.
"Chiedimi dunque, Gargi".
6. E Gargi chiese: "Da che cosa, o Yajnavalkya, è pervaso ciò
che si trova al di sopra del cielo, al di sotto della terra, e
ciò che è posto in mezzo tra il cielo e la terra; e in cosa lo
sono il passato, il presente, il futuro?"
7. Ed egli rispose: " Nell'Immanifesto è pervaso ciò che si
trova al di sopra del cielo, al di sotto della terra, e ciò che
è posto in mezzo tra il cielo e la terra; e lo sono il passato,
il presente, il futuro." " Ma in cosa è pervaso l'Immanifesto?"
8. Egli quindi rispose: "Tale è ciò che i conoscitori del
Brahman chiamano l'Immutabile. Esso non è né grosso né sottile,
né corto né lungo, non ha sangue né grasso, non ha luce né
oscurità, non è vento e non è etere, non attacca, non gusta né
odora, non ha vista e non ha udito, non ha voce né mente, non ha
vitalità, né bocca, non ha misura, e non ha né interno né
esterno. Nulla mangia e nessuno se ne può cibare.
9. Sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, il
sole e la luna sono mantenuti nelle loro orbite; sotto il potere
ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, il cielo e la terra
mantengono le loro rispettive posizioni; sotto il potere
ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, i Muhurtas, i giorni e
le notti, i cicli lunari, i mesi, le stagioni e gli anni
compiono ciascuno il suo corso. Sotto il potere ordinatore di
questo Immutabile, o Gargi, alcuni fiumi sgorgano dalle Montagne
bianche e scorrono verso est, altri scorrono verso ovest e
proseguono per la medesima direzione, così come tutti gli altri
mantengono il proprio corso; sotto il potere ordinatore di
questo Immutabile, o Gargi, gli uomini sono onorati in relazione
a ciò che donano, gli Dei richiedono i sacrifici e i Mani le
offerte.
10. Colui che in questo mondo, senza conoscere questo
immutabile, offre oblazioni nel fuoco, pratica sacrifici e si
sottopone a severe austerità anche per migliaia di anni, ne
ricaverà un merito transitorio; colui che lascia questo mondo
senza conoscere l'Immutabile è povero, o Gargi. Ma colui che si
diparte da qui dopo aver conosciuto l'Immutabile è un
conoscitore del Brahman.
11. Questo Immutabile, o Gragi, è il Veggente non veduto,
l'Uditore non udito, il Pensatore impensabile, il Conoscitore
inconoscibile. Non vi è altro veggente che Lui, non vi è latro
uditore che Lui, non altro pensatore che Lui, non altro
conoscitore che Lui. Da questo Immutabile, Gargi, è pervaso lo
spazio Immanifesto.
12. Allora Gargi disse: " Reverendi Brahmini, dovreste
considerarvi fortunati se potrete andarvene porgendo il vostro
omaggio a Yajnavalkya, poiché nessuno di voi potrà batterlo nel
descrivere la realizzazione del Brahman". Dunque la figlia di
Vachaknu si ritirò in silenzio. |
Terzo Brahmana
1. Un giorno
Yajnavalkya andò in visita da re Janaka, imperatore dei Videha,
pensando di non dirgli nulla. Quindi dopo che i due ebbero
parlato per un pò del fuoco sacrificale, Yajnavalkya offrì al
suo ospite di esprimere un desiderio. Il re chiese di potergli
porre qualsiasi quesito volesse, e Yajnavalkya mantenne la sua
promessa di esaudirlo. Così il re espresse la prima domanda.
2. "Yajnavalkya, di quale luce si serve l'uomo?" " Della luce
del sole, o re" rispose Yajnavalkya "Nella luce del sole l'uomo
siede, si muove, lavora e rincasa" "Proprio così, Yajnavalkya".
3. "Ma quando il sole tramonta, Yajnavalkya, di quale luce può
servirsi l'uomo?" "Della luce della luna" rispose Yajnavalkya
"Nella luce della luna l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa"
"Proprio così, Yajnavalkya".
4. "Ma quando il sole e la luna sono tramontati, di quale luce
può servirsi l'uomo?" "Della luce del fuoco" rispose Yajnavalkya
"Nella luce del fuoco l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa"
"Proprio così, Yajnavalkya".
5. "Ma quando il sole e la luna sono tramontati e il fuoco è
spento, Yajnavalkya, di quale luce può servirsi l'uomo?" "Della
luce della parola" rispose Yajnavalkya "Nella luce della parola
l'uomo siede, si muove, lavora e rincasa. Perciò, o gran re,
quando neppure è possibile vedere la propria mano, ci si orienta
seguendo le voci" "Proprio così, Yajnavalkya".
6. "Ma quando sole e luna sono già tramontati, il fuoco si è
spento e le voci tacciono, Yajnavalkya, di quale luce può
servirsi l'uomo?" "Della luce del suo stesso Sé [Atman]" rispose
Yajnavalkya "Nella luce del suo stesso Sé l'uomo siede, si
muove, lavora e rincasa" "Proprio così, Yajnavalkya".
7. "Cos'è l'Atman?" "Questo essere infinito (Purusa) che è
identificato con l'intelletto e risiede al centro degli organi,
quella luce auto-risplendente situata all'interno del cuore.
Assumendo le sembianze di intelletto, si muove attraverso i
mondi; pensa, come se lo fosse e si muove come se lo fosse. E
identificato con questo sogno, varca questo mondo e trascende le
forme mortali.
8. Questo, quando nasce e acquisisce un corpo, si unisce al
dolore; quando muore o abbandona il corpo, si scioglie dal
dolore.
9. Questo abita due stati, quello del mondo e quello
ultraterreno. Il sogno, che è il terzo, è quello che li
congiunge entrambi. In tale stato intermedio egli vede i due
stati, quello terreno e l'ultraterreno. Ricercando di
raggiungere lo stato ultraterreno, ottiene la visione del dolore
e della gioia. Durante il sogno egli porta con sé una parte
delle impressioni della veglia, prive del loro corpo materiale,
e dà loro un corpo di sogno, essendo lui stesso la luce che crea
e plasma il mondo dei sogni. In questo stato egli è la luce di
cui si serve.
10. Là non esistono carri, né animali da aggiogare, né strade,
ma egli crea i carri, gli animali e le strade. Là non vi sono
piaceri, né gioie, né godimenti, ma egli crea i piaceri, le
gioie e i godimenti. Là non ci sono né laghi, né fiumi, né
stagni, ma egli crea i laghi, i fiumi, gli stagni. Perché è lui
il creatore.
11. A questo proposito si citano le strofe: "L'infinito essere
radiante (Purusa) solitario, abbandona il corpo materiale nello
stato di sogno e restando sveglio, porta con sé le funzioni
degli organi sensoriali, per guardare coloro che dormono. E
ancora poi ritorna nello stato di veglia.
12. L'infinito essere radiante e solitario, lascia il respiro a
proteggere il suo nido (il corpo), e vola via da esso, andando,
l'Immortale, ovunque vuole.
13. Nel sogno, l'essere splendente, sperimenta stati elevati e
volgari, assumendo innumerevoli forme. Sembra divertirsi in
compagnia di donne, o ridere, o vedere cose spaventose.
14. Tutto ciò che si vede è il suo gioco, ma nessuno può vedere
lui stesso." Perciò si dice: "Non svegliatelo di soprassalto"
Poiché se non trova la strada del ritorno, difficilmente potrà
guarire. Altri dicono che lo stato di sogno sia identico allo
stato di veglia, perché egli vede le stesse cose che vede quando
è desto. Ma nello stato di sogno l'uomo si serve di sé stesso
come luce." "Signore, ti darò mille vacche, ma ti prego
istruiscimi ancora sulla liberazione".
15. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il
male nello stato di sogno, egli si abbandona allo stato del
sonno profondo, e rientra per il percorso inverso alla
condizione precedente, lo stato di sogno. Egli non è toccato da
quanto vede nel sogno, poiché nulla può attaccare l'Essere
Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma
ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
16. "Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male,
egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente,
lo stato di veglia. Egli non è toccato da quanto vede nella
veglia, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio
così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi
ancora sulla liberazione".
17. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il
male nello stato di veglia, egli rientra per il percorso inverso
alla condizione precedente, lo stato di sogno.
18. Come un grande pesce nuota da una riva all'altra del fiume,
così l'Essere Infinito passa dall'uno all'altro stato, la veglia
e il sogno. 19. Come un'aquila o un falco, volando in cielo,
infine ripiegano le ali, stanchi, e ritornano la nido, così
l'Essere Infinito ritorna infine a quello stato di sonno
profondo ove non prova più desideri e non vede più sogni.
[...]
21. In questa forma, al di là dei desideri, egli è libero dal
dolore e dalla paura. Come un uomo, abbracciato alla donna
amata, non conosce più nulla altro, né interno né esterno, così
l'Essere Infinito, il Sé, completamente avvolto nel Supremo Sé,
non conosce altro, né esterno, né interno. In questa forma ogni
desiderio è stato appagato nel Sé, ed egli è perciò libero da
brame e da angustie.
22. In questo stato un padre non è un padre, una madre non è una
madre, non esistono i mondi, non gli dei, né i Veda. In questo
stato un ladro non è più un ladro, neppure l'assassino è un
assassino, non esiste il Chandala o il Pulkasa, non esiste il
monaco o l'eremita. Questa forma non è toccata dalle opere buone
né dalle opere malvagie, poiché è la di là di ogni tormento del
cuore.
23. Sebbene in questo stato nulla vede, non cessa di essere
colui che vede; la visione dell'osservatore non può essere
perduta, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere veduto.
24. Sebbene in questo stato nulla fiuta, non cessa di essere
colui che fiuta; l'olfatto di colui che fiuta non può essere
perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere fiutato.
25. Sebbene in questo stato nulla gusta, non cessa di essere
colui che gusta; il gusto di colui che assapora non può essere
perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere gustato.
26. Sebbene in questo stato nulla dice, non cessa di essere
colui che parla; la parola di colui che parla non può essere
perduta, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere detto.
27. Sebbene in questo stato nulla ascolta, non cessa di essere
colui che ascolta; l'udito dell'ascoltatore non può essere
perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere udito.
28. Sebbene in questo stato nulla pensa, non cessa di essere
colui che pensa; il pensiero di colui che pensa non può essere
perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere pensato.
29. Sebbene in questo stato nulla tocca, non cessa di essere
colui che tocca; il tatto di colui che tocca non può essere
perduto, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun oggetto
separato da lui che possa essere toccato.
30. Sebbene in questo stato nulla conosce, non cessa di essere
colui che conosce; la conoscenza di colui che conosce non può
essere perduta, poiché egli è imperituro. Ma non vi è alcun
oggetto separato da lui che possa essere conosciuto.
31. Dove ci sia un oggetto separato, qualcosa può essere veduto,
odorato, assaggiato, detto, udito, pensato, toccato, o qualcosa
può essere conosciuto.
32. Ma egli, come l'acqua è trasparente, uno, il solo testimone,
senza secondo. E' questo lo stato di Brahman, o Re." Quindi
Yajnavalkya insegnò a Janaka: " Questa è la meta suprema, la
gloria suprema, la suprema beatitudine. Solo una piccola parte
di questa beatitudine è conosciuta dagli altri esseri.
33. Colui che è fisicamente perfetto e più fortunato tra gli
uomini, colui che li governa, e colui che più dispone delle
facoltà umane, rappresenta il più grande tra gli uomini. Questa
felicità umana moltiplicata cento volte equivale a una sola
gioia dei Mani che hanno raggiunto il mondo loro destinato, e
cento gioie dei Mani equivalgono a una sola gioia dei ministri
celesti (Gandharva). Cento volte la gioia dei Gandharva è la
singola gioia di coloro che hanno guadagnato il cielo degli Dei
in seguito ai loro meriti. E cento volte la gioia di coloro che
sono divenuti dei per i loro meriti è la gioia degli Dei nati e
di coloro che conoscono i Veda, che sono senza peccato e senza
desideri. Cento volte la gioia degli Dei nati è la gioia del
mondo di Prajapati (Viraj) e di coloro che conoscono i Veda, che
sono senza peccato e senza desideri. cento volte la gioia del
mondo di Prajapati è la gioia del mondo di Hiranyagarbha e di
coloro che conoscono i Veda, che sono senza peccato e senza
desideri. Questo è il mondo di Brahman, o re." concluse
Yajnavalkya. Ma il re lo incalzava: "" Proprio così,
Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi
ancora sulla liberazione". Allora Yajnavalkya ebbe timore che il
suo intelligente re lo stesse facendo uscire dai limiti delle
sue prudenti conclusioni.
34. Allora Riprese: " Dopo avere goduto del sogno e conosciuti
il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla
condizione precedente, lo stato di veglia.
35. Come un carro dal carico molto pesante cammina cigolando,
così l'individuo incarnato sotto il peso del Supremo Sé, soffre
quando il respiro diventa difficoltoso.
36. Quando questo corpo si fa emaciato, per via degli anni e
delle malattie, come un mango, un fico o una bacca si stacca dal
ramo, così questo Essere Infinito si separa dal corpo e di nuovo
riprende il cammino, per la stessa strada da cui è venuto, per
poter dispiegare ancora il suo respiro.
37. Proprio come quando giunge un re, i vassalli, gli scudieri e
i capi dei villaggi gli si fanno incontro con doni e offerte di
cibo, bevande e alloggio dicendo "Eccolo, eccolo che arriva",
così avviene per colui che ha compreso quale sarà il risultato
del proprio lavoro, che tutti gli organi lo accolgono: "Il
Brahman arriva, il Brahman viene!"
38. E come i vassalli, gli scudieri e i capi si fanno attorno al
re quando è giunto il momento che riparta, così appunto gli
organi vitali si raccolgono attorno l'uomo che sta per morire,
quando il respiro diventa faticoso.
Quarto Brahamana
1. Quando l'ente
diventa debole e pare privo di conoscenza, tutti i sensi si
raccolgono in lui. Riassorbite completamente queste particelle
di luce, egli perviene al proprio cuore. E quando l'essere che
risiede nell'occhio si ritrae da ogni direzione, si spengono
tutti i colori.
2. Allora si dice che egli non vede, non fiuta, non gusta, non
parla, non ode, non pensa, non tocca, non conosce perché le sue
facoltà si sono unificate. La sommità del cuore risplende e da
questo punto luminoso di diparte il sé, attraverso l'occhio o
attraverso la sommità del capo o da qualunque altro punto del
corpo. E con lui dipartono le forze vitali, e con esse tutti gli
organi di senso. Quindi, secondo la consapevolezza che è in lui,
egli va verso il corpo che ad essa è collegato. In questo lo
seguono le sue passate conoscenze, le sue opere e la sua
maturata esperienza.
3. Come un bruco passando oltre l'estremità di un ramo, sale
sopra un altro e qui si raccoglie, così il sé individuale getta
via un corpo, lasciandolo privo di sensi, per prendere un altro
supporto e lì trovare sé stesso.
4. Come l'orefice con la materia di un vecchio ornamento d'oro
plasma in una nuova forma più bella, così il sé individuale si
libera di un corpo, lasciandolo privo di sensi, e prende una
nuova forma, nuova e più bella, simile a quella dei Mani, dei
Gandahrva, degli Dei, di Viraj, di Hiranyagarbha o di altri
esseri.
5. In verità questo sé individuale è Brahman, che si identifica
con l'intelletto, la mente e le forze vitali, con gli occhi o
con gli orecchi, con la terra, l'acqua, l'aria, l'etere, e con
quello che è oltre il fuoco, con il desiderio e con l'assenza di
desiderio, con l'ira e con la calma, con la rettitudine o con la
malvagità, con tutto; è identificato, infatti, in tutto questo
che è percepito e con tutto quello che è inferito. Così come
agisce, tale diviene; facendo il bene diventa bene, compiendo il
male diviene il male; diviene virtuoso attraverso le buone
azioni così come diviene malvagio attraverso azioni malvagie.
Perciò si dice anche: "Il sé individuale è fatto di desiderio.
Quanto che desidera, decide; ciò che decide attua; e quanto
mette in atto, ottiene".
6. A questo proposito dice una strofa: "Provando attaccamento, e
lavorando in tale direzione, ottiene i risultati verso cui
tendeva la mente attraverso l'attaccamento. Esauriti i risultati
per cui ha lavorato in vita, egli ritorna dall'altro mondo per
iniziare un nuovo lavoro". Questo è detto degli uomini soggetti
al desiderio e alla trasmigrazione. Ma gli uomini che non hanno
desideri non subiscono la trasmigrazione. Colui che è privo di
desideri, che è privo di attaccamenti, i cui oggetti sono stati
ottenuti e risolti, e per il quale tutti gli oggetti sono
risolti nel Sé, non è abbandonato dalle forze vitali. Essendo
egli stesso niente altro che Brahman, si risolve completamente
nel Brahman.
7. A questo proposito dice una strofa: "Quando tutti i desideri
che albergano nel cuore sono dileguati, allora il mortale
diviene immortale e realizza il Brahman in questa vita". Come la
pelle staccata da un serpente dopo la muta cade e viene
abbandonata a terra, così giace questo corpo. E quando l'ente
diventa incorporeo e immortale, diventa il respiro del Sé Suremo,
Brahman, la luce. "Ti darò altre mille vacche, signore" disse
allora Janaka, re dei Videha.
8. A questo proposito dice una strofa: "Ho percorso l'antica,
lunga e sottile strada che conduce a me stesso. Ora l'ho
realizzato. Per essa i saggi conoscitori del Brahman raggiungono
la liberazione, dopo essere discesi nel corpo mortale, e
divengono liberi in questa vita. 9. Alcuni dicono sia bianco,
altri blu, grigio, verde o rosso. Questo cammino può essere
realizzato dal conoscitore del Brahman e da coloro che compiendo
giuste azioni si sono identificati con la Suprema Luce.
10. Entrano invece in una fitta tenebra coloro che venerano il
rito compiuto nell'ignoranza. Una tenebra ancora più fitta di
quella destinata a quelli che venerano la conoscenza
cerimoniale.
11. Miserabili sono i mondi generati da tale cieca ignoranza. Ad
essi, dopo la morte, vanno coloro che non hanno ricercato la
vera conoscenza e la saggezza.
12. Se un uomo conosce il Sé come "Io sono quello", per quale
desiderio o per quale volere dovrebbe soffrire il proprio corpo
terreno? 13. Colui che ha realizzato e conosciuto profondamente
il vero Sé ha superato i confini pericolosi e inaccessibili del
corpo, ed è il creatore dell'universo intero, poiché tutto è il
suo stesso Sé, ed egli è quello stesso Sé di tutto.
14. Dobbiamo conoscere il Brahman mentre siamo in questo corpo,
altrimenti saremo vissuti nell'ignoranza e andremo incontro alla
nostra rovina. Coloro che Lo conoscono divengono immortali,
mentre gli altri ottengono soltanto dolore.
15. Se un uomo realizza direttamente il Sé, Dio Signore del
passato e del futuro, non ha più desiderio di nascondersi da
Lui.
16. Colui al di sotto del quale ruotano gli anni e i giorni, è
quell'immortale Luce di tutte le luci che perfino gli Dei
meditano come vita immortale. 17. Quello su cui sono posti i
cinque elementi e l'etere sottile, quello è il vero Atman che io
riconosco come il Brahman immortale. E conoscendo Quello io sono
immortale.
18. Colui che ha conosciuto la Forza Vitale della forza vitale,
l'Occhio dell'occhio, l'Orecchio dell'orecchio, la Mente della
mente, ha realizzato l'antico, primordiale Brahman.
19. Che ciò sia ben realizzato dalla mente. Non vi è differenza
alcuna, né parte in Quello. Va di morte in morte colui che vede
delle differenze in Quello.
20. Deve essere realizzato quale unità di ogni forma, quello che
è inconoscibile ed eterno. Il Sé è senza forma, al di là
dell'etere sottile, senza nascita, infinito e costante.
21. Il saggio aspirante alla conoscenza del Brahman, conoscendo
solo questo, dovrebbe ottenerne la consapevolezza intuitiva.
Questi non si attardi al pensiero di molte parole, non si
affatichi per la facoltà di esprimersi.
22. Il grande Sé increato, che si identifica con la mente e con
il centro delle facoltà, riposa nello spazio all'interno del
cuore. E' l'Ordinatore Interno di tutto ciò che esiste, il
Signore e il Regolatore di tutto. Non cresce mediante le buone
azioni e non è sminuito dalle cattive. E' il Signore di tutti
gli esseri, l'Ordinatore di tutti gli esseri, il Protettore di
tutti gli esseri. E' la diga che trattiene i mondi dal
precipitare nel caos. I Brahmani cercano di conoscerlo
attraverso lo studio dei Veda, i sacrifici, la carità e la
rinuncia al godimento degli oggetti dei sensi. Colui che Lo
conosce diviene saggio, i monaci, desiderando di conoscerlo in
questa vita, abbandonano le loro case. Gli antichi saggi,
infatti, non desideravano avere figli poiché pensavano:"Cosa
ancora potremmo ottenere dai figli, se abbiamo realizzato il Sé
già in questa vita". Così, è detto, essi rinunciarono al
desiderio di prole, di ricchezze mondane e condussero vita da
mendicanti. Poiché è il desiderio di figli che è anche desiderio
di ricchezza, e questo è il desiderio di mondi, ma tutti questi
non sono altro che bramosia. Questo Sé è Quello di cui è detto
"Non questo, Non questo". Esso è impercettibile, poiché non può
essere percepito; indistruttibile, poiché non può essere
distrutto; inattaccabile, perché nulla lo può attaccare; libero,
saldo, illeso. Come il saggio non può essere sopraffatto dai due
pensieri: "ho fatto la cosa giusta; ho fatto la cosa sbagliata"
poiché li sovrasta entrambi. Le cose compiute e quelle che ha
omesso di fare non lo angustiano.
23. Ciò è espresso nell'inno che dice: "L'eterna gloria del
conoscitore del Brahmam non cresce e non è sminuita dalle opere.
Perciò si ricerchi di comprendere la natura di questo soltanto,
poiché conoscendola non si è più macchiati da alcun peccato"
Dunque colui che così conosca acquisti saldo controllo di sé, e
calmo, raccolto in sé stesso, saldo e concentrato, comprenda il
Sé nel suo stesso sé; così facendo egli perviene a vedere il Sé
in tutto. Il Male non trionfa su di lui, ma lui trascende ogni
male. Il male non lo mette in difficoltà, poiché lui consuma
ogni male. Egli diviene senza peccato, senza forma, libero da
ogni dubbio e un vero conoscitore del Brahman. questo è il mondo
del Brahman, o re, e tu l'hai conquistato", concluse Yajnavalkya.
E il re "Ti darò l'impero dei Videha, signore, e me stesso per
poterti servire".
24. Quel grande Sé increato è Colui che mangia il cibo ed è
Colui che dispensa le ricchezze. Colui che questo conosce riceve
ricchezza.
25. Quel grande Sé increato non invecchia, non muore, non
conosce paura ed è il Brahman infinito. In Brahman infatti non
vi è timore di nulla, e chi conosce questo non prova timore di
nulla. |
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