"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
Come abbiamo fatto rilevare in più di un'occasione, fenomeni
simili possono derivare da cause completamente diverse; è per questo che di per
se stessi i fenomeni, i quali non sono che semplici apparenze esteriori, non
possono mai essere assunti come prove reali della verità di una dottrina o di
una qualsivoglia teoria, contrariamente alle illusioni che si fa in proposito lo
"sperimentalismo" moderno. Lo stesso si può dire per quel che riguarda le azioni
umane, le quali sono del resto anch'esse fenomeni di un certo genere: le stesse
azioni o, per parlare in modo più esatto, azioni esteriormente indiscernibili le
une dalle altre, possono corrispondere a intenzioni diversissime in coloro che
le compiono; e addirittura, in maniera più generale, due individui possono agire
in modo simile in quasi tutte le circostanze della loro vita pur ponendosi, per
regolare la loro condotta, da punti di vista che in realtà non hanno
praticamente nulla in comune. E’ naturale che un osservatore superficiale, il
quale si contiene a quanto vede e non va più in là delle apparenze, non potrà
evitare di lasciarsi ingannare, e interpreterà le azioni di tutti gli uomini in
modo uniforme, facendo riferimento al proprio modo di vedere; non è difficile da
capire che questo modo di vedere può diventare causa di errori molteplici, ad
esempio quando si tratti di uomini che appartengono a civiltà differenti, o
anche di fatti storici che risalgono a epoche lontane nel tempo. Un esempio
molto significativo e in certo qual modo estremo ci forniscono quelli fra i
nostri contemporanei che hanno la pretesa di spiegare tutta la storia
dell'umanità facendo unicamente ricorso a considerazioni di natura "economica" ,
in quanto queste ultime occupano di fatto, al loro occhi, un posto predominante,
e senza neppur pensare di chiedersi se è veramente stato così in tutti i tempi e
in tutti i paesi. Siamo qui di fronte a un effetto della tendenza, da noi
segnalata anche in altre occasioni come caratteristica degli psicologi, a
credere che gli uomini siano sempre e dappertutto gli stessi; in un certo senso
si tratta forse di una tendenza naturale. ma questo non impedisce che essa sia
ingiustificata, e noi pensiamo che la cura con cui occorre guardarsene non sarà
mai troppa.
C'è poi un altro errore, dello stesso genere, che rischia di sfuggire con
maggior facilità a molte persone, e forse alla maggior parte di esse, non solo
perché sono troppo abituate a vedere le cose nel modo da noi or ora descritto,
ma anche perché esso non presenta apparenze che siano più o meno direttamente
legate, come l'illusione "economica", a certe teorie particolari: è l'errore che
consiste nell'assegnare il punto di vista specificamente morale in distintamente
a tutti gli uomini, vale a dire, in quanto è da questo punto di vista che gli
Occidentali moderni traggono la propria regola d'azione, nel tradurre in termini
di "morale", con le speciali intenzioni che in essa sono sempre implicate, ogni
regola d'azione quale essa sia, e anche quando appartenga a civiltà le più
differenti dalla loro sotto tutti gli aspetti. Coloro che pensano in questo modo
sembrano incapaci di capire che esistono ben altri punti di vista, diversi da
questo, che sono anch'essi in grado di fornire simili regole, così come sono
incapaci di comprendere che, secondo quel che dicevamo poco fa, le somiglianze
esteriori che possono esistere nella condotta degli uomini non provano affatto
che essa sia sempre regolata dallo stesso punto di vista: per cui la
prescrizione di fare o non fare una determinata cosa, alla quale certuni
obbediscono per ragioni di natura morale, può essere del pari osservata da altri
per ragioni del tutto diverse. Né bisognerebbe concludere da ciò che, in se
stessi e indipendentemente dalle loro conseguenze pratiche, i punti di vista dei
quali parliamo siano tutti equivalenti, ben al contrario, giacché quella che
potremmo chiamare la "qualità" delle intenzioni corrispondenti varia a tal punto
che fra di esse non c'è, per così dire, comune misura; e così è più in
particolare quando al punto di vista morale si paragoni il punto di vista
rituale, che è quello delle civiltà che presentano un carattere integralmente
tradizionale.
L’azione rituale, come abbiamo spiegato in altre occasioni, è, secondo lo stesso
significato originario della parola, l'azione compiuta "conformemente
all'ordine", e di conseguenza implica, per lo meno a un certo grado, la
coscienza effettiva di tale conformità; e nel luoghi in cui la tradizione non ha
subito riduzioni, ogni azione, di qualunque natura sia, ha un carattere
propriamente rituale. E’ importante osservare che ciò presuppone essenzialmente
la conoscenza della solidarietà e della corrispondenza che esistono tra l'ordine
cosmico e quello umano; tale conoscenza, con le molteplici applicazioni che ne
derivano, esiste in effetti in tutte le tradizioni, mentre è diventata
totalmente estranea alla mentalità moderna, la quale, in tutte le cose che non
rientrano nella concezione grossolana e angustamente limitata che ha di quella
che chiama la "realtà" non vuole vedere, al massimo, che "Speculazioni" di
fantasia. Per chiunque non sia accecato da certi pregiudizi, è facile arguire
quale distanza separi la consapevolezza della conformità all'ordine universale,
e della partecipazione dell'individuo a tale ordine in virtù di questa stessa
conformità, dalla semplice "coscienza morale", la quale non richiede nessuna
comprensione intellettuale ed è soltanto più guidata da aspirazioni e tendenze
puramente sentimentali, e quale profonda degradazione comporti, nella mentalità
umana in generale, il passaggio dall'una all'altra. E’ però ovvio che tale
passaggio non avviene d'un sol colpo, e che possono esserci molte gradazioni
intermedie, gradazioni comportanti il fatto che i due punti di vista
corrispondenti si combinino in proporzioni diverse; di fatto, in ogni forma
tradizionale il punto di vista rituale di necessita si preserva sempre, ma ci
sono alcune di queste forme - e questo è il caso di quelle propriamente
religiose -, le quali, a fianco di esso, concedono uno spazio più o meno ampio
al punto di vista morale, e di ciò vedremo subito la ragione. A ogni modo,
quando in una civiltà ci si trovi di fronte al punto di vista morale di cui è
qui questione, quali che siano le apparenze sotto altri riguardi, si può dire
che essa non è già più integralmente tradizionale; in altre parole, l'apparire
di un simile punto di vista può venir considerato come in qualche modo legato
all'apparire del punto di vista profano. Non è questa l'occasione più adatta per
esaminare le tappe di un simile decadimento, il quale ha finito, nel mondo
moderno, col portare alla scomparsa completa dello spirito tradizionale, e
perciò all'irruzione del punto di vista profano in tutti i campi senza nessuna
eccezione; faremo solo osservare che quest'ultimo stadio, nell'ordine di cose di
cui ci stiamo qui occupando, è quello rappresentato dalle morali chiamate
"indipendenti", le quali, sia che si proclamino "filosofiche" oppure
"scientifiche" , in realtà non sono altro che il prodotto di una degradazione
della morale religiosa, vale a dire, nei confronti di quest'ultima, quel che
sono le scienze profane nei confronti delle scienze tradizionali. Naturalmente
ci sono pure gradazioni corrispondenti nell'incomprensione delle realtà
tradizionali e negli errori d'interpretazione ai quali esse danno luogo; a tal
riguardo, il grado più basso è quello delle concezioni moderne che, non
accontentandosi nemmeno più di scorgere nelle prescrizioni rituali soltanto
semplici regole morali, cosa che corrispondeva già a misconoscere totalmente la
loro ragione profonda, arrivano ad attribuirle a banali preoccupazioni di igiene
o di pulizia; ci sembra evidente che l'incomprensione non può essere spinta più
in là di così!
Ma è per noi più importante, ora, prendere in esame un'altra questione: com'è
possibile che forme tradizionali autentiche abbiano potuto, invece di attenersi
al punto di vista rituale puro, concedere spazio al punto di vista morale, come
stavamo dicendo, e persino incorporarlo in qualche modo quale uno dei loro
elementi costitutivi? Preso atto che, in conseguenza del percorso discendente
del ciclo storico, la mentalità umana nel suo insieme era caduta a un livello
inferiore, era inevitabile che le cose venissero così trattate; di fatto, per
dirigere in modo efficace le azioni degli uomini, occorre necessariamente
ricorrere a mezzi che siano appropriati alla loro natura, e quando tale natura è
mediocre, i mezzi devono anch'essi esserlo in misura corrispondente, giacché
solo così si potrà salvare quel che potrà ancora esser salvato . in simili
condizioni. Quando la maggioranza degli uomini non è più capace di comprendere
le ragioni dell'azione rituale in quanto tale, occorre, perché essi continuino
ciò nonostante ad agire in un modo che rimanga ancora normale e "regolare", fare
appello a motivi secondari, morali o d'altro genere, ma in tutti i casi di
natura molto più relativa e contingente - potremmo dire per ciò stesso più bassa
- di quelli che erano attinenti al punto di vista rìtuale. Tale modo di agire
non corrisponde in realtà a nessuna deviazione, ma soltanto a una necessità di
adattamento; le forme tradizionali particolari devono adattarsi alle circostanze
di tempo e di luogo che determinano la mentalità di coloro ai quali si
rivolgono, giacché è proprio questa la ragion d'essere della loro diversità, e
questo vale soprattutto per la loro parte più esterna, quella - ossia - che deve
essere comune a tutti senza eccezioni, e alla quale si riferisce naturalmente
tutto ciò che è regola d'azione.
Quanto a coloro che sono ancora capaci di una comprensione d'altro ordine,
compete evidentemente soltanto a loro di effettuarne la trasposizione ponendosi
da un punto di vista superiore e più profondo, cosa che rimane sempre possibile
fintantoché non sia interrotto ogni legame con i principi, vale a dire finché
permanga vivo il punto di vista tradizionale; in tal modo essi potranno trattare
la morale soltanto come un semplice modo esteriore di espressione che non
inficia l'essenza delle cose che ne vengono investite. E’ così che, ad esempio,
tra colui che compie determinate azioni per ragioni morali, e chi le compie
nella prospettiva di un effettivo sviluppo spirituale, al quale esse possono
servire come preparazione, la differenza è di fatto la più grande possibile; e
tuttavia il loro modo di agire è il medesimo, anche se le loro intenzioni sono
del tutto diverse e non corrispondono a uno stesso grado di comprensione. Ma è
soltanto quando la morale abbia perduto ogni carattere tradizionale che si può
veramente parlare di deviazione; svuotata di qualsiasi reale significato, e
priva di tutto ciò che può legittimarne l'esistenza, questa morale profana non è
più, parlando propriamente, se non un "residuo" senza valore e una superstizione
pura e semplice.