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Cristianesimo interiore (Francois Pollien)
Francesco di Sales Pollien (1853 -1936) (Il Cristianesimo interiore) Guai al fariseo ipocrita che lava l’esterno del bicchiere e del piatto lasciando l’interno carico d’impurità: purifica l’interno prima, affinché il di fuori sia puro (cf. Matteo, 23,,25-26). Detesta il fariseismo delle apparenze e tieni che il tuo cristianesimo penetri fino alle midolla di te stesso. Andiamo, dunque fin nell’intimo da dove provengono il tuo male e il tuo bene. (F. Pollien, La Pianta di Dio, n. 292, pag. 174)
Il tema dell’unione con Dio, della purificazione del cuore, della preghiera e del cammino ascetico, tanto caro alla tradizione spirituale dei padri del deserto, è ripreso nelle sue opere con un linguaggio pacato e attento. Padre Pollien scrive che per essere veramente cristiani significa in pratica “vestirsi di Cristo”, ossia essere fatti ad immagine di Gesù Cristo, essere a Lui incorporati e per mezzo di Lui e del suo esempio crescere nella pienezza della vita divina.
Padre Pollien fu ispirato da Dio alla vita spirituale e religiosa fin dalla più giovane età. Abbracciò la vita semieremitica nella Grande Certosa, dove entrò nel 1885; nel 1911 divenne Priore della Certosa di Pleterje (nell’attuale Slovenia) e morì nella Certosa di Serra san Bruno, in Calabria. Il pio Certosino visse una vita nascosta in Dio, praticando la più severa ascesi, l’intima contemplazione di Dio e la preghiera senza intermissione. Fu scrittore molto prolifico, ci ha lasciato numerose opere ascetico-mistiche di grande valore spirituale, tra cui: “La Pianta di Dio”, “Grandezze mariane” e “La vita interiore semplificata riportata a suo fondamento”[2]. Inoltre, il lungo articolo sul silenzio, tratto dal commentario alle osservanze religiose dei certosini, contiene capitoli di profonde contemplazioni, “forse le più belle pagine che siano mai state scritte su tale argomento”[3].
Dal Commentario alle Osservanze religiose:. IL SILENZIO[4] (garanzia della Preghiera)
Il silenzio della parola
Il silenzio d’attitudine.
In un primo momento, forse, non comprenderete cosa voglio dire con quest’espressione. Né voi immaginate quanto i nostri semplici atteggiamenti, le nostre maniere d’essere siano conformi alla duplice legge del silenzio, della parola e dell’azione. Quando non diciamo o non facciamo niente, o, all’inverso, diciamo e facciamo quel che bisogna, noi lo diciamo e lo facciamo conformemente a questa duplice legge del silenzio, di parola e d’azione. Voi non immaginate affatto che il nostro semplice atteggiamento sia cosa indifferente al silenzio. Ci sono, infatti, delle maniere d’essere, di dire e di fare, che sono singolari, che suscitano stupore, che attirano l’attenzione e producono distrazioni di ogni specie, di curiosità, riso, disprezzo, giudizio temerario ecc… . Non credete che il silenzio dell’anima ne sia turbato? Le divagazioni, i contrasti, le preoccupazioni gioiose o penose, che ne risultano, non sono forse uno sconvolgimento passeggero, e talvolta molto ostinato, del silenzio interiore? E credete che non significhi nulla intralciare i movimenti dell’anima, infliggendo loro delle perdite di tempo e di forza, contrariando il loro cammino e riducendoli a degli stupidissimi nulla? Oh! quanto è necessario sapersi ritirare nell’ombra, nell’attitudine più semplice, fondersi nel movimento comune, sparire per così dire nell’unità comune a tutti; senza che niente attiri lo sguardo su di noi, nulla tranne il bene che il Maestro vuole che irradi da noi. Ecco ciò che chiamo il silenzio d’attitudine.
Il silenzio del silenzio.
A questo punto sono sicuro che non capite più niente del tutto, spero tuttavia di farmi comprendere. Il silenzio d’attitudine, di cui ho parlato, è innanzitutto il silenzio dell’atteggiamento corporale. Più alto ancora e ben superiore a questo è il silenzio del silenzio. È un atteggiamento dell’anima del tutto interiore, che si trova nelle disposizioni di cui essa vive nell’intimo di sé stessa. Credete che questi atteggiamenti dell’anima non abbiano alcun irradiamento sulle altre anime? Essi ne hanno di assai misteriosi, molto profondi e assai penetranti. Perché vicino ad un’anima di pace voi pure vi sentite rivestiti di pace. Come può un santo odorare della sua santità? Come, invece, vi spiegate certi malesseri indefinibili accanto a certe anime che non conoscete? E che ne pensate di tanti altri effluvi odorosi segreti che realmente si trasmettono da anima ad anima? Sebbene gli atteggiamenti corporali ne siano anche il veicolo, molte di queste influenze si esercitano senza che alcun indizio corporale ne spieghi la ragione. In tal modo l’anima del silenzio interiore farà splendere la sua calma divina attorno a sé e la sua divina intimità darà il sentimento della presenza di Dio; le sue ascensioni nel segreto del volto di Dio saranno come un magnete cui la virtù segreta attirerà in alto. Ecco, questo è quello che io chiamo il silenzio del silenzio; ed io sono troppo ignorante dei misteri più alti per rivelarvi i segreti più sublimi del silenzio celeste! Questo sarebbe l’ultimo che si dovrebbe poter contemplare, san Paolo dice che il linguaggio umano non ha parole per esprimerlo (2 Cor. 12,4). (Commentaire…, op. cit., nn. 332-337- pp. 188-191)
Com’è silenzioso, là nel suo Tabernacolo, questo Gesù, che noi adoriamo e serviamo, al quale ci siamo consacrati! Lui è là per noi, come noi siamo qui per Lui; Lui è in noi, più che noi siamo in Lui, purtroppo! A chi e a che cosa pensa? Che fa Gesù nel suo silenzio? necessità. Egli prega, si immola per noi e non cessa di irradiare su noi le grazie del suo amore. Ma noi, incoscienti del mistero del silenzio in cui Lui ci serve, profaniamo questo mistero invece di servirlo. Come si comprende poco il Sacramento dell’amore, lo dimostra il nostro divagare vicino a Lui con la stupidità delle parole e delle preoccupazioni dissipanti! Quanto intendiamo poco la voce del suo silenzio! (…) E nonostante lo riceviamo sovente… sentiamo forse meglio in noi la sua voce dal Tabernacolo? Se fossimo silenziosi come Lui lo sentiremmo sempre. E c’è una stupidità più ottusa ancora: forse osiamo perfino lamentarci se Egli non parla! Oh! Quando avremo la beatitudine di avere orecchie che intendono! (Lc 18,8). Noi possiamo e dobbiamo farci le orecchie per mezzo del silenzio, un silenzio così religioso come quello di Gesù al Tabernacolo. Possiamo essere ben sicuri che questo silenzio susciterà la divina apertura dell’orecchio interiore, allora intenderemo tutto di Gesù e sentiremo come dolce, inebriante, beatificante e trasformante è la sua Parola! (Ib. nn. 366) Fai di nostro Signore il centro delle tue riflessioni.
Egli sarà sempre – te lo assicura lui stesso – la prima e l’ultima lettera del tuo alfabeto (Ap 1,8) . Non è lui la tua unione? Che cosa raggiungeresti senza di lui? E poi qual’ è la verità che non viene da lui e non va a lui? I grandi dottori non vedevano, non capivano, non predicavano che lui. Sant’ Agostino, san Bernardo ti meravigliano coi loro continui ricorsi a Gesù Cristo. E lo stesso grande apostolo non protesta forse che il Cristo e il Cristo Crocifisso è la sua unica scienza (1 Cor 2,2). Che egli sia anche la tua. Man mano che lo conoscerai, acquisterai la scienza di tutto, anzi del “Tutto”. Tutto deve essere instaurato in lui (Ef 1,10), tutto deve sussistere in lui (Col 1,17) e sarai dunque tu restaurato fuori di lui, sussisterai senza di lui? Per mezzo di lui ricostituirai la tua integrità, che si perpetuerà in Lui. Meditalo in te stesso e in tutte le cose; considera la sua vita immortale in Dio e la sua vita mortale nell’umanità, la sua vita mistica nella Chiesa. I misteri della sua vita mortale saranno quelli che ti inizieranno agli altri; dal suo concepimento alla sua ascensione, quali alimenti per le tue considerazioni! E attraverso la sua umanità, arriverai alla sua divinità e per mezzo suo alla santa Trinità. (La Pianta di Dio, nn. 1183,1185, pp.796-798)
Florilegio mistico
Il regno di Dio è interiore
Interrogato dai farisei che gli domandavano quando verrebbe il Regno di Dio, Gesù rispose: “Il Regno di Dio non viene in modo da colpire gli sguardi. Non si dirà esso è qui o lá, ecco infatti che il Regno di Die è dentro di voi (Lc 17,20). Esso è dentro; è lì che esso si trova in una maniera sussistente. Dentro si forma uno stato stabile; è in tale stabilità c’è il Regno. Esso è lì con la sua virtù, con la sua potenza costante. (Grandeurs mariales, op. cit., p. 425)
La preghiera
Poiché l’unione con Dio è il supremo scopo della tua vita, la preghiera è il tuo supremo dovere. Essa mette la tua mente, il tuo cuore e i tuoi sensi in relazione con Lui. È la preghiera che fa cessare a poco a poco la distrazione abituale della tua vita. Distrazione perché la tua mente, il tuo spirito e il tuo cuore si occupano di cose lontano da Lui. La preghiera riconduce a Dio la tua mente, il tuo cuore ed i tuoi sensi; li ricolloca, almeno per il momento vicino a Dio, li riabitua a vivere vicino a Lui e a misura che essa diventa più viva e frequente, tu vivi più abitualmente in unione con Lui. (Cristianesimo interiore, op. cit. pp. 95-96) (La vita interiore…op. cit. p. 402)
Il lavoro divino
Com’è bello il lavoro divino che va dall’esiguità del granello alla grandezza della pianta! Puoi contemplarlo in te stesso e non sai ciò che devi ammirare di più, se la piccolezza degli inizi, l’armonia dei progressi o l’estensione degli sviluppi. Tutto ti meraviglia e come Dio ti appare veramente Dio! È l’Infinito che gioca nel finito, che fa il suo regno di te. Questa contemplazione ti porta seriamente a non dubitare più di Lui e t’insegna a riconoscere le sue vie. (Ib., p. 35) [1] F. Pollien, La vita interiore semplificata…, pag. 337. [2] Vedi “Autori e fonti” in appendice. [3] La Pianta di Dio, p. XII. [4] Pagine scelte e tradotte dal dattiloscritto inedito: Commentaire du statut des freres chartreux, (Commentario dello Statuto dei Frati certosini) per gentile concessione della Certosa di Serra San Bruno. Il titolo è mio. [5] “Il mio cuore cerca il tuo volto”, Edizioni “La Certosa”, 1995, p.62.
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