Sulla perversione "psicanalitica" (René Guénon)

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Sulla perversione "psicanalitica" (René Guénon)


 

Con il termine «psicologismo» vogliamo indicare la tendenza a ricondurre sistematicamente ogni ordine di fenomeni a spiega­zioni di carattere psicologico. Questa tendenza non è nuova nel mondo occidentale. In fondo, è un semplice caso particolare dell'«umanismo», inteso, secondo il senso proprio della parola, come la riduzione di ogni cosa ad elementi puramente umani.
 





Dal psicologismo alla subcoscienza


Non solo: il psicologismo implica una concezione assai ri­stretta dello stesso individuo umano e delle sue possibilità, poiché la psicologia «classica» si limitava a considerare alcune delle ma­nifestazioni più esteriori e superficiali dell'elemento «mentale». Per questo, notiamolo di passata, teniamo a distinguere i due ter­mini «psichico» e «psicologico», conservando il primo nel suo si­gnificato etimologico, che è incomparabilmente più vasto, dato che può applicarsi a tutti gli elementi «sottili» dell'individualità, mentre solo una parte davvero infima di essi rientra nel dominio detto invece «psicologico».
Così stando le cose, non deve far sorpresa il carattere vera­mente infantile della gran parte delle spiegazioni tratte dalla psi­cologia per cose che non sono per nulla di sua competenza, come per esempio la religione. Né il termine «infantile» deve far pensa­re che dette spiegazioni siano sempre del tutto inoffensive: esse hanno invece una loro parte presso agli sforzi fatti dallo spirito anti-tradizionale per distruggere il senso di ogni realtà sopra-umana.
Ma oggi v'è da considerare anche dell'altro: vi è un'aggra­vante costituita dall'invasione del subcosciente nella psicologia, la quale, estendendo, sì, il suo dominio, ma unicamente verso il
basso, rischia di mescolare tutto quel che tocca con le peggiori manifestazioni del psichismo più inferiore.
Qui bisogna fare un rilievo di carattere generale. Dei «tradi­zionalisti» malaccorti si rallegrano inconsideratamente nel veder che la scienza moderna esce dagli stretti limiti in cui finora le sue concezioni la chiudevano per assumere un atteggiamento meno «materialista» di quello che aveva nel secolo scorso. Costoro non si accorgono che, in realtà, si tratta solo di una tappa nuova nello sviluppo logico del piano secondo il quale si compie la deviazione progressiva del mondo moderno. Il materialismo ha avuto la sua parte, in questo piano, ma ormai la negazione pura e semplice che esso rappresenta è divenuta insufficiente. Esso ha servito per in­terdire all'uomo l'accesso alle possibilità più alte della sua natu­ra, ma, da solo, non ha anche il potere di scatenare quelle forze inferiori che, sole, possono portare a termine l'opera di disordine e di dissoluzione. Per via della sua stessa limitazione, l'attitudine materialista non rappresenta ancora che un pericolo di piccola portata: se così si può dire, il suo stesso «spessore» preserva chi vi aderisce da certe influenze sottili e gli assicura, a tale riguardo, una specie d'immunità molto simile a quella di cui gode il mollu­sco che resta strettamente chiuso nella sua conchiglia. Ma se in questa conchiglia - che rappresenta, qui, l'insieme delle conce­zioni scientifiche ammesse convenzionalmente - si fa un'apertu­ra in basso, così come si è detto a proposito delle tendenze nuove della psicologia, queste influenze distruttive vi penetrano subito e con grande facilità, perché, per via del lavoro negativo svolto nella fase precedente, nessun elemento d'ordine superiore potrà intervenire per opporsi allo loro azione.

La fase materialistica e quella sovversiva

Si potrebbe perciò dire che il periodo del materialismo non costituisce che una specie di preparazione teorica, mentre quello del psichismo inferiore successivo rappresenta già un fase attiva che si svolge in un capovolgimento della vera realizzazione spiri­tuale. V'è assai più di una questione di vocabolario nel fatto, già in se stesso molto significativo, che la psicologia attuale conside­ra sempre il solo «subcosciente», e mai il «supercosciente», il quale logicamente dovrebbe essere il suo correlativo. Anche se coloro che usano una tale terminologia non se ne rendono conto, qui si palesa chiaramente una estensione attuatasi solo verso il basso. Come sinonimo o equivalente di «subcosciente», alcuni usano perfino il termine «inconscio» che, preso alla lettera, sem­brerebbe riferirsi ad un livello ancor più basso, ma che in realtà ri­manda più o meno allo stesso ordine di cose. Se ciò di cui si tratta fosse davvero inconscio, non si vede come se ne potrebbe parlare, e soprattutto in termini psicologici. Come pur stiano le cose, vale rilevare la singolare illusione che conduce i psicologi a considera­re tanto più «profondi» degli stati, per quanto più essi sono sem­plicemente inferiori. Non vi è, in ciò, già un indizio del credere di incontrare, per tal via, la spiritualità, che sola può esser detta dav­vero profonda, perché essa sola si riferisce al principio e allo stes­so centro dell'essere?
Rileviamo anche che, appellandosi al «subcosciente», la psi­cologia tende sempre più a incontrare la «metapsichica», nella quale, per una coincidenza da dirsi per lo meno bizzarra, alcuni «spiritualisti» oggi ripongono speranze così ingiustificate, quan­to quelle che il nuovo orientamento della scienza ordinaria loro inspira. Del pari, la «scienza del subconscio» si avvicina inevita­bilmente alto spiritismo e a cose più o meno simili che, in defini­tiva, poggiano tutte sugli stessi elementi oscuri di un psichismo inferiore. Data questa direzione, il «supercosciente» resta, alla nuova psicologia, straniero e chiuso quanto mai; e quando le ac­cade di incontrare qualcosa che gli si riferisce, invece di ricono­scere la sua ignoranza in proposito, essa pretende di annetterlo senz'altro, assimilandolo al «subcosciente». Noi ritroviamo dun­que quella confusione fra dominio psichico e dominio spirituale, sulla quale spesso abbiamo richiamata l'attenzione, anzi aggrava­ta dal fatto, che essa qui si realizza in funzione di quel che di più basso può esservi nel dominio psichico. Ed è in ciò che sta quella «sovversione» a cui al principio abbiamo accennato.
Un tale carattere «sovversivo», per non dire senz'altro «sata­nico», appare in modo affatto particolare e netto nelle interpreta­zioni psicanalitiche dei simboli. È vero che i psicologi delle scuo­le precedenti avevano essi stessi cercato spesso di spiegare a loro modo i simboli e di ricondurli ai loro limitati orizzonti. In tali casi, se si trattava di simboli veri, tradizionali, le spiegazioni, tratte da elementi puramente umani, disconoscevano ciò che ne costituisce l'essenza. Ma se si trattava davvero di cose umane, non era il caso di parlare di simbolismo, e già nell'usare questo termine si tradiva l'errore commesso in ordine alla natura stessa della materia da interpretare.

Psichismo subumano

Ciò vale egualmente per le considerazioni svolte dai psicana­listi, con la differenza che qui non si deve più parlare soltanto di umano, ma anche, in buona misura, di «sub-umano». Questa vol­ta non si ha dunque più a che fare con una semplice degradazione, ma con un completo sovvertimento: ed ogni sovvertimento, an­che quando esso procede - almeno dal punto di vista immediato -solo dall'incomprensione e dall'ignoranza, è sempre, in se stes­so, propriamente «satanico».
D'altronde, il carattere generalmente ignobile e ripugnante delle interpretazioni psicanalitiche costituisce, a tale riguardo, un «segno» che non può mentire. E quel che è ancor più significativo dal punto di vista in cui ci poniamo, è che lo stesso «segno» si ri­trova proprio in certe manifestazioni spiritiche: bisognerebbe aver davvero della buona volontà per non vedere, in ciò, nulla più che una semplice «coincidenza». I psicanalisti, nella gran parte dei casi, possono essere naturalmente incoscienti quanto gli spiri­tisti di ciò che sia sotto a cose del genere. Ma gli uni e gli altri ci appaiono parimenti «guidati» da una volontà sovversiva utiliz­zante, nei due casi, elementi dello stesso ordine: volontà che, quali si siano gli esseri in cui è incarnata, in costoro è perfetta­mente cosciente e risponde ad intenzioni senza dubbio assai di­verse da tutto quel che possono immaginarsi coloro che sono solo gli strumenti incoscienti attraverso i quali si esercita la loro azio­ne.

Bassifondi dell'anima

Così stando le cose, è evidente che l'uso principale della psi­canalisi, cioè la sua applicazione terapeutica, è estremamente pe­ricoloso per coloro che vi si sottomettono come anche per coloro che l'esercitano non essendo queste cose che si maneggino impu­nemente. Non sarebbe esagerato di vedervi uno dei mezzi con i quali si tende ad accrescere il più possibile lo squilibrio del mon­do moderno. Non dubitiamo che coloro che praticano questi me­todi, siano invece persuasi del lato benefico dei risultati. Proprio graz.ie a questa illusione la loro diffusione è stata possibile e qui sta la differenza fra le intenzioni di tali «praticanti» e la volontà che presiede all'opera di cui essi non sono che i collaboratori cie­chi.
In realtà, la psicanalisi non può avere altro effetto che ricon­durre alla superficie tutto il contenuto di quei «bassifondi» del­l'essere, che costituiscono ciò che si chiama il «subcosciente». E l'essere, cioè la personalità umana, è già per ipotesi psichicamen­te debole, perché, se fosse altrimenti, non si sentirebbe affatto il bisogno di ricorrere ad un trattamento di tale specie. Essa è dun­que tanto meno capace di resistere a questa «sommersione» e cor­re il preciso pericolo di precipitare irrimediabilmente in un caos di forze tenebrose imprudentemente scatenato. Se malgrado tutto le riuscirà di sfuggirgli, ne recherà almeno, per tutta la vita, una impronta che sarà, in essa, come una «macchia» indelebile.
Noi sappiamo che certe persone qui, come obbiezione, invo­cheranno la somiglianza a quella «discesa negli inferni», di cui si parla negli antichi Misteri, ove era fase preparatoria alla realizza­zione sovrannaturale della personalità. Ma una tale assimilazione è completamente errata, perché nulla vi è di comune nei due casi, né lo scopo, né le condizioni del soggetto. Vi sarebbe solo da par­lare di una specie di parodia profana, il che già conferisce a ciò, di cui si tratta, un carattere di «contraffazione» abbastanza in­quietante. La verità è che questa «discesa agli inferni», non segui­ta da nessuna «riascesa», è una «caduta» nel pantano», volen­do seguire il simbolismo usato da certi Misteri antichi: si sa che un «pantano» figurava sulla via che conduceva ad Eleusii, e coloro che vi cadevano erano i profani che pretendevano l'iniziazione senza essere qualificati per riceverla e che quindi erano non vitti­me che della loro stessa imprudenza. Nella «discesa agli inferni» la personalità esaurisce definitivamente certe possibilità inferiori per potersi poi elevare a stati superiori; nella «caduta nel pantano» le possibilità inferiori si impossessano invece di lei, la dominano e finiscono col sommergerla interamente.

I «sacramenti del diavolo»

Abbiamo or ora parlato di «contraffazione». È una impressio­ne che viene rafforzata da altre constatazioni come quella dello snaturamento del simbolismo segnalato poco fa, snaturamento
che, d'altronde, tende ad estendersi a tutto ciò che implica essenzialmente degli elementi sopra-umani, così come lo prova l'atti­tudine presa dai psicanalisti di fronte a dottrine d'ordine metafisi­co e perfino iniziatico - si può indicare, come esempio, l'inter­pretazione fatta subire dallo Jung al testo taoistico che s'intitola: «Il segreto dei fiori d'oro», e l'altra, data dal Silberer, ai simboli ermetici.
Ma ciò non è ancora tutto. Vi è qualcosa d'altro, forse ancor più degno d'essere rilevato, a tale riguardo: è la condizione impo­sta a chiunque voglia praticare professionalmente la psicanalisi di farsi prima psicanalizzare. Ciò implica anzitutto il riconoscimen­to del fatto che colui che ha subito una tale operazione non è più lo stesso che era prima o che, come dicevamo poco fa, essa gli la­scia una impronta indelebile, secondo lo stesso potere che viene attribuito all'iniziazione, ma in un certo modo in senso inverso, perché invece di uno sviluppo spirituale trascendente qui si ha uno sviluppo del psichicismo inferiore. Ma, in ogni modo, ci tro­viamo di fronte ad una imitazione manifesta di una trasmissione spirituale e quasi tradizionale: per la differente natura delle in­fluenze che v'intervengono, e per i risultati effettivi i quali non permettono di supporre che la cosa si riduca ad un semplice simu­lacro senza portata alcuna, questa trasmissione sarebbe però da ravvicinarsi a quella che si pratica in un dominio molto oscuro al quale si riferiscono la magìa e la stessa stregoneria.
Resta, per altro, un punto enigmatico, nei riguardi dell'origi­ne stessa di una tale trasmissione: l'invenzione della psicanalisi è affatto recente; da dove hanno tratto dunque, i primi psicanalisti, i «poteri», per dire così, che essi comunicano ai loro discepoli e da chi possono essere stati essi stessi «psicanalizzati»? Questa do­manda, che ci si deve logicamente porre, è probabilmente assai indiscreta ed è assai difficile che ad essa possa esser mai data una risposta soddisfacente. Essa non è tuttavia indispensabile per po­ter riconoscere, in questa «trasmissione», un altro «segno», al­quanto sinistro per i ravvicinamenti a cui dà luogo: la psicanalisi offre, da questo punto di vista, una rassomiglianza preoccupante con ciò che noi potremmo ben chiamare i «sacramenti del diavo­lo».

 
Pubblicato su "Diorama" il 19 dicembre 1939
 
 
 
Da: http://www.noiantimoderni.com/index2.php?option=com_alphacontent&section=6&cat=27&task=view&id=127&pop=1&Itemid=113
 
 

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