Passi scelti dal Tao Te Ching, un classico
del taoismo, adattamento da più traduzioni, con breve commento:
I
Il Tao che si può nominare
Non è il Tao eterno.
L'essere che può venire nominato
Non è quello eterno.
Come non nominabile
esso è il principio del cielo e della terra.
Divenuto con ciò determinato
Divenne l'origine degli esseri particolari.
Una l'essenza,
diversa solo la denominazione.
Mistero è la loro identità,
arcano degli arcani.
Porta attraverso la quale sono emerse,
nell'universo manifesto,
tutte le meraviglie che lo popolano.
Così lo spirito libero dalle passioni
percepisce l'essenza misteriosa,
lo spirito preda delle passioni
non conoscerà se non i suoi effetti (apparenze fenomeniche).
Commento:
Il Tao Te Ching, un testo così
affascinante e spesso criptico, si apre con ovvie constatazioni, almeno per
chi intuisce almeno un po' della verità, ma subito dopo (qui al quinto
passo) fa delle importanti distinzioni che fanno sorgere un dubbio
importante: esse sono state fatte per rendere comprensibile a tutti il
messaggio insito nel manoscritto oppure dimostrano una comprensione non
ancora esaustiva del Principio? Infatti a parole divide il Principio dai
suoi effetti o manifestazioni, mentre la realtà fondamentale è ben diversa,
e parlare in questa maniera è chiaramente un esprimersi condizionato. Più
avanti il testo si riscatta ricordando come sia diversa la sola
denominazione, ma insiste poi a dimostrarsi imperfetto quando parla di
mistero: fin che vi è mistero non vi è vera comprensione! Più tardi persiste
per l'ennesima volta ad esprimersi in maniera discriminatoria evidenziando
un dualismo fra Principio ed esseri particolari, ed ancora dice chiaramente
che uno spirito libero da passioni percepisce l'essenza del Principio quando
è chiaro che fra percepire e fare essi stessi parte di una data cosa vi è
una grossa differenza: essere il Principio significa anche non percepirlo.
Così il dubbio permane, non si scioglie con l'analisi del testo: abile
espediente per far comprendere un po' di saggezza anche ai profani o
manifestazione di una realizzazione ancora imperfetta?
II
Per tutti i nati sotto questo cielo,
concepito il bello
nasce il brutto.
Fissato il bene
Prende forma il male.
Allo stesso modo essere e non essere sono correlati,
possibile ed impossibile sono complementari,
grande e piccolo si caratterizzano a vicenda,
l'alto si capovolge nel basso,
suono e rumore si integrano,
prima e dopo si susseguono.
Così l'Uomo Reale permane nel non agire,
insegna senza parlare,
dirige senza comandare.
Conduce allo sviluppo senza appropriarsi,
compie senza fare.
Essenzialmente non risiedendo nei correlativi
partecipa della forza originaria.
Commento:
Questo capitolo debutta con il
fissare nelle menti il gioco degli opposti che domina il mondo del relativo,
lo crea e ne è alla base, essendo un tutt'uno con esso; relativo che
tuttavia imprigiona solo le menti che si muovano al suo interno. Viene così
affermata l'indipendenza del saggio che stabilito nel Principio agisce senza
un io particolare, senza quindi egoismo individuale e per questo libero ed
architetto d'azioni di natura assoluta (Come del resto sono tutte le azioni,
dipende esclusivamente da come queste sono concepite.). Ancora una volta
viene qui stabilita a parole una dualità nel discorso che probabilmente è un
espediente per farsi comprendere, ma che non ci si aspetterebbe da un testo
così ispirato.
III
Potenziando oltre al limite
si provoca la lotta.
Dando risalto a ciò che è raro avere
si suscita un colpevole desiderio di appropriazione.
Si veli ciò che nelle cose attira
e l'animo resterà calmo.
Così: l'Uomo Reale in veste di capo
va senza preferenze ed appetiti.
Indebolisce gli impulsi
e tempra l'essere interno
(letteralmente ventre ed ossa che in oriente sono sinonimi dell'interiorità;
alcuni traduttori qui hanno commesso un madornale errore,
dando al testo un senso puramente fisico e di bassa lega!).
Senza un sapere (superficiale) e senza desideri
guida i diecimila esseri.
Confonde coloro che sanno.
Evita l'agire (comune)
e la società vivrà sempre libera nel suo ordine.
Commento:
Anche qui il gioco degli opposti
permea tutto il discorso, accrescendo qualcosa si cade nel suo contrario e/o
nel disordine, agendo senza un io particolare che possa essere coinvolto dal
mondo, tutto acquista la purezza e la libertà originarie. E' evidente che
qui si parla di un mondo ben lontano dal nostro, basta accendere la
televisione per rendersi conto del male insito in tanti messaggi che vengono
oggi propinati, e per di più del fatto che sembra lecito darsi da fare in
ogni modo per procurarsi quel che viene propagandato; anzi, pare che chi non
si comporti in tale modo sia da additare come sciocco.
IV
Il Tao non è sostanza,
è attività inesauribile.
Agire che non lo accresce.
Com'è insondabile!
E' come la scaturigine primordiale di ogni cosa.
Smussa l'acuto,
schiarisce il confuso;
tempera l'abbagliante.
Ordina le parti elementari (della materia).
E' inafferrabile eppure onnipresente;
come potrebbe essere stato generato?
E' anteriore al Signore del Cielo.
(La divinità cinese per eccellenza)
Commento:
Dire che il Tao non è materiale
potrebbe anche andare bene, ma perché poi dire che è attività?! Tanto vale
dire che Esso è anche materiale: dal punto di vista assoluto non è errato
asserire sia l'una che l'altra delle preposizioni. Anche qui viene fatto
notare che ogni cosa, raggiunto il suo apice, viene permeata dal suo
opposto.
VII
L'Universale è eterno.
E' eterno
perché non vive per sé stesso.
Perciò: l'Uomo Reale
indietreggiando avanza.
Restando fuori è sempre presente.
Col non fare di sé il centro
raggiunge la perfezione.
Commento:
si esalta la non personalizzazione
del Tao, anche il saggio perciò spogliandosi dell'ego trova la verità e si
unisce a tutte le cose.
IIX
La qualità trascendente assomiglia
all'acqua.
Senza resistere assume la forma di ogni cosa,
prende la posizione più bassa
che gli uomini disprezzano.
Più si è lontani dall'agire comune,
più si è vicini alla Via.
Così l'Uomo reale nel dominio materiale
tiene per buono il restare nel posto che ha.
Nel dominio del sentire tiene per buona
la profondità dell'essere.
Se dona, tiene per buona la generosità.
Parlando, tiene per buona la verità.
Governando tiene per buono lo sviluppo ordinato.
Agendo tiene per buono l'accorto raggiungimento del fine.
Nel dominio pratico tiene per buono l'intervenire
nel punto e nel momento giusti.
Invero, proprio grazie all'adeguarsi senza lotte,
nulla altera il suo essere.
Commento:
Il passo inizia con una efficace
metafora che successivamente sviluppa nei vari casi della vita per far
capire come sia distante la verità dal modo d'agire degli esseri umani che
pur vi sono immersi. Proprio allontanandosi dai contrasti l'Uomo Reale trova
la sua realizzazione e la pace interiore. Interessante il risalto messo
sull'uso dell'accortezza, la quale ha sempre dominato la mente cinese che è
sempre stata assai pratica, anche nella sua filosofia, e non si può certo
dargli torto.
IX
Mantenere quando si sia riempito
sino all'orlo
non è possibile.
Conservare una lama estremamente affilata
non è possibile.
Non si può, ad un tempo,
possedere e conservare.
Beni e potere uniti ad orgoglio
preparano da sé la rovina.
Agire e ritirarsi
è la Via del cielo.
Commento:
la legge dell'impermanenza fa sì che
nulla perduri e che ogni cosa tramuti alla fine nella sua mancanza, una
qualsiasi fortuna non può essere mantenuta per sempre, specie se vissuta con
duro egoismo; agire senza orgoglio e senza pensiero di sé, non attaccarsi a
ciò che si crea, è la natura della saggezza dell'uomo del Tao.
X
Conservando l'Uno a che spirito e
corpo si congiungano
e più non si separino.
Far circolare il soffio sottile
generando l'embrione spirituale.
Pulire lo specchio segreto escludendo ogni pensiero complicato
perché la mente non ti logori.
Nei rapporti con gli altri e reggendo lo stato
seguire il non agire.
L'instabilità della sorte
valga a sviluppare la ricettività dell'anima.
Con la visione essenziale che abbraccia ogni aspetto
eliminare il sapere condizionato.
Per raggiungere lo sviluppo:
creare senza possedere,
agire senza appropriarsi,
elevarsi senza forzare.
Questa è la Via.
Commento:
Il testo inizia con delle istruzioni
riguardo la pratica taoista, si noti come queste siano simili a molte altre
presenti in altre pratiche esoteriche: non solo al primo rigo si parla
dell'unione degli opposti come già nell'alchimia occidentale (i nomi sono
solo un mascheramento per la verità), la strofa successiva offre istruzioni
sulla respirazione e più avanti, proprio come in molti detti buddisti, si
indica la pulitura della mente attraverso la non discriminazione.
Successivamente si torna sul tema del non agire come agire non
personalizzato, e per il quale chi lo pratica è destinato ad avere successo
o ad essere, nel caso la sorte gli sia avversa, indifferente al fallimento.
XI
Trenta raggi convergono nel mozzo,
ma è il vuoto del mozzo l'essenziale della ruota.
I vasi sono fatti di argilla,
ma è il vuoto interno che fa l'essenza del vaso.
Mura con finestre e porte formano una casa,
ma è il vuoto di essi che ne fa l'essenza.
In genere: l'essere serve come mezzo utile,
nel non essere sta l'essenza.
Commento:
Bella metafora che mostra in maniera
intuitiva, anche se può darne solo una pallida idea, la qualità della natura
fondamentale; infatti qui vi è ancora una contrapposizione fra le diverse
cose e l'essenza. La vera visione trascende questa divergenza, perché è
univoca; comunque tutto questo basta a far sorgere un dubbio nella mente del
lettore su cosa sia davvero fondamentale e farlo credere che in quel che
appare ai sensi solo come una negazione, vi sia una verità profonda,
misteriosa, onnipresente. Quando si giunge ad inglobare anche l'apparente
nel vuoto si sarà già di un passo innanzi. Come in alcuni passi precedenti
anche qui si può provare un dubbio sulla reale comprensione dello scrittore:
davvero realizzato che si piega ad illustrare una profonda dottrina con
espressioni pesantemente condizionate, oppure ancora legato ad un concepire
la realtà come duale?
XII
La vista dei colori acceca gli occhi
dell'uomo.
La percezione dei suoni assorda l'udito.
Il gusto dei sapori rende ottusa la bocca.
L'immedesimarsi nell'azione oscura la mente.
Il desiderio bramoso distrugge la possibilità di movimento (la libertà).
Perciò: l'Uomo reale
non perde l'io nel non io,
esclude l'esteriore, consiste nell'interiore.
Commento:
Un bel capitolo che partendo da
considerazioni elementari illustra come le passioni od i desideri smodati,
l'egoismo, l'eccedere nelle cose; non facciano che, oltre ad ottundere gli
stessi sensi comuni e far smarrire la stessa libertà personale in una
illusione di volgare autosoddisfazione, far perdere di vista il senso del
Reale; meglio sarebbe quindi preservare la vera natura a detrimento di
quella che al senso comune appare essere la realtà, e non è che apparenza
(seppur anche questa trovi spazio nel Dharma finale) che diviene, proprio
perché solitamente è l'unica conosciuta, fonte dei mali del mondo.
XIII
Grazia ricevuta ferisce come
disgrazia,
la grandezza appesantisce come il corpo.
Che significa: grazia ricevuta ferisce come disgrazia?
La grazia ricevuta implica il proprio abbassamento,
vi è ansia nell'attenderla,
vi è ansia nel perderla.
Che significa: la grandezza appesantisce come il corpo?
Avere un corpo vuol dire offrire presa,
il corpo è il principio della pesantezza.
Se non lo si avesse non vi sarebbe transitorietà.
Perciò: chi si stacca dalla grandezza
può reggere liberamente l'impero.
A chi è attaccato al corpo così poco come all'impero,
può affidarsi l'impero.
Commento:
Questo passo illustra
l'incompatibilità della Via con le preoccupazioni mondane, non solo queste
sono causa di gravi preoccupazioni che indeboliscono la mente, ma
impediscono lo scorgere della Via e rappresentano delle vere e proprie
trappole per l'evoluzione spirituale; inoltre chi è nel karma non può non
soggiacere alle sue trasformazioni, la caducità è proprio dovuta ai desideri
che si nutrono, per cui porsi come obiettivi la ricchezza, la fama ed
ammirare le persone che le hanno ottenute non porterà che a mete ed effetti
transitori, destinate a perpetuare la ruota della vita e della morte. Qui è
presente anche l'idea, unica, a mia conoscenza, nella tradizione orientale,
che all'individuo affrancatosi da tali brame si possa affidare la guida di
uno stato, come per una sorta di investitura divina; anche se in altri
scritti taoisti si affermi che però il tempo attuale (cioè il periodo
storico in cui questi venivano compilati, figuriamoci oggi!) è troppo
corrotto perché tale operazione abbia effettivo successo.
XVI
Chi realizza il vuoto estremo
trova ciò che al di là del mutevole e del particolare
sussiste immobile e calmo.
Nel flusso degli esseri innumerevoli
vede il loro uscire allo stato formale e moltiplicarsi,
e come tutti ritornino alla radice.
tornare alla radice significa stato di riposo,
da tale riposo essi tornano ad uscire per un nuovo destino.
Questa è la legge immutabile della trasformazione.
La conoscenza della legge immutabile porta alla chiara visione,
la non conoscenza della legge immutabile porta all'agire cieco e dannoso,
la conoscenza della legge immutabile conduce alla equanimità distaccata.
Essere distaccati significa essere superiori,
essere superiori significa essere regali,
essere regali significa essere come il cielo,
essere come il cielo significa essere simili al principio,
e si sarà per sempre fuori dal danno.
Commento:
Vorrei fare degli appunti al senso
del testo: a parte il fatto che il vuoto estremo non è ancora che un aspetto
condizionato, essendo lo stato finale trascendente pure il vuoto; anche
sussistere continuamente immobili e calmi non è altri che un aspetto della
morte; qui il mio sospetto che il taoismo non abbia tratto le ultime
conclusioni sul reale, a differenza del buddismo, viene rafforzato alquanto.
Interessante la parte che tratta del destino degli esseri, molto simile
all'idea buddista della reincarnazione, anche se qui non vi si fa ancora
nessuna considerazione morale; cioè la legge di causa ed effetto delle
azioni non è qui considerata; semplicemente tralasciata od ignorata? Anche
essere distaccati in maniera equanime personalmente mi ripugna, può anche
andare bene per chi si accontenti di trovare la liberazione per sé stesso,
ma non certo per raggiungere l'ideale del bodhisattva che anima il buddismo.
Tale impressione si rafforza nell'ultima frase che ancora una volta non
spende una parola per la salvezza altrui, ma solo su quella personale;
quanto diviene limitato, arido ed egoista qui il taoismo!
XVIII
Perduta la Via
anteposero "umanità e giustizia".
Perduta la semplicità originaria,
da abilità e scaltrezza
nacque la grande ipocrisia.
Spezzato il vincolo di sangue che legava all'originario
si supplì coi sentimenti familiari.
Quando i regni caddero nel disordine
si fecero avanti i "buoni ministri".
Commento:
Ora il Taoismo, come molte altre
antiche tradizioni, del resto, fa riferimento ad uno stato delle cose ad
esso precedente che assume le caratteristiche del mito; dubito che questa
condizione dello spirito e del reale sia veramente esistita, tuttavia il
testo può essere tranquillamente letto sia in chiave metaforica che
anagogica, come non altrimenti viene fatto in occidente ad esempio con la
bibbia; così questa arcadia, questo stato paradisiaco ed ancestrale può
assumere i connotati vaghi, simbolici e d'ampio significato del periodo
immediatamente seguente la creazione del mondo umano o dell'affermarsi
prevaricante dell'io che discrimina a danno di quel sapere intuitivo allora
esclusivamente legato all'istinto, con la susseguente apparizione di una
personalità vera e propria, capace di distinguere, anche fra il bene ed il
male, e perciò passibile di sbagliare, peccare e meritarsi una punizione.
Forse era destino che il passaggio da uno stato animale incontaminato dai
dubbi della coscienza sia stato avvertito dall'umanità come una caduta, una
perdita irrimediabile, e che, probabilmente, attraversata una fase
"adolescenziale" in cui impulso naturale e ragione si equilibravano, l'uomo
sia arrivato al giorno d'oggi avendo sviluppato troppa razionalità a
detrimento del suo animo; come del resto è probabile che, se pur su tempi
lunghissimi, se avrà la possibilità di viverli, egli debba tornare a vivere,
questa volta coscientemente, la verità che è in lui, con un nuovo, antico,
padrone al posto di quello che è la logica nel mondo odierno, quella
funzione intuitiva che dovrà però essere integrata nella coscienza (forse
allora sarà meglio chiamarla amica che padrona). Tutto lo scritto non parla
che della progressiva caduta nei fraintendimenti del mondo delle distinzioni
e del scaturire da esso dei nuovi valori: possesso, ricchezza, dominio al
posto di quelli del cuore: amore, comprensione umana, tolleranza che nel
periodo descritto erano però ancora inconsci, o meglio, non definiti,
semplicemente vissuti (e qui si capisca come sia assurdo invocarli, andare a
ricercarli, senza voler cambiare, senza affidarsi alla propria interiorità).
XXI
La grande Virtù, quale si manifesta,
è solo l'esteriorizzazione del Principio,
ma la sostanza del Principio
è indifferenziata e inafferrabile.
Indifferenziata e inafferrabile
essa contiene i semi (gli archetipi, i modelli, le idee platoniche).
Misterioso ed incomprensibile
esso contiene le esistenze formali.
Profondo e nascosto
esso contiene le essenze (gli spiriti?).
Come tale è la grande Realtà,
la sede sicura di tutti gli esseri.
Dall'origine sino al presente
non muta il suo nome.
Da lui procede il principio animatore di ogni cosa.
Quale è il fondamento di tale conoscenza?
Questo.
Commento:
Il capitolo inizia con l'affermare
che rispetto al Tao anche la virtù che emana e che è così vissuta da chi si
trova in armonia con il Principio, ne è solo una emanazione; come del resto
anche la stessa funzione creatrice che nel Taoismo ha caratteristiche
femminili, per analogia con la sua funzione; poi asserisce la
inconoscibilità dell'ente primo. Tutto questo può andare bene per
avvicinarsi debolmente alla vera comprensione, ma è ancora imperfetto e fa
distinzione fra un principio ed il creato che da lui procede, come se
fossero diversi (attenzione: nemmeno uguali, per chi lo sa intuire, ma anche
quest'ultima affermazione è ancora assurda, meglio parlare di stato di
talità, o, più preferibilmente, non dire altro che Dharma). Bello il finale
che riscatta il resto del paragrafo, invita a vedere, constatare
direttamente la realtà e la fa balzare letteralmente fuori dalle righe per
colpire direttamente le menti di chi possieda almeno un po' d'intuito
spirituale; anche se spero che questa sia una buona traduzione, non troppo
adattata rispetto ad altre tradizioni forse conosciute dal traduttore,
perché questa affermazione finale sa già molto di Zen; in questo campo, cioè
quello delle trasposizioni dalle lingue orientali, così indefinite e
complesse, è facile trovare cattive trascrizioni o scritti piegati al senso
di quel che ha già in mente il loro curatore.
Da:
http://members.xoom.virgilio.it/_XOOM/zardoz65/Vari/Tao.html
TORNA SU
|