L'ospite non invitato; la storia di Christina (Christina Grof)

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L'ospite non invitato; la storia di Christina (Christina Grof)


Il mio viaggio personale di trasformazione è la prima ragione dl mio
grande interesse e coinvolgimento nel campo dell’emergenza spirituale.
Per anni sono stata immersa in un processo di risveglio drammatico e
assorbente, che mi si era introdotto non invitato nella mia esistenza e che
ha trasformato la mia vita e modificato profondamente tanto me che Stan.
La lotta quotidiana, con tutti i problemi e le complicazioni creati dalla mia
avventura, ha insegnato ad entrambi molte cose, che sono in seguito
risultate utili anche agli altri ; e che costituiscono il nucleo centrale del
lavoro che ha portato sia a questo volume sia al primo libro che abbiamo
scritto su questo argomento, Emergenza Spirituale (red edizioni, Como,
1993). Questa è la relazione del caso di emergenza spirituale che noi due
conosciamo meglio. Ho scoperto che quando racconto la mia storia
personale molte persone erano in risonanza con essa e traggono conforto
dal fatto di non essere sole; i particolari possono variare, ma la dinamica
generale sembra essere comune per molti di noi. Forse alcuni dei temi di
cui parlerò vi risulteranno familiari, in base a un’esperienza personale o di
qualcuno a voi vicino.
Ricordate tuttavia che quello che descrivo è il mio caso personale di
emergenza spirituale e che probabilmente esso è più colorito e drammatico
della maggior parte dei casi. Non per tutti le cose vanno a questo modo.
Anche se il mio viaggio è stato per molti anni turbolento e caotico, sono
passata dagli stadi più intollerabili ad altri più sereni, che mi hanno portato
a una modalità di esistenza più integrata di quanto non avessi mai
sperimentato prima. Le energie, che prima cozzavano disordinatamente,
sono in seguito diventate fluenti e regolari; e al caos dei primi anni è
subentrata una fase di creatività. Parecchi problemi emotivi che prima
condizionavano la mia vita sono stati risolti e molte paure che mi
assillavano sono scomparse. L’aver affrontato questa prova mi ha reso una
persona più appagata e più in pace col mondo.
Ho passato gran parte della mia infanzia nei sobborghi di Honolulu.
Esteriormente apparivo del tutto simile a tante altre ragazzine cresciute
durante gli anni Quaranta e Cinquanta.
Come altre della mia generazione, cercavo di essere una “brava bambina”,
che rispetta i valori convenzionali, fa quello che ci si aspetta da lei e non 43
perde mai il controllo. Quando non andavo a scuola, passavo molto tempo
fuori casa nuotando, facendo del surf, andando a cavallo. Avevo dieci anni
quando entrai in contatto con la Chiesa episcopale della nostra zona e fui
presa da una passione per Gesù. Un paio di anni dopo, divenni membro
attivo nella Chiesa.
Amavo il Natale, con la commovente cerimonia piena di luci della nascita
di Gesù; era un periodo magico, che mi affascinava. Ma una presa ancora
maggiore su di me l’aveva la Pasqua, per la potenza degli eventi che
rievocava. Per me Gesù non era una figura storica vissuta duemila anni
orsono; la sua morte e la sua resurrezione erano esperienze vive, a cui
partecipavo. Egli era reale, presente, raggiungibile da me, qui e ora.
Crescendo il mio legame con la religione ufficiale andò indebolendosi;
provai gli stessi sentimenti appassionati che avevo vissuti nella Chiesa
quando esplorai il mondo dell’arte, della letteratura e della mitologia. Al
college studiai con il grande mitologo , Joseph Campbell e mi colpì la
scoperta che il tema della morte e della rinascita riappariva ripetutamente
nei miti di tante culture. Malgrado l’ampliamento mentale prodotto dai
miei studi, la mia visione personale del mondo rimaneva limitata e piena
di timori.
Molti aspetti della vita mi spaventavano e la morte mi terrorizzava.
Pensavo che venissimo su questa Terra una sola volta. Nasciamo,
facciamo quello che possiamo prima che la morte ci colga, poi moriamo.

Giugno 1964

Pochi giorni dopo essermi diplomata al college, sposai un professore della
scuola superiore che avevo conosciuto nelle Hawaii. Vivevamo a
Honolulu, dove io insegnavo arte e scrittura creativa. Mi era sempre
piaciuta l’attività fisica, così facevo ginnastica e frequentavo una volta alla
settimana un corso di Hatha Yoga. Mantenevo la mia concezione piuttosto
convenzionale della vita e pensavo che la scontentezza che provavo (e
celavo) fosse semplicemente da accettarsi come parte dell’esistenza.
Eppure, nel profondo, avvertivo un’indistinta aspirazione a qualcos’altro.

Dopo quattro anni decidemmo di metter su famiglia e io rimasi subito
incinta del nostro primo figlio. Durante i nove mesi della gravidanza,
combinai lo stretching dello hatha yoga con le tecniche che imparavo nei
corsi di preparazione al parto secondo il metodo Ferdinand Lamaze. Mi
piaceva aspettare un bambino, mi sembrava di partecipare a un miracolo;
attendevo con gioiosa ansia l’arrivo del nostro primo figlio. 44
28 settembre 1968

Mentre ero stesa sul lettino della sala parto, guardai verso l’alto e vidi
l’immensa lampada chirurgica e le facce gentili e premurose dei medici,
dell’assistente e delle infermiere, e di mio marito. Dopo sole poche ore di
doglie, mio figlio stava facendo rapidamente il suo ingresso nel mondo,
mentre io cooperavo con tutte le forze, piena di entusiasmo.
Le persone intorno a me mi incoraggiavano dicendo: Spingi…spingi…con
calma e con forza, ricordati di respirare…”, quando improvvisamente
avvertii un brusco strattone dentro di me, mentre delle potenti energie
sconosciute venivano inaspettatamente liberate e mi inondavo il corpo.
Cominciai a tremare in maniera incontrollabile.
Grandi tremiti elettrici correvano dalla punta dei piedi su per le gambe e la
spina dorsale, fino al sommo della testa. Dei luminosissimi mosaici di luce
bianca mi esplosero in testa e, invece di continuare la respirazione
profonda secondo il metodo Lamaze, fui colta e sopraffatta da un ritmo di
respirazione strano, involontario.
Fu come se fossi stata colpita da una forza miracolosa ma terrificante, che
mi lasciò eccitata e terrorizzata; lo scuotimento le visioni e quella strana
respirazione spontanea non erano certamente quanto mi ero aspettata dopo
tutti quei mesi di preparazione al parto. Non appena mio figlio fu venuto al
mondo, mi fecero due iniezioni di morfina, che arrestarono l’intero
processo. Ben presto il fenomeno meraviglioso cessò e io rimasi piena di
imbarazzo e timori. Ero una donna che cercava sempre di no dimenticare
le buone maniere, molto rispettosa delle autorità, ed ecco che avevo perso
completamente il controllo! Cercai di ricompormi nel più breve tempo
possibile.

2 Novembre 1970

Due anni dopo la nascita di Nathaniel, ebbi un’esperienza analoga durante
gli stadi finali del parto di mia figlia Sarah. Le esperienze furono più
potenti delle precedenti e mi fu data una bella dose di tranquillanti, che
confermarono la mia impressione che, qualsiasi cosa stesse accadendo, era
comunque il sintomo di una malattia. In seguito, feci il possibile per
rimuovere e dimenticare quello che consideravo un episodio umiliante di
inadeguatezza. Mi piaceva fare la madre e passavo quasi tutto il mio
tempo con i miei figli. Continuavo a studiare hatha yoga per mantenermi
in forma, ed ero diventata piuttosto brava nell’esecuzione di vari esercizi
fisici complessi. Un giorno, qualcuno nella mia classe di yoga avanzato 45
raccontò, con una certa eccitazione, che stava per arrivare a Honolulu un
guru proveniente dall’India, che proponeva un ritiro di tre giorni in cui si
sarebbero fatte delle meditazioni e si sarebbe cantato, oltre ad ascoltare dei
discorsi spirituali. Il mio matrimonio si stava deteriorando, dopo anni di
divergenze e di infelicità. Avevo bisogno di passare una settimana lontano
da casa, e anche se la cosa non mi interessava in modo particolare, mi
iscrissi al ritiro, senza avere la minima idea di ciò a cui andavo incontro.

Luglio 1974

Il guru si chiamava Swuami Muktananda, Baba per i suoi seguaci.
Originario dell’India meridionale, aveva cominciato a quindici anni la sua
fervente ricerca spirituale, che alla fine lo aveva condotto al suo maestro,
Bhagawan Nityananda. Dopo anni di intensa pratica della meditazione
sotto la guida del suo maestro, aveva raggiunto l’autorealizzazione.
Era diventato un rispettato maestro di shaktipat, un maestro capace di
risvegliare negli altri, mediante uno sguardo, un contatto, una parola, gli
impulsi e le energie spirituali, dando inizio ad un processo di sviluppo
spirituale. In seguito aveva fatto molti viaggi nell’ovest, dove aveva
iniziato alla sua tradizione del Siddha yoga migliaia di persone mediante
lo shaktipat; inoltre aveva tenuto conferenze e scritto diffusamente sulla
meditazione, lo yoga, la mente e altri argomenti spirituali.
Il miglior modo per descrivere il mio incontro con Muktananda è dire che
è stato come innamorarsi perdutamente o incontrare l’anima gemella.
Entrare in contatto con lui cambiò completamente il corso della mia vita.
Anche se sapevo assai poco su Muktananda e il suo mondo, il secondo
giorno di ritiro ricevetti lo shaktipat, e nel modo più inaspettato.
Durante una meditazione, lui mi guardò e poi, con una certa forza, mi
diede varie volte un colpetto sulla fronte con la mano. L’impatto di questo
gesto apparentemente banale fece saltare il coperchio che tratteneva tutte
le esperienze, le emozioni e le energie che mi tenevo dentro fin dal giorno
della nascita di Sarah.
Improvvisamente mi sembrò di essere stata collegata a una presa di
corrente ad alto voltaggio e fui scossa da brividi incontrollabili. Il respiro
assunse un ritmo automatico, molto rapido, e una moltitudine di visioni
inondò la mia coscienza. Piansi come se mi sentissi rinascere; sperimentai
la morte; fui travolta dal dolore e dall’estasi, dalla forza e dalla dolcezza,
dall’amore e dalla paura, mi immersi negli abissi e ascesi le più alte vette.
Ero come su un ottovolante esperienziale, e sapevo di non poter più
impedire che la cosa accadesse. Il genio era uscito dalla bottiglia. Durante 46
i mesi che seguirono, tutta la mia vita cambiò. La mia ordinata e limitata
visione del mondo andò in pezzi, e cominciai a scoprire nuove possibilità
entro di me, mentre portavo avanti le mie esperienze di meditazione. Nello
stesso periodo tutto quello che credevo possedere o essere scomparve in
rapida successione: il matrimonio finì, e e con esso se ne andarono la mia
posizione sociale, il denaro, perfino le carte di credito. Mi sembrava che
qualcosa avesse impresso un ritmo accelerato alla mia vita, che molte cose
che sarebbero successe gradualmente nel corso del tempo avvenissero
invece tutte insieme.
Ero sempre più sospinta da una forza interiore sconosciuta a meditare e a
praticare lo yoga, e riconoscevo in Muktananda il mio maestro spirituale.
La dedizione con cui praticavo le nuove attività spirituali mi rese sempre
più difficile lavorare, e ben presto lasciai il mio posto. Molti amici e la mia
famiglia si allontanarono da me, stupiti dai miei nuovi interessi e scossi
dalla fine del mio matrimonio.
Avevo cominciato ad avere quelli che chiamavo attacchi di ansia, accessi
di enorme energia che qualche volta mi rendevano difficile sbrigare i
compiti di tutti i giorni. Ero invasa da un misto di paura, panico e rabbia,
ma al tempo stesso ero consapevole di un profondo e delicato legame con
la nuova spiritualità, una fonte sconosciuta dentro di me che mi riempiva
di gioia e di pace.
Non sapevo più chi fossi e dove andassi, avevo perso la mia identità nel
mondo e il timone della mia vita.

Maggio 1975

Questi eventi furono intensificati da un incidente automobilistico in ancora
una volta vidi da vicino la morte. In quell’attimo tumultuoso, in mezzo al
cozzo metallico ed ai vetri che andavano in frantumi, vidi la mia vita
passarmi davanti agli occhi come in un film.
Ero sicura di stare per morire. Improvvisamente mi sembrò di attraversare
la cortina opaca della morte e fui colta da una sensazione profonda di
unione con ogni cosa nell’universo. Avvertivo di far parte di una
complessa rete che abbracciava e univa tutto, che era eterna, nella quale
avrei seguitato a esistere per sempre sotto una qualche forma.
La mia precedente certezza che la morte ponesse fine a tutto venne in un
sol colpo cancellata da qualcosa che appariva tanto reale da non poterlo
negare. Ormai non avrei più potuto credere che la morte fosse la fine di
tutto. Dopo un periodo di profonda euforia suscitata dalle mie scoperte,
cominciai a crollare, costretta ad abbandonare la nuova consapevolezza 47
per occuparmi delle potenti energie fisiche ed emozioni, tremiti, ansia,
paura, che mi invadevano, ed erano entrate a far parte della mia vita
quotidiana.
Di punto in bianco ero stata buttata fuori dalla mia realtà familiare e
rassicurante, scagliata in un mondo che comprendeva la morte, la nascita,
la rinascita, la spiritualità, in preda a sensazioni ed emozioni prima
completamente sconosciute.
Ero spaventata, mi sentivo sola, e, poiché non avevo mai sentito parlare di
qualcun altro a cui fossero accadute esperienze simili, l’unica spiegazione
che potevo trovare per la mia improvvisa deviazione alla normalità era che
stavo diventando pazza. Mi sentivo folle e cominciai a pensare che avrei
passato il resto della mia vita rinchiusa in un ospedale psichiatrico.

Estate 1975

In giugno il nostro divorzio fu definitivo e io mi diressi tristemente e piena
di paure verso una sconosciuta vita solitaria. Decisi di recarmi sulla costa
orientale degli Stati Uniti per far visita ad alcuni amici e cercare di dare
una nuova direzione alla mia vita. Quando fui lì, ebbi l’improvvisa
ispirazione di telefonare a Joseph Campbell, che era rimasto un amico, fin
dai tempi del college.
Ci incontrammo in un piccolo ristorante italiano di New York City e io gli
confidai tutta la mia confusione. Joe ascoltò attentamente, con grande
comprensione e, dopo aver riflettuto un poco, disse: ho un amico in
California, in un posto chiamato Esalen, che si interessa a questo genere di
cose; si chiama Stan Grof, p erché non vai a parlargli!?”
Seguii il consiglio del mio mentore, e quell’incontro a Big Sur, in
California, fu l’inizio di una relazione personale e professionale che da
allora non si è più interrotta. Dopo aver ascoltato la mia storia, Stan mi
diede il suo libro appena uscito, Realms of the Uman Uncoscious (I regni
dell’inconscio umano) e mi disse: “leggi le pagine sul processo di morte-rinascita e sulle esperienze transpersonali e vedi se ci trovi qualcosa che
faccia al caso tuo”.
Presi il libro e lo lessi. Rimasi stupefatta. Esso si basava su venti anni di
ricerca svolta da Stan con l’LSD, e descriveva il modello della mente
umana che era emerso dalla documentazione dettagliata che egli aveva
tenuto delle esperienze vissute durante più di quattromila sedute dai vari
soggetti. Anche se ne sapevo poco sulla droga e certamente non avevo
fatto alcuna esperienza di LSD, le descrizioni che andavo leggendo erano
esattamente analoghe a molte delle mie esperienze spontanee di nascita, 48
morte, rinascita e spiritualità; estremamente simili erano pure molte delle
emozioni e delle sensazioni fisiche descritte.
Fu una rivelazione: improvvisamente mi era proposto un ordine di idee
che permetteva di capire quanto mi era successo. Altrettanto importante
della concezione di Stan era la sua strategia. Egli affermava che, anche se
queste esperienze possono spesso essere drammatiche, ardue da viversi,
disorganizzanti, terrificanti, è importante vivere fino in fondo il processo,
lasciando che esso faccia il suo corso. Inoltre se queste esperienze
vengono appropriatamente sostenute, affrontate e integrate, possono
risultare trasformative, terapeutiche, risanatrici, forse perfino evolutive.
Questo era quello che avevo bisogno di sentirmi dire. In un momento in
cui mi sentivo assolutamente, irrimediabilmente perduta, in cui temevo di
aver perso la salute mentale, il mio atteggiamento improvvisamente mutò.
Non pensavo più di essere pazza forse il mio era davvero solo uno stadio
difficile di un processo che alla fine mi avrebbe trasformata da quella
persona limitata, infelice, sola che ero in un essere umano creativo,
realizzato, sereno.

Ottobre 1975

Stan e io cominciammo la nostra vita insieme in California, e benché io
fossi riscaldata e rincuorata da questa nuova e feconda relazione, il caos
interno cresceva. Ero costantemente in preda alle nuove energie, che ormai
mi erano familiari. Intensi tremiti mi attraversavano di continuo il corpo,
scotendomi violentemente e accelerando la mia respirazione. Un dolore
costante divenne la mia realtà quotidiana: provavo una forte tensione nelle
gambe, nel fondo della spina dorsale, nelle spalle e nel collo; ero affitta da
terribili mal di testa, soprattutto dietro agli occhi. Cominciai ad avere delle
visioni spontanee di ogni sorta, alcune delle quali provenienti, così mi
sembrava, da altri luoghi e altri tempi. Un nuovo fenomeno cominciò a
dominare la mia realtà: nella mia vita si manifestavano regolarmente delle
stupefacenti coincidenze. Parlavo di una persona che avevo conosciuto
molti anni prima, e quello stesso pomeriggio ricevevo una telefonata o una
lettera importante da lei. Oppure disegnavo qualche cosa che avevo visto
in una visione e il giorno successivo, mentre sfogliavo un libro, mi
imbattevo inaspettatamente proprio in quell’immagine. All’inizio rimasi
affascinata da fatti tanto insoliti, ma ben presto essi divennero qualcosa di
usuale per me. Inoltre il loro contenuto era spesso opprimente, avendo a
che fare con problemi di famiglia, con decessi, perdite, sofferenze e lutti.
Il mio ex marito aveva ottenuto la custodia legale dei nostri figli, e il 49
dolore di averli persi era intollerabile. Non potevo più contare sul mio
mondo di affetti; sentii di nuovo di aver perso il controllo sulla mia vita, in
cui irrompeva qualcosa di estraneo.

11 Maggio 1976

Svegliandomi la mattina di questo giorno, mi trovai incapace di inserirmi
nella realtà che mi era familiare: per cinque giorni e notti fui in preda a
esperienze oscure e spaventose. Mentre, inerme, ero travolta da questa
tempesta interiore, mi dicevo con disperazione:”questo è l’ultimo stadio;
ho già perso tutto nella vita, e ora sto perdendo anche il senno”.
Ma Stan vedeva le cose altrimenti. In virtù del lavoro che aveva fatto con
l’LSD, egli conosceva bene le manifestazioni talvolta drammatiche del
processo di trasformazione, e comprese che il mio era appunto un episodio
di questo genere.
Esso avveniva in modo spontaneo, senza la catalizzazione di una sostanza
chimica, ma lo sviluppo delle esperienze era simile. Con amore e con
fiducia Stan mi disse che secondo lui la mia non era una psicosi, bensì era
uno stadio molto importante del mio viaggio spirituale. Lo definimmo un
“emergenza spirituale”.
Stan mi assicurò che stava svolgendosi dentro di me un processo
purificatore: mi stavo liberando di vecchie emozioni, esperienze, memorie,
rimaste chiuse dentro di me, che erano all’origine dei miei problemi
esistenziali. Anziché di una malattia, si trattava di un passo verso la
guarigione. Anche se talora soffrivo molto, alla fine ne sarei emersa, così
mi assicurava Stan, con un nuovo senso di chiarezza, libertà e pace.
Convinto che questa era un’opportunità propizia per sviluppare
radicalmente me stessa, Stan mi incoraggiò a guardare in faccia qualsiasi
elemento fosse emerso:” la cosa peggiore che potresti fare, mi disse,
sarebbe opporre resistenza a quanto sta accadendo; renderesti solo tutto
più difficile; la cosa migliore è lasciarsi completamente andare a quello
che emerge, comunque esso sia, sperimentandolo fino in fondo; e
attraversando tutto il processo”.
Con il validissimo sostegno di Stan, riuscii alla fine a lasciarmi andare alle
esperienze e alle emozioni senza opporre resistenza. Fu come se fosse
stato alzato il voltaggio: frustate di energia assalivano tutto il mio corpo,
mentre veniva a galla in modo incontrollabile una moltitudine di immagini
e di sequenze.
Demoni odiosi mi attaccarono, mostri voraci e violenti mi sbranarono.
Ebbi visioni di occhi privi del corpo che mi fissavano, fluttuando come 50
pianeti maligni in un cielo nero, e vissi scene di follia e di stregoneria che
apparivano come ricordi di tempi passati.
Con mio orrore, mi identificai tanto con Cristo crocifisso e agonizzante
quanto con i suoi carnefici. Morii di molte morti, avendo talvolta
l’impressione di essere io a morire, altre volte trasformandomi invece
trasformandomi invece in persone della storia dell’umanità che erano
morte in guerra, o perseguitate, o sotto la tortura. Urlavo di paura e di
dolore, mi rotolavo sul pavimento in preda ad atroci sofferenze. E si
presentavano sempre altre scene, altre ancora.
Stan era sempre vicino a me, rassicurandomi con gentilezza e prendendosi
cura dei miei bisogni giornalieri. Mi ricordava che lungo il corso della
storia umana erano stati creati dei rituali e delle forme di meditazione, di
preghiera, di danza, accompagnati dal suono dei tamburi o dalla
recitazione di canti sacri, insomma un gran numero di pratiche destinate ad
assistere ad esperienze come la mia. Diceva che ero molto fortunata
perché in me tali esperienze si manifestavano spontaneamente.
Anche se non avevo mai attraversato niente di simile prima, sapevo
intuitivamente che Stan aveva ragione; questo evento, per terrificante e
disorientante che fosse, era un periodo sacro di improvvisa espansione. In
qualche modo, attraverso la confusione e il dolore, avvertivo tutto il
potenziale positivo dell’esperienza.
Dopo cinque giorni, la solita realtà quotidiana cominciò a riapparire, e io
cominciai ad emergere da quella che avevo definito la buia notte della mia
anima; non ero più alla mercè delle visioni e delle esperienze del passato e
ricominciavo timidamente a interessarmi alle attività della vita quotidiana,
come fare il bagno o rovistare nel frigo alla ricerca di uno spuntino.
L’episodio non era assolutamente concluso, ma perlomeno ora ero in
grado di funzionare, almeno in parte, come prima. In seguito, per mesi, le
ondate di energia che mi facevano tremare, le enormi tensioni fisiche, gli
alti e bassi emotive le sequenze visionarie punteggiarono la mia vita. Era
difficile condurre un’esistenza quotidiana “normale”; spesso mi sembrava
di vivere a cavallo di due mondi; quello della realtà quotidiana e il mondo
complesso, ricco di colori, conturbante, del mio inconscio. Avvertivo i
benefici delle intuizioni e delle comprensioni raggiunte durante la crisi. Mi
ero resa conto di essere qualcosa di più del solo corpo fisico: possedevo
anche un vasto Sé spirituale, che era sempre stato lì, aspettando che io lo
scoprissi. Avendo toccato con mano l’assenza di limiti del mio potenziale,
decisi che il mio compito nella vita consisteva nel liberarmi delle mie
restrizioni personali che mi impedivano di realizzarlo. Ero ancora però
profondamente turbata dalla forma in cui il processo si manifestava. Il 51
modello di Stan spiegava molte cose su nascita, morte e spiritualità, ma
non descriveva la traiettoria generale del processo, con le sue strane
sensazioni fisiche e quelle specifiche visioni.
E tutto questo mi terrorizzava. Che cos’era dunque questo processo che
impegnava ogni aspetto della mia natura fisica, emotiva e spirituale, che si
manifestava attraverso strani percorsi dell’energia, la quale risaliva lungo
le gambe, si inerpicava lungo la spina dorsale fino al sommo della testa e
ridiscendeva lungo la parte anteriore del mio corpo? Che significato aveva
questa potente e incessante attività interiore che quotidianamente
impegnava la mia coscienza e appariva nei momenti più inopportuni?

1977

Queste domande mi avevano spinto quasi alla disperazione, quando mi
capitarono tra le mani due libri sul risveglio della Kundalini, una forma
complessa di trasformazione spirituale descritta da secoli dagli yogi
indiani. Leggendo questi libri, mi sentii rassicurata: essi contenevano
molte, molte descrizioni che corrispondevano in modo esatto alle mie
esperienze. Ero eccitatissima. Improvvisamente ero in possesso di una
nuova mappa del viaggio interiore. Entrai allora in un’altra fase della mia
odissea: avevo attraversato una sorprendente iniziazione, e ora, che sapevo
di che cosa si trattava, mi accingevo a imparare a convivere con questo
processo. Cominciai a scoprire che certi cibi e certe attività mi aiutavano,
mentre altri erano da evitarsi. E cercai di tenere a mente ciò che avevo
imparato: che anche i momenti più penosi costituivano un’occasione di
cambiamento. Cercai allora di collaborare con le esperienze e con le
energie quando si manifestavano.

Primavera 1980

Dopo aver cominciato a capire il mio processo personale di emergenza e a
collaborare con esso, presi a narrare la mia storia durante i seminari che
Stan e io tenevamo, e parlai con altri che avevano avuto analoghe
esperienze. Rimasi stupefatta del gran numero di persone che avevano
vissuto un viaggio simile al mio e di quelle che stavano vivendo spesso
faticosamente un’avventura interiore. Cominciai a rendermi conto del fatto
che molti individui che attraversano un’autentica crisi trasformazionale
vengono di continuo fraintesi, diagnosticati erroneamente e sottoposti a
trattamenti inadeguati da parte della psichiatria e della psicologia
tradizionali. Profondamente grata al destino che mi aveva risparmiato una 52
simile sorte, mi convinsi della necessità di un tipo alternativo di assistenza
per coloro che intendessero accettarla. Con tale obiettivo in mente, fondai
lo Spiritual Emergence Network, S.E.N, una rete internazionale di risorse
e informazioni che offre un sostegno a coloro che attraversano una crisi e
a che sta loro vicino.

Agosto 1989

Tre anni e mezzo fa le manifestazioni più caotiche e conturbanti della mia
esperienza spirituale, che avevano occupato la mia vita quotidiana per
dodici anni, si sono modificate e chiarite.
La strada che mi ha portato a questo risultato è stata complessa e penosa.
Avevo cominciato a ricorrere all’alcol per alleviare le manifestazioni del
processo della Kundalini e col tempo ero diventata un’alcolista.
Senza addentrarmi maggiormente nei particolari, dirò solo che sono stata
per un certo tempo in cura; ora, mentre scrivo, ho raggiunto uno stadio di
equilibrio e di serenità, un rapporto con il mondo, quali mai li avevo
sperimentati in precedenza. Questo non significa che la mia vita sia
sempre semplice e piena, ma i suoi inevitabili alti e bassi non mi
sconvolgono più così ma fondo.
Anche se mi rendo conto che il mio lavoro interiore è tutt’altro che
concluso, godo di un benessere generale nella mia esistenza e ho
sviluppato una profonda fiducia nella saggezza del processo spirituale.
Dopo una vita di ricerca del contatto con una forza che percepisco come
Dio, ora sto scoprendo che, con uno sforzo da parta mia, è possibile
avvertire questo contatto nella vita di tutti i giorni. Nella mia vita è entrata
una nuova pace, assieme alla capacità di apprezzare la bellezza
dell’esistenza tutta .

Tratto da " La tempestosa ricerca di se stessi " di Stanislav e Christina
Grof - ed: RED

Da: www.esolibri.it

 

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