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Ken Wilber, Una spiritualità
che trasforma
Ken Wilber: Hal Blacker, collaboratore della rivista What is Enlightenment?, ha
descritto l'argomento di questo numero speciale della rivista nel seguente modo
(trascrivo integralmente le sue parole, benché tali concetti appaiano anche in
altri parti di questo numero, per l'incisività, la chiarezza e il grande buon
senso che dimostrano):
'Vogliamo affrontare un argomento delicato, ma ineludibile: la superficialità di
gran parte della ricerca e dei discorsi spirituali in occidente, soprattutto
negli Stati Uniti. Troppo spesso, traslando le tradizioni mistiche dell'oriente
(e di altre aree geografiche) nell'idioma occidentale, la profondità viene
appiattita, la radicalità diluita, il potenziale per la trasformazione
rivoluzionaria soffocato. Il modo in cui ciò avviene sembra spesso sottile, in
quanto le parole degli insegnamenti sono quasi sempre le stesse. Tuttavia,
attraverso un apparente gioco di prestigio che riguarda, forse, il contesto e
quindi, in ultima analisi, il significato, il messaggio dei maggiori
insegnamenti sembra spesso trasformarsi dal ruggito appassionato della
liberazione in qualcosa di più simile al gorgoglio di una calda vasca da bagno
californiana. Esistono delle eccezioni, ma le implicazioni radicali dei più
grandi insegnamenti vengono in tal modo perdute. Vogliamo indagare questa
diluizione della spiritualità in occidente, mettendone a fuoco le cause e le
conseguenze'.
Vorrei analizzare questa affermazione, scomponendola nei punti fondamentali e
commentandoli al meglio delle mie possibilità. Infatti tali punti, presi
insieme, illuminano il cuore stesso della crisi della spiritualità occidentale.
Traslazione o trasformazione
In una serie di libri (per esempio: A Sociable God, Up from Eden e The Eye of
Spirit) ho cercato di dimostrare che la religione ha sempre svolto due funzioni
importantissime e molto diverse. Una è: dare un senso al sé individuale. Essa
offre miti, storie, leggende, racconti, riti e rievocazioni che, presi insieme,
aiutano il sé individuale a dare un senso e a sopportare i colpi e gli strali di
una fortuna avversa. Di solito, questa funzione della religione non muta
necessariamente il livello di consapevolezza di una persona. Non comporta una
trasformazione radicale né una rivoluzionaria liberazione dal sé individuale.
Piuttosto, consola, fortifica, difende e promuove il sé. Si crede fermamente
che, fino a quando il sé individuale crederà nei miti, compirà i rituali, dirà
le preghiere o abbraccerà il dogma, sarà 'salvato': adesso, nella gloria dei
prediletti del Signore o della Dea, o in un aldilà che garantisce meraviglie
eterne.
Ma la religione ha anche svolto la funzione di solito, in una minoranza molto,
molto piccola di garantire una trasformazione radicale e liberatoria. Tale
funzione della religione non fortifica il sé individuale, ma lo scuote dalle
fondamenta. Non la consolazione, ma la distruzione; non il consolidamento, ma il
vuoto; non il compiacimento, ma l'esplosione; non il conforto, ma la
rivoluzione. In breve, non un sostegno tradizionale alla coscienza, ma una
trasmutazione e una trasformazione radicali nel più profondo della
consapevolezza stessa.
Esistono molti modi per definire queste due importanti funzioni della religione.
La prima funzione cioè creare significato per il sé è una forma di movimento
orizzontale; la seconda funzione quella della trascendenza del sé è una forma di
movimento verticale (più elevata o profonda, a seconda della tua metafora). La
prima l'ho definita 'traslazione', la seconda trasformazione'.
Con la traslazione, al sé viene semplicemente offerto un nuovo modo di pensare o
percepire la realtà. Al sé si dà un nuovo credo: forse olistico invece che
atomistico, relazionale invece che analitico, esaltando magari il perdono
anziché il biasimo. A quel punto, il sé impara a traslare il suo mondo e il suo
essere nei termini di questo nuovo credo, linguaggio o paradigma; e tale nuova e
affascinante traslazione riesce, almeno temporaneamente, ad alleviare o
diminuire il terrore innato nel cuore del sé individuale.
Ma con la trasformazione, questo stesso procedimento di traslazione viene
sfidato, osservato, eroso alle fondamenta e infine smantellato. Con la tipica
traslazione si offre al sé (o al soggetto) un nuovo modo di concepire il mondo
(o gli oggetti); ma con la trasformazione radicale il sé viene indagato,
analizzato, afferrato per la gola e letteralmente strangolato fino alla morte.
Per finire, mettiamola così: con la traslazione orizzontale che è di gran lunga
la funzione della religione più diffusa, prevalente e condivisa il sé diventa,
almeno temporaneamente, felice nella sua avidità, contento nella sua schiavitù e
soddisfatto di fronte a quel terrore che è, in realtà, la sua condizione intima.
Con la traslazione, il sé entra come un sonnambulo nel mondo, inciampa miope e
intontito nell'incubo del samsara, si aggira nel pianeta con l'aiuto della
morfina. Ma questa, in realtà, è la condizione comune dell'umanità religiosa, la
stessa che i seguaci della spiritualità trasformativa o radicale sono arrivati a
sfidare e, infine, distruggere.
Infatti, la trasformazione autentica non riguarda il credere, ma la morte di
colui che crede; non è questione di traslare il mondo, ma di trasformarlo; si
tratta di trovare non il sollievo, ma l'infinito dall'altro lato della morte. Il
sé non viene appagato, ma ucciso.
Ebbene, anche se sto chiaramente prendendo le parti della trasformazione a
scapito della traslazione, la realtà è che entrambe, da un punto di vista
generale, sono incredibilmente importanti ed essenziali. Gli individui, per la
maggior parte, non nascono illuminati; vengono alla luce in un mondo di peccato
e sofferenza, speranza e paura, desiderio e
disperazione; vengono partoriti come ego pronti e desiderosi di contrarsi, pieni
di fame, sete, lacrime e terrore. E iniziano molto presto a imparare vari modi
per traslare il loro mondo, dargli un senso e un significato, difendendosi dal
terrore e la tortura che non si celano mai troppo lontano dall'allegra
superficie del sé individuale.
E per quanto noi (intesi come io e te) desideriamo trascendere la mera
traslazione per trovare un'autentica trasformazione, nondimeno la traslazione
stessa è una funzione assolutamente necessaria e cruciale per la gran parte
della nostra vita. Coloro che non riescono a traslare adeguatamente, con
un'opportuna dose di integrità e accuratezza, cadono rapidamente vittima di
gravi nevrosi e persino di psicosi: il mondo cessa di avere senso; i confini tra
il sé e il mondo non vengono trascesi, bensì cominciano a sbriciolarsi. Questo
non è il risveglio, ma il crollo; non la trascendenza, ma il disastro.
Tuttavia, a un certo punto del nostro processo di maturazione, la traslazione in
sé, per quanto adeguata e salda, cessa di consolare. Nessun nuovo credo, mito,
idea o paradigma tamponerà l'affiorare dell'ansia. L'unico sentiero utile non è
un nuovo credo per il sé, ma la trascendenza di quest'ultimo.
Però il numero di individui pronti per un tale sentiero è, è sempre stato, e
presumibilmente sempre sarà, una piccolissima minoranza. Per la maggior parte
delle persone, qualsiasi fede religiosa ricadrà nella categoria della
consolazione: sarà una nuova traslazione orizzontale che darà forma a qualche
significato in mezzo alla mostruosità del mondo. E nella maggior parte dei casi,
la religione ha sempre svolto (in modo egregio) questa prima funzione.
Ecco perché uso anche la parola 'legittimità' per descrivere tale prima funzione
(la traslazione orizzontale e la creazione di senso per il sé individuale). E la
maggior parte dell'importante ruolo svolto dalla religione è fornire legittimità
al sé: legittimità alle sue credenze, ai suoi paradigmi, alla sua visione del
mondo e al suo cammino in esso. Questa funzione della religione di fornire una
legittimità al sé e alle sue credenze per quanto temporanea, relativa,
non-trasformativa o illusoria è stata nondimeno l'unica grandissima e
fondamentale funzione delle tradizioni religiose mondiali. La capacità di una
religione di dare un senso orizzontale, una legittimità e una sanzione al sé e
alle sue credenze: tale funzione della religione è stata, storicamente, l'unico
e più grande collante sociale di cui disponga una cultura.
E non è facile, né è cosa da poco, manomettere il collante fondamentale che
tiene insieme le società. Infatti, spessissimo, quando quel collante si scioglie
quando quella traslazione viene meno il risultato, come stavamo dicendo, non è
il risveglio ma il crollo, non la liberazione ma il caos sociale (ritorneremo
tra un istante su questo punto importantissimo).
Laddove la religione traslatoria offre legittimità, la religione trasformativa
offre autenticità. Per quei pochi individui che sono pronti cioè, stanchi della
sofferenza del sé individuale e non più capaci di abbracciare la visione del
mondo legittima un'apertura trasformativa alla vera autenticità, illuminazione e
liberazione esercita un richiamo sempre più forte. E, a seconda della tua
capacità di soffrire, prima o poi risponderai al richiamo dell'autenticità,
della trasformazione, della liberazione sull'orizzonte perduto dell'infinito.
La spiritualità trasformativa non cerca affatto di sostenere o legittimare
alcuna presente visione del mondo, ma di fornire la vera autenticità frantumando
ciò che il mondo considera legittimo. La consapevolezza legittima viene
sanzionata dal consenso, adottata dalla mentalità del branco, abbracciata tanto
dalla cultura quanto dalla controcultura, promossa dal sé individuale come il
modo di dare senso a questo mondo. Ma la consapevolezza autentica si scuote
rapidamente di dosso tutto ciò, abituandosi a vedere solo la radiosità
dell'infinito nel cuore di tutte le anime e respirando nei suoi polmoni
nient'altro che l'atmosfera di un'eternità così semplice da risultare
incredibile.
La spiritualità autentica, trasformativa, è quindi rivoluzionaria. Essa non
legittima il mondo, ma lo distrugge; non lo consola, ma lo frantuma. E non
appaga il sé, ma lo disfa.
E questi fatti portano a molteplici conclusioni.
Chi vuole davvero trasformarsi?
È credenza diffusa che l'oriente trabocchi letteralmente di spiritualità
trasformativa e autentica, mentre l'occidente sia storicamente che nell'odierna
New Age non ha niente altro da offrire che varie forme di spiritualità
orizzontale, traslatoria, meramente legittima e quindi debole. In questo c'è
qualcosa di vero, ma la realtà è molto più cupa, tanto per l'oriente quanto per
l'occidente.
Innanzitutto, anche se è generalmente vero che l'oriente ha prodotto un numero
più grande di ricercatori autentici, l'effettiva percentuale della popolazione
orientale impegnata nell'autentica spiritualità trasformativa è, ed è sempre
stata, miserevolmente bassa. Una volta chiesi a Katigiri Roshi, con cui ebbi la
mia prima esperienza di risveglio (non di crollo, si spera) quanti autentici
grandi maestri di ch'an e di zen fossero esistiti. Senza esitazioni, egli mi
rispose: «Forse un migliaio in tutto». A un altro maestro zen chiesi quanti
maestri zen autenticamente illuminati profondamente illuminati fossero vivi nel
Giappone odierno, e lui rispose: «Non più di una dozzina».
Assumiamo, per amore della discussione, che queste siano solo risposte vaghe.
Esaminiamo i numeri. Anche se affermiamo che in tutta la storia sono esistiti
solo un miliardo di cinesi (una stima estremamente bassa), ciò vuol dire che
solo mille persone su un miliardo hanno raggiunto una spiritualità autentica e
trasformativa. Per chi tra voi non ha una calcolatrice, questo equivale allo
0,0000001 della popolazione totale.
E questo vuol dire, indubbiamente, che il resto della popolazione era (ed è)
dedita, al massimo, a vari tipi di religione orizzontale, traslatoria e
meramente legittima: pratiche magiche, credenze mitiche, preghiere consistenti
in petizioni egoiche e così via. In altre parole, a vie traslatorie per dare
senso al sé individuale, una funzione traslatoria che è stata (come stavamo
dicendo) il maggiore collante sociale della cultura cinese (e di tutte le altre)
fino a oggi.
Quindi, senza volere in alcun modo sminuire il contributo davvero straordinario
delle grandi tradizioni orientali, la realtà è semplicissima: la spiritualità
radicale e trasformativa è estremamente rara, in qualsiasi tempo e in ogni area
geografica (per l'occidente, i numeri sono ancora più deprimenti. Non aggiungo
altro).
Dunque, anche se possiamo giustamente lamentarci del numero esiguo di
occidentali alla ricerca di una realizzazione spirituale autentica e
radicalmente trasformativa, non commettiamo l'errore di affermare che in epoche
precedenti o in altre culture le cose erano molto diverse. In certi momenti, in
occidente è andata un po' meglio di adesso, ma il fatto rimane: la spiritualità
autentica è un uccello incredibilmente raro, in qualsiasi luogo e tempo. Quindi,
cominciamo dal fatto incontrovertibile che la spiritualità autentica, verticale
e trasformativa è uno dei gioielli più preziosi dell'intera tradizione umana,
precisamente perché, come tutti i gioielli preziosi, è straordinariamente raro.
Secondo, anche se io e te siamo profondamente convinti del fatto che la più
importante funzione che possiamo svolgere è offrire un'autentica spiritualità
trasformativa, la realtà è che molto di ciò che dobbiamo fare nella nostra
capacità di portare una spiritualità decente nel mondo è offrire modi di
traslazione più utili e benevoli. In altre parole, anche se stiamo praticando,
od offrendo, un'autentica spiritualità trasformativa, gran parte di ciò che
dobbiamo innanzitutto fare è fornire alla gente un modo più adeguato di traslare
la sua condizione. Dobbiamo cominciare con utili traslazioni, prima di poter
offrire efficacemente autentiche trasformazioni.
La ragione è questa: se un individuo (o una cultura) viene privato troppo
rapidamente, bruscamente o maldestramente della traslazione, il risultato
(ancora una volta) non è il risveglio, ma il crollo; non la liberazione, ma il
collasso. Lasciatemi fare due brevi esempi.
Quando Chögyam Trungpa Rinpoche, un grande (anche se controverso) maestro
tibetano, venne per la prima volta in America, divenne famoso perché, alla
domanda sul significato di Vajrayana, rispondeva sempre: 'Esiste solo Ati'. In
altre parole, esiste solo la mente illuminata, ovunque tu rivolga lo sguardo.
L'ego, il samsara, maya, le illusioni Non dobbiamo liberarci di alcuno di essi,
perché in realtà non esistono: in qualsiasi punto dell'esistenza c'è solo Ati,
lo Spirito, Dio, la Consapevolezza non duale.
In pratica, nessuno lo capì; nessuno era pronto a questa comprensione radicale e
autentica dell'onnipresente verità. Quindi, alla fine Trungpa introdusse
un'intera serie di pratiche minori che conducevano a questa estrema e radicale 'non-pratica'.
Propose le nove Yana come base della pratica; ovvero, nove stadi o livelli della
pratica culminanti nella non-pratica finale dell'onnipresente Ati.
Molte di queste pratiche erano semplicemente traslatorie, e alcune erano ciò che
potremmo definire 'pratiche trasformative minori': trasformazioni in scala
ridotta che rendevano il corpo-mente più aperto all'illuminazione radicale già
esistente. Queste pratiche traslatorie e minori conducevano alla 'pratica
perfetta' della non-pratica, o alla comprensione radicale, istantanea e
autentica che, sin dall'inizio, esiste solo Ati. Quindi, anche se la
trasformazione finale era il primo obiettivo e il fondamento onnipresente,
Trungpa dovette introdurre delle tecniche traslatorie e minori per preparare la
gente all'ovvietà di ciò che è.
Esattamente la stessa cosa successe con Adi Da, un altro influente (e ugualmente
controverso) esperto della materia (ma stavolta americano). Egli, all'inizio,
non insegnava altro che la via della comprensione: non un cammino per conseguire
l'illuminazione, ma un'indagine sui motivi per i quali, in primo luogo, si
desidera raggiungerla. Il desiderio stesso di cercare l'illuminazione, in
realtà, non è altro che una manifestazione dell'avidità dell'ego, e quindi è la
ricerca stessa dell'illuminazione a impedire quest'ultima. La 'pratica perfetta'
non è la ricerca dell'illuminazione, ma un'indagine sui motivi della ricerca
stessa. Ovviamente, sei alla ricerca per evitare il presente, ma è solo il
presente a contenere la risposta: una ricerca eterna vuol dire mancare il punto
per sempre. Poiché sei già sempre lo Spirito illuminato, ricercare quest'ultimo
equivale semplicemente a negarlo. Non puoi conseguire lo Spirito più di quanto
non puoi ottenere i tuoi piedi o acquisire i tuoi polmoni.
Nessuno lo capì. E così Adi Da, esattamente come Trungpa, introdusse un'intera
serie di pratiche traslatorie e meno trasformative di fatto, sette stadi di
pratica in grado di portarti al punto in cui potevi fare a meno di qualsiasi
ricerca, aprendoti all'onnipresente verità della tua condizione eterna e senza
tempo, completamente e totalmente presente sin dall'inizio, ma brutalmente
ignorata nel frenetico desiderio della ricerca.
Ebbene, qualsiasi cosa tu possa pensare di questi due esperti, resta il fatto:
essi misero in atto forse i primi due grandi esperimenti in questo paese per
introdurre il concetto Esiste solo Ati, c'è solo lo Spirito. Di conseguenza, la
ricerca dello Spirito è esattamente ciò che impedisce la realizzazione. Ed
entrambi scoprirono che, per quanto noi si sia presenti ad Ati, alla verità
trasformativa di questo momento, pratiche traslatorie e meno trasformative sono
quasi sempre un prerequisito per quella trasformazione finale e totale.
Il mio secondo punto, allora, è che, oltre a offrire una trasformazione radicale
e autentica, dobbiamo essere sensibili e attenti alle numerose e benefiche
varietà delle pratiche minori e traslatorie. Questo atteggiamento più generoso
richiede quindi un approccio integrale alla trasformazione complessiva, un
approccio che onori e incorpori molte pratiche traslatorie e meno trasformative
coprendo l'aspetto fisico, emotivo, mentale, culturale e comunitario dell'essere
umano come preparazione ed espressione della trasformazione finale nello stato
onnipresente.
E quindi, pur criticando giustamente la religione meramente traslatoria (e tutte
le forme minori di trasformazione), dobbiamo anche comprendere che un approccio
integrale alla spiritualità unisce il meglio dell'orizzontale e del verticale,
del traslatorio e del trasformativo, del legittimo e dell'autentico.
Indirizziamo dunque i nostri sforzi verso una concezione generale sana ed
equilibrata della situazione umana.
Saggezza e compassione
Ma questo mio punto di vista non è terribilmente elitario? Buon Dio, spero di
sì. Quando vai a una partita di basket, speri di vedere me o Michael Jordan?
Quando ascolti musica pop, stai pagando per sentire me o Bruce Springsteen?
Quando vuoi un buon libro, preferisci me o Tolstoy per una lettura serale?
Quando paghi 64 milioni di dollari per un quadro, quest'ultimo sarà dipinto da
me o da Van Gogh?
Qualsiasi eccellenza è elitaria. Ciò include anche l'eccellenza spirituale. Ma
quest'ultima è un'eccellenza alla quale siamo tutti invitati. Prima ci dirigiamo
dai grandi maestri: Padmasambhava, Santa Teresa d'Avila, Gautama il Buddha, Lady
Tsogyal, Emerson, Eckhart, Maimonide, Shankara, Sri Ramana Maharshi, Bodhidharma,
Garab Dorje. Ma il loro messaggio è sempre lo stesso: lascia che questa
consapevolezza che è in me sia anche in te. Si comincia elitari e si finisce
egalitari, sempre.
Ma nel mezzo c'è l'irosa saggezza che urla dal cuore: dobbiamo, tutti, avere
sempre di mira l'obiettivo radicale e totalmente trasformativo. Quindi,
qualsiasi tipo di spiritualità integrale o autentica implicherà sempre una
critica intensa e occasionalmente polemica dal campo trasformativo a quello
meramente traslatorio.
Se usiamo le percentuali del ch'an cinese come esempio generale, esse mostrano
che se lo 0,0000001 della popolazione pratica la spiritualità genuina e
autentica, lo 0,9999999 coltiva una fede non-trasformativa, non-autentica,
meramente traslatoria od orizzontale. E questo vuol dire ebbene sì che la
spiritualità della stragrande maggioranza di 'ricercatori spirituali' in questo
paese (e altrove) è assai poco autentica. È sempre stato così ed è così anche
adesso. Questo paese non fa eccezione.
Ma nell'America di oggi, ciò dà molto più fastidio, perché la grande maggioranza
di praticanti spirituali spesso crede di rappresentare la prima linea della
trasformazione spirituale, il nuovo paradigma che muterà il mondo, la grande
trasformazione di cui essi sono l'avanguardia. Ma molto spesso, essi non sono
affatto trasformativi; sono meramente, ma aggressivamente, traslatori. Non
offrono mezzi efficaci per smantellare profondamente il sé, bensì semplici modi
di farlo pensare diversamente; non percorsi di trasformazione, ma nuove vie per
traslare. In realtà, ciò che la maggior parte di loro offre non è una pratica o
una serie di pratiche, la sadhana, il satsang, il shikan-taza o lo yoga. Ciò che
la maggior parte di loro offre è semplicemente il consiglio: leggi il mio libro
sul nuovo paradigma. Tutto ciò è molto disturbato e profondamente disturbante.
Pertanto, le autentiche realtà spirituali hanno l'anima e il cuore delle grandi
tradizioni religiose, ma faranno sempre due cose allo stesso momento:
apprezzeranno e praticheranno le pratiche traslatorie e minori (dalle quali di
solito dipende il loro successo), ma grideranno anche con tutto il cuore che la
traslazione da sola non è sufficiente.
E dunque, tutti coloro ai quali la trasformazione autentica ha inciso
profondamente l'anima devono, credo, vedersela con il profondo obbligo morale di
proclamare dal cuore forse in modo calmo e tranquillo, con lacrime di
riluttanza; forse con passione infuocata e irosa saggezza; forse con un'analisi
ponderata e precisa; forse con un indiscutibile esempio pubblico ma in un modo o
nell'altro, l'autenticità pone sempre e assolutamente una richiesta e un
obbligo: parlare a voce alta, al massimo delle tue capacità, scuotendo l'albero
spirituale e indirizzando il tuo fascio di luce negli occhi di chi si sente
appagato. Devi lasciare che quella realizzazione radicale rimbombi nelle tue
vene e scuota chi ti circonda.
Ahimè! Se non farai così, starai tradendo la tua autenticità e nascondendo la
tua vera condizione. Non vuoi turbare gli altri perché non vuoi turbare te
stesso. Stai agendo in malafede, stai propendendo verso la malvagità.
Perché, vedi, il fatto allarmante è che qualsiasi profonda realizzazione
comporta un peso enorme. A chi è consentito vedere, viene allo stesso tempo
imposto l'obbligo di comunicare tale visione in modo chiaro. Questo è l'accordo.
Ti è stato permesso di vedere la verità a patto di comunicarla agli altri (ecco
il significato fondamentale del voto del bodhisattva). E quindi, se hai visto,
devi semplicemente dirlo chiaro e forte. Parla con compassione, con irosa
saggezza o con abilità oratoria, ma parla.
Questo è davvero un peso terribile, orribile, perché non c'è posto per la
timidezza. Il fatto che potresti avere torto non è, semplicemente, una scusa.
Nella tua comunicazione potresti avere torto o ragione, ma questo non importa.
Ciò che conta, come Kierkegaard ce lo ha ricordato tanto bruscamente, è che solo
esprimendo la tua visione con passione, la verità può alla fine, in un modo o
nell'altro, fare breccia nella riluttanza del mondo. Solo la tua passione
dimostrerà se hai torto o ragione. È tuo dovere far conoscere quella scoperta in
un modo o nell'altro e quindi esprimerla con tutto il coraggio e la passione che
puoi trovare nel cuore. Devi urlare, in un modo qualsiasi.
Il mondo volgare sta già urlando, e con un astio così rauco che le voci più
autentiche si odono a mala pena. Il mondo materialista è già pieno di pubblicità
e attrattive, adescamenti e richiami commerciali, saluti di benvenuto e inviti
ad avvicinarsi. Non voglio essere duro qui, perché dobbiamo rispettare tutte le
attività minori. Ciononostante, avrai notato che la parola 'anima' è, in questo
momento, quella che vende meglio sulla copertina dei libri; e ciò che anima vuol
dire, nella maggior parte di questi libri, è semplicemente l'ego sotto mentite
spoglie. La parola anima ormai denota, in questa frenesia traslatoria, non ciò
che in te è senza tempo, ma ciò che si agita producendo più rumore. Cura
dell'anima, incomprensibilmente, non vuol dire altro che una concentrazione
intensa sul sé fieramente individuale. In modo simile, 'spirituale' è sulle
labbra di tutti, ma di solito tutto ciò che indica è un'intensa sensazione
egoica, così come 'cuore' è finito con il significare qualsiasi sincero
sentimento di autocontrazione.
Tutto ciò, in verità, è solo il vecchio gioco traslatorio, vestito a festa per
andare in città. Queste cose potrebbero essere più che accettabili se non fosse
per l'allarmante fatto che tali manovre traslatorie vengono aggressivamente
definite 'di trasformazione', quando, naturalmente, non sono altro che una nuova
serie di abili traslazioni. In altre parole, sembra esserci (ahimè!) una
profonda ipocrisia dietro il gioco di prendere qualsiasi nuova traslazione e
definirla la grande trasformazione. E il mondo in generale oriente od occidente,
nord o sud è, ed è sempre stato, per la maggior parte, totalmente sordo a questa
calamità.
E quindi, stante la misura della tua autentica realizzazione, stavi davvero
pensando di sussurrare educatamente all'orecchio di quel mondo mezzo sordo? No,
amico mio, devi urlare. Urla dal cuore ciò che hai visto, urla in qualsiasi modo
ti viene.
Ma non indiscriminatamente. Usiamo attentamente questo urlo trasformativo.
Lasciamo che piccole sacche di spiritualità autenticamente trasformativa, di
vera spiritualità, concentrino i loro sforzi e trasformino i propri studenti. E
lasciamo che queste sacche comincino a estendere la loro influenza lentamente,
attentamente, responsabilmente e umilmente, abbracciando un'assoluta tolleranza
per tutti i punti di vista, ma cercando sempre di sostenere una spiritualità
vera, autentica e integrale. Per esempio, con la radiosità, il sollievo
naturale, l'incontestabile liberazione che essa provoca. Lasciamo che queste
sacche di trasformazione persuadano gentilmente il mondo e i suoi ego
riluttanti, sfidandone la legittimità, le traslazioni limitate e offrendo un
risveglio dall'intorpidimento generale.
Cominciamo qui e ora, da noi, da me e te. Impegniamoci a respirare nell'infinito
fino a quando quest'ultimo sarà l'unica realtà che il mondo riconoscerà.
Lasciamo che i nostri volti risplendano di una trasformazione radicale; che dal
nostro cuore e dal nostro cervello ruggisca e risuoni una semplice, ovvia
realtà: tu, nell'immediatezza della tua consapevolezza presente, sei di fatto il
mondo intero, in tutti i suoi alti e bassi, in tutta la sua gloria e grazia, in
tutti i suoi trionfi e lacrime. Non vedi il sole, sei il sole; non ascolti la
pioggia, sei la pioggia; non senti la terra, sei la terra. E in tale contesto,
semplice, chiaro e indubitabile, la traslazione è cessata in tutti i campi: ti
sei trasformato nel Cuore stesso del Cosmo. Là, proprio là, molto semplicemente
e in silenzio, tutto è disfatto.
A quel punto, la meraviglia e il rimorso, il sé e gli altri ti saranno
ugualmente estranei; l'esteriore e l'interiore non avranno alcun significato. E
nello shock di tale indubitabile riconoscimento in cui il mio maestro è il sé,
il sé è il cosmo in generale e quest'ultimo è la mia anima camminerai con grande
levità nella foschia di questo mondo, trasformandolo interamente senza fare
nulla.
E allora, allora e solo allora, scriverai distintamente, attentamente e in modo
compassionevole, sulla pietra tombale di un sé mai esistito: Esiste solo Ati.
Da:
www.rebirthingtranspersonale.com/html/articoli/trasforma.html
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