"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
Raimon (Raimundo) Panikkar e' nato a Barcellona nel 1918 da madre spagnola e
padre indiano; laureato in chimica, filosofia e teologia, ha insegnato in molte
universita' europee, asiatiche ed americane; e' uno dei principali esperti di
studi interculturali. Opere di Raimon Panikkar: tra i suoi numerosi libri cfr.
Il dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi 1988; Trinita' ed esperienza
religiosa dell'uomo, Cittadella, Assisi 1989; La
torre di Babele, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1990;
La sfida di scoprirsi monaco, Cittadella, Assisi 1991; Ecosofia: la nuova
saggezza, Cittadella, Assisi 1993; Saggezza stile di vita, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1993; La pienezza dell'uomo. Una
cristofania, Jaca Book, Milano 1999; Pace e interculturalita', Jaca Book, Milano
2002; Pace e disarmo culturale, Rizzoli, Milano 2003; La nuova innocenza, tre
volumi, Servitium, Palazzago (Bg); L'esperienza della vita, Jaca Book, Milano
2005. Si vedano anche gli atti del seminario animato da Panikkar su Pace e
disarmo culturale, L'altrapagina, Citta' di Castello (Pg) 1987 (con interventi
tra gli altri di Ernesto Balducci, Fabrizio Battistelli, Luigi Cortesi, Antonino
Drago, Achille Rossi). Opere su Raimon Panikkar: Achille Rossi, Pluralismo e
armonia: introduzione al pensiero di Raimon Panikkar, L'altrapagina, Citta' di
Castello (Pg) s. d. ma 1990]
La guerra e' un fenomeno culturale, ed a livello culturale va contrastata. E'
inutile la ricerca della pace senza un disarmo culturale, il superamento cioe'
della cultura bellica in cui viviamo, che non e' mai realmente andata oltre il
modello della pax romana. Panikkar distingue tre ipotesi sulle origini della
violenza, cui corrispondono tre concezioni della pace. La prima e' quella
monistica, per la quale l'uomo e' originariamente buono, anche se e' decaduto;
potra' tuttavia sollevarsi da questa caduta. In modo piuttosto singolare,
l'autore fa rientrare in questa prima posizione tanto i monoteismi, quanto il
buddhismo ed il marxismo. La seconda ipotesi e' quella dualista, per la quale il
bene e il male sono entrambi principi metafisici.
Infine l'ipotesi a-dualista o advaita, per la quale la realta' e' ambivalente,
ed ogni cosa e' al tempo stesso bene e male; o meglio: il male e' il bene che
perde trasparenza, e puo' essere convertito in bene attraverso la saggezza.
Una cultura tecnocratica tende a considerare anche la pace come un'opera umana.
Essa invece e' un dono: non si costruisce, ma si riceve assumendo un
atteggiamento "femminile" di ricettivita' e di disponibilita' ad accogliere il
dono.
La filosofia della pace e' il tentativo di comprendere il mistero della realta',
superando la violenza epistemica della tradizione occidentale. Il suo
presupposto e' che la struttura della realta' sia armonica. Cio' che e' e' come
deve essere; non disponiamo, del resto, di alcun criterio di valutazione
estraneo alla realta' stessa. La pace e' l'ordine della realta'.
La filosofia che coglie quest'ordine non e' solo esercizio intellettuale, ma
richiede in primo luogo il raggiungimento dell'armonia interiore e l'attitudine
alla contemplazione.
La guerra, come fenomeno limite (al pari della morte), e' un fenomeno religioso.
La secolarizzazione consente di valorizzare la dimensione religiosa della pace
senza cadere nella teocrazia. Disarmo culturale significa, riguardo alla
religione, purificarla dal suo ruolo istituzionale.
Ma a dover essere ridimensionata e' soprattutto la tradizione
tecnico-scientifica europea, con la sua prospettiva evoluzionistica ed
ottimistica. I valori occidentali non vanno negati, ma nemmeno possono piu'
essere usati come armi d'assalto nei confronti della parte restante del mondo.
La stessa verita' non va intesa come uno strumento per vincere, ne' per
convincere: altrimenti diventa ideologia. Il riferimento di Panikkar e' ai
missionari cristiani, ma l'osservazione sembra colpire anche il concetto
gandhiano di satyagraha, fondata sulla idea dell'efficacia della verita' nella
lotta politica.
La modernita' ha tre fattori distintivi: tecnocrazia (che e' una forma di
dominio, ben diversa dalla techne antica), secolarita' e primato della storia
(l'uomo moderno non vive piu' nel cosmo, ma nel mondo storico). La liberazione
umana si e' andata scindendo in salvezza religiosa, salute medica e liberta'
politica. Bisogna riunificate queste tre dimensioni.
La pace e' il risultato della interazione di tre elementi: armonia, liberta' e
giustizia. Armonia vuol dire conciliazione degli opposti (e quindi rinuncia al
dualismo). Cio' non vuol dire che la realta' che accoglie e armonizza i contrari
sia idilliaca. In essa c'e' posto anche per il male. La pace deve fondarsi su
questa armonia cosmica, e rispettarla. "Se e' vero, per esempio, che l'universo
materiale sussiste grazie al fatto che il pesce grande si nutre del piccolo,
l'armonia della pace non potra' consistere nel far si' che gli uomini rinuncino
alla caccia, ma esigera' che questa venga praticata secondo i ritmi naturali
delle cose" (p. 105). E' una posizione diametralmente opposta a quella di Aldo
Capitini, per il quale la filosofia della pace cerca un mondo nel quale il pesce
grande non mangi piu' quello piccolo. Il secondo elemento, la liberta', e' il
rispetto dell'ontonomia di ogni persona, ed a sua volta e' fondata su una
Realta' che e' libera, e dalla quale non ci si puo' isolare senza diventare
nemici della liberta'. La giustizia, terzo elemento, non va confusa con la
legalita', e permette di uscire da una concezione intimistica della pace,
esigendo il riconoscimento di cio' che spetta a ciascuno.
Perche' vi sia pace occorre che i tre elementi - armonia, liberta' e giustizia -
siano in equilibrio, e che nessuno predomini sugli altri. Il centro comune cui
fanno riferimento i tre elementi e' l'amore, inteso non come sentimento, ma come
eros cosmico. I principali ostacoli alla pace sono tre. Il primo e' l'ideale
militare.
Anticamente il militare faceva parte anch'egli dell'ordine cosmico, aveva la
funzione di difendere l'ordine sociale, e rispondeva ad un codice severissimo.
Ora questo ideale cavalleresco e' degenerato a causa del potere e della deriva
tecnocratica, che ha portato dalle armi bianche a quelle atomiche, con le quali
la guerra diventa pura distruttivita'. Il secondo e' appunto la tecnocrazia, che
rompe l'equilibrio cosmico e crea un quarto mondo oltre quelli dell'Uomo, della
Natura e degli Dei. Il terzo ostacolo e' la cosmologia evoluzionista. La legge
dell'evoluzione dice che il passaggio a forme evolutive piu' alte avviene a
costo del sacrificio di milioni di esseri. Come non giustificare cio' anche nel
mondo della storia? Per parlare di pace occorre la trascendenza, intesa non come
un Dio escatologico che premia i buoni, i vincitori della vicenda cosmica, ma
come un Dio al tempo stesso immanente e trascendente, che e' oltre l'uomo ma
anche dentro l'uomo.
E se in ogni uomo c'e' una scintilla di Divino, nessuno puo' essere lasciato
indietro nel cammino dell'umanita'. Di qui l'opzione preferenziale per i poveri
e gli ultimi. "L'opzione per i poveri equivale alla ribellione dell'uomo di
fronte a tutte le forze cieche della natura e della storia" (p. 141), scrive
Panikkar. Ma dire che le forze della natura sono cieche non vuol dire
disapprovare anche il fatto che il pesce grande mangi il piccolo? non significa
introdurre un dover essere, in base al quale giudicare eticamente non solo il
mondo storico, ma anche quello naturale?