La
Riforma della Mentalità Moderna
da: Renè Guènon, Simboli della Scienza Sacra, Adelphi
La civiltà moderna appare nella
storia come una vera e propria anomalia : fra tutte quelle che conosciamo essa è
la sola che si sia sviluppata in un senso puramente materiale, la sola altresì
che non si fondi su alcun principio d'ordine superiore. Tale sviluppo materiale,
che prosegue ormai da parecchi secoli e va accelerandosi sempre più, è stato
accompagnato da un regresso intellettuale che esso è del tutto incapace di
compensare. Intendiamo qui, beninteso, parlare della vera e pura
intellettualità, che si potrebbe anche chiamare spiritualità, e ci rifiutiamo di
dare questo nome a ciò a cui si sono specialmente applicati i moderni : la
cultura delle scienze sperimentali, in vista delle applicazioni pratiche alle
quali esse sono suscettibili di dar luogo. Un solo esempio potrebbe permettere
di misurare la portata di tale regresso: la Somma teologica di san Tommaso d'Aquino
era, al suo tempo, un manuale a uso degli studenti; dove sono oggi gli studenti
in grado di approfondirla e di assimilarla?
La decadenza non s'è prodotta d'un sol colpo; se ne potrebbero seguire le tappe
attraverso tutta la filosofia moderna. È stata la perdita o l'oblio della vera
intellettualità a rendere possibili quei due errori che solo in apparenza si
oppongono, ma sono in realtà correlativi e complementari: razionalismo e
sentimentalismo. Dal momento in cui si incominciò a negare o a ignorare ogni
conoscenza puramente intellettuale, come si fece dopo Descartes, si doveva
logicamente sfociare, da un lato, nel positivismo, nell'agnosticismo e in tutte
le aberrazioni ' scientistiche ', e, dall'altro, in tutte le teorie
contemporanee che, non soddisfatte di ciò che può dare la ragione, cercano
qualcos'altro, ma lo cercano dalla parte del
sentimento e dell'istinto, vale a dire al di sotto della ragione e non al di
sopra, giungendo, con William James per esempio, a vedere nel
subconscio il mezzo con il quale l'uomo può entrare in comunicazione con il
Divino. La nozione di verità, dopo essere stata abbassata ormai a una semplice
rappresentazione della realtà sensibile, è infine identificata dal pragmatismo
con l'utilità, il che equivale alla sua soppressione pura e semplice; che
importa infatti la verità in un mondo le cui aspirazioni sono unicamente
materiali e sentimentali?
Non è possibile sviluppare qui tutte le conseguenze di un simile stato di cose;
ci limiteremo a indicarne alcune fra quelle che si riferiscono più
particolarmente al punto di vista religioso. Va anzitutto osservato che il
disprezzo e la repulsione che gli altri popoli
- gli Orientali soprattutto - provano nei confronti degli Occidentali,
provengono in gran parte dal fatto che questi ultimi gli appaiono in genere
uomini senza tradizione, senza religione, ciò che ai loro occhi è una vera e
propria mostruosità. Un Orientale non può ammettere un'organizzazione
sociale che non poggi su princìpi tradizionali; per un musulmano, ad esempio,
l'intera legislazione non è che una semplice derivazione della religione. Un
tempo era così anche in Occidente; si pensi a ciò che fu la Cristianità nel
Medioevo; ma oggi i rapporti si sono rovesciati. Di fatto, si considera ora la
religione un semplice fenomeno sociale; invece di ricollegare l'intero ordine
sociale alla religione, quest'ultima, quando ancora si consenta a conservarle un
posto, è considerata ormai soltanto come uno qualsiasi degli elementi che
costituiscono l'ordine sociale; e quanti cattolici, ahimè, accettano questo modo
di vedere senza la minima difficoltà! Sarebbe ora di reagire contro questa
tendenza, e a tal proposito l'affermazione del Regno sociale di Cristo è una
manifestazione particolarmente opportuna; ma per farne una realtà occorre
riformare tutta la mentalità moderna.
Non è il caso di nascondersi che coloro stessi che credono di essere
sinceramente religiosi non hanno per lo più, della religione, che un'idea assai
indebolita; essa non ha nessuna influenza effettiva sul loro pensiero né sul
loro modo d'agire; è come separata da tutto il resto della loro esistenza.
Praticamente, credenti e non credenti si comportano pressappoco nella stessa
maniera; per molti cattolici l'affermazione del soprannaturale ha un valore
soltanto teorico, ed essi sarebbero assai imbarazzati se dovessero constatare un
fatto miracoloso. Siamo in presenza di quel che
si potrebbe chiamare un materialismo pratico, un materialismo di fatto;
non è forse esso più pericoloso del materialismo riconosciuto come tale, proprio
perché coloro che colpisce non ne hanno neppure coscienza?
D'altra parte, per i più, la religione è
soltanto una faccenda di sentimento senza nessuna portata intellettuale;
si confonde la religione con una vaga religiosità, la si riduce a una morale; si
riduce il più possibile lo spazio della dottrina, che invece è proprio
l'essenziale, ciò di cui tutto il resto dev'essere soltanto una conseguenza
logica. Sotto questo profilo, il protestantesimo, che finisce con l'essere un '
moralismo ' puro e semplice, è assai rappresentativo delle tendenze dello
spirito moderno; ma si avrebbe gran torto se si credesse che il cattolicesimo
non è colpito da queste stesse tendenze - non nel suo principio, certo, ma nel
modo in cui di solito viene presentato: con il pretesto di renderlo accettabile
alla mentalità attuale si fanno le concessioni più incresciose, e si incoraggia
in tal modo quel che occorrerebbe al contrario combattere energicamente. Non
insistiamo sull'accecamento di coloro che, sotto il pretesto della ' tolleranza
', si fanno complici inconsapevoli di vere e proprie contraffazioni della
religione, di cui sono lontani dal sospettare l'intento nascosto. Segnaliamo
soltanto di sfuggita, a questo proposito, il deplorevole abuso che vien fatto
frequentemente della stessa parola ' religione ' : non si sentono ogni momento
usare espressioni come ' religione della patria ', ' religione della scienza ',
' religione del dovere '? Queste non sono semplici negligenze di linguaggio,
sono sintomi della confusione che regna dappertutto nel mondo moderno, poiché il
linguaggio in fondo non fa che rappresentare fedelmente lo stato degli animi; ed
espressioni simili sono incompatibili con il vero senso religioso.
Ma veniamo a quel che è più essenziale: vogliamo parlare dell'affievolirsi
dell'insegnamento dottrinale, quasi del tutto sostituito da vaghe considerazioni
morali e sentimentali, che piacciono forse più ad alcuni, ma che, al tempo
stesso, possono soltanto respingere e allontanare coloro che hanno aspirazioni
d'ordine intellettuale; e nonostante tutto nella nostra epoca ne
esistono ancora. Lo prova il fatto che taluni - anche più numerosi di quanto si
potrebbe credere - deplorano tale mancanza di dottrina; e noi vediamo un segno
favorevole, a onta delle apparenze, nel fatto che da varie parti sembra che di
ciò ci si renda conto oggi meglio di qualche anno fa. Si ha certamente torto a
pretendere, come abbiamo spesso udito, che nessuno capirebbe un'esposizione di
dottrina pura; anzitutto, perché volersi sempre mantenere al livello più basso,
come se bisognasse tenere in conto la quantità piuttosto che la qualità? Non è
forse questa una conseguenza di quello spirito democratico che è uno degli
aspetti caratteristici della mentalità moderna? D'altra parte, si deve proprio
credere che tante persone sarebbero realmente incapaci di comprendere se fossero
state abituate a un insegnamento dottrinale? Non si potrebbe anche pensare che
coloro che non capissero proprio tutto ne trarrebbero ugualmente un beneficio
forse più grande di quanto si supponga?
Ma senza dubbio l'ostacolo più grave è quella
sorta di diffidenza che in troppi ambienti cattolici, anche ecclesiastici, si
testimonia nei confronti dell'intellettualità in genere; diciamo
l'ostacolo più grave, perché è un segno di incomprensione perfino nelle persone
stesse a cui incombe il compito dell'insegnamento.
Costoro sono stati così intaccati dallo spirito
moderno che non sanno più, come i filosofi ai quali facevamo or ora allusione,
che cosa sia l'intellettualità vera, cosicché confondono a volte
l'intellettualismo con il razionalismo, e fanno in questo modo involontariamente
il gioco degli avversari. Noi pensiamo precisamente che quel che
importa anzitutto è restaurare la vera intellettualità, e con essa il senso
della dottrina e della tradizione; sarebbe ora
di mostrare che la religione è ben altro che una faccenda di devozione
sentimentale, o di precetti morali, o di consolazioni ad uso di animi indeboliti
dalla sofferenza, e che in essa si può trovare il « solido nutrimento » di cui
parla san Paolo nell'Epistola agli Ebrei.
Siamo perfettamente coscienti che quanto stiamo dicendo ha il torto di andar
contro certe abitudini acquisite dalle quali ci si libera difficilmente; né si
tratta di innovare - tutt'altro -, si tratta al contrario di ritornare alla
tradizione dalla quale ci si è scostati, di ritrovare ciò che si è lasciato
andar perduto. Non sarebbe meglio questo che fare allo spirito moderno le più
ingiustificate concessioni, quelle per esempio che si incontrano in tanti
trattati di apologetica nei quali si fa ogni sforzo per conciliare il dogma con
quanto vi è di più ipotetico e di meno fondato nella scienza attuale, salvo poi
rimettere tutto in discussione quando queste pretese teorie scientifiche vengano
a essere sostituite da altre? E tuttavia sarebbe molto facile mostrare come la
religione e la scienza non possano entrare realmente in conflitto, per la
semplice ragione che non si riferiscono allo stesso ambito.
Come si fa a non scorgere il pericolo insito
nel voler cercare, per la dottrina che concerne le verità immutabili ed eterne,
un fondamento in quanto c'è di più mutevole e di più insicuro? E cosa
pensare di certi teologi cattolici così affetti da spirito ' scientistico ' da
credersi obbligati a tener conto, in più o meno larga misura, dei risultati
dell'esegesi moderna e della ' critica testuale ', quando sarebbe così facile, a
condizione di possedere una base dottrinale un po' sicura, farne apparire
l'inanità? Come si fa a non accorgersi che la pretesa '
scienza delle religioni ' - così com'è
insegnata negli ambienti universitari - non è mai stata in realtà altro che una
macchina da guerra diretta contro la religione, e più in generale contro tutto
ciò che ancora può sopravvivere di spirito tradizionale, che vogliono ovviamente
distruggere coloro che dirigono il mondo moderno in un senso che può soltanto
portare a una catastrofe? Su tutte queste cose ci sarebbe molto da
dire, ma noi abbiamo soltanto voluto indicare molto sommariamente alcuni dei
punti sui quali una riforma sarebbe necessaria e urgente; e per terminare con
una domanda che qui ci interessa in modo del tutto particolare, qual è la
ragione per cui s'incontra tanta ostilità, più o meno dichiarata, nei confronti
del simbolismo? Certamente perché si tratta di
un modo d'espressione divenuto completamente estraneo alla mentalità moderna, e
perché l'uomo è naturalmente portato a diffidare di ciò che non comprende. Il
simbolismo è il mezzo più adeguato per l'insegnamento delle verità d'ordine
superiore, religiose e metafisiche, cioè per tutto quel che lo spirito moderno
respinge o trascura; esso è esattamente il contrario di ciò che conviene al
razionalismo, e tutti i suoi avversari - alcuni senza neppure saperlo -
si comportano da veri e propri razionalisti. Per quel che ci concerne, noi
pensiamo che se oggi il simbolismo è incompreso, tanto maggior ragione c'è di
insistere su di esso, esponendo nel modo più completo possibile il significato
reale dei simboli tradizionali, restituendo loro tutta la portata intellettuale
che possiedono invece di ridurli semplicemente a un'occasione per qualche
esortazione sentimentale per la quale, del resto, l'uso del simbolismo è cosa
del tutto inutile.
Una simile riforma della mentalità moderna, con
tutto quel che implica, e cioè la restaurazione dell'intellettualità vera e
della tradizione dottrinale, che per noi non sono separate l'una dall'altra,
costituisce certo un'impresa considerevole; ma è questa una ragione perché non
sia intrapresa? Al contrario, a noi pare che un tale compito costituisca uno
degli scopi più elevati che si possano proporre all'attività di una società come
quella dell'Irradiamento intellettuale del Sacro Cuore, tanto più che tutti gli
sforzi che saranno fatti in questo senso saranno necessariamente orientati verso
quel Cuore del Verbo incarnato, Sole spirituale e Centro del Mondo, « nel quale
sono nascosti tutti i tesori della saggezza e della scienza » - non di quella
vana scienza profana che sola è conosciuta dalla maggior parte dei nostri
contemporanei, ma della vera scienza sacra che apre a coloro che la studiano
come si conviene orizzonti insospettati e veramente illimitati.
Da:
http://etradizione.altervista.org/articoli/riformamoderna/riformamoderna.htm
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