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di Reno Bromuro
Siamo agli albori dell’ottavo secolo d. C. in Oriente vivono l'età dell'oro
tanto della poesia come della pittura cinese.
Molti poeti della dinastia del “T'ang” sono anche pittori. Infatti, leggendo le
loro poesie sembra di vederne i quadri. La calligrafia,
considerata la terza arte, fa da ponte alle altre
due rendendo i confini vaghi e intrecciati.
Spesso, i soggetti delle loro opere sono presi in
prestito dai poeti Han, specialmente nei caratteri politici; e i nomi veri dei
personaggi contemporanei sono sostituiti, per prudenza.
Intanto ci guadagna la “forma” che si perfeziona e
la metrica diventa sempre più rigorosa. Ogni parola occupa il posto assegnato
nel giuoco dei paralleli, per contrasto o per
analogia; es.:
“La stufa calda è rapida
nell'accendersi”, oppure
Questo tipo di poesia è chiamato tuttora
“moderno”, in contrasto con quello antico, più libero nella forma. “Tipo del
poeta T'ang (afferma la cronaca del tempo) è il funzionario
malgré lui esiliato in una remota provincia per la
sua troppa onestà - che comprende tutta la futilità della vita di corte ma in
certo modo ne sente la nostalgia, a causa degli amici lontani - che aspira alla
libertà, per potersi ritirare nei monti e per suonare
l’arpa e soprattutto per bere in compagnia degli amici”.
Le poesie d'amore
sono poche e quasi tutte allegoriche, come ad
esempio: “Canzone della donna fedele”
di Tchang Tsi, vissuto dal 765 all’830. Il poeta compose questa poesia per dire
il suo rifiuto a Li Che-tao, potente governatore militare del Tong-p’ing che
pensava alla ribellione e allettato dalla fama del poeta lo invitava a far parte
del suo seguito; ma questi gli risponde per le rime con la canzone che
segue:
“Voi lo sapete che sono maritata,
ma mi offrite due perle rilucenti. Dal vostro
delicato amor commossa
Io le sospendo sopra la mia veste
Di seta rossa. (…)”
Moltissime, invece, sono le poesie che esaltano
l'amicizia.
Il più grande poeta di questo periodo è
considerato Li Po (701-762), vissuto appunto
alla corte Tang, la cui opera si caratterizza per un senso drammatico che nega
il modello confuciano di letterato.
Certamente è anche il poeta cinese più conosciuto
in Europa e il più tradotto. Visse in uno dei periodi più cruenti della storia
cinese, “durante una guerra nella quale morirono trenta milioni di uomini”; ma
nei suoi versi riesce a starne lontano, “colla
testa appoggiata a un guanciale di nuvole azzurre”, per dirla con lui.
Da questo momento, con Li Po, appunto, inizia e si
sviluppa nel tempo quella corrente poetica “anticonfuciana”, che trova il suo
sbocco naturale nel “Taoismo”, come vedremo più avanti.
Fino al III secolo a. C. fiorirono numerosissime
scuole di pensiero, si dice fossero più di cento, ma le più importanti sono le
stesse sopravvissute fino a noi la confuciana, o iu; la taoista, la moista.
Ovviamente la più conosciuta è la scuola
filosofica che ha il suo maggior esponente in Confucio, nato nello Stato di Lu
(odierno Shantung) in una piccola città di cui suo padre era governatore.
Viaggiò a lungo per insegnare la sua dottrina; secondo cui: occorre ispirarsi ai
modelli tradizionali. Egli, infatti, non si presenta come un innovatore, non
lascia opere scritte, ma illustra con il suo insegnamento i riti, la
letteratura, la musica della tradizione. Al centro della sua dottrina è il
problema del rapporto fra governo e popolo. “I governanti – egli afferma -
devono essere di buon esempio per il popolo ed essere scelti fra gli uomini più
integri e di alta moralità; in tal modo governeranno più con l'esempio
che con le leggi, poiché il cattivo governante rende priva d’efficacia
qualsiasi legge”.
Il principio fondamentale per Confucio è lo
jen, l'altruismo, espresso dalla formula "Non fare
agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te".
Era convinto che da questo principio discendono
tutte le virtù e il rispetto delle gerarchie, in
particolare di quelle familiari.
Confucio attribuisce grande importanza alle
cerimonie pubbliche e ai riti religiosi, convinto che siano utili anche per chi
non vi aderisce con la fede, giacché esprimono pubblicamente e coralmente la
pratica dello jen. Afferma che “L'uomo
può giungere, con lo studio e con una condotta virtuosa, a migliorare se stesso
fino a rasentare la santità: ciò migliorerà i suoi rapporti col popolo e lo
aiuterà a governare”.
I suoi insegnamenti, infatti, sono rivolti agli
aristocratici e ai potenti della società cinese del tempo, e non al popolo,
incapace d'intendere le ragioni dell'azione. Il secondo grande pensatore di
questa scuola è Mencio, vissuto nella seconda metà del IV sec. a. C.
Un'altra importante scuola filosofica, la taoista,
ha per testo fondamentale un'opera intitolata Tao Tè Ching, (II libro del tuo e
del te), forse composta nel V secolo a.C.
Non abbiamo notizie certe sulla sua nascita né sul
presunto autore che ne ha divulgato l’idea: Lao Tzu. L'opera si presenta in
forma di brevissimi e oscuri aforismi, di difficile interpretazione: il Tao Te
Ching si contrappone a Confucio sia nel disprezzo per le convenzioni sociali sia
nel maggior peso dato alla metafisica.
I due principi yin e yang che sono considerati
modi dell'unico tao, di cui si possono predicare solo attributi negativi in
conoscibili e indefinibili. Il Tao possiede un'energia o potenza detta te, con
cui trae da sé tutte le forme della realtà. Questa dottrina afferma che tutto è
in perenne divenire fra i poli opposti della vita e della morte. Nell'uomo è
innata la legge morale che coincide con quella naturale: dunque occorre non
tanto imporsi dei doveri cui adeguare la volontà, ma vivere secondo una
spontaneità d'azione che proviene dagli impulsi naturali, senza affaticarsi
invano in una vita artificiosa. La virtù non è attività che agisce verso
l'esterno, come per Confucio, ma è rinuncia, umiltà, assenza di passioni.
Chuang Chou o Chuang Tzu (vissuto fra il IV e il
II secolo a. C.) approfondisce e illustra le dottrine taoiste; in particolare
sostiene che la vita è una trasformazione continua di cui non si può fissare
alcuna fase.
La scuola filosofica ispirata al Tao, sorta
durante la dinastia dei Chou presenta due aspetti, o meglio due momenti della
sua evoluzione. Il primo fu detto Tao fìlosofìco (Taochia), e si sviluppò fra il
V ed il III secolo a. C. all'epoca della grande fioritura di scuole di pensiero
in Cina. Il Tao è rappresentato essenzialmente da
tre nomi di famosi filosofi:
il semi leggendario Lao Tzù, filosofo cinese vissuto all'incirca al tempo
di Confucio, che impostò la sua dottrina più sull'etica e sul comportamento, che
sulla metafisica. In sostanza affermava: “Tutti gli esseri umani devono
conformarsi in tutto e per tutto alla via voluta dal tao universale che fa da
guida a ogni creatura”.
Chuang-tzu, come
abbiamo accennato, è stato uno dei massimi esponenti della scuola taoista; della
sua vita si sa poco, eccezion fatta per alcuni aneddoti; uno dei quali narra che
“Chuang-tzu avrebbe rifiutato l'invito a divenir ministro del sovrano
di Ch’u, perché preferiva la sua libertà piuttosto
che diventar schiavo di un despota”. E’ considerato uno scrittore brillante, il
più acuto pensatore della Cina; a lui si deve l'opera che va sotto il suo nome,
Chuangtzu, in cui esercita la sua ironia soprattutto contro il confucianesimo.
Nella sua opera l'individualismo taoista, cioè il te è colma di scetticismo
esasperato, come si legge nel noto episodio in cui “Chuang-tzu che si ridesta
dopo aver sognato una farfalla e non sa se questa sia la realtà o se egli sia
una farfalla che sta sognando di essere Chuang-tzu”.
Lieh-tzu (Il libro del
Maestro Lieh) è una delle tre opere fondamentali del taoismo e a questa
triade sono attribuite alcune fra le più originali e indicative opere
filosofiche letterarie dell'antica Cina.
Il secondo momento è quello
del taoismo religioso, o taoismo popolare (Yang
Chu), che fa la sua prima comparsa con la dinastia degli Han Posteriori,
verso il I e il III secolo d. C., in occasione della rivolta dei Turbanti Gialli
del 184 d. C., organizzata dalle comunità taoiste sparse per l'Impero.
Il Taoismo va inteso sotto due aspetti, ambedue
chiari e scritti con semplicità elementare proprio perché rivolto a tutti.
Nel primo aspetto, detto principio, il Tao afferma
che dal principio derivano due opposti yin e yang e tutte le creature
dell’universo; l’uomo deve tendere al miglioramento del proprio io mediante
l’isolamento della vita sociale, praticando la non azione, cioè non deve agire,
e cercare di raggiungere l’immortalità. Per il raggiungimento di quest'ultima
i vari autori taoisti
sono discordi fra loro e si moltiplicano perciò le
pratiche dietetiche, alchimistiche ed igieniche
ritenute necessario a tal fine.
Nel secondo aspetto: il taoismo esalta il pensiero
sistematico religioso si organizza regolarmente come Chiesa solo dopo l'arrivo
in Cina del buddismo, religione straniera, e proprio sul modello della Chiesa
buddista. Con questo presupposto e per la divulgazione del pensiero religioso
sono state pubblicate molte opere ispirate alle sacre scritture taoiste, il
Tao-tsang (Tesoro del Tao), che comprende circa 1500 opere diverse, è raccolto e
pubblicato ad imitazione del canone buddista del Tipitaka.
Se il taoismo predica l'isolamento dalla vita
sociale e le necessità di appartarsi dal mondo, vede anche la necessità di una
Chiesa e di un clero ben organizzati secondo una particolare gerarchia, al
vertice della quale ritroviamo, già nella prima metà del V sec. d. C., la
massima autorità spirituale, che è stata talvolta impropriamente definita come
il “papa taoista": si tratta del Maestro del Cielo (T'ienshih); l'attuale "papa
taoista" è il 63° della serie. Poiché nel taoismo, sono andati confluendo tutti coloro che si sentono più inclini al misticismo ed alla credenza in fatti irrazionali e che si curano maggiormente della morale individuale che dell'etica sociale, col passare dei secoli tale religione è andata degenerando facilmente, discostandosi da quello che era stato l'insegnamento originario dei primi maestri. L'immortalità è confusa con il prolungamento della vita fisica ed è andata accentuandosi la ricerca di formule alchimistiche o magiche e la credenza nel sovrannaturale. Il declino del taoismo, avvenuto contemporaneamente a quello del buddismo ha portato, in Cina, al sorgere di una religione popolare moderna (XIV-XIX sec. d. C.), ovverosia a un singolare sincretismo religioso, in cui personaggi ed elementi del taoismo coesistono a lato di quelli buddisti e confuciani.
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