Giuseppe
Cognetti, L'arca perduta. Tradizione e critica del moderno in René
Guénon
A. Pontecorboli Editore,
Firenze, 1996, pp. 294.
di Paolo Scroccaro
Il saggio del prof. G. Cognetti,
docente di Storia della filosofia moderna presso l'Università di Siena, merita
una particolare attenzione per motivi che cercheremo di precisare in modo
sintetico. In via preliminare, occorre riconoscere che il testo si distingue per
un'accurata documentazione che riguarda l'itinerario di Guénon ed i rapporti
intercorsi con vari ambienti spirituali e culturali: un ricco apparato di note
completa la documentazione e propone interessanti raffronti. In aggiunta, il
libro si presenta equilibrato e costruttivo, rispetto ad altri apparentemente
simili.
Negli ultimi anni, infatti, si
sono moltiplicati gli scritti dedicati al pensiero di R. Guénon, chiaro indizio
della importanza giustamente riconosciuta ad uno dei più lucidi metafisici
dell'età contemporanea: solo la manualistica liceale ed universitaria continua
ad ignorare colpevolmente il grande pensatore francese, nel mentre accoglie
volentieri pseudofilosofi di basso profilo, il cui principale merito è di aver
occupato qualche cattedra universitaria.
Quasi tutti gli scritti più
recenti su Guénon presentano caratteristiche che possiamo semplificare come
segue:
1) alcuni, pur riconoscendo più o meno i meriti di Guénon, tentano poi di
individuare alcune lacunosità nel suo pensiero (soprattutto sul piano
dell'erudizione filosofica), quasi sempre con lo scopo di vantare una presunta
superiorità della metafisica cattolica o di qualche altra tendenza
"tradizionalista": ci risulta che tali critiche siano per lo più carenti di
penetrazione intellettuale e di forza argomentativa, anche perché condotte
secondo punti di vista più o meno ristretti ed interessati, ben al di sotto
quindi dello spirito di apertura che qualifica la pura metafisica (di qui certe
cadute di stile e il cedimento a logiche "concorrenziali" del tutto fuori
posto). Se sarà il caso ci soffermeremo in altra occasione sulla supponenza di
queste "critiche".
2) Altri invece risultano impegnati in una meticolosissima e puntigliosa difesa
ad oltranza dell'"ortodossia" guénoniana perfino nei dettagli più marginali: è
un atteggiamento che si può comprendere solo di fronte alla superficialità di
certi rilievi che sono stati mossi in più occasioni e non sempre in buona fede.
Ciò considerato, ci permettiamo
la seguente riflessione: quello che più importa, fuor di polemica, è collocare
Guénon all'interno dello spirito universalistico della metafisica della
non-dualità: il che vale, ovviamente, anche per qualsiasi altro esponente della
sophia perennis, senza pretendere di appiattire le infinite possibilità
insite nella metafisica stessa, riducendole alla prospettiva di un particolare
autore, per quanto sia meritoria la sua opera (a volte, si ricava questa
impressione di fronte a certi atteggiamenti unilaterali: in tale contesto,
accade che perfino certe valutazioni non vincolanti e certe preferenze
terminologiche di Guénon vengano contrapposte a quelle altrui, ingenerando
polemiche sterili e noiose).
Ebbene, il libro di G. Cognetti
sembra rispondere a quell'esigenza di apertura e di equilibrio cui sopra abbiamo
accennato, sottraendo il pensiero guénoniano ai rischi delle chiusure settarie e
d'altro lato alle accuse ingiustificate cui abbiamo fatto allusione. In questo
modo, tale pensiero viene valorizzato in quanto punto di riferimento, assieme ad
altri autori anche contemporanei (v. Raphael, F. Schuon, H. Nasr, Aurobindo, A.
K. Coomaraswamy...) non per una "chiesuola ortodossa" (usiamo l'espressione
spregiativa di un critico di Guénon), ma per tutti quelli che, sia pur con
diversi livelli di consapevolezza, aspirano ad un livello superiore di civiltà e
si collocano in posizione critica rispetto all'Occidente "civilizzatore" ed ai
suoi pseudomiti iperproduttivistici ed antimetafisici.
Se questo è l'atteggiamento di
fondo promosso dal testo di Cognetti, passiamo ora ad un rapido esame, per forza
molto selettivo, di alcuni contenuti specifici che ci sembrano particolarmente
significativi.
1) L'autore rileva (giustamente) che Guénon non ha valorizzato adeguatamente
importanti correnti tradizionali dell'Occidente, riferendosi in particolare alla
Grecia antica (v. alcuni Presocratici ed il Platonismo).
2) La critica guénoniana alla modernità viene opportunamente inserita in un
quadro molto ampio, che include riferimenti a vari altri autori, tra cui: K.
Hubner (Verità del mito, Critica della ragione scientifica),
F. Capra (il Tao della fisica, L'universo come dimora), J.
Biés (Passeports pour des temps nouveaux), R. Alleau (La scienza
dei simboli), G. Vallin (La perspective metaphysique), S. Weil, H.
Corbin....
3) Vengono denunciati i tentativi di piegare il pensiero di Guénon alle esigenze
di ideologie politiche di destra (per la sinistra il problema neanche si pone,
poiché essa rigetta Guénon pregiudizialmente, senza nemmeno conoscerlo). La
metafisica della non-dualità, per la sua stessa natura, non può che esser al di
sopra delle particolari ideologie politiche che contrassegnano la modernità:
nella loro reciproca ristrettezza, esse non possono contenere l'illimitatezza
della metafisica, i cui contenuti travalicano alquanto la pochezza delle opposte
correnti politiche odierne. Una riflessione analoga si può svolgere a proposito
dei tentativi di stravolgere il significato di alcuni simboli tradizionali, in
funzione di ideologie moderne (v. swastika e nazismo).
4) Seguendo Guénon, viene evidenziato come il "sistema chiuso" sia tipico della
scienza moderna e delle filosofie razionalistiche (v, Cartesio, Kant, Hegel,
Comte...), non della Metafisica pura, che è universale (con questo termine
bisogna intendere "apertura universale", e non "pretesa totalizzante", come
spesso si sente dire): il "sistema chiuso" pone inevitabilmente in essere
esclusioni e restrizioni di varia natura, anche nelle società democratiche: si
pensi, dice l'autore esemplificando, all'attuale imposizione di un modello
terapeutico unilaterale nel campo della medicina, volto ad escludere qualsiasi
altro approccio curativo. Lo spirito universalistico della metafisica, invece,
spinge a trascendere ovunque i riduzionismi imprigionanti imposti dai "sistemi
chiusi".
5) Non si tratta di combattere contro un particolare punto di vista (per es. il
punto di vista della scienza newtoniana): si tratta invece di riconoscere la
legittimità di diverse prospettive conoscitive, le quali possono avere un angolo
visuale più o meno ristretto, ma valido in un settore particolare. La gerarchia
tra le diverse prospettive dipenderà perciò dall'ampiezza maggiore o minore
dello angolo visuale. Ci sembra che da questa impostazione autenticamente
"metafisica" e "non-dualistica" si possano ricavare innumerevoli applicazioni
per innumerevoli problemi anche attuali.
6) Nelle società occidentali ed occidentalizzate, certi particolari punti di
vista sono stati assolutizzati ed altri sono stati emarginati o annientati
(sempre nella logica del "sistema chiuso"). Per esempio, gli idoli del
razionalismo scientista e del progresso materiale ad ogni costo, sono serviti
per combattere tutti quelli (popoli interi o minoranze dissidenti, secondo i
casi) che non si adattavano alla mentalità economicistica, iperconsumistica ed
utilitaristica prevalente in Occidente da un certo punto in poi. Tale violenza
modernizzatrice ha procurato inquietudine esistenziale, disastri ecologici,
darwinismo sociale, diseguaglianze crescenti, disoccupazione, alienazione,
sradicamento, sperequazione delle risorse su scala internazionale... Le
ideologie moderne, dall'estrema destra all'estrema sinistra, sono incapaci di
arginare tale degrado ed anzi ne partecipano in qualche misura (i loro conflitti
infatti restano all'interno dello spirito della modernità e nulla più).
7) Solo il riapparire di una superiore spiritualità, metafisicamente ispirata,
potrà svolgere una effettiva funzione risanatrice: e ciò in correlazione ad una
disgregazione dei "sistemi chiusi" fabbricati nel corso degli ultimi secoli a
livello filosofico, religioso, sociale, politico, economico etc.: è però
auspicabile che le crepe dovute a tale disgregarsi lascino filtrare non le
influenze tenebrose e malefiche dei bassifondi dello psichismo (come oggi ancora
accade), bensì le "influenze superiori" della "sophia perennis", le cui
dottrine Guénon, assieme ad altri, ha contribuito a ravvivare.
Da:
http://www.estovest.net/letture/cognettiarca.html
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