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Tra lepri ed esoteristi: a proposito di Louis Charbonneau-Lassay, René Guénon e la Fraternità del Paraclito Recensione di Massimo Introvigne
Due libri curati da PierLuigi Zoccatelli chiariscono i
rapporti fra lo studioso cattolico di simbolismo Louis Charbonneau-Lassay, la
Fraternità del Paraclito da lui diretta e l’esoterista francese René Guénon,
fornendo preziosi elementi per impostare il problema dei rapporti fra
cattolicesimo ed esoterismo e della possibilità di un "esoterismo cristiano".
PierLuigi Zoccatelli, senza dubbio il maggiore specialista della vita e dell’opera di Louis Charbonneau-Lassay (come dimostra la copiosa documentazione da lui raccolta e pubblicata sia per iscritto sia su Internet) [1], trae un bilancio di molti anni di studi sull’autore cattolico francese nell’opera Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet [2]. Il titolo – enigmatico come si conviene a un’opera sull’esoterismo – allude a un riferimento biblico alla lepre come ruminante [3]. Ma il simpatico animale tale non è, così come Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), normalmente definito "un esoterista", è forse in realtà qualche cosa d’altro. Certo, tutto dipende dalla definizione del termine "esoterismo", e l’autore saggiamente afferma di non volere risolvere in quest’opera annosi problemi di carattere terminologico. Tuttavia, il contributo che quest’opera può arrecare a una riflessione sul rapporto fra cristianesimo (più specificamente, cattolicesimo) ed esoterismo è notevolissimo. PierLuigi Zoccatelli esamina anzitutto le vicende relative alla collaborazione dell’esoterista francese René Guénon (1886-1951), favorita da Louis Charbonneau-Lassay, alla rivista cattolica Regnabit fondata dal padre Félix Anizan (1878-1944) [4]. Questa collaborazione si protrae dal 1925 al 1927, e i suoi frutti sono ora raccolti in un’opera, che esce contemporaneamente al Lièvre, curata dallo stesso Zoccatelli [5]. René Guénon, non cattolico, si lancia nell’impresa allo scopo, come scrive, di mostrare "[...] il perfetto accordo della tradizione cristiana con le altre forme della tradizione universale"[6]. I responsabili di Regnabit, certo lontani da René Guénon su molti punti, lo "arruolano" perché, nella battaglia – che sembra disperata – fra un cattolicesimo progressista e filomoderno trionfante e il cattolicesimo tradizionalista e antimoderno che la loro rivista rappresenta, sembra loro che ogni aiuto sia il benvenuto. La corrispondenza inedita fra René Guénon e Louis Charbonneau-Lassay che PierLuigi Zoccatelli pubblica nel Lièvre mostra tutte le difficoltà di un rapporto delicato, e le ragioni della sua rottura. Quest’ultima si colloca, certo, sullo sfondo di controversie fra padre Félix Anizan e diversi ambienti cattolici, e ha una delle sue cause nell’ostilità a René Guénon del mondo neo-scolastico francese. Ultimamente, però, anche gli amici cattolici più vicini a René Guénon si rendono conto che la sua è "una sorta di super-religione" [7] (l’espressione è di Olivier de Frémond – 1850-1940 – in una lettera a Louis Charbonneau-Lassay), ultimamente incompatibile con la fede cattolica. Lo stesso Louis Charbonneau-Lassay, con tutta la sua stima per l’esoterista francese, scriverà in una lettera inedita – ora pubblicata da PierLuigi Zoccatelli – a don André Gircourt (1907-1985), noto con lo pseudonimo letterario di "abbé Stéphane", che "la tesi di R. Guénon [comporta] una super-religione riservata a una élite di Iniziati che possono passare, senza inconveniente alcuno, da un culto all’altro" [8]. Dunque, scrive Louis Charbonneau-Lassay in questa lettera del 1946, "[...] la lettura di R. Guénon non è da consigliare ai giovani" che, partendo dalle "[...] cose di una giustezza incontestabile" che si trovano in qualche opera dell’esoterista francese, potrebbero essere indotti a "[...] leggere il resto delle sue opere, cosa che potrebbe condurli a deviazioni di spirito riprovevoli" [9]. Questa lettera, scritta nell’anno della morte di Louis Charbonneau-Lassay, sembra essere la sua parola finale su René Guénon (con buona pace delle frange paranoiche che, leggendo la storia culturale nei termini di un’unica grande "teoria del complotto", sospettano lo scrittore cattolico francese di avere perseguito subdolamente il fine di avviare i giovani cattolici al guénonismo). La seconda questione esaminata da PierLuigi Zoccatelli riguarda le sorti di una "società segreta" cattolica che Louis Charbonneau-Lassay aveva ricevuto, per così dire, in eredità dal canonico della cattedrale di Poitiers Théophile Barbot (1841-1927) nel 1926. Si tratta della Fraternità del Paraclito, già oggetto di precedenti studi di PierLuigi Zoccatelli [10] e di cui sono ora pubblicati un buon numero di documenti, che ne permettono un inquadramento tendenzialmente definitivo. È questo un ordine o confraternita di laici e sacerdoti cattolici a vocazione cavalleresca ("Fraternità dei Cavalieri del Divino Paraclito", spesso chiamata dai suoi membri semplicemente "il Paraclito") fondata fra il 1500 e il 1510 a Parigi e, fra alti e bassi, continuativamente esistita – almeno formalmente – fino alla trasmissione dal canonico Théophile Barbot a Louis Charbonneau-Lassay, nel 1926, e al ristabilimento della Fraternità "in tutte le sue funzioni" [11] per iniziativa di quest’ultimo nel 1938. La documentazione pubblicata da PierLuigi Zoccatelli non lascia dubbi sul fatto che il Paraclito fosse quello che affermava di essere: una confraternita cattolica mistico-cavalleresca, maschile e femminile, con specifici obblighi di preghiera e di meditazione. La spiritualità proposta dal Paraclito era certamente ortodossa dal punto di vista della fede cattolica, e le leggende secondo cui questa confraternita avrebbe praticato l’alchimia sia "di laboratorio" sia "interna" (dove l’alchimista usa come laboratorio il proprio corpo, in una serie di operazioni di magia sessuale) devono essere relegate – in assenza di prove che chi formula queste accuse omette di fornire fin dalle prime origini delle voci, oltre cinquanta anni fa – nella sfera delle semplici calunnie, come peraltro gli studi precedenti sull’argomento di PierLuigi Zoccatelli hanno documentalmente comprovato [12]. Organismo, per una serie di ragioni storiche, discreto, la natura di "società segreta" in senso tecnico del Paraclito è dubbia, e sproporzionato è il ruolo che avrebbe voluto fargli giocare l’ambiente esoterico che circondava René Guénon. Questo interesse è testimoniato da una lettera, pubblicata da PierLuigi Zoccatelli, di Marcel Clavelle (che firmava le sue opere come "Jean Reyor", 1905-1988), il quale riferisce – dopo la morte di Louis Charbonneau-Lassay – che, prima di "passare in islam" (seguendo l’esempio dello stesso René Guénon) nel 1943, aveva voluto "[...] tentare tutto quello che si poteva tentare dal lato cristiano" [13]. In questa chiave, saputo dall’amico Louis Charbonneau-Lassay del lascito del canonico Théophile Barbot, lo aveva incitato a "risvegliare" il Paraclito spiegandogli precisamente che "certuni fra quelli che seguivano René Guénon e che cercavano una iniziazione si erano decisi a entrare in islam perché non erano riusciti a trovare qualcosa in ambito cristiano" [14]. La soluzione del Paraclito non era peraltro risultata soddisfacente, per la mancanza nel Paraclito di "un metodo" [15]. Paradossalmente, notava Marcel Clavelle, il "metodo" era emerso dopo la morte di Louis Charbonneau-Lassay in un testo della Pentecoste 1947, La via paracletica [16], redatto dal successore dello studioso cattolico francese come responsabile del Paraclito, Georges-Auguste Thomas ("Georges Tamos", 1884-1966). Ma ormai era tardi per i guénoniani che avevano seguito il maestro "in islam". E del resto, nota PierLuigi Zoccatelli, il testo del 1947 testimonia semmai di una certa "guénonizzazione" del Paraclito [17] dopo la morte di Louis Charbonneau-Lassay, preludio a un suo coinvolgimento nelle controversie che dividevano l’ambiente guénoniano – in particolare a proposito di Frithjof Schuon (1907-1998) – e alla sua "messa in sonno" da parte di Georges Thomas nel 1951. Le affermazioni di Marcel Clavelle, che possono sembrare normali a un lettore immerso nelle controversie e nelle querelle fra esoteristi, sono invece enormi e paradossali se solo ci si mette in una prospettiva più ampia. Marcel Clavelle afferma infatti, partendo dalla nozione guénoniana di iniziazione, che nell’intero cristianesimo (moderno) non c’è (più) iniziazione, e che chi cerca nel ventesimo secolo un’iniziazione valida e "regolare" ha il dovere di abbandonare il cristianesimo (certo rimanendo libero, per dirla con Louis Charboneau-Lassay, di "passare da un culto all’altro") e rivolgersi altrove. L’unica organizzazione che avrebbe potuto salvare – ma non salvò – il cristianesimo moderno da questa sua tragica carenza sarebbe stato il Paraclito. La confraternita "trasmessa" dal canonico Théophile Barbot a Louis Charbonneau-Lassay si trova così caricata di un ruolo enorme, epocale che non sembra – dai documenti pubblicati – avere mai aspirato a svolgere: si sarebbe addirittura trattato dell’unica e ultima possibilità superstite di ricevere una valida "iniziazione" in ambito cristiano nel ventesimo secolo. Ma la tempesta scoppia tutta nel bicchier d’acqua del piccolo (anche se non piccolissimo, né culturalmente irrilevante) mondo degli amici di René Guénon, e sembra ampiamente collegata a un equivoco sulla parola "iniziazione" riferita al cristianesimo e in particolare alla Chiesa cattolica. Per la Chiesa l’"iniziazione", lungi dall’essere riservata a una "élite di Iniziati", è offerta a tutti tramite i sacramenti, in particolare il battesimo e la cresima. Quanto all’"approfondimento" di questa iniziazione, che ha come scopo la santità, un "metodo" non è a rigore necessario: può essere utile, ma non si trova certamente solo nel Paraclito. Quest’ultimo costituisce una organizzazione senza dubbio interessante, che però per secoli ha coesistito nella Chiesa con altre non meno interessate a promuovere la santità secondo lo stato di ciascun fedele: un ideale in vista del quale il sacramentale costituito da una cerimonia di iniziazione o di investitura non è certamente decisivo né cruciale. La ricerca di catene iniziatiche – come ha insegnato Antoine Faivre – è, del resto, una queste senza fine (che non definisce, di per sé, l’esoterismo) [18] e anche le catene che sembrano più salde si rivelano spesso non prive di qualche maglia spezzata. Per questo – anche se c’è da auspicare ulteriori lumi da PierLuigi Zoccatelli sul punto, magari in una prossima opera – sconsiglieremmo agli esoteristi, caduto l’alone mitico del Paraclito, di porre le loro speranze sull’altra organizzazione di cui il canonico Théophile Barbot aveva comunicato alcuni documenti a Louis Charbonneau-Lassay nel 1926, l’Estoile Internelle. È vero che in una lettera già nota, ripubblicata nel Lièvre, lo studioso cattolico francese scriveva che nell’Estoile Internelle si trovano "[...] depositi piuttosto sconvolgenti, o per essere più esatti piuttosto stupefacenti" [19]. Spesso riferita nell’immaginario esoterico contemporaneo a chissà quali segreti alchemici, questa frase sembra nel contesto fare allusione a interpretazioni simboliche del Graal, e in ogni caso i membri viventi della Estoile Internelle "[...] non sono mai stati e non saranno mai più di dodici" [20], dunque – come era chiaro allo stesso Marcel Clavelle – non è qui che si può facilmente postulare una "iniziazione". Come si è accennato, l’opera di Zoccatelli dichiara di non volere risolvere la vexata quaestio della possibilità di un esoterismo cristiano e, più specificamente, cattolico [21]. Il contrasto – pure non disgiunto di amicizia e rispetto – fra Louis Charbonneau-Lassay e René Guénon, e le differenze fra Paraclito originario e Paraclito "guénonizzato" offrono però importanti elementi per iniziare a rispondere a queste domande. Se per esoterismo si intende la ricerca, tramite una valida "iniziazione", di una "super-religione riservata a una élite di Iniziati", allora è evidente all’osservatore contemporaneo – come era evidente a Louis Charbonneau-Lassay – che un esoterista cattolico (e anche un esoterista cristiano) è una contradictio in adjecto, una "lepre che rumina". Se invece per esoterismo – muovendo da una nota distinzione proposta, ancora, da Antoine Faivre [22] – si intendesse non una dottrina ma un metodo, l’approfondimento di temi religiosi e filosofici (pre-esistenti, e non suscettibili di essere modificati dall’applicazione di tale metodo) attraverso lo studio e la meditazione dei simboli, allora l’"esoterismo" cristiano sarebbe una reale possibilità, forse perfino una necessità del mondo post-razionale postmoderno, e Charbonneau-Lassay ne sarebbe uno dei più eminenti maestri.
Massimo Introvigne
Note
Da: http://www.cesnur.org/testi/lepre.htm
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