"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
Cade quest’anno il cinquantenario della morte di René Guénon.
La figura e l’opera del grande metafisico di Blois costituiscono dei termini di
riferimento ineludibili per chiunque si occupi di studi iniziatici, e sono a
destinate a esserlo sempre di più.
Il breve articolo che segue vuole tratteggiare alcune tematiche della sua opera,
cercando di porsi da un punto di vista che sia al di là delle adesioni
sentimentali come delle altrettanto superficiali negazioni. Sarebbe un’impresa
votata al fallimento quella di voler sintetizzare, nello spazio di una
brevissima trattazione, un’opera che già di per sé è quanto di più sintetico
abbia potuto essere prodotto nel campo dell’insegnamento tradizionale, restando
nell’ambito di una forma espositiva discorsiva. Quello che si può fare è di
indicare alcuni degli elementi che ne fanno un’opera unica, con la quale è
necessario confrontarsi qualsiasi sia la posizione che si assuma poi nei
confronti di essa nel suo complesso o delle varie tesi in cui si articola, tesi
e sottotesi legate comunque fra loro da una logica ferrea. Lasceremo
deliberatamente da parte alcuni importantissimi temi presenti nell’opera, il più
importante dei quali è quello dell’iniziazione e della trasmissione spirituale,
poiché per la loro vastità e delicatezza richiederebbero una trattazione a
parte.
L'epoca di formazione dell'opera
Qualche accenno è necessario fare alla temperie filosofica e
culturale dell’epoca in cui l’opera di Guénon fu elaborata. Guénon iniziò a
pubblicare i suoi libri ed articoli all’inizio del novecento, quando, se le
masse destinate ai massacri su scala industriale delle due guerre mondiali
venivano fatte crogiolare dalle classi dirigenti all’ombra delle confortanti
mitologie di un progressismo da ballo Excelsior., non era sfuggito agli
intellettuali più lucidi che il mondo moderno si era già avviato verso una crisi
irreversibile, di pensiero ed esistenziale.
Era l’epoca in cui il positivismo, la filosofia che aveva dominato il campo per
tutta la seconda metà dell’ottocento, e che aveva rappresentato il tentativo di
fondare un pensiero filosofico sui dati della scienza ottocentesca, con la
pretesa di occupare lo spazio lasciato vuoto da concezioni religioso-teologiche
ormai sclerotizzate e superate dai tempi, entrava in crisi insieme alle
concezioni scientifiche su cui si appoggiava, quelle della fisica newtoniana.
Una concezione "solidificata" della realtà corporea come quella che si era
affermata in occidente, prima col meccanicismo cartesiano, poi con il mondo
disegnato dalla mente di Newton, un mondo in cui le forze e gli enti del cosmo
venivano fatti ubbidire a schemi semplici, penetrabili con i mezzi della
matematica e della geometria settecentesca, secondo una tranquillizzante logica
deterministica (concezione deterministica del cosmo di Kant-Laplace) tramontava
definitivamente. Essa lasciava il posto alla concezione "smaterializzata" del
reale espressa dalle supposizioni astrattamente ardite, intrinsecamente e
mutuamente contraddittorie della fisica quantistica e relativistica, che evocava
un mondo percepito dalla mentalità comune e dagli stessi ricercatori
professionali come mosso da leggi ed energie arcane e misteriose. Nello stesso
periodo masse anonime di milioni di persone, mosse da leggi non meno
incomprensibili di quelle fisiche, venivano lanciate nel dramma della storia,
pronte ad ubbidire a personaggi carismatici apparsi sulla scena dal buio, e a
subire le fascinazioni e le paure suscitate da apprendisti stregoni, reali o
immaginari., operanti dietro le quinte. Era l’epoca in cui si andavano
elaborando le varie inquietanti teorie psicanalitiche, in cui si diffondeva
l’opera del filosofo Nietzsche - che apriva le porte al nichilismo - in cui
Kafka scriveva i suoi angoscianti racconti, in cui le avanguardie delle arti
musicali e visive operavano un processo di dissoluzione dei linguaggi artistici
. Il crollo delle certezze teoriche era parallelo a quello delle sicurezze
quotidiane in tutti i campi.
L'opera di Guénon e la filosofia
L’opera di Guénon si pose di fronte a questa temperie
dissolutiva delle certezze teoriche e pratiche che investiva pesantemente l’uomo
occidentale, riguardo alla quale si parla ormai, anche a livello di didattica
filosofica da scuole superiori, di "scacco della ragione e dissoluzione del
soggetto nell’uomo contemporaneo"1,
con un risoluto richiamo ai principi metafisici. Tale richiamo era però condotto
in modo da evitare ricadute in una prospettiva meramente teologico-religiosa, il
che pone il nostro autore in una posizione diversa sia dagli scrittori
tradizionalisti antimoderni, sia dai quei pensatori che, partendo da prospettive
teologiche, andavano cercando mediazioni col mondo moderno.
La filosofia moderna aveva con Cartesio preso la strada di porre al centro
d’ogni speculazione la prospettiva individuale, cioè l’individuo con le sue
percezioni legate prevalentemente alla coscienza corporea e allo psichismo
relativo ad questa. In ciò essa si era differenziata dalla filosofia antica (e
anche dai suoi sviluppi medioevali e rinascimentali), la quale partiva
"dall’alto", da principi universali di carattere metafisico, scendendo poi
"verso il basso", con lo sviluppo di questi ultimi sino alle applicazioni di
carattere individuale e sociale. Dalla prospettiva individuocentrica della
filosofia moderna erano scaturite le due correnti dominanti del razionalismo
critico illuminista (Kant), e dell’idealismo immanentista (Hegel), che avevano,
con le loro derivazioni, egemonizzato il pensiero occidentale fino all’inizio
del XX secolo; si affiancava ad esse una linea di pensiero più propriamente "scientista",
che sfociò nel positivismo.2
Guénon ribalta la prospettiva individuocentrica della filosofia moderna per
tornare a porre a fondamento dottrinale i principi metafisici, sviluppandoli, in
modo discendente, verso le applicazioni. Secondo la dottrina tradizionale,
esposta da Guénon nei suoi libri, il Principio -cioè l’Infinito, comprendente
Essere e Non-essere metafisico- è ciò che non a limiti e che è assolutamente
privo di determinazioni (condizionamenti); il suo simbolo più perfetto è lo zero3.
La prima determinazione dell’infinito è l’Essere, simbolizzato dall’uno.
L’Essere si polarizza in essenza e sostanza, rispettivamente polo attivo e
passivo dell’Essere stesso. Dall’influenza non agente dell’essenza sulla
sostanza origina tutta la manifestazione universale (o esistenza universale) nei
suoi aspetti spirituali, sottili e corporei. La dottrina tradizionale, quando
esposta in modo autentico e completo, non è né dualista, né monista o panteista:
essa è non-dualista, termine che traduce letteralmente quello sanscrito "adwaita"
del Vedanta.4
Importantissima è la distinzione posta da Guénon nell’opera "I principi del
calcolo infinitesimale" fra Infinito metafisico, l’assolutamente illimitato, e
l’indefinito, erroneamente designato anch’esso col termine di "infinito" nel
linguaggio corrente; quest’ultimo, che è simboleggiato dalla serie numerica, cui
è sempre possibile aggiungere un elemento (1+1+1+1+1+1…), in realtà è limitato e
sottoposto a condizioni ben precise, come, ad esempio, su un certo piano, quella
della quantità, di cui il numero è espressione. Questa distinzione fra infinito
metafisico e indefinito matematico comporta importantissime conseguenze a
livello dottrinale, in quanto rende impossibile che l’uomo individuale
condizionato possa unirsi all’Assoluto e identificarsi con esso espandendo
indefinitamente la propria individualità, come invece è implicito nella
prospettiva della filosofia idealistica5,
e pone altresì l’esigenza di sopprimere a tale fine l’individualità stessa,
almeno nelle sue manifestazioni inferiori dell’ambito formale, le quali fanno da
condizione limitativa . Tale problematica è espressa organicamente nel libro
fondamentale "I principi del calcolo infinitesimale".
René Guénon e il simbolismo
Ma l’opera di Guénon va al di là di considerazioni puramente
discorsive, e si pone soprattutto come un’opera sul simbolismo e di simbolismo,
in ciò qualificandosi come strettamente tradizionale. Per il metafisico francese
il simbolo, nella sua configurazione grafica e sonora, o ritualmente agito, è
qualcosa che, partendo da un’espressione sensibile, apre alla conoscenza delle
realtà intelligibili. La stessa indefinitezza del simbolo costituisce per esso
un vantaggio nei riguardi di altri strumenti di conoscenza, perché gli consente
di suggerire, più che non di definire, realtà di per sé stesse non contenibili
da qualsiasi definizione discorsiva. Il simbolo è prima di tutto un supporto per
la realizzazione interiore.
br> In una delle sue opere più importanti, "Il simbolismo della croce", Guénon
utilizza il simbolismo geometrico per insegnare come dal punto -simbolo
dell’Essere- si sviluppi la spirale nel piano -simbolo sul piano microcosmico di
un singolo stato dell’essere, come anche, su di un altro piano, di un grado
dell’"esistenza universale"- e l’elica nello spazio -simbolo macrocosmicamente
dell’"esistenza universale", comprendente tutti i singoli stati dell’essere
sovrapposti, in numero indefinito, e microcosmicamente dell’"Uomo Universale"6-.
Nell’opera guenoniana si passa, con una stretta logica di sviluppo, dal punto
alla spirale nel piano, all’elica-cilindro nello spazio, fino alla concezione,
difficile da immaginare, di una sfera non chiusa che pulsa dal punto
all’indefinito con un movimento di sistole e diastole. Tutti questi simboli, che
Guénon integra come forse nessuno prima di lui aveva mai fatto, sono
antichissimi e appartengono al patrimonio delle grandi tradizioni dell’umanità,
ma egli li ripropone appoggiandoli ad acquisizioni del sapere occidentale
moderno quali la geometria analitica cartesiana e il calcolo infinitesimale di
Newton e Leibnitz, e li rende così vividi e stringenti per la mentalità
occidentale moderna; allo stesso fine egli non esita a servirsi del linguaggio
della filosofia moderna, verso la quale comunque mantiene una posizione
fortemente critica.
Guènon utilizza il simbolismo del calcolo integrale per insegnare come
l’iniziato possa arrivare alla realizzazione iniziatica completa, e con essa
alla conoscenza suprema, non con la conoscenza analitica, che si protrae in modo
indefinito nei suoi piani che sono in numero indefinito, ma con un’unica
operazione sintetica di "integrazione" degli stessi. È proprio nell’importanza
data al simbolismo matematico-geometrico che va individuata la ragione profonda
del rivolgersi di Guénon, che alla massoneria appartenne, alla massoneria e ai
massoni, nel tentativo di renderli consci dell’alto retaggio simbolico e
tradizionale, di derivazione pitagorica, ancora in loro possesso. Da un certo
punto di vista, sebbene nei suoi riferimenti egli dimostri maggior familiarità
con l’aristotelismo e il tomismo che non con il platonismo e il neoplatonismo,
egli si situa in una corrente che, partendo da Pitagora e Platone, attraverso
Plotino e Proclo arriva fino a Niccolò da Cusa e Giordano Bruno.
René Guénon e l'Oriente
Tutta l’opera di René Guénon è permeata dall’idea dell’Oriente come luogo di
conservazione del deposito della conoscenza sacra nella sua integralità.
Ciò e da mettersi in relazione con tre piani concettuali rinvenibili in essa:
Il sopravvivere in oriente fino all’epoca in cui Guènon iniziava a
scrivere la sua opera di civiltà orientali sostanzialmente integre, anche se,
almeno sul piano esteriore, sclerotizzate. Alcune di queste, come quella
dell’impero cinese, erano ordinate sulla base di riferimenti tradizionali
completi, sia sul piano della metafisica sia su quello delle scienze
tradizionali e del modo di vita. A tali civiltà Guènon contrappone un
Occidente vitalisticamente strapotente grazie alla sua tecnologia e alle sue
capacità organizzative, ma ormai allontanatosi, salvo nicchie residuali, dalla
Tradizione.
Il concetto di "Tradizione Primordiale", la tradizione unica delle origini
di cui le grandi tradizioni storiche non sono che il riflesso e l’adattamento
contingente. Sembrerebbe di capire che, secondo l’autore, il deposito
integrale della "Tradizione Primordiale" debba essersi conservato segretamente
in Oriente, sebbene Guénon non sia esplicito su questo punto e non specifichi
in quale forma.
Il fatto che in occidente la tradizione dominante, il cristianesimo, oltre
ad essersi progressivamente allontanata da concezioni esoteriche ancora
presenti nel Medioevo –basti pensare alle figure di Dante e Meister Eckart-
fino a negarle, ha limitato il proprio orizzonte dottrinale all’ontologia,
cioè all’Essere, sottraendosi alla considerazione del Non –Essere,
metafisicamente superiore all’Essere. Nelle tradizioni orientali la concezione
dell’Assoluto privo di qualsiasi determinazione e comprendente Essere e Non
Essere (Brahma nirguna nell’Induismo) è chiaramente distinto da quella
dall’Essere, il Dio personale della teologia occidentale (Brahma saguna
dell’Induismo), che, come "essere uno", ha in sé la prima determinazione.
René Guénon e la storia
Rimane sullo sfondo di tutte le opere di Guénon quella che in
termini accademico-profani sarebbe chiamata una "filosofia della storia". Essa è
espressa compiutamente in due opere: né "La crisi del mondo moderno", ma
soprattutto né "Il regno della quantità e i segni dei tempi". In esse l’autore
aderisce alla concezione tradizionale secondo cui la storia si svolge in un
tempo ciclico e qualificato, non in quello lineare e omogeneo delle concezioni
illuministico-progressiste profane. Un tempo qualificato in cui l’umanità e lo
stesso cosmo partono da uno stato iniziale di pienezza spirituale e perfezione
per poi allontanarsene gradualmente fino ad arrivare ad una fase di quasi
completo oscuramento spirituale, la quale prelude al ripristino, completo ed
immediato, dello stato di perfezione originaria. Tale dottrina era conosciuta
anche dal mondo classico col mito esiodeo delle quattro età, che descrive il
passaggio dell’umanità dall’età dell’oro, caratterizzata della vicinanza
dell’uomo agli dei, attraverso l’età dell’argento e del bronzo fino alla cupa
età del ferro, in cui il poeta greco rimpiange di essere nato. Essa ha avuto la
sua formulazione più completa e matematicamente articolata nell’induismo.
Secondo le dottrine Indù, l’umanità attuale si trova nella fase finale
dell’ultima età del ciclo attuale, il Kali Yuga, corrispondente all’età del
ferro esiodea, caratterizzata dal titanismo e dallo scatenarsi di potenze
distruttive. Tale scatenamento è dovuto al manifestarsi, inevitabile in una
certa fase ciclica, di possibilità inferiori, le cui conseguenze, per quanto
terribili, rappresentano comunque degli squilibri parziali di un equilibrio
cosmico totale, rientrando a far parte di quello che massonicamente è il "Piano
del Grande Architetto dell’Universo". Il trascorrere ciclico, che
cosmologicamente si fonda su un allontanamento graduale dall’Essenza principiale
e su un sempre maggiore avvicinamento alla Sostanza, va di pari passo ad una
contrazione del tempo su se stesso. Alla fine del ciclo il processo di
solidificazione materialistica e di velocizzazione del tempo – processo che,
come "accelerazione della storia", sembra costatato anche dagli storici profani,
almeno sotto certi aspetti- lascerà luogo ad una fase di dissolvimento della
materia, che però non sarà la fine completa del mondo corporeo, e ad
un’arrestarsi del tempo: tali processi segneranno la fine del ciclo attuale e
l’inizio di quello successivo. Un simile processo di solidificazione e
dissoluzione ha una stretta corrispondenza col "solve e coagula" alchemico.
René Guénon fuori dai dogmi
Proprio il giudizio negativo che da Guénon del mondo moderno,
giudizio che, da punti di vista e con implicazioni diverse è condiviso da vari
autori di ben differente formazione rispetto al metafisico di Blois, come Oswald
Spengler7 e Julius Evola8, ma anche come i marxisti-eretici anti-illuministi
della "Scuola di Francoforte"9, ha costituito uno degli elementi che hanno reso
la sua opera conosciuta presso un pubblico abbastanza vasto.10
Purtroppo l’interpretazione unilaterale di Guénon come pensatore antimoderno e
tradizionalista ha condotto quasi tutti coloro che si sono pretesi interpreti e
continuatori della sua opera a scivolare verso un tradizionalismo del tutto
esteriore e privo di veri sbocchi intellettuali, come di vera profondità
iniziatica.
Molti "guenoniani", invece di porre delle solide basi per un lavoro esoterico
finalizzato alla realizzazione iniziatica attraverso un serio approfondimento
teorico dell’opera del metafisico francese e, più in generale, della dottrina
tradizionale, sono ricaduti in prospettive exoteriche che, di fatto, portano a
considerare e a vivere l’esoterismo come un prolungamento indefinito verso
l’alto dell’esperienza religiosa, mentre quest’ultima, in una prospettiva
corretta, dovrebbe essere un semplice punto d’appoggio, necessario ma
contingente e correlato soprattutto a necessità d’ordine individuale, famigliare
e sociale. In tale prospettiva ricadono anche quei massoni che vivono in chiave
sentimentale ed emotiva la propria via iniziatica come surrogato dell’esperienza
religiosa.
Guénon richiama quasi ossessivamente, nella sua opera, la necessità della
conoscenza teorica come premessa necessaria, anche se non sufficiente, della
realizzazione iniziatica. Così egli scrive nella metafisica orientale: "Non
abbiamo perciò nessuna difficoltà a riconoscere che non c’è comune misura tra la
realizzazione iniziatica e i mezzi che portano ad essa, o, se si preferisce, la
preparano. È questa la ragione per cui nessuno di questi mezzi è rigorosamente
necessario, d’una necessità assoluta; o per lo meno, non c’è che una sola
preparazione che sia veramente indispensabile, ed è la conoscenza teorica."11
Sono del tutto convinto che, in occidente, il mezzo più potente e rapido di
acquisire tale conoscenza teorica sia lo studio dell’opera di Guénon, a
condizione che in tale studio non ci si fermi a livelli di lettura superficiali,
ma si proceda a continui approfondimenti, sia "per linee interne" all’opera
stessa, sia mediante il suo continuo confronto di essa con i più elevati testi
tradizionali occidentali e orientali. Se ci si ferma a letture superficiali
dell’opera di Guénon, o si ricade in una prospettiva exoterizzante, la quale
potrà essere impegnativa quanto si vuole ma darà dei risultati che si situano al
livello che è proprio all’exoterismo, oppure ci si fossilizza in una lettura
dell’opera stessa in chiave non interpretativa e aperta, ma manualistica e
chiusa, il che farà incorrere negli stessi inconvenienti, legati all’insorgere
di una paralizzante chiusura dogmatica, che si manifestano in chi aderisce ai
sistemi filosofici moderni criticati da Guénon. per il quale "la metafisica pura
esclude ogni sistema... A ragione Leibniz affermava che "ogni sistema è vero in
quel che afferma e falso in ciò che nega" vale a dire, in fondo, che è tanto più
falso quanto più è strettamente limitato o, il che è lo stesso, più
sistematico."12
A distanza di cinquant’anni dalla morte di Guénon, il carattere di termine di
riferimento e di confronto, per chiunque si avvicini a studi di carattere
tradizionale, inerente alla sua opera, lungi dal diminuire, si va accentuando,
fino a fare di essa una vera pietra di paragone o, in alcuni casi, d’inciampo.
Tutto fa ritenere che tale rimarrà per molto tempo ancora.
1 - Così il titolo
di una interessante antologia filosofica per le scuole superiori curata da
Michele Marchetto per i tipi della ed. S.E.I.
2 - Per una
trattazione semplice e rigorosa di questi aspetti della storia della filosofia
vedi : Emanuele Severino, La filosofia dai greci al nostro tempo, 1995 R.C.S.,
da pag. 331.
3 - Plotino e tutti
gli autori metafisici occidentali e orientali da lui derivati simbolizzano con
l'Uno sia l'essere sia ciò che è sopra l'essere.
4 - Per tali
concezioni si rimanda al libro "L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta",
Adelphi ed. 5 -
Filosofia idealistica che, in modo più o meno evidente, influenza tutta l’opera
di Julius Evola, un autore che alcuni tenderebbero a porre, del tutto
indebitamente, nel novero degli studiosi tradizionali.
6 - Applicando il
simbolismo su un piano diverso il "macrocosmo" è assimilabile all’ "Uomo
universale" e il "microcosmo" all’ "uomo individuale"
7 - Vedi: O. Spengler,
Il tramonto dell’occidente, Longanesi ed.
8 - Vedi: J. Evola,
Rivolta contro il mondo moderno, Mediterranee ed.
9 - vedi: M.
Horkheimer e T.W. Adorno, Dialettica dell’Illuminismo, Einaudi ed., e anche
Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione, Einaudi ed.
10 -Si fonda su
queste tematiche dell’opera di Guénon il giudizio, peraltro unilaterale e
scarsamente approfondito, che da il politologo di formazione accademica Giorgio
Galli interpretando Guénon come autore esprimente concezioni di "elitismo"
politico in "Storia delle dottrine politiche", "Il Saggiatore" ed.
11 - R. G., La
metafisica orientale, pag. 28-29, Luni ed.
12 - R. G.
Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, pag. 104. Adelphi ed.