"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
Per il saggio catalano, incorcio vivente
dell'integrazione interculturale, la mistica è antidoto contro le degenerazioni
delle religioni. E dice: "Siate pacifici, non giudicate".
'I saggi non dicono tutto quello che pensano, ma pensano
tutto quello che dicono''. Cosi', Massimiliano Finazzer Flory ha descritto
l'incontro con Raimon Panikkar, il mistico nato a Barcellona nel 1918 e che ha
scelto, per la sua unica apparizione pubblica romana, il palcoscenico del Teatro
Eliseo. L'occasione dell'incontro, avvenuto ieri sera presso il teatro
capitolino, è stata la pubblicazione dell'ultimo libro di Raimon Panikkar,
''L'esperienza della vita. La mistica'' (edizioni Jaca Book).
Tre volte laureato (in Chimica, Filosofia e Teologia) e ordinato sacerdote nel
1946, magro e sorridente, semplice come solo i mistici o i santi sanno essere,
Raimon Panikkar non dimostra i suoi novant'anni. Membro dell'Istituto
Internazionale di Filosofia e partecipe di una pluralita' di tradizioni (indiana
ed europea, indu' e cristiana, scientifica e umanistica), il mistico vive oggi
ritirato tra le montagne della Catalogna, dove porta avanti la sua vita
contemplativa. 'Il pensiero occidentale e' un pensiero specializzato, analitico
- ha dichiarato Panikkar - che giunge alla verita', secondo la via indicata da
Tomaso D'Aquino, dividendo e analizzando. Ma il tutto non e' la semplice somma
delle parti e questa e' una realta' che intimorisce l'uomo, ossessionato dalla
certezza cartesiana. La mistica, invece, e' esperienza olistica e piena della
vita, che non ha bisogno di specializzazioni''. L'unica specializzazione che la
mistica richiede e' la pratica, e cioe' l'attuazione delle idee nella vita
quotidiana.
''Le religioni sono diventate impopolari perche' hanno avuto paura della
mistica, divenendo pura ideologia - ha spiegato Panikkar - la mistica invece e'
pratica''. Questa e' la critica di Panikkar alle religioni, incapaci di
distaccarsi dalle pericolose categorie del ''credente'' e del ''non credente''.
''La divisione tra credenti e non credenti e' una divisione di potere'', ha
commentato Panikkar, convinto invece che la conoscenza e la fede abbiano sempre
bisogno dell'apertura all'altro. La presenza del diverso, infatti, e' l'elemento
primo del dialogo fruttuoso, essenziale per la pienezza umana, ''se invece
restiamo chiusi in noi, in noi cristiani o in noi musulmani, diventiamo
inevitabilmente impermeabili alla conoscenza''.
Conoscenza e ascolto si basano sui due elementi fondamentali: silenzio e
incertezza, due atteggiamenti quasi scomparsi all'interno della societa'
contemporanea. Il silenzio, infatti, domanda umilta' intellettuale;
l'incertezza, la capacita' di mettersi in discussione e di aprirsi all'altro,
che e' sempre fonte di conoscenza. Senza l'ascolto, la comprensione diventa
impossibile. Non si tratta dunque di interpretare, ma di entrare in sintonia con
l'altro. ''Le cose che hanno bisogno di interpretazione sono fragili, perche'
dimostrano di aver perso l'atteggiamento fanciullesco richiesto dalla frase del
Vangelo 'Non giudicare' - ha continuato Panikkar - Se la 'ius' e' indispensabile
dal punto di vista pratico e sociale, non e' possibile, nel rapporto quotidiano
tra gli uomini, ergersi a giudice. Siate pacifici, non giudici''.
E nel giudizio si nasconde il pericolo piu' grave per le religioni: ''Quello che
si cerca e' la verita', quello che si trova molto spesso non lo e' - secondo il
mistico, e' questo il fraintendimento su cui poggia le sue basi il fanatismo -
Il fanatico e' colui che, in buona fede, crede di aver trovato la verita'
assoluta: ma la verita' non puo' esistere, se non in relazione con l'altro''.