Lalla Arifa: una santa tra sufismo e shivaismo

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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Lalla Arifa: una santa tra sufismo e shivaismo


 

1. LA STORIA DI LALLA ARIFA 2. LALLA SHAMA-E-KASHMIR E LO YOGA

3. LALLA MADRE E IL SUFISMO


1. LA STORIA DI LALLA ARIFA 



Lalla Arifa per i Musulmani, Lalleshwari per gli Indù, Lalla Ded (Lalla Madre), o semplicemente Lalla, la si può chiamare in molti modi, non è solamente la poetessa del Medioevo che ha colpito il cuore del popolo del Kashmir, ma è il simbolo più popolare e più potente dell’ethos regionale. Mentre i suoi detti continuano ad abbagliarci per l’incandescenza della sua luce, il ruolo di pacificatrice e di leader spirituale che ebbe nelle crisi insorte tra la fede Islamica e l’Induista, non deve essere sottovalutato. In entrambi i casi, il suo intervento ha assicurato la continuità della tradizione culturale indigena del Kashmir, salvandola dal collasso politico e sociale dopo l’avvento dell’Islam nella regione.

Nel Kashmir e nel resto dell’India, la metà del 14 secolo fu un periodo di fermento religioso e morale. Il Buddismo era stato sostituito nella vallata dall’Islam, e l’esistenza di preti buddisti e di vihara (conventi) era solamente un ricordo menzionato dal Rajatarangini (libro storico dell'India del XII sec). Alcuni buddisti occupavano ancora posizioni di rilievo nella società Musulmana, come ad esempio Tilakacharya, che era un ministro del Sultano Zain-ul-Abidin (1420-70). La maggior parte dei teologi e dei santi buddisti non si trovarono a loro agio nel Kashmir Musulmano e decisero di partire per il Ladakh ed il Tibet. Il lungo periodo d’instabilità politica che seguì al regno pacifico ed illuminato di Avantivarman (855-83 d.C.), fu responsabile della sclerotizzazione della religione predominante, lo Shivaismo, ridotto in una serie di elaborati e complicati riti che dominavano la vita sociale e culturale. Anche lo Shaktismo, nato dall’amore per Durga, era degenerato in riti e cerimoniali grotteschi. Il Vaishnavismo non era un elemento decisivo nel tessuto religioso della Valle, ma nell’undicesimo secolo fu nutrito ulteriormente dagli insegnamenti di Ramanuja, il quale attraversando tutta l’India da Madras fino al Kashmir, lottò contro lo Shivaismo alla sua stessa fonte. 

Dopo la distruzione di numerosi templi ed immagini dei Re Indù come Harsha, operata da Musulmani, gli Indù si ritirarono ad adorare Svayambhu isolatamente, nelle case o nei luoghi naturali (le immagini, le pietre, i ghiacciai e l’avvento della primavera). 

(Svayambhu è un termine sanscrito metafisico e filosofico che significa l'essere auto-esistente. È un appellativo di Brahman, “Colui che esiste di per sé”, il Creatore primordiale, ricordato come “Colui che aprì la finestra dei sensi verso l'esterno”. Svayambhuva è anche il nome del primo Manu. È lo Spirito Universale, lo Svabhavat nel suo aspetto più elevato)

Il Sanscrito divenne la lingua di pochi dotti, l’uomo comune adottò una forma di lingua Pracrita che conservava gli elementi essenziali, ma era divenuta diversa dal “Linguaggio degli Dei”. 

In questo tormentato periodo d’incertezza politica e di cambiamento dei valori sociali, la gente del Kashmir fu soggetta all’impatto dell’Islam. Lo stretto contatto tra le due religioni e la loro influenza reciproca evolvette nel movimento dei Riformatori Medievali o dei Mistici.

Per più di duecento anni l’Islam è stato influenzato nell’Asia Centrale e in Persia, sia dagli insegnamenti e dai dogmi del Buddismo Mahayana sia dalla filosofia delle Upanishad, le quali dettero luogo alla comparsa del culto dei mistici Musulmani. Fortunatamente, la nuova religione fu trasmessa nella vallata in questa forma da Sufi illuminati come Hazrat (il Rispettabile) Bulbul Shah. Quest’approccio umanistico della religione fu accettato prontamente dal popolo Kashmiro, già predisposto agli insegnamenti dei Santi mistici e dei Veggenti.

Durante questo periodo di fermento religioso si era sentito il bisogno di un approccio nuovo alla religione, improntata più sul cuore che sulla testa, il cui fine fosse di abbracciare contemporaneamente tutte le fedi e le caste ereditate dalla precedente religione. Grazie alla sua ricca tradizione religiosa e filosofica, il Kashmir risorse generando un gran numero di mistici e di santi, il cui insegnamento fondato sull’abnegazione, li rese le incarnazioni viventi della vera religione e della moralità. 

Il più importante tra i mistici e i Veggenti fu Lalla Arifa, popolarmente conosciuta come Lal Ded (Lalla Madre). Il suo pensiero modificò profondamente la vita dei suoi contemporanei. Le parole di Lalla Arifa riecheggiano ancora nelle orecchie dei Musulmani del Kashmir così come le corde del suo cuore. Le sue massime sono recitate alla giusta occasione. 

La vita di Lalleshwari è avvolta nel mistero e nella leggenda. Le sue prime biografie risalgono a cronisti Musulmani Iraniani molti anni dopo la sua morte. Si crede che nacque nel villaggio di Sampora, presso Srinagar, nel 1335 dopo Cristo, in una famiglia di Pandit del Kashmir, al tempo del Sultano Ala-ud-din. I genitori di Lalla vissero a Pandrenthan (il villaggio dell’antico tempio di Puranadhisthana), una località a quattro miglia e mezzo da Srinagar. Com’era consuetudine locale, si sposò giovanissima ad un prete Bramino del tempio del villaggio di Padmanpora, l’attuale Pampore. Lalla fu maltrattata crudelmente dalla suocera, ed il marito invidioso dei suoi conseguimenti spirituali e della sua crescente popolarità, la costrinse ad andar via di casa. Vagò per la giungla, completamente nuda, vivendo austeramente e meditando.

Un proverbio Kashmiro ricorda questa tragedia:

“Che sia uccisa una pecora grande o piccola, Lalla ha per cena sempre una pietra “ — un’allusione all’abitudine di sua suocera di porre sul piatto una pietra bitorzoluta coperta sottilmente con del riso per farlo apparire abbondante. — Lalla Ded non mormorava mai.

Suo suocero scoprì accidentalmente la verità. Restò contrariato e sgridò la moglie. Questo incidente procurò maggiori sofferenze a Lalla. La suocera avvelenò le orecchie di suo figlio con ogni genere di dicerie. Le difficoltà familiari e le crudeltà subite indussero Lalla alla rinuncia della mondanità e alla scoperta della vita spirituale. 

Lalla Madre trovò il suo Guru in Sidh Srikanth che le fece conseguire traguardi spirituali eccelsi:

Gav Tsatha guras Khasithay
Tyuth var ditam Diva

Il discepolo sorpassò il Guru
Dio mi accordi un favore simile 

Lalla Arifa proseguì i suoi studi di Yoga sotto Sidh Srikanth finché raggiunse il livello di “Madre che dimora nella beatitudine del nettare divino” (Mata Amritanandamayi o in arabo Umm Hawd ma' al-hayat. La definizione araba fu coniata nell’anno 1210 nel Bengala). Lalla non si fermò qui. Attorno a lei vi era caos e subbuglio. Il popolo del Kashmir ebbe bisogno della sua guida. Aveva una missione da compiere. Lo faceva bene e con ottimi risultati. La vita e le parole di Lalla Ded alla fine modellarono il carattere del popolo Kashmiri preparandolo ad una tradizione d’amore e di tolleranza che dura fino ad oggi. 

Dopo anni trascorsi da eremita, divenne una predicatrice errante. La conduzione di una vita ascetica e austera, il suo abbigliamento misero e la mancanza d’ogni agio, costituirono il modello dei suoi insegnamenti per le masse. Alla pari della principessa e poetessa indiana Mira o Mirabai (India settentrionale, 1516-?) che dedicò la sua vita interamente al dio Krishna, vagando e poetando da un tempio all'altro, anch’Ella cantò le lodi a Shiva, il grande Amato, e migliaia dei suoi seguaci, Indù e Musulmani, impararono a memoria i suoi famosi vakyas (detti dei saggi).

Lo stato di nudità di Lalla rappresenta un alto insegnamento morale. Si narra che una banda di giovani attaccabrighe si stava beffando del suo stato di nudità. Un parco venditore di stoffa intervenne e li punì. Al che chiese al venditore due pezzi di stoffa ordinaria di pari peso. Li mise uno per spalla e continuò a vagare nello stato adamitico. Cammin facendo alcuni la salutavano, altri la beffeggiavano. Ad ogni saluto faceva un nodo alla stoffa del lato destro, ad ogni burla lo faceva alla stoffa del lato sinistro. Alla fine della serata, restituì i pezzi di stoffa al venditore e li fece pesare. Naturalmente, quei tessuti non avevano guadagnato o perso niente con quei nodi, né in peso, né in valore. Lalla Arifa condusse a casa sua il venditore ed i discepoli. Spiegò che con quella sceneggiata intendeva dimostrare che l’equilibrio mentale non deve essere turbato da nessun tipo di comportamento, sia amichevole sia ostile.

In questo modo gli insegnamenti e le esperienze spirituali raggiunsero le masse, in un linguaggio consono alla loro cultura. Gettò così le fondamenta della ricca e folclorica letteratura Kashmiri. Più del trenta percento degli idiomi e dei proverbi del Kashmir provengono dai suoi Vakyas o detti.

Questi Vakyas sono un misto di filosofia Yoga e di Shivaismo, sono l’espressione del più alto pensiero e delle verità spirituali più sublimi, scrupolose, appropriate e soavi. Attualmente le sue quartine sono più difficile da comprendere a causa dell’evoluzione e dei cambiamenti della lingua Kashmiri, ciononostante i riferimenti a termini specifici dello Yoga e della sua filosofia sono numerosissimi.

Alcuni di questi detti sono stati raccolti e pubblicati da Dr. Grierson, Dr. Barnett, Sir Richard Temple e Pandit Anand Koul. Essi spiegano la filosofia Shivaita del Kashmir col linguaggio popolare, esemplificandone la sintesi culturale.

Gli insegnamenti di Lalla sono comuni a tutte le filosofie religiose: i riferimenti al Vaishnavismo, il gran concorrente dello Shivaismo, sono numerosi; la sua disciplina è memore delle dottrine e dei metodi dei Sufi Musulmani che le furono anteriori; i suoi precetti trovano delle analogie nella Bibbia dei Cristiani che è conosciuta in India da millenni.

Lalla non crede alle opere buone né in questa vita, né nelle precedenti, dubita sull’utilità dei pellegrinaggi o sulla rigorosità della disciplina religiosa. Alcuni dei suoi detti criticano la vacuità dei riti religiosi: 

Dio non vuole meditazioni e austerità
Solo con l’amore puoi raggiungere la Dimora della Beatitudine.
Tu puoi essere smarrito come sale in acqua
È ancora difficile per Te conoscere Dio.

La meditazione di Lalla Yogishvari integrando le tecniche del Sufismo e dello Yoga aggiungeva un grado di espansione. Sono come due direzioni di un viaggio, raffigurabili con la croce, che ha il braccio perpendicolare e quello orizzontale. La linea perpendicolare mostra un progresso rettilineo interiore, da Nasut a Jabarut, ossia l’esperienza del mondo proprio personale dentro di sé; ma quel che la linea orizzontale denota è espansione.

Ogni attività, per essere efficace, non deve essere intrapresa a fini di lucro e deve essere dedicata solo a Lui. Esortò i suoi seguaci a seguire gli ideali dell’amore e dell’altruismo in maniera disinteressata, senza cercare lodi o disapprovazioni. A tal fine poetò:

Lasciateli deridermi o confortarmi;
Lasciate che dicano ciò che vogliono;
Lasciate alle persone buone officiarmi con dei fiori;
Che cosa possono ottenere dalla mia purezza?

Se il mondo vocifera che sono malata
Il mio cuore non dà asilo a nessun rancore:
Se sono una vera adoratrice di Dio
Può la cenere lasciare un’onta sullo specchio?

Criticò fortemente la stupidità idolatrica e supplicò gli adoratori dei tronchi e delle pietre di volgersi alle dottrine Yogiche ed alla pratica dei suoi esercizi per il conseguimento della salvezza:

L’idolo è di pietra, il tempio è di roccia;
Sopra (il tempio) e sotto (l’idolo) sono uno;
Chi di loro appassisce la tua adorazione, oh sciocco Pandit?
Unisci mente e Anima!

Rimproverò i fanatici seguaci delle cosiddette religioni nei seguenti termini:

Oh senno! Perché t’intossichi a spese altrui? 
Perché prendi lucciole per lanterne?
La tua poca comprensione ti ha attaccato ad un’altra religione; 
Sei soggiogato dal viavai; alla nascita e alla morte.

Lalla non fu una bigotta. Predicava in lungo e in largo delle dottrine eclettiche e fu testimone delle seguenti istanze:

“Non è per niente importante come il Supremo sia chiamato. Egli è ancora il Supremo.”

“Sii tutto per l’umanità.”

“Il Santo vero serve tutta la specie umana con la sua umiltà e con la sua gentilezza amorevole.”

“Non è importante ciò che sia un uomo o quale lavoro svolga nella vita, purché veda il Supremo completamente.”

Per Lalla Arifa nulla vale se non è conforme alla dottrina Yogica e alla sua pratica, di cui uno degli scopi è la distruzione delle opere, sia buone sia cattive. 

“Quando la veracità è completa, lo Yogi diventa il punto focale per il Karma che risulta da tutte le azioni, buone o cattive.”

(YOGA SUTRA, Testo Indù del secondo secolo dopo Cristo attribuito a Patanjali)

L’aspirante deve tentare sempre più di perfezionarsi in questa vita. Gli occorre solo fede e perseveranza. La poesia di Lalla Madre riassume i principi dello Shivaismo e del Sufismo Islamico. Lo Shivaismo, culla del Tantrismo, è una religione che trae ispirazione dalla natura stessa, esso ha trovato in India un fertile terreno di espressione e di conservazione, benché non esista alcuna prova che il suo luogo d'origine sia stato l'India attuale, perché ne vediamo comparire quasi simultaneamente in varie parti del modo i riti e i simboli.

Shiva tende una rete raffinata colla quale 
permea le confusioni mortali. 
Se mentre vivi non puoi vedere, 
come può vederti Lui quando muori? 
Porta fuori l’Io dalla personalità dopo aver ponderato.

Credette fermamente in sé stessa. Divenne famosa per la saggezza e per la preziosità dei suoi detti, i quali descrivono sovente la sua vita e confermano che raggiunse la Liberazione:

Io vidi e trovai che sono dappertutto
Vidi Dio risplendente ovunque.
Dopo l’udienza e la pausa vidi Shiva
La Casa è solo Sua; chi sono io Lalla.

L’obiettivo principale della sua missione era la rimozione della confusione che predicatori zelanti avevano innestato nella mente e nello spirito delle masse. Avendo realizzato la Verità Assoluta, insegnò che tutte le religioni si propongono di raggiungere la stessa meta.

Shiv chuy thali thali rozan;
Mo zan Hindu to Musalman.
Truk ay chuk pan panun parzanav,
Soy chay Sahivas sati zaniy zan.

Shiva pervade ogni luogo e ogni cosa;
Non c’è differenza tra un Indù e un Musulmano.
Tu che sei intelligente riconosci il tuo Io;
Quella è la vera conoscenza di Dio. 


La grandezza di Lalla sta nel saper spiegare l’essenza delle sue esperienze realizzate durante le sessioni di Yoga in un linguaggio comprensibile per l’uomo comune. Ha mostrato in maniera chiarissima l’evoluzione dell’essere umano, la teoria del Nada-Brahman (il suono del Brahman, il suono primordiale che pervade l'universo), le preoccupazioni e le sofferenze di Jiva (l’anima individuale, l’Io soggettivo) e il metodo per scacciarli. 
 

“O uomini, invero la vostra ribellione è contro voi stessi, [avrete] gioia effimera nella vita terrena” (Corano, 10:23)

I differenti livelli dello Yoga col risveglio della Kundalini e le esperienze delle sei ruote (i cakra) sono stati spiegati esaurientemente da Lalla Arifa.

In verità, molto può essere proferito sulla sua poesia e più ancora sul suo lavoro nel Reame dello spirito. Nel momento in cui il mondo soffriva per le vicissitudini sociali, politiche ed economiche, i suoi sforzi miravano a rimuovere le differenze tra gli uomini.

La cultura, il pensiero e le congregazioni spirituali fondate da Lalla, sintetizzavano la filosofia non dualista Shivaita e il Sufismo Islamico. Durante il tredicesimo secolo predicò la non violenza, visse semplicemente animata da alti ideali che la fecero chiamare Lalla Arifa dai Musulmani e Lalleshwari dagli Indù.

Lalla Madre divenne la prima della lunga lista dei Santi appartenenti a quel misticismo Medievale che avvolse successivamente l’intera India. Si deve ricordare che l’insegnamento di Ramananda e dei suoi successori non la toccò minimamente, poiché il pensiero di Ramananda fiorì tra il 1400 e il 1470, mentre Kabir cantava i suoi Dohas (distici) tra il 1440 e il 1518 e Guru Nanak tra il 1469 e il 1538. Tulsidasa non appare sulla scena fino al 1532, mentre Mira prosperò più tardi.

2. LALLA SHAMA-E-KASHMIR E LO YOGA

(È interessante osservare che i mistici del Kashmir designino Lalla con un termine indicante degli esercizi di yoga in lingue geograficamente contigue: shamm in Arabo significa anche respirare (il prana); shama in urdu, in persiano e Shamha in arabo significa la luce della candela che è in relazione al Trataka dell’Hatha Yoga; Shama in sanscrito e Shiné in tibetano significa pace o pacificazione mentale)

Lalla Arifa fu una figura controversa. Per gli Indù è una reincarnazione, mentre per i Musulmani è una mistica perfetta. Gli Indù affermano che il suo nome era Lal Ishwari, nacque da genitori Indù ed era sempre assorta in meditazione a lodare Dio. I Musulmani ritengono che Lalla fosse avversa alla religione Indù, che si fosse convertita all’Islam sotto Seyyed Husain Samnani, ed ebbe in antipatia Pandit e Bramini. Ebbe vari nomi in Kashmir: Lal Vaid, Lalla-Ji e Lalla-Ishwari. Della sua luce ne beneficiarono gli Indù e i Musulmani. Entrambi la amano e la rispettano. Lalla Arifa si abbandonò alle meraviglie dello spirito, camminò nuda, lottò contro le sue passioni e rinunciò al mondo. I suoi insegnamenti ispirarono migliaia di persone. Era un'anima benedetta e potrebbe intenerire l'uomo più duro di cuore. Lalla Arifa era una poetessa e cantò la beatitudine spirituale e divina.

Fin dall’infanzia Lalla Arifa fu incline alle problematiche spirituali riguardanti la natura e non s’interessò mai di questioni mondane. Il Pandit Shri Kanth, era un mistico ed uno Yogi di rango elevato, nonché insegnante di famiglia, essendosi accorto delle virtù spirituali della ragazza decise di istruirla sotto la sua responsabilità. 
Si sposò giovanissima al figlio illetterato del proprietario terriero del villaggio di Pampore. Apparentemente compiva i doveri familiari, ma internamente si dedicava alla meditazione e alla conoscenza interiore. Questo comportò la trascuratezza della casa e le lamentele che ricevette da sua suocera e da suo marito. Sua suocera la trattò male. Le serviva dei piatti con dei sassi ricoperti finemente di riso cotto. Lalla Arifa mangiava quel poco di riso senza lamentarsi. 

Un giorno Lalla Arifa trasportava una brocca piena d’acqua sulla testa. Suo marito colpì la brocca col bastone dalla rabbia. La brocca si ruppe, ma l’acqua rimase compatta e non precipitò al suolo. Lalla Madre ritornò a casa e riuscì a riempire tutte le pentole vuote. L’acqua rimanente la gettò fuori in una selva da dove sgorgò una sorgente. L'episodio la rese tanto famosa che folle immense si recarono in pellegrinaggio a visitarla. In seguito, rinunciò alla casa e alla vita coniugale dedicandosi interamente alla preghiera e alla meditazione. Lodava sempre Dio recitando i suoi versi con un basso timbro di voce nella lingua Kashmiri.

Non deve meravigliarci che durante l'estasi mistica Lalla vagava nuda per la foresta e nei centri abitati. Una volta mentre stava attraversando un mercato, alla vista di un Santo rimase terrificata ed esclamò: “Qui c’è un uomo! Devo coprirmi!”. Corse verso una panetteria e saltò nel forno ardente. La gente gridò che Lalla era stata arsa viva. Il santo arrivò nella panetteria e le chiese di uscire dal forno. Lalla Arifa balzò all’esterno vestita con un lungo camicione e con uno scialle armoniosamente colorato avvolto sulle spalle.
 

Così il fratello Musulmano Frithjof Schuon, spiega il mistero della nudità sacra di Lalla Arifa:

“La nudità Sacra, che ha un ruolo importante non solo per gli Indù ma anche per gli indiani d’America, si basa su una corrispondenza analogica tra “l’esterno” e “l’intimo”: il corpo è allora considerato il “cuore esteriorizzato”, e il cuore per sua parte “assorbe” per così dire la proiezione corporea, “gli estremi si incontrano”. In India si dice che la nudità favorisca l’irradiazione di influenze spirituali, e anche che la nudità femminile in particolare manifesta Lakshmi e, di conseguenza, ha un effetto benefico sull’ambiente. In senso assolutamente generale, la nudità esprime, e potenzialmente attualizza, un ritorno all’essenza, all’origine, all’archetipo, e quindi allo stato celestiale. “Ed è per questo che danzo nuda”, come disse Lalla Yogishvari, la grande santa del Kashmir, dopo aver trovato il Sé divino nel suo cuore. Di sicuro c’è un’ambiguità de facto nella nudità, a causa della natura passionale dell’uomo. Ma non c’è soltanto la natura passionale, c’è anche il dono di contemplazione che lo neutralizza, come è appunto il caso della “nudità sacra”. Analogamente, non vi è soltanto la seduzione dell’apparenza, vi è anche la trasparenza metafisica dei fenomeni che ci permette di percepire l’essenza archetipa attraverso l’esperienza sensoriale. Quando San Nonnos vide Santa Pelagia entrare nuda nella fonte battesimale, lodò Dio per aver riposto nella bellezza umana non solo un motivo di peccato, ma anche un motivo di ascesa verso Dio.”

(Frithjof Schuon, Il Sole Piumato, Edizioni mediterranee, Roma, 2000)

I casi di nudità sacra non sono rari tra i Musulmani e gli Indù del Subcontinente Indiano. 

“Muhammad Said Sarmad (?-1659) era nato in una famiglia di Kashan (Iran), si convertì all’Islam seguendo i corsi del grande filosofo persiano Mullah Sadra Shirazi e di Mirza Funduruski. Giunse in India nel 1632. Sapeva a memoria i testi sacri Ebraici, Cristiani e Musulmani: uomo di grande cultura, era molto apprezzato da Dara Shukoh. In numerose liriche e con applauditi discorsi incoraggiò un Sufismo forse anche eccessivamente libero (giunse al punto di abbandonare ogni indumento per essere più consono alla “Realtà Suprema” che nudo l’aveva creato).”

(Gabriele Mandel, Storia del Sufismo, pag 191, Edizioni Rusconi, 1995)

Va detto che secondo la Scienza Iniziatica, la nudità sacra è praticabile solo da chi possiede un’aura protettrice così potente da potersi difendere dagli attacchi dei demoni. Affinché un atto sacro non si trasformi in un crimine, la Shariat, la Legge Islamica, ha preventivato gli abusi sconsiderati e delittuosi di tale pratica.

“E di alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle…” (Corano, 24:31)

“O voi che credete, vi chiedano il permesso [di entrare] i vostri servi e quelli che ancora sono impuberi, in tre momenti [del giorno]: prima dell'orazione dell'alba, quando vi spogliate dei vostri abiti a mezzogiorno e dopo l'orazione della notte. Questi sono tre momenti di nudità (‘haurat) per voi. A parte ciò, non ci sarà alcun male né per voi né per loro se andrete e verrete gli uni presso gli altri. Così Allah vi spiega i segni, e Allah è sapiente, saggio. 

E quando i vostri figli raggiungono la pubertà, chiedano il permesso [di entrare], come fanno quelli che prima di loro [la raggiunsero] . Così Allah vi spiega Suoi segni, Allah è sapiente, saggio. 

Quanto alle donne in menopausa, che non sperano più di sposarsi, non avranno colpa alcuna se abbandoneranno i loro vestiti (thiabahunna), senza peraltro mettersi in mostra; ma se saranno pudiche, meglio sarà per loro. Allah è Colui che tutto ascolta e conosce.” (Corano, 24:58-60) 

3. LALLA MADRE E IL SUFISMO

Sotto Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani, il Rishismo, inteso come movimento sociale e riformatore, sembra aver giocato un ruolo cruciale nel ricusare gli status ed i ruoli assegnati precedentemente alle donne, accordandole nuovi spazi per contrastare l’eccessivo stato di subordinazione. Hazrat Nuru-d-Din Nurani ebbe numerosi discepoli di sesso femminile. Alcune di esse divennero delle insegnanti di misticismo. Ancor più affascinante è il coinvolgimento delle donne nel movimento dei Musulmani Rishi. Secondo la credenza popolare, il primo maestro di Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani fu Lalla Madre (Lal Ded).

L’importanza del ruolo delle donne nel movimento iniziato da Hazrat Nuru-d-Din Nurani è dovuta a Lalla Arifa, la cui influenza è ritenuta decisiva sul suo sviluppo spirituale.

Sul Maestro spirituale di Lalla Ded non si hanno informazioni sicure, ma la tradizione locale ritiene che sia stata iniziata da parecchi Santi Sufi venuti a predicare nel Kashmir la religione Islamica. Una fonte afferma che incontrò il famoso Hazrat Jalaluddin Bukhari Makhdum Jahaniyan Jahangasht (deceduto 1308 d.C.) che la convertì all’Islam e la introdusse al Sufismo. Viaggiarono insieme in lungo e in largo per tutto il Kashmir. Hazrat (il Rispettabile) Jalaluddin Bukhari apparteneva ad un ramo della confraternita Sufi Sohrawardia. Nacque a Bukhara, ma la sua famiglia decise di stabilirsi a Bhakkar, nel Panjab occidentale. Fu discepolo di Hazrat Bahauddin Zakariya di Multan, anch’egli appartenente alla Sohrawardia, e sotto la sua influenza divenne un grande studioso di Scienze Islamiche. Si sostiene che Lalla Arifa abbia anche ricevuto l’insegnamento di Hazrat (il Rispettabile) Mir Sayyed Hussain Simnani, e di suo cugino, Hazrat Mir Seyyed Ali Hamdani. L’incontro tra Lalla Madre e Hazrat Mir Seyyed Ali Hamdani, è citato molte volte nelle cronache Medievali Persiane e negli archivi dei Sufi del Kashmir. La storia narra che fin dal loro primo incontro, la Yogi Lalla errava già completamente nuda. 

I Sufi riportano un racconto leggermente diverso dagli Indù a riguardo della nudità di Lalla Arifa:

“Un giorno, mentre stava attraversando il mercato, vide da lontano Hazrat Mir Seyyed Ali Hamdani, e non trovando altro luogo per nascondersi dal suo sguardo, saltò in un forno di argilla refrattaria acceso (in urdu Tandur). Il panettiere temendo di essere arrestato per la sua morte, chiuse prontamente il forno con un coperchio di ferro pesante. Il racconto riferisce che Lalla Madre (Lal Ded) uscì miracolosamente illesa e completamente vestita dal forno quando Hazrat Mir Sayyed Ali Hamdani alzò il coperchio. Alla richiesta di spiegazione per il suo strano comportamento, Lalla Arifa rispose che fino a quel momento non aveva visto ancora un vero uomo di Dio in tutto il Kashmir, e così non aveva sentito il bisogno di portare indosso dei vestiti. Ma adesso, trovandosi dinanzi ad un Seyyed (un discendente del Profeta) che può essere considerato un vero uomo di Dio, si sentì obbligata di comportarsi diversamente.” 

La veridicità di questa storia è discutibile, l’unica cosa certa è che le pratiche e le credenze religiose di Lalla subirono un cambiamento radicale a contatto con Hazrat Mir Sayyed Ali Hamdani e con gli altri Sufi. 

Kaul R. N. scrisse che dopo il loro primo incontro, Lalla Yogishvari e Hazrat Mir Seyyed Ali Hamdani, si rividero in molte altre occasioni.

Gli archivi Medievali dei Sufi Persiani ci informano che Lalla Madre (Lal Ded) ebbe un ruolo centrale nello sviluppo spirituale di Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani, e potrebbe essere considerata il suo primo insegnante. Secondo Gauhar, Lalla Ded nominò Hazrat Nuru-d-Din Nurani suo erede spirituale. Baba Ali Raina (970 dell’Egira), scrisse nel “Tazkirat-ul 'Arifin” (La menzione degli gnostici), che Lal Ded prese come suo Maestro spirituale (murshid-e-khas in lingua urdu) Hazrat Mir Sayyed Hussain Simnani, mentre quest’ultimo si recava in viaggio al villaggio di Kaimuh per incontrare una sua discepola, Sadra Mauj, la madre del futuro Hazrat Nuru-d-Din Nurani. In quest’occasione, Sadra Mauj, fu affidata alle cure di Lalla Arifa, la quale iniziò ad istruire il bambino mentre si trovava ancora nell'utero della madre. Secondo un’altra fonte, Hazrat (il Rispettabile) Mir Sayyed Ali Hamdani ebbe una visione del Profeta Muhammad, la pace sia su di Lui, mentre si trovava a Medina. Il Messaggero di Allah lo informava di ritornare nel Kashmir e di incontrarsi con Hazrat Nuru-d-Din Nurani che sarebbe presto nato. Quando arrivò in Kashmir, incontrò Lalla Ded a Anantnag (Islamabad) e andò con lei a Kaimuh per vedere Hazrat Nuru-d-Din Nurani. Dopo aver benedetto il nascituro, si raccomandò con Lal Ded di prendersi cura di lui.

La leggenda racconta che Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani rifiutò di bere il latte materno durante i primi tre giorni di nascita. Allora Lalla Ded sgridò amorevolmente il neonato: 

“Oh Nuru-d-Din! Non ti sei vergognato di venire al mondo, perché adesso provi soggezione a bere il latte materno?” A queste parole, il lattante accostò le labbra al seno di Lalla Yogishvari e bevve il suo latte. 

Un’altra fonte riporta che Lalla Arifa disse: 

“Oh Nuru-d-Din! Bevi il latte della saggezza gnostica (ma'rifat) perché senza di essa non c’è gioia! Hai dimenticato che quando il Profeta Abramo (Ibrahim) costruì la Ka’aba, lo aiutasti mentre io trasportavo il fango sulla testa?”. 

Hazrat Nuru-d-Din Nurani si intenerì e bevve il suo latte. Il latte di Lalla Ded fu per Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani un tesoro spirituale. Shri Abdul Rashid Nazki afferma che questo latte gli aprì gli occhi dello spirito. Wani sostiene che alimentandosi col latte, Lalla Ded gli trasferì la ricchezza della conoscenza gnostica (‘ilm-e-‘irfan).

Hazrat (Il rispettabile) Nuru-d-Din Nurani aveva ventidue anni quando nel 1400 dell’era Cristiana, Lal Ded esalò il suo ultimo respiro. Aveva trascorso quasi tutta la giovinezza in sua compagnia. In suo onore, le dedicò i seguenti versetti mistici:

Quella Lalla di Padmanpore
da cui ho bevuto completamente il nettare
fu un nostro avatar
Oh Dio, accordami lo stesso potere spirituale.

Lalla ha bevuto pienamente alla fontana dell'immortalità 
Testimoniò l’onnipotente gloria di Shiva
Da questo momento, adoriamola 
dai più profondi recessi dei nostri cuori 
Si ritagliò da sola l’immagine dell’Incarnazione Divina
Oh Divina Trascendenza, accordami la Tua grazia!

Lalla Arifa predicò un semplice monoteismo etico, combatté le ineguaglianze sociali, criticò le superstizioni insignificanti e rituali sfidando l'oppressione dei Brahmini. Pose l’accento sull’unità del genere umano, il quale trascende le differenze di casta e di religione:

Shiva pervade ogni luogo e ogni cosa;
Non c’è differenza tra un Indù e un Musulmano.
Tu che sei intelligente riconosci il tuo Io;
Quella è la vera conoscenza di Dio. 

È indubitabile che gli insegnamenti di Lalla Yogishvari influenzarono il pensiero e lo sviluppo spirituale di Hazrat Nuru-d-Din Nurani. Il loro pensiero è così imparentato che leggendo le rispettive poesie non è possibile risalire esattamente all’autore. In numerose cronache sono accidentalmente confusi. Anche se Lalla Madre utilizza concetti Shivaiti nella sua poesia, mentre nei versi di Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din abbondano i termini Sufici, entrambi condivisero lo stesso obiettivo. Il loro percorso fu il medesimo, ed è per questa ragione che sia gli Indù sia i Musulmani, hanno di loro una stima immensa. 

Gli studiosi sono divisi sul credo religioso di Lalla Madre. Alcuni scrittori hanno cercato di ritrarla come una mistica Shivaita Indù, il cui collegamento coi Sufi fu superficiale, se non inesistente. Questa è la ricostruzione storica degli attuali Indù, mentre nei primi rendiconti Medievali i Pandit Kashmiri sono stranamente silenziosi sulla sua vera personalità. Questo dato indica che Lalla Yogishvari fu reputata dagli stessi sacerdoti Induisti estranea alla squallida società Brahminica. Gli scrittori Indù la ignorarono completamente fino al diciannovesimo secolo, e fu Birbal Kachru (1819-46) a recuperarne il simbolo in ambito Induista. Al contrario, gli scrittori Musulmani del Kashmir la citarono continuamente riservandole titoli onorifici come Lalla Arifa (Lalla la Gnostica), Lalla Madjzuba (Lalla l’Estatica) e Rabi'a-e-Sani (la Seconda Rabi'a). Dato che numerosi riferimenti storici attestano che Hazrat Sayyed Hussain Simnani, Hazrat Jalaluddin Bukhari Makhdum Jahaniyan Jahangasht o Hazrat Mir Sayyed Ali Hamdani furono le sue guide spirituali, è molto probabile che Lalla Madre sia stata influenzata profondamente dal Sufismo. Comunque stiano le cose, Lalla Yogishvari è oggi rispettata sia dagli Indù sia dai Musulmani del Kashmir, a prescindere dalla sua vera confessione religiosa.

La vita e la morte di Lalla Yogishvari sono avvolte nel mistero. Secondo i racconti popolari, Lalla Ded morì nell’anno 1400 dell’era Cristiana presso la moschea Jami'a della città di Bijbehara. Il corpo non fu mai trovato dai suoi seguaci, al suo posto rinvennero delle cataste di fiori. Per gli Indù il suo corpo fu dato alle fiamme, per i Musulmani fu sepolto. 

Avendo Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani ricevuto l’iniziazione spirituale da Lalla Arifa, dette inizio ad una nuova tradizione Sufica. Accettò le donne discepolo riservando degli spazi fino allora chiusi al gentil sesso. Il Brahmanesimo classico aveva sbarrato le porte alle donne sanyasa (l'asceta errante che ha rinunciato a tutto). Molto probabilmente Lalla Ded fu perseguitata dalla classe sacerdotale come una rivoluzionaria, apportatrice di un messaggio di riforma sociale che ribaltava il ruolo della donna negli affari religiosi.

Le cronache Medievali riferiscono che ci furono molte donne tra i discepoli di Hazrat (il Rispettabile) Nuru-d-Din Nurani come Shama Bibi, Bahat Bibi, Dahat Bibi, Data Bibi, Ganga Bibi e Sala Bibi, tutte grandi ascete. C'erano probabilmente molto più donne nella cerchia dei suoi discepoli, ma i loro nomi si sono persi nei secoli.
 

Bibliografia
 

1. Koshur Samachar, Lalleshwari, Forerunner of Medieval Mystics, Kashmiri Saints and Sages
2. Shama-e-Kashmir Lalla Arifa, Myasa Sufi India.
3. Yoginder Sikand, The Muslim Rishis of Kashmir, Qalandar, Islam and Interfaith Relations in South Asia
4. Frithjof Schuon, Il Sole Piumato, Edizioni mediterranee, Roma, 2000
5. Gabriele Mandel, Storia del Sufismo, pag 191, Edizioni Rusconi, 1995
6. (A.Daniélou "Shiva e Dioniso", Ubaldini Editore, Roma, 1980)

 

Da: http://www.tradizionesacra.it/lalla_arifa_una_santa_tra_sufismo_e_shivaismo.htm

 

 

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