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La struttura perversa: la clinica lacaniana (tesi di Rosita Leonini)


 

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA

 

FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

 

 

TESI DI LAUREA

 

 

LA STRUTTURA PERVERSA:

LA CLINICA LACANIANA

 

 

LAUREANDA

LEONINI ROSITA

NUMERO DI MATRICOLA  2591283

 

 

RELATORE

PROF. ALFREDO VERDE

ANNO ACCADEMICO 2003/2004

 

Indice

 

Introduzione. 3

1.     Le perversioni secondo Freud. 6

1.1 L’interpretazione del feticismo. 10

1.2 Un caso clinico di feticismo. 11

2.     La nozione di fallo in Lacan. 13

2.1 La funzione significante del fallo. 13

2.2 Il fallo come oggetto immaginario. 14

2.3 Il fallo come significato. 15

2.4 Il fallo come velo simbolico. 17

2.5 La significazione del fallo nella prospettiva strutturalista. 18

3.     La metonimia del desiderio. 20

3.1 Il linguaggio metonimico. 20

3.2 Il fallo come significante del desiderio dell’Altro. 21

4. La perversione e il godimento. 23

4.1 Il piacere non è il godimento. 23

4.2 Il perverso imita il gesto di godere. 24

4.3 Essere l’oggetto del godimento dell’Altro. 25

5. La logica perversa. 27

5.1 L’idealizzazione della pulsione. 27

5.2 L’oggetto a. 28

5.3 La struttura del fantasma nella perversione. 29

6. Perversione e società. 31

6.1 Le perversioni e la clinica psicoanalitica. 31

6.2 La dimensione sociale del sintomo perverso. 33

7. Abuso e perversione. 35

7.1 Il soggetto e il trauma. 35

7.2 La teoria del trauma in Freud. 36

7.3 L’impatto del godimento sul soggetto. 38

7.4 “Un bambino viene picchiato” (1919) 39

7.5 Famiglia e perversione. 43

Conclusioni 45

Bibliografia. 48

 

 

 

 

 

Introduzione

 

Cesare Musatti scrive: “La tesi tradizionale riguardo alle perversioni  è che si tratti di fatti degenerativi o di mostruosità, per cui, inspiegabilmente, l’istinto sessuale, anziché manifestarsi in quelle forme che sono tipiche e comuni all’uomo normale, assumerebbe aspetti strani, del tutto impropri al raggiungimento di quelle finalità biologiche che di tale istinto sono proprie”.[1]

Per perversione si intende quindi una deviazione rispetto all’atto “sessuale normale”.

“ Si dice che vi è perversione: quando l’orgasmo è ottenuto con altri oggetti sessuali ( omosessualità, pedofilia, contatti con gli animali, ecc.) o con altre zone corporee ( coito anale, per esempio); quando l’orgasmo è subordinato in modo imperioso a  certe condizioni estrinseche ( feticismo, travestitismo, voyeurismo ed esibizionismo, sadomasochismo), che possono anche provocare da sole il piacere sessuale”.[2]

La sessualità detta “normale” non è un dato della natura umana, poiché la sessualità stessa, pervertita nella sua essenza, non si distacca mai completamente dalle sue origini.

 Freud parla di una disposizione perversa polimorfa quando si riferisce alla sessualità infantile in quanto il soddisfacimento non sarebbe cercato in una attività specifica, ma in un “guadagno di piacere” annesso  a funzioni o attività dipendenti da altre pulsioni.

Il concetto di “ deviazione” relativo alla definizione tradizionale di perversione è per Freud il carattere costitutivo dell’atto sessuale normale. La deviazione sarebbe parte integrante della pulsione necessaria per il raggiungimento della meta finale.

Nel feticismo, ad esempio, una delle forme più classiche di perversione, l’elemento di sopravvalutazione è portato agli estremi per cui una parte del corpo generalmente poco appropriata per gli scopi sessuali diventa il sostituto dell’oggetto sessuale.

L’aspetto patologico si situa nella rottura per cui il feticcio darebbe più piacere ed eccitazione  anche in presenza dell’oggetto normale o appropriato.[3]

“Il feticismo, non è certo l’unica perversione avente qualità identiche a quelle dell’amore normale, ovvero idealizzazione, esclusività e fissazione:

Forse proprio nelle perversioni più abominevoli si deve riconoscere una larghissima partecipazione psichica alla trasformazione della pulsione sessuale. Ci si trova qui di fronte a un lavoro psichico al quale, nonostante il suo esito raccapricciante, non si può negare il valore di una idealizzazione della pulsione . L’onnipotenza dell’amore forse non si rivela mai con tanta forza come in queste sue aberrazioni. Nella sessualità  l’elemento più alto e il più basso si trovano dovunque intimamente connessi[4].  

  

 

1.    Le perversioni secondo Freud.

 

Nei Tre saggi sulla teoria sessuale scritto nel 1905, Freud parla della perversione distinguendola dalla nevrosi, da lui definita il “negativo della perversione”.

Secondo Freud nella nevrosi ci sarebbero delle tendenze perverse avvertite però come impossibili da realizzare, mentre nella perversione i propri intenti verrebbero direttamente agiti.[5]

L’omosessualità, la bisessualità, il feticismo, il sadismo e il masochismo farebbero parte delle “aberrazioni sessuali”.

In questo saggio Freud fa emergere la natura del bambino relativamente alla sessualità pregenitale e lo definisce un  “perverso polimorfo”.

Questa disposizione perversa polimorfa persisterebbe nei nevrotici in forma fantasmatica mentre si tradurrebbe in atto nella perversione.

Freud individua nella perversione un punto di appoggio per mettere in dubbio la definizione di sessualità tradizionale. Per lui, infatti, la sessualità umana è caratterizzata strutturalmente da un tratto perverso-polimorfo che rende possibili sia i cambiamenti d’oggetto (dall’altro sesso allo stesso sesso ) che di meta (dall’unione genitale all’indugiare nelle zone erogene).

Freud nei Tre saggi mette in discussione i tre assiomi che orientavano fino a quel momento il discorso sulla sessualità umana mostrando che questa domina l’infanzia e non subentra solo con la pubertà ed implica strutturalmente un tratto perverso polimorfo.

Nei Tre saggi è centrale il tema relativo al rapporto fra la dimensione simbolica della Legge edipica e il reale del godimento pulsionale ponendo l’accento su ciò che del godimento si oppone alla Legge edipica. Si verifica una fissazione pulsionale, la libido del soggetto si arresta a un godimento infantile perverso che innesca nel soggetto una compulsione a ripetere, ingovernabile.

Freud sostiene la tesi dell’esistenza di una sfasatura strutturale tra l’azione della Legge e l’azione della pulsione. L’adeguazione della libido alla Legge della castrazione  risulta essere imperfetta a causa di questa fissazione pulsionale che si oppone alla perdita dell’oggetto. A livello pre-genitale si verifica una “ fissazione come attaccamento attivo del soggetto a un godimento fuori Legge, ad un’esperienza del piacere impossibile da dimenticare”.[6]

La sessualità freudiana non coincide con la genitalità, non è un fatto appartenente alla natura ma chiama in causa la parola: qualsiasi atto compiuto dall’uomo, anche il più “istintivo”, è soggetto alla strutturazione simbolica operata dal linguaggio.

“Quando Freud definisce lo sviluppo della libido, lo definisce precisamente come uno sviluppo mediante limitazione. In termini lacaniani, questo significa che la libido appare come tagliata dal significante.(…) Il luogo del taglio significante è lo stesso luogo dove - venendo meno l’oggetto - la pulsione vi resta fissata in un movimento di costeggiamento della cavità lasciata  vuota dall’oggetto.(…) Questo è ciò che Freud definisce un attaccamento ostinato del soggetto ad un piacere che la Legge della castrazione minaccia”.[7]

Per Freud lo sviluppo della libido subisce una divaricazione: una parte della libido evolve (e dà luogo alla sessualità come relazione con l’altro sesso), un’altra resta fissata e tende a riprodurre lo stesso modo di godimento pregenitale, tende alla ripetizione di una esperienza infantile estremamente soddisfacente che rimane scritta definitivamente nella memoria del soggetto.

Quindi non tutta la libido è normata dall’azione della castrazione.

Per Freud la teoria della perversione si fonda proprio su questa fissazione del godimento pregenitale infantile.

Non c’è rimozione, il soggetto rimane fissato “a un godimento che la rimozione non metaforizza nella forma del ritorno del rimosso - e del ritorno attraverso la sostituzione significante - ma solamente in quella di un ritorno dell’identico, dello Stesso, di questa stessa congiunzione originaria”.[8]

Il soggetto perverso è attaccato a questo godimento infantile senza rimozione, non simbolizzato ma in presa diretta col reale del corpo.

Freud, nel primo saggio dedicato al tema della perversione, mostra come l’aberrazione perversa sia un prolungamento nell’adulto dell’autoerotismo infantile  (senza rimozione) per cui  cambiamento di oggetto (omosessualità) e cambiamento di meta (feticismo)  appaiono come due modi per indicare l’uscita del soggetto dalla contingenza dell’incontro con l’Altro sesso e, dunque, con la castrazione.[9]

 

1.1 L’interpretazione del feticismo

 

Freud interpreta il feticismo come un sintomo determinato dal     “ rinnegamento dell’evirazione”.

Il feticcio rappresenterebbe il sostituto  del fallo materno. Il  bambino che nell’infanzia ha creduto  nella sua esistenza non  vi vuole rinunciare.

Nella sua opera Il feticismo del 1927, Freud elabora la parola Verleugnung che significa rinnegamento, disconoscimento, differenziandola dalla parola Verdrangung che specifica invece il processo patologico della rimozione. Il suo intento è quello di operare una differenziazione  fra il destino della rappresentazione e quello dell’affetto. Per indicare il destino della rappresentazione il termine più corretto è quello di Verleugnung perché la percezione avuta a suo tempo, in qualche modo indesiderata (l’assenza del fallo materno), si è conservata ed è quindi stato necessario provvedere a un suo rinnegamento.

Il feticcio ha preso il posto del pene materno e rappresenta una protezione nei confronti della minaccia dell’evirazione determinata dallo spavento conseguente alla vista del genitale femminile, evirazione in questo modo  rinnegata.

 

1.2 Un caso clinico di feticismo

 

Freud racconta la storia di un suo giovane paziente che aveva trascorso la sua infanzia in Inghilterra per trasferirsi  in seguito in Germania. [10]

Per il proprio godimento sessuale, questo giovane doveva vedere sul naso della partner un certo luccichio, uno “sfavillio sul naso”, in tedesco Glanz auf der Nase. Questo feticcio traeva origine dalla sua infanzia trascorsa in Inghilterra dove era  stato cresciuto da una nutrice inglese.

La parola inglese glance pronunciata alla tedesca diventa Glanz e il suo significato è diverso perché significa sguardo.

Quindi lo “sfavillio sul naso” in inglese diventava “uno sguardo sul naso”.

Il naso rappresentava per il giovane un feticcio a cui  attribuiva in alcuni casi una luminosità particolare.

Nell’interpretare questo caso, Freud mette in luce l’importanza della catena storica e della lingua nella genesi del feticcio, potendo questo essere rappresentato  persino in una frase di una lingua ormai dimenticata.

La modalità prettamente linguistica con cui Freud interpreta questo caso permette di cogliere la differenza fra significante e significato, infatti  Glanz e glance sono vicini  soltanto per il suono che trascinano, e  il sintomo sembra quindi essere giustificato esclusivamente dall’omofonia del significante.

Freud non poteva formulare le sue conclusioni in questi termini perché non erano a quel tempo disponibili, essendo contemporanei e successivi ai suoi, gli studi sulla linguistica di De Saussure .

In conclusione “Ciò che si era fissato con una rappresentazione mentale a livello di sguardo, si trascina, si fissa e si organizza come sintomo a partire non da quella ideale congiunzione fra un significante e un significato  per cui uno sguardo è uno sguardo, bensì dal trascinamento di qualche cosa, che (…) possiamo chiamare significante”[11].

Noi viviamo nella continua certezza che esista una corrispondenza fra i significanti  e i significati. In realtà esiste la possibilità che un significante si sganci e produca i suoi effetti nell’organizzazione psichica del soggetto come è successo nel caso del “glance”.

 

2.    La nozione di fallo in Lacan

 

2.1 La funzione significante del fallo

 

Lacan teorizza la significazione del fallo[12] cercando di chiarire la nozione di fallo all’interno del suo insegnamento.

Questo termine indica un significante che non ha niente a che vedere con l’organo genitale maschile. La scelta di usare questo termine è data dall’importanza riconosciuta dalla psicoanalisi alla “castrazione” nell’evoluzione della sessualità umana.

Il concetto di fallo in Lacan è strettamente connesso al concetto di godimento. Indica l’origine del godimento che si materializza a livello degli orifizi erogeni, la sua rimozione, i sintomi come sue manifestazioni esteriori  e la soglia al di là della quale si situa il godimento dell’Altro.

 

2.2 Il fallo come oggetto immaginario

 

A questo livello il fallo è l’oggetto immaginario correlato al desiderio materno, è il simbolo del desiderio della madre.[13]

Il bambino si identifica immaginariamente con il  fallo per poter essere ciò che manca alla madre.

Il soggetto si trova nella posizione di “essere il fallo che manca all’Altro”.

La perversione assume in questo caso una dimensione strutturale, il bambino si sente primariamente spinto a occupare il posto di quell’oggetto immaginario  che rappresenta il desiderio della madre per soddisfarlo. Si verifica quindi una identificazione immaginaria del soggetto all’oggetto del desiderio dell’Altro.

La clinica della perversione mostra come l’identificazione con il fallo avvenga in quanto oggetto immaginario del desiderio materno diversamente dalla clinica della nevrosi in cui questa identificazione avviene in quanto significante della mancanza materna.

  

2.3 Il fallo come significato

 

Il fallo, da questo punto di vista, è un significato correlato nella metafora paterna al Nome del Padre.

Non è più pensato in rapporto alla madre nella dimensione perversa dell’identificazione immaginaria al fallo, ma nel suo rapporto con il Nome del Padre.

Come significato struttura il desiderio del soggetto e il suo rapporto con la legge simbolica della castrazione.

Il padre reale è l’agente della castrazione, intromettendosi nella relazione fra madre e bambino lo separa dal godimento materno introducendo il bambino nella dimensione del desiderio.

“Il funzionamento della metafora paterna è una condizione essenziale per l’assunzione della castrazione da parte del soggetto e quindi della regolarizzazione del godimento fallico (…) Se risulta impossibile sostituire il desiderio della madre con il significante paterno, ciò che si produrrà è una preclusione dl Nome - del- Padre , situazione che rende conto della psicosi.

Nel caso di Nevrosi o Perversione, invece, non è la metafora paterna a far difetto; ciò che manca non è il significante paterno, ma il padre della realtà che non incarna correttamente quell’operatore strutturale della castrazione tramite cui al bambino è concesso l’accesso al proprio desiderio”[14].

 

 

2.4 Il fallo come velo simbolico

 

Il paradigma del velo viene definito da Lacan nel Seminario IV.

“Il fallo appare nella sua funzione simbolica attraverso il paradigma del velo.(…)Il velo è un sembiante che si impone sulla realtà dell’oggetto , che occulta e al tempo stesso fa segno dell’oggetto”. [15]

Senza il velo fallico il soggetto è accecato dall’incontro con il reale come ad esempio nell’allucinazione psicotica .

Il fallo come velo non coincide con il pene, cioè con l’organo reale, ma ne indica l’assenza.

Il fallo in quanto velo diventa l’espressione di come il simbolico strutturi la realtà.

Il fallo simbolico si fa carico della notazione di mancanza.

“Il primato del fallo consiste nel fatto che esso, non essendo un oggetto ma un oggetto che  manca, un puro simbolo, svela la supremazia del significante”[16].

 

2.5 La significazione del fallo nella prospettiva strutturalista

 

Lacan sostiene nella sua teorizzazione che è la struttura che condiziona e determina la persona e agisce sulla costituzione del soggetto: “il soggetto non è personalità ma un effetto della struttura significante”.[17]

Il fallo come funzione significante non è più correlato al desiderio della madre e al Nome del Padre potendo così essere distinta la nozione di fallo dall’Edipo.

Il fallo come funzione significante è definito da Lacan non attraverso l’Edipo freudiano, ma attraverso Ferdinand De Saussure[18] nel tentativo di depsicologizzarlo e farne un algoritmo: “ il significante del rapporto strutturale tra significante e significato”.

Il nucleo teorico di base della linguistica strutturalista di Sassure consiste nell’affermare che la funzione soggettiva della parola dipende dalle leggi del linguaggio.[19]

Per Lacan esiste una supremazia del significante sul significato: della langue (il significante) rispetto a parole (il significato) per cui non è l’uomo che parla, ma è il linguaggio che parla. [20]

Il linguaggio non è una proprietà dell’uomo e questo si rende evidente drammaticamente nella psicosi dove il soggetto è letteralmente parlato dal linguaggio, Lacan infatti arriva ad affermare che: “L’uomo è il servo del linguaggio”.[21]

Si parla del “primato del fallo” perché esso rappresenta un oggetto che manca, implica la cancellazione dell’organo e la subordinazione dell’oggetto alla sua funzione significante.

Il fallo è un simbolo che evidenzia la subordinazione del significato rispetto all’anteriorità logica del significante, e nello stesso tempo è il significante del desiderio dell’Altro.

 

3.    La metonimia del desiderio

 

3.1 Il linguaggio metonimico

 

Una metonimia è una figura retorica che permette di indicare un oggetto indicandone una sua parte, indica la connessione tra i  significanti, lo scorrimento da un significante a un altro.

La metonimia non produce del senso, ma rinvia a uno scivolamento infinito del senso per cui non vi è un punto di arresto su cui cade la significazione , quanto piuttosto il rimando da un significante all’altro.

“ Noi siamo continuamente in una metonimia. E lo siamo perché fondamentalmente ciò che è metonimico per il soggetto è il fatto di poter rapportarsi alla parola come qualche cosa  che è carente rispetto al proprio desiderio”.[22]

Lacan assimila il desiderio alla metonimia in quanto anche il desiderio è caratterizzato da un movimento infinito di rilancio da un oggetto all’altro.[23]

Il desiderio eccede sempre la domanda. Il bisogno, una volta convertito in parola attraverso i significanti della domanda, non riesce mai ad annullare del tutto la spinta verso il suo soddisfacimento. Il reale della pulsione in quanto tale non può essere mai completamente contenuto nella domanda.

Il concetto di “ domanda” rappresenta il bisogno tradotto nei termini significanti e quindi subordinato al linguaggio.[24]

“Non esiste per noi una parola, che Lacan chiama olofrase, in cui il soggetto si rappresenterebbe senza scissioni, perché nel momento in cui il soggetto parla, qualche cosa deve lasciar cadere per riuscire a identificare qualcosa del mondo. Rispetto alla totalità, il linguaggio, che è un elemento terzo preesistente (…), necessita di funzionare come una sorta di castrazione , cioè come un taglio di qualcosa”[25].

 

3.2 Il fallo come significante del desiderio dell’Altro

 

 

La metonimia del desiderio è collegata al fallo essendo questo il significante del desiderio dell’Altro.

Il significante fallico determina nel soggetto l’aspettativa immaginaria, l’illusione di completezza del proprio essere. Il bambino infatti si pone nei confronti del desiderio materno come il sostituto del fallo, come l’oggetto che può colmare la mancanza, e lo stesso avviene per il desiderio perverso dove l’oggetto feticcio acquista un valore fallico rendendo possibile un suo completamento.

“Il significante fallico si presenta come ciò che arresta lo scorrimento metonimico del desiderio accendendo nel soggetto l’aspettativa immaginaria di completare il proprio essere”.[26]

  

4. La perversione e il godimento

 

4.1 Il piacere non è il godimento

 

Il piacere è la sensazione gradevole percepita dall’io quando la tensione diminuisce. Freud parlava di una diminuzione della quantità di eccitamento psichico[27].

Il godimento, al contrario, consiste nel mantenere la tensione in vivace aumento, esprime l’esperienza della tensione intollerabile, lo stato di ebbrezza ed estraneità al tempo stesso[28]. Non è immediatamente percepibile e si manifesta indirettamente quando corpo e psiche sono sottoposti a prove estreme in situazioni limite.

Il godimento non viene avvertito immediatamente ma soltanto dopo che è stato raggiunto il suo punto massimo. Il soggetto è preso da una forza che lo induce ad agire, uno slancio fra la vita e la morte. Il godimento allontana pensieri e parole e si manifesta solo nell’azione cieca, non esistono significanti per rappresentarlo. Il soggetto è solo corpo portato al suo sfinimento.

 

4.2 Il perverso imita il gesto di godere[29]

 

Mentre il soggetto nevrotico elabora fantasie perverse che non metterà mai in atto, il perverso agisce il fantasma fino ad arrivare allo scacco.

Elemento fondamentale dello scenario perverso è la presenza dell’umiliazione che sta a indicare un fallimento  di tutta la sua costruzione: gode del fallimento e dell’umiliazione.

Il godimento perverso si localizza a livello del corpo come ad esempio nello sguardo del guardone che, raggiunta la tensione massima, si dissipa fino a perdere tutto: quando guarda perde la vista, e quando subisce lo scacco mortificante nell’essere scoperto  perde la sensibilità cinestesica del corpo.

 

4.3 Essere l’oggetto del godimento dell’Altro

 

Nella perversione esiste una logica che regola il rapporto del soggetto rispetto al godimento. Condizione indispensabile è che l’intersoggettività e qualsiasi signficato relazionale siano annullati.

Il perverso si pone in una posizione desoggettivata.

La puntualizzazione di Lacan a proposito del tema della perversione è molto chiara: “Tutto il problema delle perversioni  consiste nel concepire come il bambino, nella sua relazione con la madre (…) si identifichi all’oggetto immaginario di questo desiderio in quanto la madre stessa lo simbolizza nel fallo”[30].

Si manifesta una predominanza della posizione materna nella perversione come nel caso del feticista, che si identifica immaginariamente con il fallo che manca alla madre e che non trova nel padre un impedimento a questa identificazione. Il padre mantiene un silenzio complice sul rapporto libidico che intercorre fra la madre ed il suo fallo-bambino. [31]

Il soggetto perverso è legato a quest’idea assoluta di godimento in cui la madre vuole per il proprio godimento l’nnullamento del soggetto. Al soggetto non rimane che porsi come oggetto del godimento dell’Altro.

“La perversione rinnega ( Verleugnung )  la castrazione e concede all’Altro la completezza che gli manca”[32], sconfessando la sua castrazione, e facendosi strumento del suo godimento diviene egli stesso il Significante fallico.

  

 

5. La logica perversa

 

5.1 L’idealizzazione della pulsione

 

La logica perversa è caratterizzata dall’idealizzazione della pulsione che permette al soggetto una riconciliazione con se stesso. Al posto di una divisione soggettiva troviamo una volontà di godimento per cui il desiderio esce di scena, e così pure il soggetto, essendo strutturalmente legati con la mancanza.

Il soggetto non è più diviso, non ha più bisogno di relazionarsi all’altro, di trovare le modalità del suo assenso rapportandosi alla sua mancanza per agganciare il desiderio. La pulsione idealizzata distrugge il soggetto come luogo di desiderio.

La perversione risulta così caratterizzata dalla eliminazione del soggetto e della relazione, condizioni indispensabili per rendere possibile il rapporto riuscito con il godimento.

Il desiderio insomma rappresenta una difesa dal godimento, per non raggiungere il godimento dell’Altro. Il sintomo e il fantasma sono i due mezzi che il nevrotico  usa per opporsi al godimento fuori misura e per reprimerlo.

 

 

5.2 L’oggetto a

 

Il simbolo a rappresenta la prima lettera della parola “altro”che è diverso da “Altro”. La parola Altro scritta con la lettera maiuscola è una figura che indica il potere di sovradeterminazione della catena significante, è l’Altro del linguaggio, del discorso universale e quindi di tutto ciò che è stato già pensato e detto e che preesiste al soggetto, mentre la a minuscola designa anche il nostro simile e risponde alla domanda: chi è l’altro?.

L’oggetto a all’interno dell’algebra lacaniana rappresenta l’assenza, l’impossibilità. Il reale viene oltrepassato rappresentandolo con una lettera. Quindi non sappiamo chi l’altro sia ed è qui che si situa a, al posto della non risposta.

Per quanto riguarda il suo statuto formale, esso può essere identificato con il buco nella struttura dell’inconscio.

“C’è un reale che si oppone – strutturalmente- all’operazione di significantizzazione che mette in opera l’ordine simbolico”.[33]

Non tutto è significante perchè c’è questo reale che buca il simbolico e questo elemento della struttura che non è dell’ordine significante viene chiamato da Lacan: l’oggetto a.[34]

Dall’operazione di divisione del soggetto si produce un resto, a,  che sorge nel momento in cui viene concepito il limite che fonda il soggetto, e rappresenta quindi lo scarto dell’operazione significante. Il godimento è in a che si rifugia.

Il perverso si pone nel luogo di a, di questo resto, e mira al godimento dell’Altro.

5.3 La struttura del fantasma nella perversione

 

Il perverso ha strutturato un rapporto molto particolare con il proprio fantasma, lo esibisce  e lo usa come provocazione, vorrebbe arrivare a un “dire tutto senza che ci sia un resto”. Vorrebbe creare un soggetto in grado di trarre sempre piacere dal godimento eliminando la sofferenza.

Nel fantasma sostanzialmente si nasconde quel desiderio che prevede l’annullamento della soggettività dell’Altro.

Nella perversione si verifica il primato del fantasma sul sintomo che viene messo costantemente in scena.

Lacan in Kant con Sade[35] chiarisce il primato del fantasma sul sintomo, definendo il modo in cui il soggetto perverso si fa strumento del godimento dell’Altro.

Introduce inoltre il concetto di “volontà di godimento” di fronte ai limiti imposti dal desiderio.

 

 

6. Perversione e società

 

6.1 Le perversioni e la clinica psicoanalitica

 

La clinica psicoanalitica cerca di indagare e mettere in luce il rapporto che il soggetto intrattiene con l’Altro e la particolarità di questo rapporto.

Freud aveva operato un rovesciamento rispetto alla tematica della perversione. Per lui non si trattava più di parlare di perversioni sessuali ma di sessualità perversa. La sessualità per Freud era un sintomo della civiltà che andava indagato. Nel corso della sua elaborazione teorica il tema della perversione è stato da lui considerato più volte, tanto che a un certo punto è risultato molto difficile riuscire a separare il meccanismo di funzionamento della perversione dalle altre strutture cliniche. Per Freud, infatti, le perversioni  sono compatibili con le nevrosi, le psicosi e la perversione stessa. La libido sia come sintomo sia come atto perverso attraverserebbe  in modo differente le vie della clinica.

Alla relazione madre-bambino è stata attribuita grande   importanza nella clinica della perversione sia nella teoria di Freud che di Lacan. Questo ha fatto  sì che la clinica del padre sia stata ridimensionata e il padre sia diventato un sintomo.

Lacan parla a questo proposito di sinthomo [36]per indicare il fatto che esiste un reale che è refrattario al simbolico, un reale che si ripete determinando sofferenza nel corpo e nella mente del soggetto : “il godimento”.

Attraverso l’esperienza clinica è possibile stabilire il rapporto che ogni soggetto intrattiene con il reale.

Il sintomo perverso si presenta come un metodo di soddisfazione della pulsione libidica caratterizzato da una certa artificiosità per accedere al reale della soddisfazione e quindi al godimento. L’artificiosità appartiene alla stessa messa in scena del sintomo perverso che nel suo manifestarsi non può fare a meno di includere l’altro inteso come partner della relazione.

  

6.2 La dimensione sociale del sintomo perverso[37]

 

Freud  ne La morale sessuale moderna [38] mette in evidenza le conseguenze della cultura sulla vita pulsionale del soggetto.

Spesso i soggetti per adeguarsi alle esigenze della civiltà soccombono alle nevrosi.

In questa prospettiva la dimensione sintomatica della perversione rappresenta un segnale del malessere provocato dalla società.

Si può parlare di una dimensione sociale del sintomo e il sintomo perverso è determinato nel suo manifestarsi dalla società.

Rimane da chiedersi quali siano i nuovi malesseri determinati dalla società contemporanea, quali le nuove manifestazioni del disagio e quale posizione occupi oggi il sintomo all’interno del discorso sociale.

Sappiamo che la perversione è caratterizzata da un rapporto particolare del soggetto con l’Altro. L’Altro sociale si è modificato e si modifica nel tempo, e contemporaneamente si modificano le forme in cui i sintomi si presentano. Alcune perversioni sono legittimate dalla società contemporanea.

Infatti la civiltà incide notevolmente sulla vita sessuale degli individui, e quindi anche sulle perversioni che sono alimentate dagli ideali, dalle mode e dalle modalità di godimento di una epoca.

Oggi si parla di “nuovi sintomi”[39]proprio per rappresentare delle patologie che esprimono nuovi disagi collegati al discorso sociale attuale. Quello che interessa alla psicoanalisi è indagare l’aspetto

di reale e di godimento che è legato al sintomo stesso.

 

 

 7. Abuso e perversione

 

7.1 Il soggetto e il trauma

 

Nel momento in cui si manifesta, il trauma determina nel soggetto l’interruzione della sua storia. Tutti i punti di riferimento vengono a mancare perché le coordinate simboliche sono annientate dalla violenza dell’evento.

Il soggetto si trova senza parole per esprimere quello che è accaduto. Ci può essere la perdita della capacità di usare il linguaggio per proteggersi dalla violenza dell’impatto pulsionale, dall’orrore. Si verifica una fissazione all’attimo dell’evento in una identificazione totalizzante che determina la scomparsa del soggetto in quanto tale con una sua storia, un prima e un dopo .

Nei soggetti abusati il corpo che è stato sottoposto a violenze non può essere investito libidicamente, e neanche  il  luogo del piacere soggettivato.

 

 

 7.2 La teoria del trauma in Freud

 

 

Per comprendere quello che avviene al momento del trauma, è necessario tornare alle teorizzazioni di Freud prima del millenovecento, quando parlava dell’esistenza di  un trauma sessuale specifico avvenuto nell’infanzia nell’eziologia delle nevrosi. Questa sua teorizzazione  fu superata in seguito dalla  teoria  del “Complesso Edipico detta anche “Teoria del Fantasma”.

Per Freud, a questo punto, non si trattava più di un trauma reale, ma di fantasie sviluppate dal paziente e determinate dall’insorgenza pulsionale legata al Complesso di Edipo.

Saranno però le concettualizzazioni di Freud in Al di là del principio di piacere che permetteranno di mettere a fuoco in maniera più chiara quello che avviene nel soggetto al momento del trauma.

In questo scritto viene riconsiderata la questione del trauma reale.

Al principio di piacere Freud oppone una tendenza molto più primordiale, che consiste nella coazione a ripetere esperienze spiacevoli del passato che generano dispiacere. Il soggetto si trova a dover fare i conti con qualcosa che si trova “al di là del principio di piacere” e cioè con “la pulsione di morte”.

Credo che la pulsione di morte possa essere ben chiarita da questa affermazione: “La morte a cui la pulsione sospinge è allora concepibile come uno stato esente da tensioni, come l’immagine di una quiete assoluta. Luogo di un godimento non ancora intaccato dal significante”[40]. La pulsione spinge ad azzerare la mancanza e quindi la divisione del soggetto. Ciò che crea la distanza è il simbolico, se “Il Simbolico è ridotto al Reale (…) il soggetto si frammenta, si identifica al caos oscuro e magmatico del Reale”[41].

Nell’istante del trauma il soggetto è travolto da un godimento pulsionale assoluto, che è diverso dal piacere  situandosi “al di là del principio di piacere”, un misto di piacere e sofferenza che lo annulla completamente. In questo contesto viene meno la possibilità di metaforizzare l’evento, di ricostruirlo soggettivamente per sottrarlo al silenzio del Reale incontrato.

Il Reale del trauma investe direttamente il corpo, lascia su di esso i suoi segni  e impedisce qualsiasi tipo di rappresentazione dell’evento. Freud  parlava del “trauma come ripetizione demoniaca” dove centrale è proprio la  spinta a ripetere un godimento che rifiuta il principio di piacere.

7.3 L’impatto del godimento sul soggetto

 

 

Nel corso del trattamento di pazienti abusati la verità soggettiva non è reperibile nel racconto dell’evento di cronaca legato al ricordo.  La verità si trova in quel godimento “al di là del principio di piacere” e nel modo in cui il soggetto è rimasto implicato.

Al momento dell’abuso si è verificato un  incollamento del soggetto al godimento dell’Altro che gli impedisce di staccarsi, di capire quello che è successo e quali sono state le rispettive parti in causa.

Il soggetto si trova a essere un puro oggetto di godimento, non ha più un proprio statuto, non può rappresentarsi in un discorso perché non è riducibile al campo simbolico e immaginario del senso e rimane fissato in questa posizione, in questo godimento maligno che lo incolla all’Altro.

Il trauma continua a essere presente nella vita del soggetto, e ad agire proprio per l’effetto di quel godimento che continua a operare a sua insaputa a causa di una  verità non ancora assunta soggettivamente.

 

 

7.4 “Un bambino viene picchiato”[42] (1919)

( Contributo alla conoscenza dell’origine delle perversioni sessuali ).

 

Il fantasma “ Un bambino viene picchiato” viene posta da Freud a paradigma del rapporto del soggetto con il godimento.

“ A questa fantasia si congiungono sentimenti di piacere in virtù dei quali essa è stata riprodotta innumerevoli volte o viene riprodotta tuttora”.(…) “Siamo di fronte a un tratto primario di perversione. Una delle componenti della funzione sessuale ha presumibilmente precorso le altre nello sviluppo , si è resa prematuramente autonoma e si è fissata , sottraendosi perciò ai successivi processi evolutivi”. [43]

Questa fantasia di percosse passa attraverso tre fasi. La prima fase “ Mio padre picchia il bambino da me odiato” mette in evidenza come il soggetto possa in questo modo rimanere il preferito del padre essendo picchiato un altro bambino che potrebbe essere un fratellino o una sorellina.

Il significato relazionale di questa scena è: “ mio padre non ama quest’altro bambino, ama soltanto me”.[44]

Questa fantasia soddisfa la gelosia del bambino ma nello stesso tempo apre la strada al senso di colpa legato all’amore per il padre che determina un rovesciamento della situazione ( il senso di colpa è l’elemento che trasforma il sadismo in masochismo).

Nella fase successiva la persona che picchia rimane la stessa ma il bambino picchiato è diventato il soggetto stesso: “Vengo picchiato da mio padre”, e l’esser picchiati rappresenta adesso una combinazione di senso di colpa ed erotismo.

Questa fantasia rimane però inconscia probabilmente per l’intensità della rimozione e può essere ricostruita soltanto attraverso l’analisi.

 In questa fase “ le connotazioni relazionali si riducono e si apre un’ambiguità allusiva che assume già connotazioni perverse”.[45]   

Nella terza fase: “ Un bambino viene picchiato”, la persona che picchia non è mai il padre, quindi scompare il padre, scompare il soggetto e il significato relazionale della scena.

 Al posto di un unico bambino sono adesso presenti più bambini che rappresentano dei sostituti del soggetto.

La perversione viene posta da Freud nel contesto di processi evolutivi tipici: “ è posta in relazione con l’amore oggettuale incestuoso del bambino , con il suo complesso edipico, fa la sua prima apparizione sul terreno di tale complesso e quando esso è crollato gli  sopravvive, spesso da sola, quale erede del suo carico libidico e gravata del senso di colpa che a esso è ancorato.[46]  

Il terzo stadio del fantasma rappresenta sia la struttura inconscia perversa delle fantasie di godimento nevrotico ( che devono rimanere irrealizzate) sia la struttura dei passaggi all’atto perversi.[47]

“ La perversione infantile può, o diventare il fondamento su cui si edifica una perversione di segno analogo che dura tutta la vita, che consuma tutta quanta la vita sessuale dell’individuo, o invece può venire troncata e rimanere sullo sfondo di un normale sviluppo sessuale, al quale sottrae pur sempre un certo ammontare energetico.(…) La fantasia di percosse e altre analoghe fissazioni perverse non sarebbero dunque altro che sedimentazioni del complesso edipico, cicatrici, per così dire, del processo che si è concluso”.[48]

 

  

7.5 Famiglia e perversione

 

La famiglia rappresenta il luogo nel quale l’individuo nasce e si sviluppa, e dove dovrebbero essergli  forniti i mezzi per dare un nome a ciò che accade oltre a un senso e un significato alla sua storia soggettiva.

L’abuso spesso si consuma proprio all’interno della famiglia e quindi proprio nel luogo dove dovrebbe essere garantita la protezione e la sicurezza.

Nelle famiglie abusanti esiste una logica di godimento all’interno dei legami che può essere riferita a tratti di perversione.

Colui che agisce il trauma spesso  ha un rapporto distorto con la legge, si situa oltre questa, coinvolgendo nella sua logica perversa tutti i legami familiari.

Il rapporto che si instaura fra la vittima e l’abusante non è un rapporto duale ma presuppone l’esistenza di un terzo simbolico rappresentato dalla Legge.

Questo Altro simbolico rappresenta una legge universale che tutela il soggetto dal punto di vista fisico e psichico.

Si tratta di una legge transculturale che fonda tutte le civiltà ed è rappresentata dalla proibizione dell’incesto.

L’interdizione dell’incesto non si riferisce unicamente ai rapporti sessuali fra le figure parentali ma funziona da regolatore, da filtro, fornendo una griglia simbolica che impedisce l’accesso diretto al godimento.

L’individuo si costruisce e viene a essere un soggetto attraverso le coordinate che vengono fornite da questa griglia simbolica.

Il Complesso Edipico assume in questo senso la funzione di imbrigliare il godimento all’interno del funzionamento del desiderio.

Nei soggetti abusati questo schermo simbolico viene oltrepassato e il soggetto si trova a tu per tu con un godimento senza limite.

L’Altro simbolico che garantiva la legge e che sosteneva il soggetto è scomparso e così pure il soggetto.

La funzione di velo operata dalla metafora paterna è venuta meno e con questa ogni possibilità di significazione.

 

 Conclusioni

 

 

La perversione è una struttura indispensabile alla definizione sia teorica che clinica del campo analitico.

La perversione è l’unica delle tre categorie psicopatologiche: nevrosi, perversione e psicosi, a essere rivendicata dalla psicoanalisi come propria.

Freud non ha mai formalizzato una teoria della perversione, tuttavia, lungo tutte le sue elaborazioni, sono presenti considerazioni al suo riguardo.

Nei Tre saggi sulla teoria sessuale Freud parla  dell’iscrizione in un ordine sessuale a partire dalla perversione.

Questo significa che “Gli esseri umani si iscrivono nella loro propria soggettività attraverso una sessuazione, e che questa sessuazione è fondamentalmente un fenomeno di cultura”. [49]

Quindi si tratta di un ordine non naturale e strettamente collegato con l’iscrizione del soggetto nel linguaggio.

Il soggetto si iscrive nel linguaggio con il suo sintomo come un soggetto sessuato.

Il linguaggio e la sua strutturazione preesistono all’entrata del soggetto nella struttura, ed egli non potrà modificarla ma dovrà sottomettervisi.

Il sintomo è dovuto a un difetto di simbolizzazione, qualcosa  è accaduto che il soggetto non ha potuto esprimere attraverso la parola.

Nella perversione è stata individuata una modalità di risposta del soggetto di fronte alla castrazione .

Ogni soggetto, di fronte ai limiti imposti dal linguaggio che gli impediscono di riprodurre le antiche soddisfazioni legate alle prime relazioni oggettuali, mette al posto di ciò che è andato perduto un sostituto, un oggetto idealizzato che promuove il suo mondo pulsionale, la sua vita  e i  suoi rapporti sociali.

Il perverso mette in scena l’aspetto di finzione di tutto ciò, “ nega che il vuoto che si produce nel dire e nei rapporti sia un motivo, un qualcosa che muove i soggetti nella loro dimensione di desiderio” e crede di poter annullare del tutto questo vuoto,(…) il perverso vorrebbe arrivare a un dire senza resto, a un “tutto è detto”, che in altri termini significa volere includere nel dire e nella scrittura ciò che è in eccesso: il godimento in quanto tale”.[50]

   

Nella perversione, al posto della divisione soggettiva, della mancanza e del desiderio che ne consegue, si trova una volontà di godimento che elimina la divisione.

Il soggetto perverso mette in evidenza con il suo agire l’aspetto di finzione operato dall’Altro simbolico che non è garante di ciò che è perduto da sempre.

 

 

Bibliografia

 

 

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·        Marc Silver, L’etica della psicoanalisi. Il percorso della perversione da Freud a Lacan, Bruno Mondatori, 2003.

 


 

[1] Citato da Marco Mariolini, Il cacciatore di anoressiche, La perversione: un buco nero nella psichiatria, Tempi e Società Gruppo Edicom 1997, cit. p.15

[2] Laplanche e Pontalis, Enciclopedia della psicoanalisi, Editori Laterza, 1993.

[3] Marc Silver, L’etica della psicoanalisi. Il percorso della perversione da Freud  a Lacan, Bruno Mondatori, 2003.

 

[4] S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905),Bollati Boringhieri Editore, 1975, cit. p.474.

[5] Giancarlo Ricci, Sigmund Freud. La vita, le opere e il destino della psicoanalisi, Bruno Mondadori Editore, Milano, 1998.

    

[6] Massimo Recalcati, Clinica del vuoto, Franco Angeli 2002, cit. p.251.

[7]  Massimo Recalcati, Clinica del vuoto, Franco Angeli 2002, cit. p.250

[8] Massimo Recalcati, Clinica del vuoto, Franco Angeli 2002, cit. p.262

[9] S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Bollati Boringhieri editore, 1975, cit.

[10]S. Freud, Feticismo 1927, La teoria psicoanalitica, Raccolta di scritti 1911-1938, Bollati  Boringhieri Editore, 1979, Op.cit.

 

[11] Fabrizio Gambini , intervento sulla rivista Il Cormorano, Anno II n. 1 cit.

[12] J.Lacan, La significazione del fallo, Scritti, Giulio  Einaudi Editore, 1974, cit.p.682

[13] Massimo Recalcati, Clinica del vuoto, Franco Angeli 2002, cit. p.264

[14] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

[15] Massimo Recalcati, Clinica del vuoto, Franco Angeli 2002, cit. p. 265

[16] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

 

[17] Massimo Recalcati, Clinica del vuoto, Franco Angeli 2002, cit. p.266

[18] F. de Saussure, Corso di linguistica generale, trad. it. Laterza, Bari 1968.

[19] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editore, 2000.

[20] M.Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano, 1973, p.200 

[21] J.Lacan, L’istanza della lettera o la ragione dopo Freud, Scritti, Giulio Einaudi editore, 1974, cit. p.490

[22] Fabrizio Gambini , intervento sulla rivista Il Cormorano, Anno II n. 1 cit.

[23] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

 

[24] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

[25]Fabrizio Gambini , intervento sulla rivista Il Cormorano, Anno II n. 1 cit.

 

[26] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

 

 

[27] S. Freud, Al di là del principio di piacere (1920), Bollati Boringhieri Editore, 1975, cit.

[28] J.-D.Nasio, Cinque lezioni sulla teoria di Lacan, Editori Riuniti, 1998, cit.

[29] J.-D.Nasio, Cinque lezioni sulla teoria di Lacan, Editori Riuniti ,1998, cit.

[30] J.Lacan, Una questione preliminare ad ogni possibile trattamento della psicos i, Scritti, Giulio Einaudi editore, 1974, Op. cit.p.527.

[31] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

 

 

[32] S. Freud, Feticismo 1927, La teoria psicoanalitica , Raccolta di scritti 1911-1938, Bollati  Boringhieri Editore, 1979,Op.cit.

[33] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

 

 

[34] Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, Jacques Lacan, Bruno Mondatori Editori, Milano 2000, cit.

 

 

[35] J.Lacan, Kant con Sade (1963), Scritti, Giulio Einaudi editore, 1974, Op.cit.p.764.

[36] J.Lacan, Le Séminaire. Livre XXII (1974-75), e Le Séminaire. Livre XXIII, Le sinthome (1975-76), inediti.

[37] Aa. Vv., Il sintomo ciarlatano. Da Freud a Lacan, Franco Angeli, 2002.

[38] S. Freud, La morale sessuale civile e il nervosismo moderno(1908), Opere  vol. V 1905-1908, Bollati Boringhieri editore, cit.

[39] Isabella Ramaioli, Domenico Cosenza, Pietro Bossola, J.Lacan e la clinica contemporanea, Franco Angeli editore, 2003, cit.

[40] M. Recalcati, L’universale e il singolare, Marcos y Marcos, Milano,1995 cit.

[41] E. Miccoli , La pulsione di morte, Freud e Lacan (La crisi dell’Apsicoanalisi),Genova, 1998. cit.

[42] S.Freud, Un bambino viene picchiato. Contributo alla conoscenza dell’origine delle perversioni sessuali(1919), in Opere, vol. IX, Bollati Boringhieri, Torino 1989.

[43] Ibidem.

[44]  S.Freud, Un bambino viene picchiato. Contributo alla conoscenza dell’origine delle perversioni sessuali (1919), in Opere, vol. IX, Bollati Boringhieri, Torino 1989.

[45]  ABA, Trauma , Abuso e Perversione, Franco Angeli 2000, cit. p.30

 

 

[46] S.Freud, Un bambino viene picchiato. Contributo alla conoscenza dell’origine delle perversioni sessuali (1919), in Opere, vol. IX, Bollati Boringhieri, Torino 1989.cit.

[47] ABA, Trauma , Abuso e Perversione, Franco Angeli 2000.

 

[48] S.Freud, Un bambino viene picchiato. Contributo alla conoscenza dell’origine delle perversioni sessuali (1919), in Opere, vol. IX, Bollati Boringhieri, Torino 1989.cit.

 

[49] Fabrizio Gambini , intervento sulla rivista Il Cormorano,Anno II n. 1 . cit.

 

[50] ABA, Trauma , Abuso e Perversione, Franco Angeli 2000, cit. p.77-78

 

 

 

Da: http://www.psicoanalisilacan.it/

 

 

 

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