Una vita senza storia (Eric Baret)

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Una vita senza storia (Eric Baret)


 

3ème Millénarie n. 47 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

D. In questi anni, non si vive in un sogno doloroso?

R. Tutti i sogni sono dolorosi.

D: Ma c’è la felicità che esiste nel sogno, come c’è la pena…

R: Certo, è questo che è doloroso. Ma la natura del sogno, è il risveglio; il sogno è inscritto nel risveglio. Il sogno è lì per…

D: E’ sostenuto dall’ego…

R: No, è sostenuto dalla bellezza. L’ego non può sostenere nulla; non può nemmeno sostenere se stesso!

D: Non sostiene il dolore!

R: Nemmeno. Il dolore è un regalo degli angeli perché vi rendiate conto che siete senza dolore. Non c’è ego. E’ un’immagine come un’altra. La sofferenza, la difficoltà, il cataclisma, è la bellezza che cerca se stessa, è la gioia che cerca se stessa. E’ ciò che può arrivare di più profondo e che si rifiuta ,costantemente, perché questo disturba l’immagine che si ha di sé, che si dovrebbe essere liberi da quello, che non dovrebbe più essere come quello. Allora si respingono tutti questi aiuti costanti, che sono i soli mezzi di liberarsi in profondità. E’ un pò come una tragica farsa: si sta costantemente dicendo no a ciò che può mostrarci i nostri limiti, per vivere in una immagine ipotetica di saggezza, di libertà. Allora non ci si vuole vedere nella paura, nella gelosia, nell’incertezza, soprattutto non ci si rende conto che non si sa nulla, che non ci si può fare niente. Quindi si rimandano sempre queste opportunità, per vivere in una immagine spirituale, per meditare, per come questo o quello, essere liberi da questo o da quello. Ma, un giorno, ci si rende conto del meccanismo; allora c’è cambiamento. Non si cerca di diventare alcunché, di evitare alcunché. E’ la fine di ogni insegnamento spirituale, è l’inizio della via spirituale. Non si possono avere le due cose insieme.

D: Ma quando uno è cristallizzato, come in una paura, o qualche altro stato, quale sarebbe il mezzo migliore per aiutare questa persona a uscire da questo torpore?

R: Bisogna prima accettarlo. Quando si vive nella paura, è del tutto giustificato: tutta la sua vita, tutto il suo passato, tutte le sue caratteristiche portano a vivere nella paura. Bisogna rispettarlo. Dal momento in cui vi affiancate a questa persona senza volerla liberare da questa paura, state con lei in modo umile, cioè senza sapere, senza intenzione, senza immagine. In un’assenza di intenzione, non state più utilizzando le vostre capacità: altre competenze vi arrivano. Sono delle capacità cosmiche. Allora, in questi momenti di umiltà, dove non volete niente, probabilmente qualcosa sta accadendo. L’immagine, la pretesa del vostro amico di essere in questo dramma, nell’assenza di immagine si sta sgretolando.

La modalità qualche volta può essere diversa, certamente, ma cosa potete fare di più? Si deve dapprima rendesi conto che si ha bisogno di ciò che arriva; non è mai per caso. La vita, la morte, la sofferenza, lo sconforto sono ciò che educa, non c’è niente da evitare.

Quando siete liberi dalla vostra pretesa di soffrire, siete un polo positivo per l’ambiente. Questo non impedisce l’attività esteriore: forse nel vostro ascolto l’ invierete da uno psicologo, uno psicanalista, un massaggiatore, un maestro spirituale, lo manderete in India, in Cina, o gli troverete una piccola amica, un ragazzo, un lavoro, poco importa. Ma questo avverrà prima di tutto dal profondo rispetto della situazione della persona, di non volerla liberare ad ogni costo. Rispettate la violenza, rispettate il trauma: è la prima cosa. Non è per caso; non è un piccolo errore di Dio riguardo a questa persona, che dovete rettificare. Dal presentimento della profonda giustizia della situazione, dal fatto di non pretendere, verrà la vostra disponibilità, là ci sarà ciò che si può chiamare un aiuto. Non è un aiuto di voiverso la persona perché non ci siete voi. E’ un aiuto per gli altri rendersi conto che la persona crede di essere nata, di morire, che crede di gioire quando i figli si sposano, di rattristarsi quando la moglie lo infastidisce ecc.

Un giorno, si renderà conto che sapeva da sempre che quelle cose là non lo riguardavano affatto; erano delle immagini. E’ per attaccamento al mondo che ha seguito il movimento, che ha imparato a rallegrarsi di questo, a rattristarsi di quello. Ma l’essere umano non ci crede mai veramente. Ha sempre in lui il presentimento che tutte queste cose sono in effetti in superficie. Tutti gli esseri umani lo sanno. E’ per questo che alcuni diventano pazzi: quando il peso dell’immagine diventa troppo forte e al tempo stesso sentono che quelle cose là alla fine non esistono. Ma non vi si può dire quale aiuto concreto offrire: dipende dal momento. Può essere con la maggiore tenerezza o  con la più grande violenza; non ci sono regole. L’amore non ha limiti nelle sue espressioni.

D: In Canada, si dice che avete un dono di guarigione. Cosa fate con questo?

R:E’ un’immagine come un’altra. Non c’è un dono di guarigione, perché non c’è niente da guarire. E’ solo un fantasma credere che c’è qualcosa da guarire. La salute è perfetta. La malattia è un prolungamento della salute, la salute che si cerca. Cosa vuol dire un dono di guarigione? Sarebbe un insulto agli dei. Ciò che nasce, ciò che muore, segue il suo corpo. Non c’è nessuno che possa intervenire in quel campo.

D: A proposito della malattia mentale, ho sentito e letto che le persone che sentono delle voci, che hanno delle allucinazioni visive o uditive, che sentono Satana o il Messia, sarebbero in risonanza con energie negative e che effettivamente sentono le voci. Non so se avete già…

R: Sentito delle voci? Sicuro! Ma non voglio entrare in queste storie…

D: Oggi si trattano con dei farmaci…

R: Penso che questo sia giustificato. La intuizione di non essere niente cerca di farsi sentire nell’essere umano. Ma le nostre società moderne sono forse meno aperte a questo presentimento. In Oriente ci si poteva comportare in modo più esotico, fino a un certo punto, senza andare in un ospedale psichiatrico. Ma questo non è nemmeno una via d’uscita. Non si deve aver paura della violenza. Non bisogna aver paura dell’immagine di se stessi; è quella la grande violenza. Certo, ci sono esseri che nascono senza la capacità di affrontare la vita di tutti i giorni. Bisogna, nella misura del possibile, ridurre questo antagonismo. Certi farmaci riducono la sensibilità di certe parti,  la sensibilità a certi conflitti. Non è la soluzione, ma a volte è appropriato. Bisogna a volte prendere farmaci, se ce ne sono. Ma il farmaco non cura; può portare a una forma di pacificazione momentanea. Affrontare l’argomento della psichiatria richiederebbe tutta una discussione e forse è un po’ troppo tardi oggi. Ciò che importa, è non ascoltare la propria voce; tutte le altre voci sono benvenute. Ma la maggioranza ascolta la propria voce; è questo che crea la sofferenza. Se non dite più niente, potete sentire tutte le altre voci,è meraviglioso. Ma anzitutto non bisogna dirsi più niente. La maggior parte degli esseri, lungo tutta la giornata, si racconta la propria storia: le loro vittorie gloriose del passato e i suoi inevitabili insuccessi del futuro; ma è la stessa cosa. Si sta sempre parlando. La gente si parla, è sorprendente!

In certi paesi, la gente non solo si parla, ma in più si guarda. Entrate in una casa, e avete sempre un mobile con quarantacinque foto dei proprietari della casa: piccole, grandi, in tutte le stagioni dell’anno, al servizio militare, al matrimonio, al battesimo, e altri riti satanici, in belle cornici generalmente in argento, spesso in forma di cuore; è sorprendente! Queste persone hanno bisogno di guardarsi in tutte le tappe della vita; la gente si parla al mattino, si dice buongiorno quando si sveglia. C’è una grandissima paura. E’ quella voce lì che deve tacere. Ma quando sentite Maria Maddalena, Napoleone, o Hitler che vi parlano, non è un problema.

D: Se ho ben capito, la fine dell’insegnamento spirituale è l’accettazione di tutto ciò che è, è la fine della pretesa di essere qualcuno.

R: Assolutamente! E’la fine del divenire. L’insegnamento spirituale è sempre in un divenire, sempre. C’è sempre un’intenzione d’arrivare; non può esserci niente di spirituale lì dentro.

D: Anche per il saggio questa pretesa è sempre lì, ma c’è accettazione completa della realtà che si presenta. Vero? Dunque l’ego c’è sempre…

R: No. L’ego è un pensiero, non c’è se non quando è pensato. Quando date un colpo di martello su un ginocchio, dov’è il vostro ego? Non c’è ego. Non potete avere due pensieri alla volta.

D: Ma il riflesso…

R: Ogni riflesso è ancorato alla biologia. E’ per questo che in Oriente sono spesso utilizzati degli annessi allo yoga, perché si è constatato che la tendenza egotica, la pretesa, è inscritta nelle cellule. Anche quando vi liberate completamente da questa pretesa, direi che c’è ancora come un tic biologico. Quando vostra moglie vi dice che il vostro vicino è un buonissimo amante, c’è il tic biologico della reazione, anche se vi sapete libero da ogni donna. E’ per questo che si è elaborato, in Oriente, un certo numero di tecniche per partecipare alla liberazione della struttura corporea di queste reazioni. Non è un mezzo per liberarsene, ma direi che vi partecipa. Avete compreso profondamente qualcosa e state per applicare questa comprensione sul piano corporale. Avete compreso che non dovete avere paura, ma la paura è ancora fissata nella gola, nelle spalle, nel ventre. Allora andate ad esplorare queste parti, perché vivono in armonia con la vostra convinzione profonda. C’è una certa corrente. Siete consapevolmente portati a questo.

Mentre camminate, vi trovate nell’intenzione, ma siccome avete profondamente la convinzione che non c’è niente da perseguire, che non c’è niente che possa spaventare nella vita, siete sempre più sensibili a queste contrazioni fisiologiche. Allora, a quel punto, potete essere chiamati, di tanto in tanto, a esplorare la vostra struttura fisiologica, a diventare intimo con queste reazioni, che però non cercate di togliere; diventate solo sempre più intimi, le accarezzate da tutte le parti, con i differenti movimenti, con i diversi ritmi respiratori e probabilmente queste contrazioni diventano inutili e si eliminano. Non è yoga, è l’attualizzazione sensoriale di una comprensione.

In Oriente, in ogni caso nella tradizione indiana, esiste un certo numero di elementi molto concreti in quel senso. E’ mettere la sensorialità in armonia con la propria convinzione. Non c’è uno scopo, non un’intenzione. Non è rilassandosi che ci si libera dalla paura; ma, quando profondamente avete visto che la paura non ha fondamento, allora, in quel momento, vedere in voi questa memoria, questa ideologia antica, è una purificazione; non è una purificazione per comprendere. Ma è il risultato di una comprensione.

 

 

Da: http://www.revue3emillenaire.com/it/?p=178

 

 

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