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Massimo Pacilio, Conoscenza tradizionale e sapere profano René Guénon critico delle scienze moderne, Padova, Edizioni di Ar, 1998, pagg. 169, lire 28.000. di Walter Catalano
Proseguendo lungo la via tracciata da Piero Di Vona con la sua serie di notevoli volumi dedicati al pensiero tradizionalista e a quello di Guénon in particolare, un gruppo sempre più nutrito di studiosi si dedica con solerzia alla riflessione sui molteplici spunti offerti dagli autori del tradizionalismo integrale. I risultati positivi non mancano ed i caratteri generali del dibattito vanno finalmente perdendo quei tipici e sgradevoli toni settari o chiesastici da conventicola di primule rosse vandeane o da ospizio per cavalieri teutonici in disarmo, che hanno finora connotato la maggioranza dei frequentatori abituali di questi territori culturali. Anche una casa editrice spesso funestata dall'evolomania e dal negazionismo come la Ar propone felicemente un testo ineccepibile come quello di Massimo Pacilio, saggista che, tenendo giustamente per sé eventuali polemiche nazional-rivoluzionarie o antimoderne, si mantiene nei limiti seri e corretti della ricerca di stampo accademico. Presentato dallo stesso Di Vona, il
lavoro di Pacilio si occupa dettagliatamente delle serrate critiche guenoniane
contro le scienze moderne, critiche «rivolte non solo contro quella
estensione ipertrofica del metodo scientifico che fu lo 'scientismo', ma
espressamente contro la pretesa della scienza moderna di autofondarsi e
autoleggittimarsi come sapere autenticamente conoscitivo». Posizione
intellettuale, quella di Guénon, di particolare interesse «per il suo
situarsi all'interno di una concezione non laica né immediatamente riferibile ad
una religione, ma facente appello a quel patrimonio, la cui origine viene
considerata anteriore ai tempi storici, rappresentato dalla Tradizione». Lo studioso seleziona fra le opere guenoniane utili alla sua indagine:
testo nel quale tralascia però le ampie parti dedicate alle polemiche con i matematici contemporanei e con Leibniz, per soffermarsi unicamente sulle concezioni matematiche di Guénon volte al recupero della disciplina in senso tradizionale. Nei primi capitoli del saggio viene
delineata la contrapposizione fra una concezione tradizionale,
che fonda ogni possibile conoscenza «sui principi universali della
metafisica, anche quando hanno come dominio specifico quello della natura»,
generando quelle «scienze tradizionali» che non sono che «cambiamenti
di forme» limitati al modo di espressione di una conoscenza assoluta e
principiale, ma il cui nucleo resta simbolico e sintetico; ed una
concezione moderna, in cui un «sapere eminentemente analitico»
provoca una «dispersione nella molteplicità» e nella specializzazione
frammentaria «originatasi dal rifiuto dei principi universali della
metafisica». Ma porre nell' "esperienza" il criterio
di verità comporta la decisione sul «carattere ipotetico delle teorie
scientifiche» e questa decisione conduce al bivio fra dogmatismo e
superstizione scientista da un lato e agnosticismo, probabilismo e pragmatismo
dall'altra. Tutti i domini della conoscenza vengono così invasi da quella che
Guénon chiama «fantasia individuale», in cui individualismo sta per «negazione
di ogni principio superiore all'individualità, e, di conseguenza, [...]
riduzione della civiltà, in tutti i domini, ai soli elementi puramente umani».
La pretesa moderna che la prova sperimentale costituisca l'unico criterio di
verità non è che una «superstizione del fatto» e molte scienze
sperimentali moderne non sono che «residui» di scienze tradizionali. Assai pericoloso, l'equivoco della psicologia porterebbe per Guénon -attraverso la nozione di subcosciente- alla sostituzione del dominio spirituale con il dominio psichico. Avviato da William James con il suo classico di sociologia della religione The Variety of Religious Experience -in cui si identificava «nel subconscio il mezzo con il quale l'uomo può entrare in comunicazione con il Divino»- questo processo sarebbe stato completato dalla psicanalisi nell'interpretazione sia freudiana che junghiana. Scrive Pacilio: «L'irruzione del
subconscio, ossia degli elementi inferiori della psiche, conferisce un carattere
'infero' alla psicanalisi stessa, la quale assume, meglio di ogni altra scienza
moderna, una funzione specificatamente 'sovversiva', nel significato etimologico
del termine: ossia di sostituire ciò che sta sopra con ciò che sta sotto». In sostanza, argomenta Pacilio parafrasando Guénon, «se la conoscenza è propriamente legata all'essenza delle cose, ovvero se qualsiasi forma di sapere è conoscenza dell'essenza, allora la scienza moderna [...] non può essere annoverata tra le forme della conoscenza, in quanto esaurisce il suo compito nel puro riferirsi alla quantità. Non ci troveremmo di fronte ad una conoscenza oggettiva, ma, come abbiamo già detto, di fronte ad una rappresentazione transeunte, il cui scopo è di carattere puramente strumentale. All'elevazione di questa pseudo-conoscenza ad unica possibilità di sapere, è corrisposta la perdita irrimediabile [...] di quella autentica intellettualità che sola garantiva un'autentica conoscenza dei principi universali della metafisica». Sono, quelli che abbiamo ricordato, ovviamente solo alcuni dei temi e degli argomenti fra i molti proposti dal libro di Pacilio e lasciamo il piacere della scoperta del resto a chi voglia avventurarsi in prima persona nella lettura dell'esauriente volume. Un'attenta lettura che ci permetteremmo di consigliare, come necessaria ed utile, non solo a chi abbia particolare interesse per le idee guenoniane, ma ai simpatizzanti ed ai sostenitori di quella deep ecology rappresentata da autori come Goldsmith, i quali, confrontandone le innegabili analogie e le radicali differenze con il miglior pensiero tradizionalista, potrebbero forse arricchire di suggestioni e spunti ulteriori le loro già drastiche obbiezioni al paradigma scientifico e al modello tecnologico.
Da: http://www.estovest.net/letture/pacilioguenon.html
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