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"L'abbandono alla Provvidenza Divina" (Jean Pierre de Caussade)
PREFAZIONE Questo piccolo trattato contiene le lettere scritte da un ecclesiastico a una superiora di una comunità religiosa. Si vede bene che l'autore era una bell'anima, molto interiore e grande amico di Dio: egli rivela nelle sue lettere, di cui si è creduto di dover sopprimere qualcosa per brevità, il vero metodo, il più breve e realmente unico, per arrivare a Dio. Felice l' anima che abbraccerà con coraggio gli inse gnamenti che egli dà. I peccatori troveranno di che riscattare le loro colpe riparando le azioni passate della propria volontà applicandosi solo più a quella di Dio. I giusti vedranno che con poca fatica e senza darsi eccessiva pena, per così dire, dei propri interessi, possono arrivare in poco tempo a un alto grado di perfezione e a un' eminente santità. E questo l 'unico scopo che ci proponiamo per la maggior gloria di Dio e per la santificazione del lettore.
Cap. I IN QUAL MODO DIO CI PARLA E COME DOBBIAMO ASCOLTARLO Dio parla ancor oggi come parlava un tempo ai nostri padri , quando non c'erano ne direttori ne metodi. Il momento dell'ordine di Dio costituiva tutta la spiritualità; questa non era stata ancora ridotta a un'arte che la spiegasse in modo così sottile e così dettagliato e che racchiudesse tanti precetti, istruzioni e massime. Indubbia mente le nostre attuali esigenze comportano tutto ciò, ma non era cosl nei tempi passati allorché c' era maggior rettitudine e semplicità. Si sapeva soltanto che ogni momento reca con sé un dovere che si deve adempiere con fedeltà, e questo era sufficiente per le persone spirituali di allora, e tutta la loro attenzione vi si concentrava costantemente. A somiglianza delle lancette che indicano le ore e che ad ogni minuto corrispondono allo spazio che debbono per correre, il loro spirito, mosso senza posa dall'impulso divino, si trovava istintivamente rivolto verso il nuovo oggetto che si presentava, secondo l'ordine di Dio, a ogni ora del giorno. Tali erano i moventi segreti del comportamento di Maria, la più semplice e la più abbandonata delle creature. La risposta che diede all' angelo, quando si limitò a dirgli: Fiat mihi secundum verbum tuum , esprime tutta la teologia mistica dei suoi avi. Tutto si riduceva, come adesso, al più puro e semplice abbandono dell'anima alla volontà di Dio sotto qualunque forma si presentasse. Questa elevata eretta disposizione che esprime tutta la profondità dell'anima di Maria risalta mirabilmente in questa semplicissima espressione: Fiat mihi. Notate come essa si accordi perfettamente con quella che nostro Signore volle che noi avessimo incessantemente sulle labbra e nel cuore: Fiat voluntas tua . È vero che quanto si esigeva da Maria in quel celebre momento era molto glorioso per lei; ma la prospettiva di qualsiasi gloria non avrebbe fatto nessuna impressione su di lei se la volontà di Dio, la sola capace di commuoverla, non avesse posato su di lei il suo sguardo. Era questa divina volontà che la guidava in tutto: le sue occupazioni, sia che fossero comuni o particolari, ai suoi occhi non erano che ombre più o meno luminose nelle quali ella trovava costantemente il motivo di glorificare Dio e di riconoscere le operazioni dell'Onnipotente. Il suo spirito colmo di gioia considerava tutto quello che doveva fare o soffrire in ogni momento come un dono della mano di colui che ricolma di beni un cuore che si nutre di lui solo e non delle qualità e delle apparenze delle cose create. La potenza dell' Altissimo stese su lei la sua ombra e quest'ombra non era altro che quanto ogni momento le presentava come dovere, come attrattiva o croce. Non si tratta, infatti, delle ombre alle quali diamo questo nome nell'ordine della natura e che si diffondono sulle cose ma teriali come un velo che ce le nasconde. Nell'ordine mora le e soprannaturale, le ombre, sotto le loro oscure apparenze, nascondono la verità della volontà divina, la sola che meriti la nostra attenzione. Maria si trovava dunque sempre disposta e così quelle ombre scorrendo sulle sue facoltà, ben lungi dall'ingannarla, colmavano la sua fede in colui che è sempre uguale. Ritirati pure, arcangelo, anche tu sei un'ombra. Il tuo compito è finito e tu scompari. Maria ti oltrepassa e va avanti e tu sei ormai lontano da lei. Lo Spirito Santo che l'ha pervasa attraverso l'aspetto sensibile di questa missio ne non l'abbandonerà più. Ben poco di questa realtà straordinaria appare però nella santa Vergine; almeno non è quello che la Scrittura mette in risalto di lei. La sua vita ci è presentata esteriormente in modo molto semplice e comune. Maria fa e soffre quello che fanno e soffrono le persone della sua condizione: va a visitare la cugina Elisabetta e come lei ci vanno gli altri parenti. Va a farsi iscrivere a Betlemme, e anche gli altri ci vanno e trova rifugio in una stalla, in conse guenza della sua povertà. Ritorna a Nazareth, da cui l'a veva allontanata la persecuzione di Erode, e qui Gesù e Giuseppe vivranno del loro lavoro assieme a lei. Ecco il pane quotidiano della Sacra Famiglia. Ma di quale pane si nutre la fede di Maria e di Giuseppe, qual è il sacramento dei loro sacri momenti? Che cosa scoprono sotto l'apparenza comune degli avvenimenti che li riguardano? Quello che è visibile è simile a quanto accade a tutti gli altri uomini; ma l'invisibile che la fede scopre e riconosce è Dio stesso che opera cose grandissime. O pane degli angeli, manna celeste, perla evangelica, sacramento del momento presente! Tu dài Dio sotto apparenze tanto vili come una stalla, la mangiatoia, il fieno, la paglia. Ma a chi ti dài? Esurientes implevit bonis . Dio si rivela ai piccoli nelle più piccole cose, mentre i grandi, limitandosi all'esteriorità, non lo scoprono nemmeno nelle grandi. Ma qual è il segreto per trovare questo tesoro , questo granello di senape, questa dracma? Non c'è nessun segreto; questo tesoro è dovunque e si offre a noi in ogni tempo, in ogni luogo. Non solo Dio, ma tutte le creature, amiche e nemiche, lo versano a piene mani e lo fanno scorrere attraverso tutte le facoltà dei nostri corpi e delle nostre anime fino al centro dei nostri cuori: apriamo la bocca ed essa ne sarà riempita. L 'azione divina inonda l'universo, penetra in tutte le creature, le colma di sé; dovunque esse sono, lei c'è; le precede, le accompagna, le segue. Si tratta solo di lasciarsi trasportare dalle sue onde. Piacesse a Dio che i re e i loro ministri, i principi della Chiesa e del mondo, i preti, i soldati, le persone comuni, in una parola tutti gli uomini conoscessero quanto sarebbe facile arrivare a un'eminente santità. Non c'è che da adempiere fedelmente gli elementari doveri cristiani e quelli del proprio stato; accogliere con rassegnazione le croci che li accompagnano e sottomettersi all ' ordine della Provvidenza in tutto quello che si presenta da fare e da soffrire, senza andarne alla ricerca. È questa la spiritualità che ha santificato i Patriarchi e i Profeti anche prima che si inventassero tanti metodi e che sorgessero tanti maestri. È la spiritualità di tutte le età e di tutti gli stati che non possono sicuramente santificarsi in un modo più alto, più straordinario e allo stesso tempo più facile che col semplice uso di quelle cose che Dio, unico direttore delle anime, dà loro da fare o da soffrire in ogni momento, per obbedire alle leggi della Chiesa o a quelle dello stato. Se si facesse ciò, i preti sarebbero necessari quasi solo per i sacramenti e si potrebbe fare a meno di loro per tutto il resto, perché lo troveremmo nelle nostre mani a ogni istante. Le anime semplici, che non si dànno tregua nel chiedere consigli sul modo di andare a Dio, sarebbero così liberate dai pesanti e pericolosi fardelli che molti, i quali si compiacciono di dominarle, impongono loro senza necessità.
Cap. II MODO DI OPERARE NELLO STATO DI ABBANDONO E DI PASSIVITÀ E PRIMA DI ESSERVI GIUNTI C'è un tempo in cui l'anima vive in Dio e ce n'è uno nel quale Dio vive nell' anima. Quello che è proprio a uno di questi tempi, è contrario all' altro. Quando Dio vive nell' anima, questa deve abbandonarsi totalmente alla sua provvidenza; quando l' anima vive in Dio, essa si munisce con cura e con regolarità di tutti i mezzi che ritiene in grado di condurla a questa unione. Tutti i suoi pensieri, le sue letture, i suoi programmi, le sue revisioni, sono fissati; è come se avesse una guida al fianco da cui tutto è regola to, perfino il tempo di parlare. Quando Dio vive nell' anima, essa non ha più niente che le venga da se stessa. Non ha che quello che le dà, in ogni momento, il principio che la sorregge: nessuna provvista, non più vie tracciate; è come un bambino che viene con dotto dove si vuole e che ha solo il sentimento per distin guere le cose che gli si presentano. Non ci sono più libri indicati per quest' anima; molto spesso essa è priva di un direttore fisso e Dio la lascia senz' altro appoggio che lui solo. La sua dimora è nelle tenebre, nell'oblio, nell'abban dono, nella morte e nel nulla. Sente i suoi bisogni e le sue miserie senza sapere da dove ne quando le verrà il soccor so. Attende in pace e senza inquietudine che venga chi l'assisterà, i suoi occhi guardano soltanto il cielo. E Dio, che non potrebbe trovare nella sua sposa disposizioni più pure di questa totale rinuncia a tutto quello che essa è per non essere che per grazia e per operazione divina le fornisce al momento opportuno i libri, i pensieri, la co noscenza di se stessa, gli avvertimenti, i consigli, gli esem pi dei giusti. Tutto quello che le altre anime trovano con la loro iniziativa, quest' anima lo riceve nel suo abbandono, e ciò che le altre conservano con precauzione per ritrovarlo al momento opportuno, quest'anima lo riceve al momento del bisogno e poi lo abbandona, non volendo possedere se non quello che Dio vuol concederle, per non vivere che per mezzo di lui. Le altre intraprendono per la gloria di Dio un'infinità di cose; questa spesso è in un angolo della terra come un coccio di vaso rotto da cui non si può più trarre alcuna utilità. Lì quest' anima abbandonata dalle creature, ma nel godimento di Dio attraverso un amore autentico, intenso e molto attivo benche infuso nel riposo, non si rivolge a nessuna cosa per impulso proprio. Non sa far altro che abbandonarsi e mettersi nelle mani di Dio per servirlo nel modo che lui sa; spesso ignora a che possa servire, ma lo sa bene Dio. Gli uomini la credono inutile e le apparenze favoriscono questo giudizio; ma non è me no vero che, attraverso risorse segrete e canali sconosciuti, essa spande un'infinità di grazie su molte persone che spesso non se ne rendono conto e alle quali lei stessa non pensa. Tutto è efficace, tutto predica, tutto è apostolico in queste anime solitarie. Dio conferisce alloro silenzio, al loro riposo, alloro oblio, alloro distacco, alle loro parole, ai loro gesti, una certa efficacia che opera nelle anime a loro insaputa. E poiche esse sono influenzate dalla presen za occasionale di mille creature di cui la grazia si serve per istruirle quasi inconsciamente, così a loro volta servono da sostegno, da guida a parecchie anime, senza che vi sia nessun legame palese ne un impegno esplicito per ciò. E Dio che opera in loro, ma con interventi imprevisti e spesso sconosciuti, di modo che queste anime sono come Gesù da cui usciva un potere segreto che sanava tutti. Tra loro e lui c'è questa differenza: che il più delle volte esse non percepiscono affatto il fluire di questa potenza e nemme no vi contribuiscono con la loro cooperazione. Sono come un profumo nascosto che si avverte senza conoscerlo e che ignora esso stesso la propria virtù. Lo stato a cui quello di queste anime mi pare somigli maggiormente è lo stato di Gesù, della santa Vergine e di san Giuseppe. Si tratta dunque di una dipendenza dal beneplacito di Dio e di una passività continua per essere e per agire mossi dalla volontà divina. Bisogna sottolineare bene che si tratta della sua volontà nascosta, della sua volontà improvvisa, occasionale e, potremmo dire, imprevedibile. La chiamerò, se volete, volontà di pura provvidenza, per distinguerla da quella che ci indica i doveri precisi da cui nessuno si deve dispensare. Lasciando da parte questa volontà specificata e determinata, dico che le anime di cui parlo vivono per situazione nella dipendenza dall'altra volontà che chiamo di pura provvidenza. Da questo deriva che la loro vita, benche molto straordinaria, non presenta tuttavia niente che non sia comune e del tutto ordinario; adempiono i doveri della religione e del loro stato nel modo in cui anche le altre in apparenza lo fanno. Anche se le osserviamo nelle altre cose, niente appare di notevole ne di particolare; sono totalmente immerse nel corso degli avvenimenti ordinari e quello che potrebbe distinguerle non cade sotto gli occhi. E questa continua dipendenza che le vincola alla volontà suprema, che sembra disporre tutto per loro. Questa volontà le rende costantemente padrone di se stesse median te la sottomissione abituale del loro cuore. Questa volontà, inoltre, sia che esse vi cooperino espressamente, sia che vi obbediscano senza accorgersene, le impegna al servizio delle anime. Non vi sono ne onori ne vantaggi per un tale compito svolto nella più grande nudità e inutilità agli occhi del mondo . Queste anime, distaccate per profonda disposizione da quasi tutti gli impegni esteriori, sono poco adatte ai rapporti col mondo, agli affari, ai progetti e alle attività industriose. Ci si può fidare ben poco di esse e non si vede in loro che debolezza di corpo e di spirito, di immaginazione, di passioni. Pare che non si accorgano di nulla, non pensano a niente, non prevedono e non prendono a cuore niente. Sono, per così dire, allo stato grezzo; nulla appare in loro di quello che la cultura, lo studio e la riflessione dànno all'uomo. Si scorge in esse ciò che la natura mostra nei bambini prima che siano passati per le mani dei maestri incaricati di formarli; si vedono solo i loro piccoli difetti che, senza renderle più colpevoli dei bambini, in esse urtano più che in costoro. Dio infatti toglie tutto a queste anime eccetto l'innocenza, perche non posseggano che lui solo. Il mondo, che ignora questo mistero, non le giudica che secondo le apparenze, perciò non trova in esse niente di quello che è abituato a godere e ad apprezzare. Così le respinge e le disprezza e divengono come il bersaglio di tutti; più si vedono da vicino meno sono comprese e si sente per loro ostilità; non si sa che cosa dire e che cosa pensare di esse. Un non so che parla tuttavia in loro favore, ma invece di seguire questo istinto, o per lo meno di trattenere il giudizio, si preferisce seguire la propria malignità. Perciò si spiano le loro azioni per giudicarle a modo proprio, e come i farisei non potevano apprezzare il compor tamento di Gesù, le si considera con occhi tanto prevenuti che tutto quello che fanno sembra ridicolo o colpevole. Purtroppo, queste povere anime pensano altrettanto a proprio svantaggio. Unite semplicemente a Dio mediante la fede e l'amore, vedono tutto il sensibile che è in loro come nel disordine. Ciò le rende ancor più prevenute quando si paragonano con coloro che passano per santi i quali, capaci di assoggettarsi alle norme e ai metodi, non mostrano nulla che non sia ben regolato in tutta la loro persona e nel compimento delle loro azioni: allora la vista di se stesse le copre di confusione e riesce loro insopportabile. È questo che trae dal fondo del loro cuore quei sospiri e quei gemiti amari che indicano l'eccesso del dolore e del l'afflizione di cui sono piene. Ricordiamoci che Gesù era Dio e uomo a un tempo; come uomo era annientato e come Dio era pieno di gloria. Queste anime, senza partecipare alla sua gloria, vivono solo le morti e gli annientamenti che operano in esse le loro tristi e dolorose apparenze. Esse sono, agli occhi del mondo, come Gesù era agli occhi di Erode e della sua corte. Mi sembra che sia facile concludere da tutto ciò che queste anime abbandonate non possono, come le altre, occuparsi di desideri, di ricerche, di sollecitudini, ne legarsi a certe persone, entrare in certi progetti, prescriversi certi sistemi metòdici o schemi studiati di parlare, di agire, di leggere. Tutto ciò presupporrebbe che possano disporre ancora di se stesse, cosa che la situazione di abbandono in cui si trovano esclude di per se. È questo uno stato in cui si arriva ad appartenere a Dio attraverso una cessione piena e totale di tutti i propri diritti su se stessi: sulle proprie parole, azioni, pensieri e comportamenti; sull'impiego del proprio tempo e su tutte le situazioni che possono prodursi. Una sola cosa rimane da fare, ed è quella di aver sempre gli occhi fissi sul Signore che si è scelto e di restare incessantemente in ascolto per intuire e conoscere la sua volontà ed eseguirla con prontezza. Nessuna condizione raffigura questo stato meglio di quella del servo che si mantiene vicino al padrone suo solo per obbedire in ogni momento agli ordini che egli si compiace di dargli, e non per impiegare il tempo a pensare ai propri interessi che deve abbandonare per esser pienamente e ad ogni istante a disposizione del suo signore . Così le anime di cui parliamo sono per loro natura soli tarie e libere , distaccate da tutto per contentarsi di amare in pace il Dio che le possiede, e compiere fedelmente il dovere presente secondo il beneplacito della sua volontà significata, senza concedersi nessuna riflessione, nessun ripensamento ne esame delle conseguenze, delle cause, delle ragioni. A loro basta camminare nella semplicità, nel puro dovere, come se al mondo non ci fosse altro che Dio e quest'obbligo pressante. Il momento presente è dunque come un deserto nel quale l'anima semplice vede Dio solo di cui gode, preoccupata soltanto di quello che egli vuole da lei: tutto il resto è lasciato, dimenticato, abbandonato alla Provvidenza. Quest' anima, al modo di uno strumento, non riceve e non opera se non in quanto l'operazione intima di Dio l'occupa passivamente in se stessa o l'applica all'esterno. A quest'applicazione esteriore l'anima unisce, da parte sua, una cooperazione libera e attiva, ma infusa e mistica: cioè, poiche Dio trova in essa tutto quello che è necessario per agire allorché egli lo ordina, contento della sua buona disposizione gliene risparmia la pena, ponendo lui stesso tutto quello che, diversamente, sarebbe frutto degli sforzi dell'anima o della sua buona volontà in atto. Come se qualcuno, vedendo un amico disposto a percorrere una strada per rendergli un servizio, si mettesse al posto di costui e, sotto le sue apparenze, facesse la strada con la propria attività, di modo che all'amico non resterebbe che la volontà di camminare, mentre camminerebbe in virtù di quell'attività non sua. Sarebbe sempre un camminare libero, poiché conseguenza della libera decisione dell'amico per cui si era pronti a sostenere la fatica; sarebbe attivo, perche un vero camminare; sarebbe infuso perche compiuto non con azione propria; sarebbe infine mistico perché ne rimane nascosto il principio attivo. Ma per tornare al genere di cooperazione che noi intendiamo spiegare con l'esempio di questo cammino immaginario, notate che essa è del tutto diversa dalla partecipazione che si ha nei confronti dei propri doveri: l'azione con la quale li compiamo non è ne mistica ne infusa, ma libera e attiva come si intende comunemente. Così l'obbedienza al beneplacito di Dio partecipa dell'abbandono e della passività; non vi si mette niente di proprio all'infuori dell' abitudine di una buona volontà generale che vuol tutto e non vuole niente, comportandosi come uno strumento senza virtù propria quando è tra le mani dell'operaio. Esso serve a tutti gli usi ai quali lo predispongono la sua natura e la sua forma. Al contrario l'obbedienza che si presta alla volontà di Dio significata e determinata, nasce dallo stato normale di vigilanza, di sollecitudine, di attenzione, di prudenza, di discrezione, secondo che la grazia aiuta sensibilmente o ci lascia agli sforzi ordinari. Si lascia dunque agire Dio in tutto, non riservando per se che l'amore e l'obbedienza al dovere presente; e su questo punto l' anima agirà senza mai stancarsi. Quest'amore dell'anima, infuso nel silenzio, è una vera e propria azione di cui essa si fa un obbligo perenne: deve infatti conservarlo con cura e mantenersi con costanza nelle disposizioni in cui esso la mette; cosa che non può fare evidentemente senza agire. Questa obbedienza al dovere presente è anch' essa un agire con cui l'anima si consacra completamente alla volontà esterna di Dio senza aspettare niente di straordinario: ecco la regola, il metodo, la legge, la via pura, semplice e sicura di quest' anima. E legge invariabile per tutti i tempi, tutti i luoghi, tutti gli stati; è la via diritta su cui l'anima cammina con coraggio e fedeltà senza deviare né a destra né a sinistra, e senza occuparsi di ciò che la oltrepassa: tutto quello che sta al di là è ricevuto passivamente ed eseguito in stato di abbandono. Insomma, quest'anima è attiva in tutto quello che le prescrive il dovere presente, ma passiva e abbandonata per tutto il resto in cui non mette niente di suo se non l' attendere nella pace la mozione divina. Niente è più sicuro di questa semplice via , come non c'è niente di più chiaro, di più facile, di più dolce, né di meno soggetto all'errore e all'illusione. Così si ama Dio, si adempiono i doveri cristiani, si frequentano i sacramenti, si compiono gli atti esterni della religione a cui tutti so no obbligati; si obbedisce ai superiori e si osservano i doveri del proprio stato; si opera inoltre una continua resistenza agli impulsi della carne e del demonio, perche nessuno è più attento e più vigilante delle anime che percorrono questa via. Se le cose stanno così come mai queste anime sono tanto spesso esposte alle contraddizioni? Tra queste la più ordinaria è che, dopo che hanno adempiuto come gli altri cristiani tutto ciò che esigono i maestri più meticolosi, c'è chi pretende ancora di costringerle a certe pratiche gravose di cui la Chiesa non fa alcun obbligo; e se esse non vi si adeguano sono accusate di esser preda dell'illusione. Ma rispondetemi: un cristiano che si limiti a osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa e che, per il resto, senza meditazione, senza contemplazione, senza letture, senza frequentare in modo particolare la direzione spiri tuale, si dia ai rapporti col mondo e a tutti gli impegni della vita civile, sarebbe nell'errore? A nessuno verrebbe in mente di accusarlo di ciò e nemmeno di sospettarlo. Si chiariscano dunque le cose: se si lascia in pace il cristiano di cui ho appena parlato, è ben giusto che non si tormenti un'anima che non solo adempie i precetti per lo meno al trettanto bene quanto costui, ma che esegue in più le pratiche interiori ed esteriori di pietà che questi non conosce nemmeno o verso le quali, se le conosce, non mostra che indifferenza. La prevenzione arriva addirittura a convincere che, nonostante tutto, quest'anima s'illude, s'inganna perché dopo essersi assoggettata a tutto quello che la Chiesa prescrive, si conserva nella libertà per essere in grado di dedicarsi senza ostacoli alle operazioni intime di Dio e seguire gli impulsi della sua grazia in tutti i momenti in cui niente la costringe dall'esterno. La si condanna, insomma, perché consuma nell'amore di Dio il tempo che gli altri dedicano ai divertimenti e agli affari temporali: non è una palese in giustizia? Non si insisterà mai troppo su questo punto. Se uno si mantiene nelle regole e nell'andazzo comuni, confessandosi ad esempio una volta all'anno, nessuno ha niente da dire; lo si lascia vivere in pace, contentandosi di esortarlo, all'occasione, a far qualcosa di più, senza tuttavia sollecitarlo troppo vivamente e senza fargliene un obbligo. Se costui dovesse poi cambiare, abbandonando il tenore abituale della vita, ecco che lo si assilla con esortazioni, regole e metodi, e se egli non si sottomette e non si impegna in tutto ciò che l'arte della pietà ha stabilito, se non lo esegue alla perfezione, è finita: si comincia a temere per lui e la sua via diviene sospetta. Perché non si riconosce che le pratiche, per quanto buone e sante si suppongono, non sono altro che la via che conduce all'unione divina? Come si può pretendere che si rimanga per la strada, mentre si è giunti alla meta? Ebbene, questo è quanto si esige dall' anima per la quale si teme che viva nell'illusione. Quest'anima ha percorso all'inizio la stessa strada delle altre, ha conosciuto come loro e ha eseguito tutte le pratiche fedelmente; ma inutilmente adesso si pretenderebbe di tenervela legata. Dal momento che Dio, commosso dagli sforzi che ella ha fatto per avanzare con questi mezzi, le è venuto incontro e si è incaricato di condurla a questa felice unione; dal momento che ella è arrivata in questa bella regione dove non si respira che abbandono e dove ha inizio il possesso di Dio mediante l'amore; dal momento infine che questo Dio di bontà, sostituendosi ai suoi sforzi e alle sue esercitazioni è divenuto il principio delle sue operazioni, questi metodi hanno perso per lei ogni utilità. Rappresentano solo più una via che ha già percorso e che si è lasciata indietro. Esigere, dunque, che ritorni a quei metodi e continui a seguirli, sarebbe chiederle di abbandonare la meta a cui è giunta per ripercorrere la via che ve l'ha condotta. Ma si perderà tempo e fatica: basta a quest' anima un po' di esperienza perché, nonostante tanto clamore dal di dentro e dal di fuori, riesca a mantenersi insensibile a queste sollecitazioni, e a dimorare senza turbarsi e senza vacillare minimamente in questa pace intima in cui può esercitare così vantaggiosamente il suo amore. Questo è il centro del suo riposo o, se si vuole, la linea diritta tracciata da Dio stesso, che lei seguirà per sempre. Vi procederà con costanza e tutti i suoi doveri del momento presente saranno adempiuti secondo l'ordine di questa linea; a mano a mano che si presenteranno li eseguirà senza agitazione e senza fretta. Per tutto il resto si manterrà in una totale libertà, sempre pronta a obbedire alle ispirazioni della grazia non appena si faranno sentire, pronta soprattutto ad abbandonarsi alle sollecitudini della Provvidenza. Del resto queste anime hanno meno delle altre bisogno di direzione, perché non si arriva a un tale stato che con l'aiuto di grandi ed eccellenti direttori, ed è quasi una provvidenza che la morte tolga o la vita allontani quelli che si sono avuti, per cui se ne resta privi. Si rimane pur sempre disposti a lasciarsi guidare; soltanto si aspetta in pace il momento della Provvidenza, senza alcun pensiero. Di quando in quando si troveranno delle persone verso le quali, senza conoscerle e senza sapere donde vengano, si sentirà una segreta fiducia ispirata da Dio nel tempo della privazione: è questo un segno che egli vuole servirsene per comunicare alle anime qualche nuova luce, anche se soltanto in un modo passeggero. Esse allora chiedono consi glio e seguono con estrema docilità quanto viene loro suggerito; ma in mancanza di quest' aiuto si attengono alle norme che sono state date loro dal primo direttore spirituale. Così sono sempre realmente dirette, o attraverso gli antichi princìpi ricevuti un tempo, o ad opera di questi consigli occasionali, e si affidano ad essi fino a che Dio non manderà delle persone a cui affidarsi nuovamente del tutto, [o le toglierà] da questo mondo dopo che hanno camminato nell'abbandono guidate solo da lui.
Cap. III LE DISPOSIZIONI CHE RICHIEDE LO STATO DI ABBANDONO E I SUOI DIVERSI EFFETTI Bisogna essere distaccati da tutto quello che si prova e da ciò che si fa, per camminare nella via in cui non si vive più che in Dio e nel dovere presente . Tutte le mire che tendono oltre questo scopo devono essere soppresse; bisogna limitarsi al momento presente senza pensare alle cose che l'hanno preceduto né a quelle che dovranno seguirlo. Supponendo sempre la fedele osservanza della legge di Dio, qualcosa vi farà dire: « Attualmente sento inclinazione per questa persona, per questo libro; desidero ricevere o dare questo consiglio, formare tale piano, aprirmi a quest' anima o accogliere i suoi sentimenti; vorrei dare o fare la tale cosa ». Bisogna seguire tutto quanto si presenta per impulso della grazia, senza sostenersi nemmeno per un istante con le proprie riflessioni, i propri ragionamenti, i propri sforzi; bisogna applicarsi alle cose nel momento in cui Dio ci chiama ad esse, senza decidere mai da se stessi. La volontà di Dio si realizza in noi poiché è lui che vive in noi nello stato di cui stiamo parlando; essa deve assolutamente prendere il posto di tutte le nostre ordinarie decisioni. Ogni momento ci obbliga a tutte le virtù, e l'anima abbandonata vi è così fedele che quello che essa ha letto o sentito le è talmente presente che il novizio più mortificato non adempie meglio i suoi doveri. E per questo che tali anime sono portate ora a una lettura e ora a un'altra, ovvero a fare una certa osservazione o una riflessione sul più piccolo avvenimento. In un certo momento Dio suscita in loro il desiderio di istruirsi su quelle cose che in un altro momento le sosterranno nella pratica delle virtù. In tutto quello che fanno, queste anime non sentono che l'attrattiva di farlo, senza sapere perché. Tutto quello che possono dire si riduce a ciò: « Mi sento portato a [scri vere] , a leggere, a domandare, a guardare queste cose; seguo quest'attrattiva e Dio, che la suscita in me, crea nelle mie potenze come un fondo e una riserva di tutte queste cose perché siano in seguito lo strumento di altre attrattive che me le faranno usare per il mio interesse e quello degli altri ». Ecco che cosa obbliga queste anime ad essere semplici, docili, arrendevoli e mobili ai minimi soffi di questi impulsi quasi impercettibili. Dio che le possiede ha il diritto di farle applicare a ogni cosa per la sua gloria. Se esse volessero resistere a queste attrattive, seguendo le regole di quelle anime che vivono con sforzo e iniziative personali, si priverebbero di mille cose necessarie a compiere i doveri del tempo futuro. Ma poiché si ignora ciò, le si giudica, le si biasima per la loro semplicità, ed esse che non biasimano nessuno, che approvano tutti gli stati, che sanno così bene indicarne tutti i gradi e i progressi, si vedono disprezzate dai falsi saggi che non possono gustare questa dolce e cordiale sottomissione agli ordini della Provvidenza. I sapienti di questo mondo avrebbero potuto approvare quella perpetua instabilità degli Apostoli che non potevano fissarsi in nessun luogo? Così i maestri di spirito comuni non possono sopportare le anime che dipendono in tal modo e in ogni istante dalla Provvidenza, e non ci sono che poche anime del loro stesso stato che le approvano. Dio che istruisce gli uomini attraverso gli uomini non manca mai di [farne] incontrare di tale natura a coloro che sono semplici e fedeli al loro abbandono. C'è un tempo in cui Dio vuole essere la vita dell'anima e operare lui solo la sua perfezione in un modo segreto e sconosciuto; allora tutte. le idee proprie, le luci, le iniziative, le ricerche, i ragionamenti sono fonte di illusioni. E quando l'anima, dopo parecchie esperienze tristi a cui l'ha condotta la sua volontà, ne riconosce finalmente l'inutilità, scopre che Dio ha nascosto e confuso tutte le sorgenti per farle trovare la via in lui. Allora, convinta del suo nulla, e che tutto quellò che può trarre dalla sua proprietà le è dannosa, si abbandona a Dio per non avere altro che lui e ogni altra cosa da lui. Dio diventa dunque per lei una sorgente di vita, non mediante idee, luci o riflessioni, poiché tutto questo non è più in lei che una fonte di illusioni; ma per effetto.e per realtà di grazie nascoste sotto varie forme. Restando tuttavia l'operazione divina sconosciuta all'anima, essa ne riceve la virtù, la sostanza, la realtà attraverso circostanze di ogni genere che crede siano la sua rovina. Non c'è rimedio a questa oscurità, bisogna lasciarsi sommergere. In essa Dio dona se stesso e tutte le cose nella fede. L' anima non è più che un soggetto cieco o, se si preferisce, è simile a un malato che ignora l'efficacia delle medicine non sentendone che l'amarezza; può anche pensare che gli daranno la morte, e le crisi e le debolezze sembrano giustificare i suoi timori. Tuttavia è sotto questa parvenza di morte che riceve la salute, e le prende sulla parola del medico che gliele presenta. Un tempo l'anima, attraverso idee e illuminazioni, vedeva quanto costituiva il piano della sua perfezione; non è più così nel suo stato presente: la perfezione le si presenta contro ogni idea, ogni luce e ogni sentimento; le si offre attraverso tutte le croci provvidenziali, nelle azioni del dovere presente, in certe attrattive che non hanno niente di buono se non che non portano al peccato, ma che sembrano ben lontane da ciò che è sublime e dalla virtù straordinaria. In queste croci che si succedono a inter valli si nasconde Dio il quale si dà con la sua grazia in un modo misterioso, perché l'anima sente solo la debolezza nel sopportare le croci, il disgusto verso i propri doveri, mentre le sue attrattive la portano a compiere esercizi molto comuni. L 'ideale della santità non costituisce per lei che un rimprovero interiore verso le sue disposizioni basse e spregevoli; le vite dei santi la condannano e non trova di che difendersi di fronte a una santità che la riempie di desolazione, perché non ha la forza per raggiungerla, e non sente la sua debolezza come un dono divino, ma solo come viltà. Gli stessi amici e le persone che si distinguono per la loro virtù o la sublimità dei loro ragionamenti la guardano con disprezzo. « Bella santa! » si dice, e l'anima che pensa lo stesso, confusa per tanti sforzi inutili fatti per elevarsi da questa bassezza, si sazia di obbrobrio senza aver niente da rispondere né a se stessa né agli altri. Tuttavia sente come un'inclinazione fondamentale che la tiene ancorata in Dio e le suggerisce impercettibilmente che tutto andrà bene purché ella lasci fare e non viva che di fede. « Certo dice Giacobbe il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo » . Tu cerchi Dio, anima cara, ed egli è dovunque, tutto te lo annuncia, tutto te lo comunica, egli ti passa a fianco, attorno, dentro, at traverso te, si ferma e tu lo cerchi! Come? tu cerchi l'idea di Dio con la sua sostanza; cerchi la perfezione ed essa sta in tutto ciò che spontaneamente ti si presenta. Le tue sof ferenze, le tue azioni, le tue attrattive sono enigmi sotto i quali Dio si dà a te, mentre tu corri vanamente alla ricerca di idee sublimi di cui egli non vuole affatto rivestirsi per abitare in te. Anche Marta cerca di contentare Gesù con bei preparativi e Maddalena accoglie Gesù come le si presenta . Gesù inganna anche Maddalena, quando le appare sotto la figura di un giardiniere mentre lei lo cerca sotto i segni dell'idea che se n'era formata. Gli apostoli vedono Gesù e lo prendono per un fantasma . Dio dunque si nasconde all'anima per elevarla a quella fede pura che sa scorgerlo sotto ogni sorta di veli, perché quando essa conosce il segreto di Dio, egli ha un bel nascondersi: « Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate » : O divino amore, nasconditi, corri, balza tra le sofferenze, costringi con l'attrattiva del dovere, componi, mescola, confondi, rompi come fili tutte le idee e tutti i progetti dell'anima: che essa perda l'orientamento, non conosca e non scorga più né strade, né vie, né sentieri, né luci; che dopo averti trovato nelle tue dimore e nelle tue vesti abituali, nel riposo della solitudine, nella preghiera, nell'assoggettarsi a questa e a quella pratica, nelle sofferenze, nel conforto dato al prossimo, nella fuga dalle conversazioni, dagli affari; che dopo aver tentato tutti i modi e tutti i mezzi conosciuti per piacerti, essa finalmente si areni, non vedendoti più in nessuna di queste cose, come ti vedeva un tempo! Che l'inutilità di tutti questi sforzi la conduca infine a lasciar tutto, ormai, per trovarti in te stesso, e dovunque, in tutto senza distinzione né riflessione. Perché, o divino amore, quale inganno non vederti in tutto quel che vi è di buono e in tutte le creature! Perché cercarti dove non vuoi farti trovare? Perché cercarti, amore divino, sotto aspetti diversi da quelli che hai scelto per i tuoi sacramenti? La loro scarsa apparenza di realtà non serve forse al merito dell'obbedienza e della fede?
Cap. IV CONTINUAZIONE DELL ' ARGOMENTO DELLO STATO DI ABBANDONO. SUA NECESSITA' E SUE MERAVIGLIE Quante grandi verità ci sono in questo stato, che restano nascoste! . Come è vero che ogni croce, ogni azione, ogni attrattiva dell'ordine di Dio, dà Dio in un modo che non può spiegarsi se non ricorrendo al più profondo mistero! Come è vero, per conseguenza, che la vita più santa è misteriosa nella sua semplicità nella sua apparente bassezza! O giocondità o festa perenne! Un Dio sempre dato e sempre ricevuto, non nello splendore, nel sublime, nel luminoso, ma in quanto vi è di infermo, di follia, di niente! Dio sceglie quelle cose che lo spirito naturale disapprova e che la [prudenza] umana rifiuta; Dio le trasforma in misteri e si dà alle anime nella misura in cui esse credono di trovarvelo. L'ampiezza , la solidità la pietra ferma non si trovano dunque che in questa vasta distesa della volontà divina che si presenta di continuo sotto il velo delle croci e delle azioni più ordinarie. Sotto le loro ombre, dunque, Dio nasconde la sua mano per sorreggerci e portarci. Questa visione deve bastare a un'anima per condurla a questo sublime abbandono che la pone al riparo dalla contraddizione delle lingue, perché‚ ella non ha più niente da dire né‚ da fare in propria difesa. Poiché‚ l'opera è di Dio, non bisogna andarne a cercare altrove la giustificazione. I suoi effetti e le sue conseguenze la giustificheranno a sufficienza, non c'è che da lasciare che si sviluppino: Dies diei eructat verbum . Quando non si procede più con le proprie idee, non è più il caso di difendersi con le parole; le nostre parole non possono esprimere che le nostre idee. Dove non c'è nessuna idea, non ci sono parole; a che servirebbero? A render ragione di ciò che si fa? Ma questa ragione si ignora, perché‚ è nascosta nel principio che ha spinto ad agire e il cui impulso è stato percepito in modo inesprimibile. Bisogna dunque lasciare che [ogni] momento sostenga la causa del momento successivo; tutto si sorregge in questo concatenamento divino, tutto è fermo e solido, e la ragione di quel che precede si vede dall'effetto su ciò che segue. Non si vive più di pensieri, di immaginazioni, di parole a non finire; non sono più tutte queste cose che riempiono l'anima, la nutrono, la sorreggono. Essa non vede più, non prevede più dove andrà; non si aiuta più con le riflessioni per animarsi nella fatica e sostenere le asprezze del cammino; tutto si svolge nel sentimento più profondo della sua debolezza. Se la strada si apre davanti ai suoi passi, ecco che vi si impegna e cammina senza esitare; è una via pura, santa, semplice e vera, è la via diritta dei comandamenti di Dio; è una pura adesione a Dio stesso, che l'anima realizza incessantemente in tutti i punti di questa linea . Non ci si diletta più a cercarla nei libri, nelle questioni infinite e nelle sollecitudini interiori; si lasciano gli scritti e le dispute, e Dio si dà all'anima e viene a trovarla. Ella non cerca più la via e la strada da percorrere; Dio stesso le costruisce la via e, a misura che l'anima avanza, la trova tracciata e battuta. Tutto quello che le rimane da fare è di restare vigile per afferrare Dio che si offre direttamente a lei a ogni passo e a ogni momento, nei diversi oggetti che trova sul suo passaggio e che non cessano di presentarsi a lei. All'anima, quindi, non resta che da ricevere l'eternità divina nel fluire delle ombre del tempo. Queste ombre variano, ma l'Eterno che esse nascondono è sempre lo stesso. Essa non deve più attaccarsi a niente, ma gettandosi perdutamente tra le braccia della Provvidenza deve seguire con costanza l' amore attraverso la via delle croci, dei propri doveri e delle attrattive non sospette. Quanto è chiara e luminosa questa via! lo non temo di difenderla e di insegnarla con vigore. Vedo che tutti mi capiscono quando dico che tutto il lavoro della nostra santificazione consiste nell'accettare, di momento in momento, tutte le pene e i doveri del proprio stato come veli che nascondono e dànno Dio. Nell'abbandono, l'unica regola ci viene dal momento presente . In esso l'anima si muove leggera come una piuma, fluida come l'acqua, semplice come un bambino; è mobile come una palla di gomma per ricevere e seguire tutti gli impulsi della grazia. Queste anime hanno la fluidità e la malleabilità di un metallo fuso; come questo accoglie tutte le impronte dello stampo in cui lo si fa colare, così queste anime si piegano e si adattano con altrettanta facilità a tutte le forme che Dio vuole imprimere in esse. In una parola, la loro maneggevolezza è come quella dell'aria che si muove a ogni soffio e si configura a ogni cosa. Qui è il caso di fare un'osservazione importante. Cioè, che in questo stato di abbandono, in questa via di fede, tutto quello che avviene nell'anima, nel corpo, negli affari e nei diversi avvenimenti, offre un aspetto di morte che non deve stupire. Che volete? E la natura propria di questo stato. Dio ha i suoi disegni sulle anime e li esegue alla perfezione sotto questi veli oscuri. Con questo nome intendo gli insuccessi, le infermità del corpo, le debolezze dello spirito. Tra le mani di Dio tutto riesce, tutto si volge in bene. Mediante queste cose che atterriscono la natura egli regola e prepara il compimento dei suoi più alti disegni: Omnia cooperantur in bonum iis qui secundum propositum vocati sunt sancti . Egli genera la vita sotto le ombre e quando i sensi sono affranti, la fede, che vede le cose dal lato buono e tutto assume per il meglio, è piena di coraggio e di sicurezza. Poiché‚ si sa che l'azione divina comprende tutto, guida tutto, fa tutto all'infuori del peccato, è dovere della fede adorarla in tutto, amarla e riceverla a braccia aperte. Bisogna andarle incontro con l'animo pieno di gioia, di fiducia, elevandosi in tutte le cose al di sopra delle apparenze che sono per natura destinate a far trionfare la fede. Questo è il mezzo che io vi suggerisco per onorare Dio e per vivere in Dio. Vivere nella fede è dunque vivere di gioia, di sicurezza, di certezza, di fiducia in tutto quello che si deve fare e soffrire a ogni momento per ordine di Dio. Per quanto misteriosa possa apparire questa condotta, è per incoraggiare e sorreggere la sua vita di fede che Dio sospinge l'anima e la trascina nei flutti tumultuosi di tante pene, turbamenti, fastidi, languori e sconvolgimenti. Perché‚ ci vuole fede per riconoscere in tutto ciò Dio e questa vita divina che non si vede e non si sente, ma che ci è data a ogni istante in un modo sconosciuto, ma assolutamente certo. L'apparenza della morte nel corpo, della dannazione nell'anima, dello scompiglio negli affari sono l'alimento e il sostegno della fede; essa passa attraverso queste cose e va a posarsi sulla mano di Dio che le dà vita dovunque non ci sia prospettiva di peccato. Bisogna che un'anima di fede cammini sempre con sicurezza, prendendo tutto come velo e travestimento di Dio, la cui presenza più intima scuote, spaventa le facoltà. Non c'è niente di più generoso di un cuore che ha la fede, che sa scorgere la vita divina nei travagli e nei pericoli più mortali. Anche se si dovesse inghiottire del veleno, esporsi sulla breccia, fare da schiavo a degli appestati, si trova in tutto ciò una pienezza di vita divina che non si dà soltanto a goccia a goccia, ma che in un istante inonda l'anima e la sommerge. Un esercito di simili soldati sarebbe invincibile. Perché‚ l'istinto della fede produce una elevazione e una dilatazione del cuore al di là e al di sopra di tutto ciò che può accadere. La vita della fede e l'istinto della fede sono la stessa cosa. Questo istinto è un godimento del bene di Dio e una fiducia fondata sull'attesa della sua protezione che rende tutto piacevole e tutto serenamente accettabile. Rende indifferenti verso tutti i luoghi, tutte le situazioni e tutte le persone. La fede non è mai infelice, mai malata, mai in uno stato di peccato mortale; questa fede viva è sempre immersa in Dio, sempre sotto il suo influsso, ben oltre le apparenze contrarie che oscurano i sensi. I sensi spaventati gridano con violenza all'anima: “ Sventurata, eccoti perduta, non hai più risorse!” . Ma la fede con voce più forte subito le dice: “ Sta' salda, cammina e non avere timore di nulla” . A meno che non si tratti di malattie evidenti che, per loro natura, obbligano a stare a letto e a prendere le medicine adeguate, le debolezze e le impotenze delle anime abbandonate non sono che illusioni e apparenze che esse devono affrontare con fiducia. Dio le permette o le manda per esercitare la loro fede e il loro abbandono che sono le vere medicine. Queste anime, senza preoccuparsi di nulla, devono proseguire generosamente il loro cammino nelle azioni e nelle sofferenze volute da Dio, servendosi senza posa del loro corpo come si fa dei cavalli presi a nolo i quali non meritano che di perire servendo senza remissione; ciò val meglio di tutte quelle attenzioni che nuocciono al vigore dello spirito. Questa forza dello spirito ha il potere di sorreggere anche un corpo debole, e un anno di vita nobile e generosa vale ben più di un secolo di cure e di timori. Bisogna cercare di avere abitualmente un aspetto e un contegno da figli educati e di buona volontà. E che cosa si può temere sotto la protezione della benevolenza divina? Condotti, sostenuti, protetti da essa, i suoi figli non devono presentare niente che non sia eroico in tutto il loro comportamento esterno. Le cose temibili che si oppongono al loro passaggio non sono niente; sono lì solo per rendere la loro vita più vivace e più gloriosa ariche quand'è sottoposta a difficoltà di ogni genere in cui la prudenza umana, che non vede e non immagina alcun mezzo per uscirne, sente tutta la sua debolezza e si trova alle strette e confusa. E' qui che la benevolenza divina mostra in tutto il suo splendore che cosa essa è per coloro che si sono dati totalmente a lei, e li libera in modo ben più meraviglioso di quello con cui gli inventori di storie fantastiche non sbroglino gli intrighi e i pericoli dei loro eroi immaginari. Essa li conduce con un'arte assai più ammirabile, e più felicemente, attraverso morti, pericoli e mostri, inferni, demoni e ogni genere di insidie; eleva queste anime fino al cielo e le rende protagoniste di quelle storie mistiche che sono più belle e più interessanti di tutte le vane immaginazioni degli uomini. Procedi, dunque, anima mia, attraverso i pericoli e incontro ai nemici, condotta, guidata, sostenuta da quella mano sicura e invisibile che è la mano invincibile e infallibile della divina Provvidenza. Andiamo senza paura verso la nostra mèta, nella pace e nella gioia, facendo di tutto quello che si presenta il campo delle nostre vittorie. E per combattere e per vincere che camminiamo sotto i suoi stendardi: Exivit vincens ut vinceret . Quanti passi faremo sotto i suoi auspici, saranno altrettanti trionfi, anima mia! Lo spirito di Dio ha la penna in mano, ed ecco il libro aperto per continuarvi la storia sacra che non è ancora terminata e la cui materia non si esaurirà che alla fine del mondo. Questa storia è il racconto degli ordini e dei disegni di Dio sugli uomini; dipende solo da noi ben figurare in questa storia e continuarne la trama congiungendo le nostre sofferenze e le nostre azioni ai suoi comandi. No! tutto quel che si offre a noi, sia da fare che da soffrire, non è per perderci; non ci vien procurato che per fornire la materia di questa sacra Scrittura che ogni giorno si va ampliando. L 'amore di Dio, la sottomissione alla sua azione divina: ecco l'essenziale per la santificazione dell'anima; tutto questo dipende da lei, ed è quello che fa la grazia in lei mediante la sua fedeltà nel rispondervi . Un'anima santa non è che un'anima liberamente soggetta alla volontà divina, con l'aiuto della grazia. Tutto quel che precede la pura acquiescenza è opera di Dio e non opera dell'uomo che lo riceve alla cieca in un abbandono e in un'indifferenza totali. Dio non le chiede che questa sola disposizione; il resto lo determina e lo sceglie lui secondo i suoi disegni come un architetto sceglie e dispone le pietre per la costruzione. Bisogna, dunque, amare in tutto Dio e le sue disposizioni; bisogna amarlo così come si presenta, senza desiderare niente di più. Che venga offerto tale o tal altro oggetto, questa non è cosa che riguarda l'anima, ma Dio, e quello che egli concede è la cosa migliore per l'anima. Che grande compendio di spiritualità è questa massima, questo puro e totale abbandono dell'anima alle disposizioni di Dio! E là, nella continua dimenticanza di sé, occuparsi eternamente ad amarlo e a obbedirgli senza tutte quelle paure, quelle riflessioni, quei ritorni su se stessi, quelle inquietudini prodotte dalla preoccupazione della propria salvezza e della propria perfezione! Poiché‚ Dio si offre a noi per fare i nostri interessi affidiamoglieli dunque una volta per tutte per non occuparci più che di lui solo e di quel che lo riguarda. Andiamo, anima mia, andiamo tenendo il capo sollevato al di sopra di tutto quello che avviene fuori e dentro di noi, sempre contenti di Dio, contenti di quel che egli fa in noi e di quel che ci fa fare. Guardiamoci bene dal cacciarci imprudentemente in quella quantità di riflessioni inquiete che, come tanti [sentieri] senza via d'uscita, si presentano al nostro spirito per sorprenderlo e fargli fare in pura perdita passi senza fine. Superiamo questo labirinto di noi stessi passandogli sopra, e non percorrendolo con giri interminabili. Andiamo, anima mia, attraverso languori, malattie, aridità, cattivi umori, debolezze di spirito, insidie del diavolo e degli uomini; attraverso le loro diffidenze, gelosie, idee sinistre e prevenzioni. Voliamo come aquila al di sopra di tutte queste nuvole, con lo sguardo sempre fisso sul sole e sui nostri doveri che ne sono i raggi. Soffriamo pure per tutto questo, non dipende da noi essere insensibili, ma ricordiamoci che la nostra vita non è una vita di sentimento. Viviamo in questa regione superiore dell'anima in cui Dio e la sua volontà operano una eternità sempre uguale, sempre uniforme e immutabile. In questa dimora tutta spirituale l'increato, rindistinto, l'insensibile, l'ineffabile tengono l'anima infinitamente lontana da tutte le particolarità delle ombre e degli atomi creati. [I sensi sentono] nelle loro facoltà le loro agitazioni, le loro inquietudini e metamorfosi. Tutto vi si svolge come nell'aria, in cui le cose sono sconnesse e senza ordine in un perpetuo avvicendarsi . Ma Dio e la sua volontà sono l'oggetto eterno che affascina il cuore nello stato di fede, e che in quello di gloria faranno la sua vera felicità. E questo stato glorioso del cuore influirà su tutto il composto materiale che attualmente non è che preda dei mostri, dei gufi e delle bestie feroci. Sotto queste apparenze, per quanto terribili esse siano, l'azione divina, dandole una scioltezza tutta celeste, la farà brillare come il sole, perché‚ le facoltà dell'anima sensitiva e quelle del corpo vengono preparate quaggiù come l'oro, il ferro, il lino e le pietre. Come la materia di queste diverse cose, esse non godranno dello splendore e della purezza del loro essere se non dopo aver ricevuto molte lavorazioni, subito molte modifiche o tagli. Tutto quello che esse sopportano quaggiù sotto la mano di Dio, che è questo amoroso e divino operaio, non serve che a disporvele. L'anima di fede, che conosce il segreto di Dio, resta completamente in pace e tutto quello che avviene in lei invece di spaventarla la rassicura, intimamente persuasa come è che Dio la conduce. Prende tutto come grazia e vive nell'oblio di un soggetto su cui Dio lavora, per non pensare che all'opera affidata alle sue cure, cioè all'amore che la spinge senza posa a compiere fedelmente e con esattezza i propri doveri. Tutto il “ distinto” nell' anima abbandonata è l'azione della grazia; eccezione fatta per i peccati che sono leggeri e che quest'azione stessa volge in bene. Chiamo “ distinto ” tutte le impressioni affliggenti o consolanti che l'anima sensibile riceve dagli oggetti ai quali la volontà divina la applica incessantemente e non lo fa che per il suo bene. Lo chiamo “ distinto”, perché‚ è quello che l'anima distingue meglio tra tutto ciò che avviene in lei. Trovarvi Dio è l'oggetto della fede; aderire a lui e sottomettersi a lui ne costituisce l'esercizio. Cap. V LO STATO DI PURA FEDE Lo stato di pura fede è un misto di fede, di speranza e di carità in un solo atto che unisce il cuore a Dio e alla sua azione . Queste tre virtù riunite non sono che una sola virtù, non sono che un solo atto, una sola elevazione del cuore a Dio e un semplice abbandono alla sua azione. Ora come esprimere questa mescolanza divina, questa essenza spirituale? Come trovarle un nome che renda bene la sua natura e la sua idea, e che faccia capire l'unità della sua trinità? Queste tre virtù non sono che una sola fruizione e godimento di Dio e della sua volontà. Si vede quest' oggetto adorabile, lo si ama e si spera da lui ogni cosa; questo può chiamarsi un puro amore, una pura speranza, una pura fede e a quest'unità mistica è rimasto il nome di pura fede, benché‚ sotto questo nome si debba intendere la trinità delle virtù teologali. Non vi è niente di più certo di questo stato per quel che riguarda Dio, niente di più disinteressato per quel che riguarda il cuore. Per ciò che riguarda l'unione di Dio e del cuore, essa ha dalla parte di Dio la certezza della fede, e dalla parte del cuore la certezza intessuta di timore e di speranza. O unità desiderabile di queste tre eccellenti virtù! Credete, dunque, anime sante, sperate, amate, ma mediante il semplice tocco che lo Spirito divino, di cui Dio vi fa dono, produce nel vostro cuore; è questa l'unzione di quel Nome di Dio che lo Spirito diffonde nell'intimo del cuore. Ecco la parola e la rivelazione mistica, il pegno della predestinazione e di tutte le sue felici conseguenze: Quam bonus Israel Deus bis qui recto sunt corde. Questo tocco divino nelle anime infiammate si chiama amore puro a causa del torrente di desiderio che trabocca su tutte le facoltà in una pienezza di fiducia e di luce. Ma nelle anime inebriate di assenzio questo tocco si chiama fede pura, Perché‚ l'oscurità, le ombre della notte sono totalmente pure. Il puro amore vede, sente e crede; la pura fede crede senza vedere né‚ sentire: ecco da dove viene la differenza che si nota tra l'uno e l'altra. Essa non si basa che su apparenze che tuttavia non sono le stesse, Perché, nella realtà, come lo stato di pura fede non manca d'amore, così lo stato di puro amore non manca né di fede, né‚ di abbandono. Ma questi termini vi si adattano a causa di quel che domina maggiormente in ciascuno di questi stati. Il differente rapporto di queste virtù sotto tale tocco produce la varietà di tutti gli stati soprannaturali, e poiché‚ Dio li può mescolare con una varietà infinita, non vi sono anime che non ricevano questo prezioso tocco con qualche carattere particolare. Ma che importa? E' sempre fede, speranza e carità. L' abbandono è un mezzo generale per ricevere le virtù secondo le diverse caratteristiche di questi tocchi. Le anime non possono aspirare tutte alla stessa misura e allo stesso stato sotto i divini impulsi, ma tutte possono unirsi a Dio, tutte abbandonarsi alla sua azione, tutte essere spose piene di abbandono, tutte ricevere il tocco dello stato che è loro proprio; tutte, infine, trovare il regno di Dio e aver l'arte alla sua grandezza e all'eccellenza dei suoi benefici. E un impero in cui ogni anima può aspirare a una corona d'amore o a una corona di fede; è sempre una corona, è sempre il regno di Dio. C'è questa differenza, è vero, che le une sono nelle tenebre, le altre nella luce. Ma che importa? Ancora una volta, purché‚ si sia uniti a Dio e ,alla sua azione. E forse il nome dello stato che si cerca? E la sua distinzione e la sua eccellenza? Niente affatto, è Dio stesso e la sua azione; il modo dev' essere indifferente all'anima. Predichiamo, dunque, non più lo stato di pura fede o di puro amore, di croci o di dolcezze a tutte le anime; questo non può esser dato a tutte contemporaneamente e nello stesso modo. Ma annunciamo a tutti i cuori semplici e che temono Dio l'abbandono all'azione divina in generale e facciamo capire a tutte che esse riceveranno con questi mezzi lo stato singolare che quest' azione ha scelto e ha destinato per loro da tutta l'eternità. Non rattristiamo, non respingiamo, non allontaniamo nessuno dai gradi più elevati della perfezione. Gesù chiama ad essa tutti, poiché‚ esige da tutti che siano soggetti alla volontà del Padre suo e che vengano a formare il suo Corpo mistico, le cui membra non possono chiamarlo con verità loro capo se non in quanto la loro volontà si trova perfettamente d'accordo con la sua. Ripetiamo incessantemente a tutte le anime che l'invito di questo dolce e amabile Salvatore non esige da esse alcunché di difficile, né di straordinario. Quello che egli domanda non è la loro iniziativa; egli non dèsidera altro che la loro buona volontà sia unita a lui per condurle, dirigerle e favorirle in proporzione a questa unione. Sì, anime care , Dio non domanda che il vostro cuore; se cercate questo tesoro, questo regno in cui Dio solo regna, lo troverete. Se il vostro cuore è totalmente votato a Dio, da quel momento è questo tesoro, questo regno stesso che desiderate e cercate. Dal momento che si vuole Dio e la sua volontà, è di Dio e della sua volontà che si gode e questo godimento risponde al desiderio che ne abbiamo. Amare Dio è desiderare sinceramente di amarlo. Perché‚ si ama, si vuole essere strumento della sua azione, affinché‚ il suo amore si eserciti in noi e per mezzo di noi. L 'azione divina corrisponde non all'abilità dell'anima semplice e santa, ma alla sua volontà. Corrisponde alla purezza dell'intenzione e non alle misure che si prendono, ai progetti che si fanno, al metodo che si escogita, né ai mezzi che si scelgono. L' anima può ingannarsi in tutto questo e non è raro che ciò le avvenga. Ma la sua rettitudine e la sua buona intenzione non l'ingannano mai. purché‚ Dio veda questa buona disposizione ecco che perdona tutto il resto, e considera fatto quello che essa farebbe infallibilmente se una lungimiranza sicura assecondasse la sua buona volontà. La buona volontà non ha dunque niente da temere; se cade, non può cadere che sotto questa mano onnipotente che la guida e la sostiene in tutti i suoi smarrimenti. E questa che l'avvicina alla mèta quando se ne allontana; che la rimette sulla giusta via, quando ne esce; che, infine, trova sempre una soluzione alle deviazioni in cui la fanno cadere lo sforzo e l'iniziativa delle facoltà cieche che la mettono fuori strada, facendole sentire come deve disprezzarle per non contare che su di essa e abbandonarsi totalmente alla sua guida infallibile. Gli errori in cui cadono queste anime buone si concludono sempre nell' abbandono e un cuore buono non può mai trovarsi privo di risorse, Perché‚ è parola di Dio che “ tutto coopera al suo bene ” . E' dunque l'abbandono che io predico, anima cara, e non uno stato particolare. Io amo tutti gli stati in cui la grazia mette le anime e, senza amarne uno a preferenza dell'altro, insegno a tutte un mezzo generale per arrivare a quello che Dio assegna a ciascuna di esse. Non chiedo a tutte se non la volontà di abbandonarsi interamente alla sua guida; egli le farà arrivare infallibilmente a quel che vi è di più eccellente per esse. E la fede che predico loro: abbandono, confidenza e fede. Che vogliano essere i soggetti, gli strumenti dell'azione divina, e credere che a ogni momento e in ogni cosa quest'azione si applica contemporaneamente a tutto, a seconda che trova in esse più o meno buona volontà. Ecco la fede che io predico: non è uno stato particolare di pura fede o di puro amore, ma uno stato generale attraverso il quale ogni categoria di anime può accedere a quelle caratteristiche che costituiscono la diversità dell'impronta divina che la grazia produce in loro . Ho parlato alle anime afflitte, parlo qui a ogni tipo di anime. E il vero istinto del mio cuore quello di essere di tutti, parlare a tutti, annunciare a tutti il segreto evangelico e farmi tutto a tutti . In questa felice disposizione sento un dovere che adempio senza fatica: piangere con quelli che piangono, rallegrarmi con quelli che sono nella gioia , parlare con gli ignoranti la loro lingua e usare coi sapienti i termini più dotti e più elevati. Voglio mostrare che tutti possono aspirare, non alle stesse cose sublimi, ma allo stesso amore, allo stesso abbandono, allo stesso Dio, alla stessa sua opera e, con questo, tutti indistintamente a una eminente santità. Quelli che vengono chiamati favori straordinari e privilegiati [non sono chiamati così] se non Perché‚ ci sono poche ,anime abbastanza fedeli per rendersi degne di riceverli. E quanto si vedrà chiaramente nel giorno del giudizio. E si vedrà che non fu affatto una restrizione di Dio il rifiutarle, ma che fu per loro propria colpa se le anime sono state private di tante divine larghezze. Che abbondanza di beni avrebbe fatto piovere nel loro seno la sottomissione totale di una buona volontà sempre costante! Accade per l'azione divina come per Gesù: quelli che non avevano né fiducia in lui, né rispetto per lui, non ricevevano i favori che egli offriva a tutti; costoro non avevano che da prendersela con le loro cattive disposizioni. Non tutti, è vero, possono aspirare alle stesse esperienze sublimi, agli stessi doni e agli stessi gradi di virtù; ma se tutti, fedeli alla grazia, vi corrispondessero ognuno secondo la propria misura, tutti sarebbero nell'esultanza, Perché‚ arriverebbero a quel livello di eccellenza e di favore che soddisferebbe pienamente i loro desideri. Sarebbero contenti secondo la natura e secondo la grazia, Perché‚ natura e grazia si confondono negli aneliti che il desiderio di questo prezioso bene fa uscire dal profondo del cuore. Se non si riceve la disposizione propria di un particolare stato, si riceverà la disposizione propria di un altro. La pura fede ha i suoi, gli altri stati hanno i loro che li caratterizzano. Ogni cosa nella natura ha ciò che conviene alla sua specie : ogni fiore la sua bellezza, ogni animale il suo istinto, ogni creatura la sua perfezione. Così nei diversi stati della grazia: ognuno ha il suo dono specifico, e c'è la ricompensa per ognuno di coloro la cui buona volontà si adatta allo stato in cui la Provvidenza li ha posti. Un'anima cade sotto l'azione divina dal momento che nel suo cuore nasce la buona volontà e quest' azione esercita una maggiore o minore influenza su di essa a seconda che è più o meno abbandonata. L' arte di abbandonarsi non è che l' arte di amare; l' amore ottiene tutto, non gli si rifiuta niente. Come potrebbe venire respinto? L' amore non può domandare che quello che vuole l'amore. Può l'amore non volere ciò che vuole? L'azione divina non guarda che la buona volontà; non è la capacità delle altre facoltà che l'attira, né la loro incapacità che l'allontana. Trova un cuore buono, puro, retto, semplice, sottomesso, filiale e rispettoso? E tutto quel che le occorre. Si impadronisce di questo cuore, prende possesso di tutte le sue facoltà e alla fine tutto risulta così ben concertato per il bene dell'anima che essa trova in ogni cosa motivo di santificazione. Se dovesse entrare nell'anima ciò che può generare la morte, ecco che il contravveleno della buona volontà viene ad arrestarne gli effetti. Anche se dovesse arrivare fino all'orlo del precipizio, l'azione divina l'allontanerebbe; o, se ve la lasciasse, la tratterrebbe dalla caduta. Se vi cadesse, la tirerebbe fuori. Dopo tutto, le colpe di queste anime non sono che colpe di fragilità e assai poco avvertite. L'amore riesce a volgere ogni cosa a loro vantaggio. Con suggestioni segrete fa capire loro quello che devono dire o fare a seconda delle circostanze: Intellectus bonus omnibus jacientibus eum . E' l'intelligenza divina con le sue illuminazioni che le accompagna in tutti i loro atti e le trattiene dall'incedere pericoloso a cui può condurle la loro semplicità. Se muovessero qualche passo capace di indurle in situazioni alquanto rischiose, la Provvidenza prepara loro felici incontri che servono a ricomporre le cose. Si ha un bel progettare contro di loro intrighi a non finire: la Provvidenza ne rompe tutti i nodi, ne confonde gli autori e spande su costoro uno spirito di vertigine che li fa cadere nelle loro stesse insidie. Sotto la sua guida, le anime che si voleva cogliere di sorpresa fanno, inconsciamente, delle cose in apparenza inutili ma che servono a liberarle da tutti i fastidi in cui la loro rettitudine e la malizia dei loro nemici sembrava dovessero gettarle. Oh, le sottili astuzie di questa buona volontà! Quanta prudenza nella sua semplicità, quanta saggezza nella sua innocenza e sincerità, quale misterioso segreto nella sua rettitudine! Guardate il giovane Tobi , non è che un fanciullo, ma Raffaele è al suo fianco; con una tale guida egli cammina con sicurezza, niente lo spaventa, niente gli manca. Gli animali che incontra gli forniscono viveri e medicine; e il pesce che si slancia per divorarlo diventa suo nutrimento. Non si occupa che delle nozze e del banchetto Perché, nell'ordine della Provvidenza, è quello il suo impegno presente . Non che non abbia altri affari, ma essi sono abbandonati a quella intelligenza incaricata di assisterlo. E vengono sbrigati così bene che a lui non sarebbe mai riuscito altrettanto, e si risolvono in ogni sorta di benedizione e prosperità. Tuttavia la madre piange ed è nella più viva amarezza mentre il padre è pieno di fede; il figlio poi diviene motivo di gioia e di consolazione per tutta la sua famiglia . Che gli altri, o Signore , ti domandino ogni sorta di doni, moltiplichino le loro parole e le loro preghiere; quanto a me, mio Dio, non ti chiedo che un solo dono e non ho che questa preghiera da farti: “ Dammi un cuore puro! ”. O cuore puro, come sei fortunato! E attraverso la tua semplicità che tu vedi Dio, attraverso la vivezza della tua fede. Lo vedi in ogni cosa e a ogni momento, operante dentro e fuori di te; sei in ogni cosa suo suddito e suo strumento, egli ti guida in tutto e ti conduce ovunque; e tu non te ne preoccupi, ma lui pensa a ogni cosa per te. A lui basta che tu desideri quel che accade e deve accadere per suo ordine; egli conosce la tua disposizione. In preda allo stupore, tu cerchi di distinguere in te questo desiderio, ma non lo scorgi. Oh, quanto a lui, lo vede bene! Ma quanto è grande la tua ingenuità! Ignori che Cos'è un cuore ben disposto? Non è altro che un cuore in cui si trova Dio: vedendo in esso tutte le sue stesse inclinazioni, egli sa che questo cuore sara sempre soggetto ai suoi ordini. Sa, al tempo stesso, che tu non conosci quello che ti conviene, perciò si incarica lui di dartelo. Poco gli importa di contrariarti: tu vai a levante, lui ti conduce a ponente; stai per urtare gravemente in uno scoglio, egli volta il timone e ti conduce in porto. Senza conoscere né carta, né rotta, né vento, né marea, tutti i tuoi viaggi sono felici. Se i pirati ti insidiano la rotta, un colpo di vento inaspettato ti mette immediatamente fuori della loro portata. O buona volontà! O cuore puro! Gesù ha saputo metterti nel giusto posto quando ti ha situato tra le evangeliche beatitudini . Quale felicità più grande che possedere Dio, mentre egli ci possiede a sua volta! Stato delizioso e pieno di fascino: si dorme placidamente sul seno della Provvidenza, ci si rallegra con le delizie della divina Sapienza , senza preoccuparsi del successo della propria corsa, che non subisce alcuna interruzione e prosegue sempre, attraverso gli scogli e i pirati e le continue tempeste, nel modo più felice! O cuore puro, o buona volontà, tu sei l'unico fondamento di tutti gli stati spirituali. E a te che sono dati ed è per mezzo tuo che recano profitto i doni della pura fede, della speranza, della pura confidenza e del puro amore. Sul tuo tronco sono innestati i fiori del deserto, voglio dire le grazie preziose che si vedono sbocciare quasi unicamente nelle anime perfettamente distaccate in cui Dio, come in un soggiorno disabitato, pone la propria dimora escludendo ogni altra presenza. Tu sei quella sorgente feconda da cui partono tutti i ruscelli che vengono a irrorare sia l'aiuola dello Sposo che il giardino della sposa. Oh, come puoi ben dire a tutte le anime: guardatemi bene, sono io che genero il bell'amore, quell'amore che sceglie sempre quanto c'è di meglio per stabilirvisi; io faccio nascere quel [timore] dolce ed efficace che produce l'orrore del male e lo fa evitare senza turbamento; io faccio sbocciare le rette conoscenze che rivelano le grandezze di Dio e il valore della virtù che l'onora; è da me, infine, che si elevano gli ardenti desideri, animati da una speranza santa che fa praticare costantemente il bene nell'attesa di quel possesso divino il cui godimento dovrà costituire un giorno, come già adesso ma in modo più delizioso, l'eredità delle anime fedeli . Tu puoi invitarle tutte a venire attorno a te per arricchirsi dei tuoi inesauribili tesori. E da te che hanno origine tutti gli stati e tutte le vie spirituali, e in te offrono [ciò che hanno] di bello, di attraente, di seducente; tutto traggono dal tuo tesoro. Questi frutti meravigliosi di grazia e ogni genere di virtù, che si vedono prorompere da ogni parte e di cui ci si nutre, non sono che prodotti dei tuqi rami da cui si colgono come in un giardino di delizie. E sulla tua terra che scorrono il latte e il miele ; le tue mammelle stillano il latte, sul tuo petto riposa il sacchetto della mirra e dalle tue dita scorre con abbondanza e in tutta la sua fragranza l'aroma che attende solo una leggera pressione per essere estratto. Andiamo, dunque, anime care, corriamo, voliamo da questa madre d'amore che ci chiama. Che cosa aspettiamo? Muoviamoci subito, andiamo a perderci in Dio, nel suo stesso cuore, per inebriarci di questa buona volontà. Poniamo nel cuore la chiave dei tesori celesti, prendiamo poi la nostra strada verso il cielo senza timore di trovarla chiusa; questa chiave aprirà tutte le porte. Non c'è luogo segreto in cui non potremo penetrare; niente sarà chiuso per noi, né il giardino, né la cella del vino, né la vigna, se vorremo respirare l'aria dei campi non dipenderà che da noi andarvi di buon mattino . Infine andremo e torneremo, entreremo e usciremo a nostro piacimento muniti della chiave di Davide , la chiave della scienza , la chiave dell' abisso in cui sono racchiusi i, tesori profondi e inesauribili della Sapienza divina . E con questa chiave divina che si aprono le porte della morte mistica e delle sue sacre tenebre; per mezzo di, essa si discende negli inferi e nella fossa dei leoni . E essa che sospinge le anime pure nelle oscure prigioni per trarle fuori sane e salve; essa le introduce in quel felice soggiorno in cui l'intelligenza e la luce hanno posto la loro dimora, là dove lo Sposo prende il suo riposo pomeridiano , dove si impara ben presto, non appena lo si scorge, come si può ottenere un bacio della sua bocca . Là si salgono con fiducia i gradini del talamo nuziale per imparare i segreti dell ' amore . O divini segreti che è bene tener nascosti e che nessuna bocca mortale potrebbe mai esprimere ! Amiamo, dunque, anime care. Tutti i beni, per arricchirci, non attendono che l'amore. Esso produce la santità e tutto quello che l'accompagna. La santità è nella sua destra; la tiene nella sua sinistra per farla scorrere con abbondanza in tutti i cuori aperti alle sue divine effusioni. O divino germe dell'eternità, non è possibile tessere a sufficienza le tue lodi! Ma Perché‚ parlare tanto di te? Val meglio possederti nel silenzio, che lodarti con deboli parole. Che dico? Bisogna lodarti, ma solo Perché‚ si è posseduti da te; Perché, dal momento che tu possiedi un cuore, leggere, scrivere, parlare, agire o fare ogni altra azione, è per lui la stessa cosa. Non si brama più niente, non si evita niente; o solitari, o apostoli, o sani, o malati, o semplici, o eloquenti, si è solo più come tu detti al cuore. E il cuore, tua eco fedele, lo ripete alle altre facoltà. In questo composto materiale e spirituale, che tu vuoi considerare come tuo regno, è il cuore che regna sovrano sotto i tuoi auspici; poiché‚ esso non ha altri impulsi che quelli che gli ispiri tu, ogni cosa gli piace nel modo che tu gliela presenti. Quelle che la natura o il demonio vorrebbero sostituirgli non fanno che disgustarlo e causargli orrore, e se permetti che talvolta si lasci sorprendere, è solo per renderlo più saggio e più umile.
Cap. VI CONTINUAZIONE DELL ' ARGOMENTO DELLO STATO DI PURA FEDE O DELL'ABBANDONO ALL ' AZIONE DIVINA Ma procediamo oltre nella conoscenza dell'azione divina . Quel che essa toglie alla buona volontà secondo l'apparenza, glielo dà per così dire in incognito. Non le lascia mancare nulla. E come se qualcuno venisse in soccorso a un amico con degli interventi lasciando capire che ne è lui l'autore; ma poi, nell'interesse di questo stesso amico, al fine di non tenerlo troppo in soggezione, continuasse ad assisterlo sempre senza farsi tuttavia conoscere. L' amico, che non sospetterebbe questo inganno e questo mistero d'amore, potrebbe sentirsi anche offeso. Allora quante riflessioni, quanti ragionamenti sulla condotta del suo benefattore! Ma il mistero dovrà prima o poi svelarsi: Dio conosce i sentimenti che sorgerebbero improvvisi nella sua anima: gioia, commozione, riconoscenza, amore, confusione, ammirazione! Non proverà forse più zelo e ardore per il suo amico? E questa prova non avrà rafforzato il suo attaccamento per lui rendendolo per il futuro più agguerrito contro simili sorprese? L'applicazione è facile: con Dio, quanto più sembra di perdere, più si guadagna; più egli sottrae nell'ordine naturale, più dà di soprannaturale. Lo si amava prima per i suoi doni; quando questi non si scorgono più, si arriva finalmente ad amarlo per se stesso. E con l'apparente sottrazione dei suoi doni che egli prepara a questo gran dono più prezioso e più esteso di tutti i precedenti perché li racchiude tutti. Le anime che si sono una volta assoggettate totalmente alla sua azione devono dunque interpretare sempre favorevolmente sia la perdita di qualche eccellente direttore, sia la diffidenza generale che sentissero verso alcuni che si propongono più di quanto sarebbe il caso. In verità questo genere di guide, che corrono da se stesse dietro alle anime, meritano piuttosto che si diffidi di loro. Quelli che sono veramente animati dallo spirito di Dio in genere non mostrano tanta premura e presunzione; si offrono assai meno essi stessi di quanto non siano chiamati, anzi procedono sempre con una certa diffidenza. Ma per tornare a queste anime , si può dire che il loro cuore è l'interprete dell'ordine di Dio; bisogna scrutare quel che dice il cuore, che è l'interprete della volontà di Dio secondo le circostanze. Perché‚ l'intervento divino dissimulato gli rivela i suoi disegni non mediante idee, ma come attraverso l'istinto. Esso glieli manifesta o attraverso circostanze, facendola agire quasi alla ventura, o per necessità, non permettendole di prendere altre decisioni che quella che si presenta, o con la possibile applicazione dei mezzi necessari, come per esempio quando bisogna dire o fare certe cose dietro il primo impulso, o in un trasporto soprannaturale o straordinario; oppure, infine, mediante l'applicazione attiva di un istinto di inclinazione o di repulsione, per cui, a seconda di quel che si sente, ci si avvicina o ci si allontana dagli oggetti. Se ci si ferma alle apparenze, c'è senza dubbio una grande mancanza di virtù nell'abbandonarsi così all'incerto; se si giudica secondo le regole ordinarie, non vi è niente di regolato, di uniforme e di programmato nella loro condotta. Tuttavia la verità è che si è ottenuto il massimo della virtù quando si è arrivati a questo, e ordinariamente ci si arriva solo dopo essersi esercitati a lungo. La virtù, a questa condizione, è una virtù assolutamente pura, è la perfezione stessa. E' come se un musicista unisse a un lungo esercizio una perfetta conoscenza della musica; sarebbe così padrone della sua arte che, senza più pensarci, tutto quello che facesse nell' ambito della sua arte raggiungerebbe la perfezione. E chi esaminasse in seguito le sue composizioni vi troverebbe una corrispondenza perfetta con quel che prescrivono le regole, tanto da ammettere che egli non avrebbe potuto raggiungere una tale perfezione se, libero dalle regole che imprigionano il genio quando sono osservate troppo scrupolosamente, non avesse agito senza alcuna costrizione; solo così le sue improvvisazioni, come altrettanti capolavori, fanno l'ammirazione dei conoscitori. Così l'anima che si è esercitata lungamente nella scienza e nella pratica della perfezione, sotto rinflusso del ragionamento e dei metodi ai quali ricorreva per assecondare la grazia, si forma insensibilmente un'abitudine per cui diviene come una sua seconda natura l'agire in pieno accordo con la fede e la ragione. Le sembra allora di non poter agire meglio se non rispondendo a quanto si presenta all'improvviso, senza quella serie di riflessioni di cui aveva bisogno un tempo. Deve solo più agire come a caso, non potendo fare altro che abbandonarsi all'ispirazione della grazia, che non può indurre fuori strada. Quello che l' anima opera in questo stato di semplicità non presenta niente che non sia meraviglioso per gli occhi illuminati e gli spiriti intelligenti. Pur senza regole, nulla potrebbe essere meglio regolato; senza metodo, niente di meglio programmato; senza riflessione, niente di più approfondito; senza accortezza, niente di meglio disposto; senza sforzi, niente di più efficace; senza previdenza, niente che si adatti meglio agli avvenimenti che sopraggiungono. Nondimeno l' anima si trova come perduta in questo stato, senza avere più appoggio o suggerimento, né quello delle riflessioni che dirigevano e guidavano le sue operazioni, ne quello della grazia che non si fa più sentire. Ma in questa perdita l' anima ritrova ogni cosa, Perché‚ questa stessa grazia, la quale per così dire si è sostituita a lei stessa e al suo spirito, le restituisce il centuplo di quanto le ha tolto attraverso la purezza degli impulsi segreti. Indubbiamente per l'anima è un'esperienza dolorosa dover perdere così di vista la volontà divina che si ritira dai suoi occhi e si pone, per dir così, dietro di lei e la sospinge davanti a sè essendo divenuta non più il suo oggetto, ma il suo principio. Si sa per esperienza che niente abbraccia i desideri della divina volontà come questa perdita che il cuore subisce. Quali gemiti profondi! Non le è restata nessuna consolazione sensibile. Quale segreto d'amore, rapire Dio a un cuore che non brama che Dio. E un sublime segreto, Perché‚ attraverso questa via e solo per essa la pura fede e la pura speranza si stabiliscono in un'anima. Si crede allora quello che non si vede, e si attende quello che non si possiede sensibilmente. Oh, quale perfezione produce questo effetto segreto di un'operazione di cui si è oggetto e strumento contrariamente a ogni apparenza, a tal punto tutto quello che si fa sembra frutto di puro caso e di naturali inclinazioni! Tutto produce l'umiltà dell'anima; anche se parlasse dietro ispirazione, si pensa che parli solo secondo la natura. Non si scorge mai da quale spirito si è mossi; anche l'impulso più divino suscita perplessità, e tutto quanto si fa o si sente lo si disprezza come se fosse frutto di difetto e di imperfezione. Si apprezzano molto gli altri e ci si considera immensamente inferiori ad essi e quanto si ammira nei loro comportamenti serve solo a riempire di confusione. Si diffida delle proprie ispirazioni e non si dà credito a nessuno dei propri pensieri, anzi si ha un esagerato timore proprio verso quelli che si credono più veri. Sembra che l'azione divina voglia tenere l'anima lontana da ogni illusione di virtù e immergerla in una profonda umiltà; ma questa umiltà non appare come virtù all'anima: a suo parere, è pura giustizia. Quel che stupisce, però, è che l'anima, a coloro da cui Dio la separa interiormente, sembra avere sentimenti del tutto opposti e così sembra anche a lei. Si giunge a notare in lei solo apparenza di ostinazione, di disobbedienza, di agitazione, di disprezzo, di indignazione senza rimedio. E più l'anima vuoI riformare i suoi disordini, più essi crescono, Perché‚ sono soltanto gli interventi della grazia che la salvano dagli scogli contro cui farebbe naufragio, ed è l'amore che parla al suo cuore ad allontanarla dà essi, nonostante tutte le predisposizioni del suo spirito il quale sulla base di certe considerazioni si crede obbligato ad appressarsene . Questo è il modo di procedere da parte dell' azione divina: santificare realmente l'anima ma sotto apparenze tali che non c'è niente che non la umili; questo è veramente ammirabile e divino, ed è una santità assolutamente straordinaria che non può che accrescere l'umiltà. Questi sono favori, dolcezze, doni di grazia molto sicuri; così i frutti della pura fede non si corrompono, visto che la scorza è tanto arida e tanto dura . Vivi, dunque, piccola radice del mio cuore, nell'oscurità e nel nascondimento di Dio ; produci all'esterno, per sua virtù segreta, rami, foglie, fiori, frutti che tu non puoi vedere e di cui gli altri saranno nutriti e rallegrati. Da' a tutte le anime che vengono a riposare sotto la tua ombra e a cercare ristoro, frutti secondo il loro gusto, senza tener conto del tuo. Che tutti gli innesti che la grazia [farà] su di te ricevano un sigillo indeterminato che non si specifica che attraverso la configurazione di questi stessi innesti. Divieni tutta in tutti e non esser da parte tua che abbandono e indifferenza. Resta, piccolo insetto , nella stretta e oscura prigione del tuo misero bozzolo, fino a che il calore della grazia non ti formi e ti faccia sbocciare; mangia poi tutte le foglie che essa ti presenta, e non volgerti a guardare, in quest'attività di abbandono, la quiete che hai perduta. Arrèstati poi, quando la divina natura ti arresta; perdi, a varie riprese di soste e di attività, attraverso metamorfosi incomprensibili, tutte le tue antiche forme, metodi e maniere, per rivestirti, morendo e risuscitando, di quelle che la stessa divina natura ti indicherà. Produci poi la tua seta di nascosto, fa' quello che non puoi né vedere né sentire. Devi sentire in tutte le tue potenze una segreta agitazione, che tu stessa condannerai, mentre, provando una segreta invidia per i tuoi compagni che sono morti e immobili, ma che non sono giunti alla mèta che tu hai raggiunto, li ammiri ancora, benché‚ li abbia già sorpassati . Ti agiterai, finalmente, nel tuo abbandono, per filare una seta che i prìncipi della Chiesa e della terra e [dame] di ogni genere si glorieranno di portare. Dopo di che, cosa diventerai, piccolo insetto, di dove uscirai? O meraviglia della grazia! In che modo un' anima assume tante forme! Chi sa dove la grazia la vuoI condurre? Chi potrebbe indovinare quello che la natura fa di un baco da seta se [non] l'avesse visto? Bisogna solo offrirgli in pasto delle foglie, e ciò basta: la natura fa il resto. Così, anime care, voi non potete sapere né da dove venite, né dove andate; da quale idea di Dio la divina sapienza vi tragga e a quale mèta vi conduca. Non vi resta che abbandonarvi passivamente per lasciarvi formare senza riflessione, senza modello, senza esempio, senza metodo, agendo quando è il momento di agire, fermandovi quando è il momento di fermarsi, perdendo quando è il momento di perdere. In tal modo, indifferentemente, agendo e interrompendo per attrattiva e per abbandono, si legge e si lasciano i libri, [si parla] alle persone e si tace, si scrive e ci si arresta senza sapere mai quel che seguirà. E dopo molte trasformazioni, l'anima giunta alla perfezione riceve ali per volare nei cieli, dopo aver lasciato sulla terra un seme fecondo per perpetuare il suo stato nelle anime.
Cap. VII L 'ORDINE DI DIO E' L 'UNICA RAGIONE DELLA NOSTRA SANTITA' L'ordine di Dio , il beneplacito di Dio, la volontà di Dio, l'azione di Dio, la grazia: è tutto un'unica cosa. Il fine dell'intervento divino, in questa vita, è la perfezione; e questo fine si produce nelle nostre anime, vi cresce, matura e si perfeziona a loro insaputa e in segreto. La teologia è piena di concetti e di espressioni che spiegano le meraviglie di questa realtà, in tutta la sua estensione, all'intemo delle anime. Si può conoscere tutta questa dottrina, parlarne mirabilmente, scrivere, istruire, dirigere le anime, ma se si possiede solo questa speculazione nello spirito nei riguardi delle anime che si lasciano guidare dall'ordine di Dio e dalla sua divina volontà, senza saperne tutta la teoria, senza conoscerne tutte le parti e poterne parlare si è, dico, come un medico malato di fronte a delle persone semplici che godono di perfetta salute. L'ordine di Dio, la sua divina volontà accolta con semplicità da un'anima fedele, opera in essa questo progetto divino senza che essa lo conosca, come una medicina presa con sottomissione opera la salute in un malato che non conosce la medicina e non ha alcun interesse a conoscerla. Così, com'è il fuoco che riscalda e non la scienza e la conoscenza di questo fenomeno e dei suoi effetti, è l'ordine di Dio, è la sua volontà che opera la santità nelle nostre anime e non la curiosa speculazione di questo principio e di questo fine. Quando si ha sete, per dissetarsi bisogna lasciare i libri che spiegano le cose, e bere. La curiosità di sapere non può che accrescere il disagio. Così, quando si è assetati della santità, la curiosità di sapere non fa che allontanarla; bisogna lasciare la speculazione e bere in semplicità tutto ciò che l'ordine di Dio ci presenta da fare e da soffrire. Quel che ci accade a ogni momento per ordine di Dio è quanto di più santo, di più adeguato, di più divino esista per no1. Tutta la nostra scienza consiste nel conoscere quest'ordine del momento presente . Ogni lettura che si facesse fuori dell'ordine di Dio è nociva; la volontà di Dio e il suo ordine sono i princìpi che operano in fondo ai nostri cuori quando leggiamo o facciamo qualsiasi altra cosa, e non le idee, le immaginazioni e le letture che, se prive nei nostri riguardi della virtù vivificante dell'ordine di Dio, non sono che cose morte che svuotano il cuore a causa di quella pienezza che producono nello spirito. Questa divina volontà, penetrando nell'anima di una semplice fanciulla ignorante, attraverso qualche sofferenza o persino qualche azione che abbia una carica di attrattiva in mezzo a tante cose distraenti, opera in fondo al suo cuore l'opera misteriosa dell'essere soprannaturale senza riempire il suo spirito con nessuna idea naturale. Mentre l'uomo superbo che studia i libri spirituali solo per curiosità, e non tiene la volontà di Dio unita alla sua lettura, non riceve nel suo spirito che la lettera morta la quale produce solo aridità. L 'ordine di Dio e la sua divina volontà sono la vita dell'anima sotto qualunque aspetto l'anima l'applichi a s‚ o la riceva. Qualunque sia il rapporto che questa divina volontà ha con lo spirito, essa nutre l'anima e la fa crescere mediante quello che vi è di più appropriato. E i buoni effetti non sono prodotti né da questa cosa né da quell'altra, ma solo dall'ordine di Dio nel momento presente. Ciò che era un bene nell'istante trascorso; ora non lo è più perché ormai la grazia divina già fluisce sotto altre forme verso il dovere del momento presente; e questo dovere, qualunque apparenza esso abbia, è attualmente quel che vi è di più santificante per l' anima. Se la divina volontà ci propone il dovere di leggere, la lettura opera in fondo al cuore il fine misterioso; se la divina volontà ci fa interrompere la lettura per un dovere di contemplazione attuale, questo dovere genera in fondo al cuore l'uomo nuovo e la lettura allora sarebbe dannosa e inutile. Se la volontà divina richiama dalla contemplazione attuale verso il ministero delle confessioni, ecc. , fosse anche per un tempo considerevole, il dovere forma Gesù Cristo in fondo al cuore e tutta la dolcezza della contemplazione non servirebbe che a distruggerlo. L'ordine di Dio è la pienezza di tutti i nostri momenti; esso si presenta sotto mille apparenze diverse che, diventando successivamente il nostro dovere presente, formano, fanno crescere e perfezionano in noi l'uomo nuovo fino alla pienezza che la divina Sapienza ha disposto nei nostri riguardi. Questa misteriosa crescita della presenza di Gesù Cristo nei nostri cuori è il fine prodotto dall'ordine di Dio, è il frutto della sua grazia e della sua volontà divina. Questo frutto, come abbiamo detto, si produce, cresce e si rinvigorisce mediante la successione dei nostri doveri presenti che la stessa volontà di Dio sorregge, di modo che seguendoli si è fedeli nel migliore dei modi a questa santa volontà. Non c'è che da lasciarla fare e abbandonarsi ad essa con una cieca e perfetta fiducia. Essa è infinitamente sapiente, infinitamente potente, infinitamente benefica verso le anime che sperano in lei incessantemente e senza riserva, che non amano e non cercano che lei sola e che credono, con fede e fiducia incrollabili, che ciò che essa concede a ogni momento è la cosa migliore, senza cercare altrove di più o di meno, né sottoporre a esame gli aspetti materiali dell'ordine di Dio, il che sarebbe solo pura ricerca dell'amor proprio. La volontà di Dio è l'essenziale, la realtà e la virtù di tutte le cose; è essa che le armonizza e le rende adatte all'anima; senza di essa tutto è vuoto, niente, menzogna, vanità, lettera , scorza, morte. La volontà di Dio è salvezza, salute, vita del corpo e dell'anima, qualunque esperienza porti all'uno e all'altra [l'oggetto] a cui essa si applica . Lo spirito ne abbia l'idea che vuole, il corpo vi senta quel che può anche se lo spirito non provasse che distrazioni e turbamenti, e il corpo malattia mortale tuttavia questa divina volontà è sempre, nel momento presente, la vita del corpo e dell'anima, Perché‚ sia l'uno che l'altra, in qualunque stato si trovino, sono sempre e soltanto sostenuti da essa. Il pane senza di essa è un veleno, per essa un rimedio salutare; i libri senza di essa non fanno che accecare e l'ostacolo, per mezzo di essa, si fa luce. Essa è il tutto, il buono, il vero in ogni cosa. In tutto si dà come Dio, e Dio è l'essere universale. Non bisogna guardare i rapporti che le cose hanno con lo spirito e col corpo per giudicare della loro virtù; Perché‚ in questo punto tutto è diverso. E la volontà di Dio che dà alle cose, quali che esse siano, l'efficacia per formare Gesù Cristo nell'intimo dei nostri cuori: non bisogna mettere limiti a questa volontà. L'azione divina non vuoI trovare nella creatura nessun ostacolo 6; tutto è per essa indifferentemente valido o inutile. Il tutto è niente senza di essa, [con essa] il niente è tutto. La contemplazione, la meditazione, le preghiere vocali, il silenzio interiore, gli atti delle potenze sensibili - siano essi distinti o impercettibili-, il ritiro o l'azione valgono pure quanto si vuole, ma tra tutto questo la cosa migliore per l' anima è ciò che Dio vuole al momento presente: e l'anima deve considerare tutte queste cose con perfetta indifferenza, come se non fossero assolutamente niente. Perciò essa, non vedendole che in lui, deve prenderle e lasciarle secondo che a lui piace per non vivere e non nutrirsi e non sperare che in quest'ordine e non nelle cose, che non hanno forza ed efficacia se non per mezzo di lui. Deve dire, a ogni momento e a riguardo di tutto, come san Paolo: “ Signore, che vuoi che io faccia? ” , e non: questo e quello, ma tutto ciò che tu vorrai. Lo spirito ama questo, il corpo quest'altro, ma io, o Signore, non voglio che la tua santa volontà. L'adorazione, l'azione, la preghiera vocale o mentale, attiva o silenziosa, nella fede o nella luce, in distinzione di specie o in grazia generica, tutto, o Signore, non è niente, Perché‚ solo la tua volontà è la realtà e l'unico valore di ogni cosa. Essa soltanto è il centro della mia devozione e non le cose, per quanto sublimi o elevate siano, Perché‚ il fine della grazia è la perfezione del cuore e non quella dello spirito. La presenza di Dio che santifica le nostre anime è quest'abitazione della Santissima Trinità che si realizza nell'intimo dei nostri cuori quando si sottomettono alla divina volontà, Perché‚ è la presenza di Dio che si effettua attraverso l'atto della contemplazione, che opera in noi quesfunione intima come pure le altre cose che sono dell'ordine di Dio. Ha sempre il primo posto tra di esse Perché‚ è il mezzo più eccellente per unirsi a Dio, quando la divina volontà vuole che se ne faccia uso. E' mediante l'unione alla volontà di Dio che si gode di lui , che lo si possiede, ed è una illusione cercare questo divino godimento con un altro mezzo. La volontà di Dio è il mezzo universale; tale mezzo non ha delle caratteristiche definibili di qualche tipo, ma possiede la virtù di santificare tutti i modi e tutte le esperienze particolari. La divina volontà si unisce alle nostre anime in mille modi diversi e quello che ci assegna è sempre il migliore per noi. Tutti devono essere stimati e amati, Perché‚ tutti, in forza di ciò che li accompagna, rappresentano l'ordine di Dio il quale si adatta a ogni anima per operare l'unione divina, scegliendo ogni volta la materia [di quest'ordine]. E le anime devono attenersi a questa scelta rinunziando a scegliere esse stesse, preferendo il compimento di questa volontà adorabile [fino al punto di] amarla e stimarla anche in quello che essa indica agli altri. Per esempio, se la disposizione divina prescrive per me preghiere vocali, sentimenti affettivi, luci sui misteri, saprò tuttavia amare e stimare il silenzio e la nudità che la vita della fede opera negli altri; ma, quanto a me, farò buon uso del mio dono presente e mediante esso mi unirò a Dio. Non ridurrò, come i quietisti, tutta la religione alla cessazione di ogni azione [e di atti] distinti, disprezzando ogni altro mezzo, Perché‚ quel che fa la perfezione è l'ordine di Dio, che rende utile per l'anima ogni mezzo al quale la applica. No, io non porrò né confini, né norme, né limiti alla volontà di Dio; ma la riceverò sotto tutte le forme [con le quali] essa vorrà comunicarsi, e stimerò tutte quelle con cui le piacerà offrirsi agli altri. Così a tutte le anime semplici non è offerta che una sola via generale, la quale si differenzia e si particolarizza in ogni modo per fare la varietà della veste mistica. Tutte le anime semplici si approvano e si stimano reciprocamente, e si ripetono l'una all'altra: “Procediamo ognuna per la nostra strada, verso la stessa mèta, unite nello stesso intento e con l'unico mezzo dell'ordine di Dio che è per ciascuna di noi tanto diverso ”. E' in questa luce che bisogna leggere le vite dei santi e i libri spirituali, per non lasciarsi trarre in inganno e abbandonare la propria via. Per questo è assolutamente necessario non leggere e non aver colloqui spirituali se non per ordine di Dio; e quando la sua volontà ce ne facesse un dovere presente, l'anima nostra, ben lungi dal lasciarsi trarre in inganno, verrà rafforzata nel suo cammino da quelle stesse cose che nella sua lettura differiscono da essa. Ma se l' ordine di Dio non fa di questa lettura e di questa comunicazione spirituale un dovere presente, se ne uscirà sempre con turbamento, e ci si troverà in una confusione di idee e in un'instabilità continua, Perché‚ senza l'ordine di Dio non si può trovare tranquillità in nessuna cosa. Fino a quando occuperemo gli spazi liberi e le facoltà della nostra anima con [pene e inquietudini] particolari del momento presente? Quando, finalmente, Dio sarà il nostro tutto in tutte le cose? Lasciamo che le singole cose si facciano sentire come sono: noi viviamo al di là di esse, puramente in Dio. Per questo Dio spande tanta distruzione, annientamento, morte, oscurità, confusione, bassezza in tutto quel che accade a certe anime . Non c'è niente in quello che esse soffrono o che fanno che non sia insignificante e spregevole ai loro occhi e a quelli degli altri. Non c'è nulla di appariscente in tutta la loro vita, tutto è comune. All'interno non c'è che turbamento, all'esterno contraddizione e disegni sconvolti; talvolta un corpo malato e soggetto a mille bisogni il quale non sperimenta se non l'opposto di quella povertà e austerità che hanno fatto ammirare i santi. Non mostra grandi elemosine, né pratica uno zelo ardente e incessante, per cui l'anima appare nutrita, quanto ai sensi e allo spirito, di un nutrimento assolutamente disgustoso, Perché‚ niente più le piace, e mentre aspira a tutt' altra cosa tutte le vie della santità le si presentano sbarrate. Bisogna vivere di questo pane di angoscia, di questo pane di cenere con una continua costrizione interiore ed esteriore; bisogna nutrirsi di un'idea di santità che incessantemente sfugge, in un modo spietato e irrimediabile. La volontà ne è affamata, ma non c'è mezzo per procurarle la sazietà. Perché‚ tutto questo, se non affinché‚ l'anima sia mortificata nelle sue esigenze più spirituali e più intime, e non trovando né gusto né soddisfazione in quel che le accade, metta tutto il suo gusto in Dio che la conduce espressamente per questa via, e vuoI essere lui solo la fonte del suo piacere? Lasciamo dunque la scorza della nostra vita penosa, Perché‚ essa non serve che a umiliarci ai nostri occhi e agli occhi degli altri. O piuttosto nascondiamoci sotto questo guscio e godiamo di Dio che, lui solo racchiude ogni nostro bene. Serviamoci di questa malattia, di questi bisogni, di queste preoccupazioni, delle nostre necessità di nutrimento e di vestito, dell'indigenza, degli insuccessi e del disprezzo degli altri, di questi timori e incertezze, di ogni turbamento per trovare tutto il nostro riposo nel godimento di Dio solo, il quale attraverso le cose si dona a noi interamente come unico nostro bene. Dio vuole stare in noi poveramente, senza quei contorni di santità che rendono le anime degne di ammirazione. Questo perché‚ egli vuole essere il solo oggetto del nostro cuore e l'unica ragione del nostro godimento; noi infatti siamo così deboli che, se ci apparisse lo splendore dell'austerità, dello zelo, dell'elemosina, della povertà, porremmo in ciò una parte della nostra gioia. Ma se nel nostro cammino non c'è niente che non ci riesca sgradevole, è più facile che Dio divenga la ragione unica della nostra santificazione e il nostro sostegno. Il mondo non potrà che disprezzarci e lasciarci così godere in pace il nostro tesoro. Dio vuoI essere in noi il principio di ogni santità, per questo tutto quello che dipende da noi e dalla nostra fedeltà attiva è molto piccolo e tutto l'opposto, in apparenza, della santità. Non può esserci in noi niente di grande se non per via passiva. Dunque non pensiamoci più! Lasciamo a Dio la cura della nostra santità. Egli ne conosce i mezzi: essi dipendono tutti da un dono e da un'operazione singolare della sua Provvidenza; e intervengono ordinariamente a nostra insaputa e attraverso ciò che noi [temiamo] di più e su cui facciamo meno assegnamento. Camminiamo in pace nei piccoli doveri della nostra fedeltà attiva, senza aspirare ai grandi, Perché‚ Dio non vuoI donarsi attraverso le nostre sollecitudini. Così saremo i santi di Dio, della sua grazia e della sua provvidenza speciale. Egli sa il posto che vuole darci, lasciamolo fare; e senza formarci idee false e vani progetti di santità, contentiamoci di amarlo incessantemente, camminando con semplicità nella via che ci ha tracciato e in cui tutto è così piccolo ai nostri occhi e agli occhi del mondo.
Cap. VIII COME BISOGNA SACRIFICARSI A DIO PER AMORE DEL DOVERE. DIO FA TUTTO IL RESTO DA SOLO Sacrificate sacricium justitiæ et sperate in Domino : offrite, ha detto il profeta, un sacrificio di giustizia e sperate nel Signore . Il grande e solido fondamento della vita spirituale è dunque nel darsi a Dio per essere l'oggetto del suo beneplacito in ogni cosa, all'interno e all'esterno, e nel dimen ticare se stessi così perfettamente da considerarsi come una cosa venduta e consegnata, alla quale non si ha più nessun diritto. In tal modo tutto verrà dal beneplacito di Dio ed egli costituirà tutta la nostra gioia, e la sua felicità e la sua gloria e il suo essere saranno il nostro unico bene. Posto questo fondamento, l'anima non ha che da trascorrere tutta la sua vita a rallegrarsi del fatto che Dio è Dio, sottoponendo tutta se stessa al suo beneplacito in modo tale da essere ugualmente contenta di fare questo o quello o il contrario, a seconda di quel che disporrà il divino beneplacito, non facendo nessuna riflessione sull'uso che tale beneplacito stabilisce. Il beneplacito di Dio usa del nostro essere in due modi : o lo spinge a fare certe cose, o opera spontaneamente in lui. La prima via esige da noi una fedele applicazione al beneplacito manifestato o ispirato; la seconda una semplice e passiva sottomissione agli impulsi del beneplacito di Dio. L' abbandono racchiude tutto ciò, non essendo altro che una perfetta sottomissione all'ordine di Dio secondo le esigenze del momento presente. Poco importa all'anima di sapere in qual modo essa viene indotta ad abbandonarsi e quali sono le esigenze del momento presente; le importa soltanto essere abbandonata senza riserva. L' abbandono del cuore racchiude tutte le maniere possibili 4, Perchée essendo il proprio essere affidato al beneplacito di Dio, questa disposizione realizzata dal puro amore vale per tutta l'estensione delle operazioni di questo beneplacito. Così l'anima esercita a ogni momento un abbandono all'infinito; tutte le qualità e tutte le manifestazioni possibili sono racchiuse nella sua virtù. Non è all'anima, quindi, che spetta determinare l'oggetto della sottomissione dovuta a Dio, ma la sua sola occupazione è di essere sottomessa in ogni cosa e pronta a tutto. L'essenza dell'abbandono sta qui, questo è ciò che Dio esige dall' anima, questo il libero dono del cuore che egli domanda, cioè l'abnegazione, l'obbedienza, l'amore: il resto riguarda Dio. E sia che l'anima agisca con sollecitudine per adempiere il dovere al quale il suo stato e i suoi impegni la obbligano, sia che segua con dolcezza un'ispirazione o che si sottometta in pace agli impulsi della grazia per il corpo e per l' anima, in tutto ciò essa esercita nell ' intimo del suo cuore uno stesso atto universale, generale di abbandono, che non è affatto limitato dal fine e dall'effetto speciale che si manifesta in quel momento, ma che ha tutto il merito e l' efficacia che la buona e sincera volontà ha ogniqualvolta l'effetto non dipende da essa. Quel che essa ha voluto fare è considerato come fatto davanti a Dio. Se il beneplacito di Dio mette dei limiti all'esercizio delle facoltà particolari, non ne mette affatto a quello della volontà. Il beneplacito di Dio, l'essere e l'essenza di Dio costituiscono l'oggetto della volontà e attraverso l'e sercizio dell'amore Dio si unisce ad essa senza limiti, senza determinazioni, senza misura. Se quest' amore arriva nelle facoltà solo in questo o quel caso particolare, è per che la volontà stessa di Dio arriva, si limita, per così dire, e si abbrevia nella limitatezza del momento presente e passa così nelle facoltà e, di là, nel cuore perché‚ esso è puro, senza limiti e senza riserve, e si comunica ad esso a motivo della sua disponibilità infinita operata dalla purezza dell'amore che, avendolo svuotato di tutte le cose, l'ha reso capace di Dio. O santo distacco, sei tu che fai posto a Dio! O purezza, o sottomissione senza riserva, sei tu che attiri Dio nel profondo dei cuori! Le facoltà se ne vadano pure dietro a tutto quel che piacerà loro: tu, o Signore, sei il mio unico bene. Fa' tutto ciò che vuoi di questo piccolo essere; che egli agisca, che sia ispirato, che sia l'oggetto dei tuoi interventi; tutto è uno in tutto, e il tuo tutto appartiene a te, è da te e per te. Io non ho più niente a che vedere né‚ a che fare; nemmeno un solo momento della mia vita è a mia di sposizione, tutto appartiene a te. Io non ho nulla da aggiungere, né da diminuire, né da cercare, né da riflettere; spetta a te amministrare tutto: la santità, la perfezione, la salvezza, la direzione, la mortificazione sono cose tue. Il mio compito è di esser contento di te e di non appropriarmi di alcuna azione, né passione, ma di lasciar tutto al tuo beneplacito. La dottrina del puro amore non si attua che per l'azione di Dio e non per lo sforzo dello spirito. Dio istruisce il cuore non con idee, ma con le pene e le avversità. Questa scienza è una conoscenza pratica con la quale si gusta Dio come l'unico bene. Per possedere questa scienza bisogna essere distaccati da tutti i beni personaJi; per arrivare a questa mèta, bisogna sapersene privare. E dunque solo attraverso una continua avversità e una lunga serie di mortificazioni di ogni genere, di inclinazioni e affetti particolari che si viene stabiliti nel puro amore. Bisogna arrivare al punto che tutto il creato sia niente e che Dio sia tutto. Per questo bisogna che Dio si opponga a tutte le preferenze particolari dell'anima, di modo che, quando essa si rivolge a qualche metodo speciale, a qualche mezzo di perfezione o di devozione, con l'intento di seguire le vie che vi conducono; oppure è indotta a legarsi a qualche persona che ve la possa introdurre o, infine, a qualunque altra cosa, Dio sconcerta i disegni e permette che invece degli effetti sperati si trovi in tutto solo confusione, turbamento, vuoto, follia. Appena [l'anima] ha detto: “ E' di qui che bi sogna andare, è a questa persona [che bisogna rivolgersi], è così che bisogna agire ”, subito Dio stabilisce il contrario e ritira la sua virtù dai mezzi prescelti dall'anima. Così, non trovando che semplice realtà creata e per conseguenza puro e semplice nulla, l'anima è costretta a ricorrere a Dio e a contentarsi di lui .solo. L' anima che sa appropriarsi del bene e della felicità di Dio, non si affida più alle cose create per diletto, ma solo per fiducia; non le accetta che per dovere, per ordine di Dio e per precisa disposizione della sua volontà. Vive al di sopra di ogni abbondanza e di ogni indigenza, nella pienezza di Dio che è il suo bene incrollabile. Dio trova quest' anima totalmente vuota delle proprie inclinazioni, dei propri movimenti, delle proprie scelte; è un soggetto morto e offerto in un'indifferenza universale. Il tutto dell'essere divino, facendo così la sua comparsa nell'intimo del cuore, diffonde sulla superficie degli esseri creati uno strato di nullità che assorbe tutte le loro di stinzioni e tutte le loro varietà. Così il creato si rivela privo di virtù e di efficacia e il cuore non prova più brame o inclinazioni verso di esso, perché la maestà di Dio ne colma tutte le facoltà. Il cuore, vivendo dunque di Dio, è morto a tutto il resto e tutto è morto per lui. Spetta a Dio, che dà vita a tutte le cose, vivificare l'anima nei riguardi del creato e il creato nei riguardi dell'anima. Questa vita è l'ordine di Dio. Il cuore è portato verso la crea tura da quest'ordine e, da questo stesso ordine, la creatura è portata verso l'anima e vi trova accoglienza. Senza la virtù del divino beneplacito, il creato non è accolto dall'anima e l'anima non si rivolge a esso. Questa riduzione di tutto il creato prima al nulla e poi alla virtù dell'ordine di Dio, fa sì che a ogni momento Dio sia per l'anima ad un tempo Dio e tutte le cose. Perché‚ ogni momento è un appagarsi di Dio solo in fondo al cuore e un abbandono senza riserve a tutto il creato possibile, o piuttosto al creato e al creabile nell'ordine di Dio. Ogni istante, dunque, racchiude tutto . La pratica di una teologia tanto mirabile consiste in una cosa così semplice, così facile, così a portata di mano che non c'è che da volerla per ottenerla. Questo distacco, que sfamore così puro, così universale, consiste in un'attività e in una passività, in quel che l'anima deve operare con la grazia e che la grazia deve operare in essa senza esigere altro che abbandono e consenso passivo. Cioè tutto quello che Dio vuol fare da se stesso ed è quanto la teologia mistica spiega con un'infinità di sottili distinzioni che spesso è meglio per l'anima non conoscere affatto, poiché‚ la pratica non esige che puro oblio e abbandono . Quindi all' anima basta sapere ciò che deve fare , ed è la cosa più facile del mondo: amare Dio come il grande e unico tutto, esser contenta di ciò che egli è e adempiere il proprio dovere con somma cura e prudenza. Un'anima semplice, mediante questo solo esercizio, lungo questa via così diritta, così illuminata e sicura, cammina protetta e con sicurezza e tutte le cose meravigliose spiegate dalla teologia mistica, consistenti in croci e favori interiori, sono operate in lei a sua insaputa dalla volontà di Dio. E mentre l'anima non pensa che ad amare e a obbedire, facit mirabilia magna solus , Dio fa tutto e lo fa con mezzi ta li che, più l'anima si abbandona, si astrae e si separa da ciò che avviene in essa, più questa opera si perfeziona. E tutte le sue riflessioni, le sue ricerche, i suoi sforzi non potrebbero che opporsi al modo di agire di Dio, in cui sta tutto il suo bene, perché è lui che la santifica, la purifica, la dirige, l'illumina, la eleva, la dilata, la rende utile agli altri, la rende apostolica con modi e con mezzi nei quali la riflessione esteriore non farebbe vedere che il contrario . Nel momento presente tutto è di tal natura da attirare l'anima fuori dal suo sentiero d'amore e di assoluta obbedienza. Sono necessari un abbandono e un coraggio eroici per mantenersi stabili nella totale fedeltà attiva e cantare la propria parte con sicurezza, mentre la grazia canta la sua su arie e toni che non fanno altro che lasciar credere all'anima di essersi ingannata e perduta. Essa sente solo questo canto nelle sue orecchie, ma se ha il coraggio di lasciar scatenare il tuono e i lampi, le tempeste e i fulmini, e di camminare con piede fermo sul sentiero del l'amore e dell'obbedienza al dovere e agli impegni del presente, si può dire che è simile all' anima di Gesù e che porta l'immagine della sua Passione, durante la quale il divin Salvatore camminava con passo costante nell'amore del Padre e nella sottomissione alla sua volontà, lasciandogli fare le cose in apparenza più contrarie alla dignità di un' anima santa come la sua. I cuori di Gesù e di Maria, [sfidando] il fragore di quella notte oscura, lasciano che si abbatta il temporale; un diluvio di cose, in apparenza tutte opposte ai disegni di Dio e ai suoi ordini, travolgono le facoltà di Gesù e di Maria, ma con la punta del cuore essi camminano senza vacillare sul sentiero dell'amore e dell'obbedienza. Fissano con fermezza gli occhi su quel che devono fare e lasciando che sia Dio a operare quanto li riguarda, portano tutta la pesantezza di quest' azione divina. Gemono sotto il peso, ma non vacillano e non si fermano un solo istante. Sanno che tutto andrà bene, purché‚ il cuore si abbandoni a Dio e si tenga sulla sua via. Quando l'anima va bene, tutto va bene , perché quel che è di Dio, cioè la sua presenza e la sua azione, è per così dire il centro e il contraccolpo della fedeltà dell'anima; essa,sospinge l'anima e l'anima rìtorna di nuovo verso di essa. E il diritto dell'opera che si esegue a poco a poco come le meravigliose tappezzerie che si eseguono punto per punto e al rovescio. L'operaio che vi lavora non vede che il suo punto e il suo ago, mentre tutti quei punti eseguiti successivamente vanno formando figure magnifiche che compariranno soltanto quando, terminate tutte le parti, si espone il diritto alla luce. Ma durante il lavoro tutta la parte bella e meravigliosa sta nella oscurità. Accade lo stesso dell'anima abbandonata, la quale non vede che Dio e il suo dovere. Il compimento di questo dovere non è, a ogni istante, che un punto impercettibile aggiunto al lavoro, e tuttavia è con questi punti che Dio opera tali meraviglie di cui si hanno a volte dei presentimenti nel tempo, ma che non saranno disvelate appieno che nel gran giorno dell'eternità. Quanta bontà e sapienza nel modo con cui Dio conduce! Egli ha voluto riservare alla sua sola grazia e alla sua sola azione tutto quel che c'è di sublime e di elevato, di grande, di ammirevole nella perfezione e nella santità; e ha lasciato alle nostre anime, aiutate dal soccorso della grazia, quello che è piccolo, semplice, facile, tanto che non vi è al mondo nessuno cui non sia agevole arrivare alla perfezione più eminente. Tutto quel che riguarda lo stato, il dovere e la vita del corpo è alla portata di ogni cristiano. Eccezion fatta per il peccato, ecco tutto quello che Dio gli domanda per esercitare la sua fedeltà attiva. Egli non attende da noi che il compimento della sua volontà assegnataci dal dovere se condo le nostre forze fisiche e spirituali, e la fedeltà ai nostri obblighi secondo le nostre possibilità. C'è dunque qualcosa di più facile e di più ragionevole? . Che scusa allegare? Tuttavia è questo il contributo grande che Dio esige dall'anima nel lavoro della sua santificazione. Lo esige dai grandi e dai piccoli, dai forti e dai deboli, in una parola da tutti, in ogni tempo e in ogni luogo. E dunque vero che egli non richiede da parte nostra se non ciò che è agevole e facile, poiché basta possedere quest'unico capitale per arrivare a un' eminente santità. Ma che cos'è dunque questo dovere che, da parte nostra, costituisce tutta l'essenza della nostra perfezione? Ce ne sono di due tipi: un dovere generale che Dio impone a tutti gli uomini e dei doveri particolari che egli prescrive a ognuno, con i quali impegna ogni uomo nelle diverse condizioni di vita e per conseguenza nell'adempimento dei doveri prescritti dai comandamenti di Dio che ci chiede di amarlo, oltre che proporci dei consigli che possono divenire l'oggetto delle attrattive della sua grazia. Quel che Dio chiede a ognuno è sempre conforme alle capacità ricevute, il che prova la sua equità. o voi tutti che tendete alla perfezione e siete tentati di scoraggiarvi di fronte a quello che si legge nelle vite dei santi, o a quanto prescrivono i libri di pietà; o voi che vi lasciate abbattere dalle idee complicate che vi fate della perfezione, è per vostra consolazione che Dio vuole che io scriva queste cose. Imparate dunque quello che sembrate ignorare. Il nostro Dio di bontà ha reso facile tutto ciò che è ne cessario e comune nell'ordine naturale come l'aria, l'acqua e la terra. Niente di più necessario della respirazione, del sonno, del nutrimento, ma anche niente di più normale. In virtù del comandamento che Dio ne ha fatto, l'amore e la fedeltà non sono meno necessari nell'ordine soprannaturale; bisogna dunque che le difficoltà non siano così grandi come ce le rappresentiamo. Ora, Dio vuole accontentarsi di queste cose, anche se di poca importanza, nella parte che l' anima deve avere nel lavoro della propria perfezione. Lo dice egli stesso assai chiaramente perché se ne possa dubitare: Deum lime et mandata ejus observa: hoc est enim omnis homo : ecco tutto quello che l'uomo deve fare da parte sua, ecco in che cosa consiste la sua fedeltà attiva. Faccia dunque la sua parte, Dio farà il resto. Poiché‚ la grazia le riserva a se stessa, le meraviglie che opererà superano ogni intelligenza umana. Infatti né orecchio ha inteso, né occhio ha visto, né il cuore ha provato quel che Dio concepisce nella sua mente, decide nella sua volontà ed esegue con la sua potenza nelle anime che presentano questo semplice sfondo, questa tela così compatta, questo strato di colore così facile da applicare, que ste linee così chiare, precise e rifinite, queste figure così mirabili che solo le mani della divina Sapienza sanno ese guire. Egli lavora sul fondo di questa semplice tela d' amore e d'obbedienza che l'anima tiene tesa senza pensare , senza indagare, senza riflettere per sapere quello che Dio vi traccia, perché si fida di lui, si abbandona, e tutta occupata nel suo dovere non pensa né a sé né a quello che le è necessario, né ai mezzi per procurarselo. Più l'anima si applica al suo piccolo impegno, per quanto semplice, nascosto, segreto e spregevole appaia all'esterno, più Dio lo trasforma, lo abbellisce, lo arricchisce con gli ornamenti e i colori che vi applica: Mirificavit Dominus sanctum suum . E' vero che una tela totalmente abbandonata all'opera del pennello non sente, in ogni momento, che il semplice tocco del pennello; come ogni colpo di scalpello non può far sentire alla pietra che una punta crudele che la distrugge, e non certo la figura che l'artefice esegue in essa. Una misera pietra, per esempio, che si vuoI trasformare in un crocifisso, in una statua, e non lo sa, a chi le chiedesse: “ Che cosa avviene in te? ”, potrebbe rispondere: “ Non domandatelo perché‚ quanto a me non so altro e non posso fare altro che restare ferma sotto la mano del mio padrone, e amarlo, e subire la sua azione per il fine a cui sono destinata. Spetta a lui conoscere il modo di eseguirlo. Io ignoro quello che fa e quello che io divengo attraverso la sua opera, so soltanto che quanto egli fa è la cosa migliore e più perfetta, e ricevo ogni colpo di scalpello come se fosse la cosa più eccellente per me, benché, a dire il vero, ogni colpo non rechi nel mio sentimento che l'idea di una rovina, di una distruzione, di uno sfiguramento. Ma io non mi preoccupo di tutto questo e, contenta del momento presente, non penso che al mio dovere, e accolgo l'intervento di quest'abile maestro senza conoscerlo e senza preoccuparmene ”. Sì, care anime semplici, lasciate a Dio quello che spetta a lui e filate in pace e tranquillamente la vostra conocchia. Pensate che quel che accade sia interiormente che esteriormente, è la cosa migliore per voi. Lasciate fare a Dio e abbandonatevi a lui. Lasciate agire la punta dello scalpello e dell' ago. Accogliete la gran varietà delle cose come una semplice applicazione di coloro che vengono a imbrattare la vostra tela; corrispondete alle operazioni divine nel modo totalmente uniforme e semplice dell'assoluta remissività, della dimenticanza di sé e dell'applicazione al vostro dovere. Camminate per la vostra strada senza conoscere la carta del paese, le terre circostanti, i nomi, le caratteristiche, i luoghi; camminate alla cieca su questa via e tutto ciò vi sarà attribuito passivamente. Cercate soltanto il regno di Dio e la sua giustizia nell' amore e nell' obbedienza e tutto vi sarà dato. Si vede un gran numero di anime che si preoccupano e si domandano: “ Chi mi darà la santità e la perfezione, la mortificazione, la direzione? ”. Lasciatele dire, lasciatele cercare sui libri i termini, le caratteristiche di questa opera meravigliosa, la sua natura e le sue parti. Quanto a voi, restate in pace, unite a Dio mediante il vostro amore e camminate alla cieca sul sentiero tracciato e diritto dei vostri doveri. Gli angeli stanno ai lati di questa notte e le loro mani servono da transenne. Se Dio vorrà di più da voi, la sua ispirazione ve lo farà sapere. La disposizione di Dio dà a tutte le cose un valore soprannaturale e divino ; tutto quel che tocca, tutto quel che accoglie e tutti gli oggetti sui quali si diffonde divengono santità e perfezione, perché la sua virtù non ha limiti. Per divinizzare così tutte le cose e non deviare a destra o a sinistra, bisogna considerare se l'ispirazione che l'anima è persuasa di aver ricevuta da Dio, non l'allontani dai doveri del suo stato. In questo caso l'ordine di Dio dev'essere preferito. Non c'è niente da temere, da escludere, da distinguere. E' per l'anima il momento più prezioso e più salutare, perché può esser si cura di compiere ciò che piace al suo Dio. Ogni santo è tale per [il compimento] di quei doveri ai quali la volontà divina lo chiama; non è dalle cose in se stesse, dalla loro natura e particolarità che bisogna misura re la santità, essendo solo il compimento di questo ordine che indica la santità dell' anima e la produce in essa, illuminandola, purificandola e mortificandola . Tutta la virtù di ciò che si dice santo sta dunque in quest'ordine di Dio; così non bisogna cercare niente, respingere niente, ma prender tutto dalle mani sue e niente se non da lui. I libri, i consigli dei dotti, le preghiere vocali, gli affetti interiori quando sono predisposti da Dio, istruiscono, dirigono, uniscono. Ingiustamente il quietismo rifiuta tutti [questi] mezzi e tutto ciò che è sensibile, perché‚ vi sono anime che Dio vuol fare camminare per questa via e il loro stato e le loro tendenze lo indicano in modo molto evidente. In vano si immaginano dei modi di abbandono nei quali sia eliminata ogni attività propria e si sperimenti [un'assoluta quiete], Perché‚ se Dio vuole che ci si procuri certe cose da se stessi, l'abbandono consiste nel farlo. E' inutile dare prescrizioni; la cosa più perfetta è la sottomissione all'ordine di Dio. Quest'ordine, per gli uni si limita ai doveri del loro stato e alle cose di provvidenza, senza nessuna attività: ecco la cosa più perfetta per loro; per gli altri, oltre alle cose di provvidenza senza attività, quest' ordine indica parecchi doveri particolari, parecchie azioni che si estendono al di là del proprio stato. L' attrattiva e l'ispirazione sono allora il segno della volontà di Dio e la perfezione per queste anime consisterà nell' aggiungere alle azioni comandate tutte queste cose ispirate, ma con le precauzioni che l'ispirazione esige, [per non mancare] ai doveri di stato e alle cose di pura provvidenza. E pensare che queste anime siano più o meno perfette, precisamente a causa delle cose diverse alle quali si applicano, significa porre la perfezione non nella sottomissione all ' ordine di Dio ma nelle cose. Dio si forma i santi come gli piace; è il suo ordine che li conduce e tutti sono ad esso soggetti. Questa sottomissione è il vero abbandono, è la cosa più perfetta. I doveri dello stato e le cose di provvidenza sono comuni a tutti i santi ; questo Dio lo indica a tutti in generale. Essi vivono nascosti nell'oscurità, perché il mondo è così scellerato che essi ne evitano gli ostacoli, ma non pensano per questo di essere santi; solo in quanto sono soggetti a quest'ordine di Dio, tanto più si santificano. Ma non bisogna credere che coloro in cui Dio fa risplendere le virtù con azioni singolari e straordinarie, con attrattive ed ispirazioni autentiche del volere divino, il quale diventa un dovere, non camminino per questo nella via dell'abbandono. Se essi si contentassero dei doveri del loro stato e delle cose di pura provvidenza, non sarebbero abbandonati a Dio e alla sua volontà, ed essa non sarebbe padrona di tutti i loro momenti, e tutti i loro momenti non sarebbero volontà di Dio. Bisogna che essi si dilatino e si misu rino secondo l'estensione dei disegni di Dio in questa via imposta loro dall'attrattiva, e che l'ispirazione sia per loro un dovere e che vi siano fedeli. E come vi sono anime il cui dovere è tutto segnato da una legge esterna e si limitano ad esso perché l'ordine di Dio ve le lega, bisogna che gli altri, oltre al dovere esterno, siano anche fedeli alla legge interiore che lo Spirito Sapto imprime loro nel cuore. Ma quali sono i più santi? E pura e vana curiosità chiederselo. Ognuno deve seguire la via che gli è tracciata. La santità consiste nel sottomettersi all'ordine di Dio e a quel che vi è in esso di più perfetto; sapere il resto non ci giova niente, perché‚ non è nella quantità o qualità delle cose compiute che bisogna cercare la santità. Se il principio che li fa agire è l'amor proprio, se non lo si rettifica quando ci si accorge delle sue pressioni, si sarà sempre poveri in un'abbondanza che l'ordine di Dio non riempie. Tuttavia, per risolvere in qualche punto la questione, penso che la santità corrisponda all'amore che si ha per il beneplacito di Dio, e quanto più quest'ordine e questa volontà sono amati, di qualunque natura sia l'azione materiale che essi ordinano, tanto maggiore è la santità. E questo lo vediamo in Gesù, Maria, Giuseppe, perché nella loro vita privata c'è stata più grandezza e forma che materia, e non si trova scritto che queste persone così sante abbiano cercato la santità delle cose, ma solamente la santità nelle cose. Bisogna dunque concludere che non ci sono vie particolari e singolari da ritenere più perfette, ma che lacosa più perfetta in generale è la sottomissione all'ordine di Dio, per ciascuno [secondo] il proprio stato e la propria condizione. Il primo dovere sta nel necessario a cui ci si deve anche costringere ; il secondo è il dovere dell'abbandono e della pura passività; il terzo richiede molta semplicità, dolce e soave cordialità, mobilità dell'animo al soffio della grazia che fa fare tutto, perché non si tratta che di lasciar si andare e obbedire semplicemente e liberamente alle proprie suggestioni. E perché queste non traggano in inganno, Dio non cessa di dare alle anime guide sagge che indicano la libertà o la cautela che si deve avere nel fare uso di queste ispirazioni. E' questo terzo dovere che propriamente supera ogni legge, ogni forma e ogni schema determinato; esso esegue nelle anime il disegno singolare e straordinario, regola le loro preghiere vocali, le loro parole interiori, il sentimento delle loro facoltà e tutto quanto c'è di grande nella loro vita: le austerità, lo zelo, la donazione generosa di se stessi al prossimo. E poiché‚ queste cose provengono dalla legge interiore dello Spirito Santo, nessuno deve offrirvisi e prescriversele, né‚ desiderarle, né gemere perché non ha queste grazie che fanno intraprendere ogni genere di virtù non comuni, perché esse non devono compiersi che per ordine di Dio. Senza di ciò, come abbiamo detto, ci sarebbe da temere che il nostro spirito cada nell'illusione. Bisogna notare che ci sono anime che Dio vuoI tenere nascoste, oscure e piccole ai loro occhi e a quelli degli altri e che il suo ordine, ben lontano dall'imporre loro cose appariscenti, chiede anzi il contrario. E se sono bene istruite, [sanno che] si ingannerebbero se volessero andare per un'altra via: la loro via è la fedeltà nel proprio cammino, e trovano la pace nella loro bassezza. Non vi è dunque differenza tra le due vie, se non quella che potrebbe nascere dall'amore e dalla sottomissione alla volontà di Dio. E le anime che superassero [in ciò] coloro che sembrano lavorare più di esse negli impegni esterni, come non godrebbero di una santità più eminente? Questo mostra che ogni anima deve contentarsi dei do veri del suo stato e degli ordini di pura provvidenza; que sto, Dio lo esige da tutte le anime. Per quel che riguarda l'attrattiva e le ispirazioni particolari nell'anima, non bisogna determinarvisi da se stessi, né alimentarne il desiderio interiore. Lo sforzo naturale è direttamente opposto e contrario alla infusione; ciò deve venire nella pace. La voce dello Sposo viene a svegliare la sposa [che non deve] camminare se non quando il soffio dello Spirito Santo la spinge. Se esce di sua volontà non farà assolutamente niente. Quando dunque non sente attrattiva e grazia per tante meraviglie che rendono ammirevoli i santi, bisogna che faccia giustizia a se stessa e dica: “ Dio ha voluto questo dai santi e non lo vuole da me ””. lo credo che se le anime pie fossero istruite sulla giusta condotta da tenere, si risparmierebbero molta pena . Dico questo per le persone del mondo e per le anime di elezione. Le prime sappiano che la santità sta in quel che hanno tra le mani da fare in ogni momento, voglio dire i loro doveri quotidiani e le azioni del loro stato; le seconde sappiano che sta nelle cose di cui non fanno caso e che considerano inutili ed estranee alla santità, di cui si formano idee che le lasciano inquiete e che, per buone che sia no, non mancano di nuocere loro perché le limitano a quello che esse immaginano di strepitoso e di meraviglioso. Se tutte sapessero che la santità consiste in tutte le croci provvidenziali che il loro stato fornisce loro in ogni momento, e che non è uno stato straordinario quello che conduce alla più elevata perfezione, e che la pietra filosofale è la sottomissione agli ordini di Dio che trasforma in oro divino tutte le loro occupazioni, ecc... quanto sarebbero felici! Come capirebbero che per esser santi non debbono fare più di quello che fanno e soffrire più di quello che soffrono! Che ciò che lasciano perdere e non valutano affatto basterebbe per acquistare una santità eminente! Come desidererei essere missionario della tua santa volontà, o Signore, e insegnare a tutti che non c'è niente di così facile, di così comune, né di così a portata di mano di tutti quanto la santità! Allo stesso modo che il buono e il cattivo ladrone non avevano cose diverse da fare e da soffrire per essere santi, così due anime di cui una è mondana e l' altra tutta interiore e spirituale non hanno niente di più da fare e da soffrire. E quella che si danna, si danna facendo per capriccio quello che l'altra che si salva fa per sottomissione alla tua volontà; e quella che si danna, si danna soffrendo con rimpianto e con mormorazione quello che l' altra [sopporta] con rassegnazione. Dunque solo il cuore è diverso. O care anime che leggete queste cose, anche a voi non costerà di più. Fate quello che fate, soffrite quello che soffrite: cambiate soltanto il vostro cuore. Il cuore è la volontà. Questo cambiamento consiste dunque nel volere tutto quello che vi accade per ordine di Dio. Sì, la santità del cuore è un semplice [fiat] , una semplice disposizione della volontà conformata a quella di Dio. Che cosa c'è di più facile? Chi, infatti, può non amare una volontà così amabile e così buona? E attraverso quest'unico amore tutto diventa divino. Cap.IX ECCELLENZA DELLA VOLONTA' DI DIO E DEL MOMENTO PRESENTE Non c'è niente di più ragionevole, di
più perfetto, di più divino che la volontà di Dio . Il suo valore infinito può
forse crescere per qualche differenza di tempi, di luoghi, di cose? Se vi si dà
il segreto per trovarla a ogni momento, voi avete quello che vi è di più
prezioso e di più degno dei vostri desideri. Che cosa desiderate, anime sante?
Date libero corso ai vostri desideri, lanciateli oltre ogni misura e ogni
limite; allargate, dilatate il vostro cuore all'infinito, Dio ha di che
riempirlo, non c'è momento in cui non vi faccia trovare tutto quello che potete
desiderare. Questa guerra dei sensi rende la fede
più gloriosamente vittoriosa. Trovare Dio nelle più piccole cose e nelle più
comuni come nelle grandi, è avere una fede non comune, ma grande e
straordinaria. Contentarsi del momento presente significa gustare e adorare la
volontà divina in tutto quello che ci vien dato da soffrire e da fare [nelle
cose] che compongono con la loro successione il momento presente. Le anime
semplici, con la vivezza della loro fede, adorano ugualmente Dio in tutte le
situazioni più umilianti;"niente si sottrae alla penetrazione della loro fede.
Più i sensi dicono: “ Là non c'è Dio ”, più queste anime abbracciano e stringono
il mazzolino di mirra; niente le stupisce, né le disgusta. Maria vedrà gli
apostoli fuggire, ma lei resterà costantemente ai piedi della croce e
riconoscerà suo Figlio per quanto sfigurato dagli sputi e dalle piaghe. Anzi
essi lo rendono più adorabile, più amabile agli occhi di questa tenera madre; e
più si vomiteranno bestemmie contro di lui, più la sua venerazione sarà grande.
La vita di fede non è che una ricerca continua di Dio attraverso quello che lo
nasconde, lo sfigura e, per così dire, lo distrugge e l'annienta. Tu parli, o Signore, a tutti gli uomini
in generale, con gli avvenimenti generali. Tutte le rivoluzioni non sono che
ondate della tua Provvidenza che suscitano temporali e tempeste nei ragionamenti
della gente curiosa. Tu parli in particolare a tutti gli uomini con quel che
accade loro di momento in momento, ma invece di sentire in tutto ciò la voce di
Dio, di rispettare l'oscurità e il mistero della sua parola, non vi scorgiamo
che l'esteriorità, il caso, l'umore degli uomini; si trova da ridire su tutto,
si vuole aggiungere, diminuire, riformare e ci si prende la più completa libertà
di commettere eccessi, il minimo dei quali sarebbe un delitto nel caso
riguardasse una sola virgola delle Sacre Scritture. “ E' la Parola di Dio, si
dice, tutto è santo, vero ”. Visto che non la si capisce granché se ne prova una
maggiore venerazione, si rende gloria e giustizia alle profondità della sapienza
di Dio; e questo è giustissimo. Venite, anime semplici, che non avete
nessuna iniziazione alla devozione, che non avete nessun talento, nemmeno i
primi elementi d'istruzione, né metodo, e non capite niente della terminologia
spirituale; voi che restate stupite e ammirate di fronte all'eloquenza dei
sapienti, venite, io vi insegnerò un segreto per superare tutti quegli spiriti
esperti e vi metterã talmente a vostro agio nella perfezione che la troverete
sempre sotto i vostri piedi, sul vostro capo e attorno a voi. Vi insegnerò
l'unione con Dio ed egli vi terrà per mano fin dal primo momento che
praticherete quello che vi dirò. Venite, non per conoscere la carta del paese
della spiritualità, ma per possederlo e passeggiarvi a vostro agio, senza paura
di perdervi. Venite, non per sentire la storia dell' azione divina, ma per
esserne gli oggetti; non per imparare quel che essa ha fatto lungo i secoli e
quel che fa ancora, ma per essere i docili soggetti della sua operazione. Voi
non avete bisogno di sapere le parole che essa ha fatto [sentire] agli altri per
raccontarle abilmente, ma vi dirà quelle che ha destinato per voi .
Cap. X TUTTO IL SEGRETO DELLA SPIRITUALITA'
CONSISTE NELL'AMARE DIO E SERVIRLO UNENDOSI ALLA SUA SANTA VOLONTA' Tutte le creature vivono nelle mani di
Dio. I sensi non scorgono che l'azione della creatura, ma la fede vede l'azione
divina in ogni cosa. Essa vede che Gesù Cristo vive in tutto e opera per tutta
l' estensione dei secoli, che il minimo momento e il più piccolo atomo
racchiudono una parte di questa vita nascosta e di quest'azione misteriosa. L'
azione delle creature è un velo che copre i profondi misteri dell'azione divina.
Gesù Cristo dopola sua risurrezione sorprendeva i suoi discepoli con le sue
apparizioni, si prescntava ad essi sotto aspetti che lo nascondevano, e non
appena si era rivelato di nuovo, scompariva. Questo stesso Gesù che è sempre
vivo, sempre operante, sorprende ancora le anime che non hanno la fede
abbastanza pura e penetrante. Non c'è un solo momento in cui Dio non si presenti
sotto le sembianze di qualche pena, di qualche esigenza o di qualche dovere.
Tutto quello che avviene in noi, attorno a noi e attraverso di noi, contiene e
nasconde la sua azione divina, seppure invisibile, e questo fa sì che noi siamo
sempre colti di sorpresa e che non riconosciamo la sua operazione se non quando
sussiste più. Se aquarciassimo il velo e se fossimo vigilanti e attenti, Dio si
rivelerebbe a noi incessantemente e noi godremmo della sua presenza in tutto
quel che ci accade; ad ogni cosa diremmo: Dominus est, è il Signore!. E in tutte
le circostanze ci accorgeremmo di ricevere un dono di Dio, che le creature sono
debolissimi strumenti, che niente ci può mancare e che la cura continua che Dio
ha di noi lo spinge a darci quel che ci conviene. Se avessimo fede, saremmo
grati a tutte le creature, le accoglieremmo, le ringrazieremmo interiormente del
fatto che, guidate dalla mano di Dio, siano utili e si rendano così vantaggiose
alla nostra perfezione.
L' ordine di Dio è risultato sempre
vittorioso, come anche tutti coloro che sono schierati dalla sua parte e che
saranno felici per l'eternità, mentre l'ingiustizia non ha mai potuto proteggere
i disertori; essa non li ha pagati che con la morte e con la morte eterna. Si
crede sempre di essere invincibili quando si fa professione di empietà. O Dio!
con che mezzo ti si può resistere? Anche se un'anima avesse contro di sé
l'inferno e il mondo, non dovrebbe temere se ha fatto la scelta dell'abbandono
al beneplacito di Dio. Quest'apparenza mostruosa, armata di empietà e di
potenza, questa testa d'oro, questo corpo d'argento, di bronzo, di ferro, tutto
questo non è che un fantasma di polvere rilucente che una pietruzza riduce a
trastullo dei venti . Quanto è meraviglioso lo Spirito Santo nella
raffigurazione di tutti i secoli! Tante rivoluzioni che sorprendono fortemente
gli uomini e che producono tanto strepito come altrettanti astri che roteano gli
uni sugli altri, tanti avvenimenti straordinari, tutto ciò non è che un sogno
che sfugge alla memoria di Nabucodonosor al suo risveglio, per quanto terribili
siano le impressioni che hanno lasciato nel suo spirito. L'ordine di Dio costituisce l'unica regola dell'anima semplice ; essa lo riconosce anche in quelle azioni scorrette che il superbo compie per avvilirla. Il superbo disprezza un'anima agli occhi della quale egli non è niente, proprio perché‚ essa riesce a vedere Dio in lui e in tutte le sue azioni. Spesso egli pensa che la sua modestia sia un segno di timore nei suoi confronti, mentre è soltanto il segno di quel timore amoroso verso Dio e la sua volontà, volontà che l'anima sa scorgere anche nel superbo. No, povero insensato, l'anima semplice non ti teme, tu le fai compassione; è a Dio che risponde, quando tu pensi che ti parli, è con lui che essa sa di avere a che fare; essa non ti considera che uno dei suoi schiavi, o piuttosto come un'ombra sotto la quale Dio stesso si nasconde. Così, più tu ti innalzi, più da parte sua lei si abbassa; e quando credi di sorprenderla, lei sorprende te. Le tue astuzie, le tue violenze si cambiano per lei in favori della Provvidenza. Il superbo è anche un enigma che l'anima semplice e illuminata dalla fede spiega molto intelligibilmente. Questa scoperta dell'azione divina in tutto quello che avviene in ogni momento è l'intelligenza più acuta che si possa avere in questa vita delle cose di Dio. E una rivelazione continua, è una comunicazione con Dio che si rinnova incessantemente, è il godimento dello Sposo, non nascostamente e di straforo, non nella cantina o nella vigna, ma apertamente e in pubblico, senza timore di nessuna creatura . E un fondamento di pace, di gioia e d'amore, di appagamento di Dio visto, conosciuto o piuttosto creduto vivente e operante nel modo più perfetto in tutto quel che si presenta a ogni istante. E il paradiso eterno che, attualmente, non si presenta allo sguardo che attraverso cose informi, coperte di tenebre; ma lo Spirito di Dio, che in questa vita conduce segretamente ogni cosa al bene con la continua e feconda presenza della sua azione, dirà nel giorno della morte: “ Fiat lux ” . E allora si vedrà quali tesori racchiude la fede in questo abisso di pace e di appagamento di Dio, che si trova in tutto quello che c'è da fare e da soffrire in ogni momento. Quando Dio si dà così, tutto ciò che è comune diventa straordinario ed è per questo che niente sembra tale. Infatti, essendo questa via già per se stessa una via straordinaria, per conseguenza non è il caso che venga adornata di meraviglie che non le sono proprie. E un miracolo, una rivelazione, un godimento continuo, fatta eccezione per le piccole mancanze; per sua natura non esige nulla in se stessa di sensibile e di meraviglioso, ma ha il potere di rendere meravigliose tutte le cose comuni e sensibili.
Cap. XI NEL PURO ABBANDONO A DIO TUTTO QUELLO CHE CI SEMBRA OSCURITA' E' AZIONE DI FEDE C'è un genere di santità in cui tutte le
comunicazioni divine sono luminose e distinte . Nella via passiva di fede,
invece, tutto quello che Dio comunica ha l'impronta della sua natura e di quelle
tenebre inaccessibili che circondano il suo trono; non sono che sentimenti
confusi e tenebrosi. L 'anima che vi è immersa teme spesso, come il profeta, di
andare a sbattere contro qualche scoglio e di ferirsi camminando in quest'
oscurità. No, anima fedele, non temere, è qui la tua via, questo il modo con cui
Dio ti conduce, non c'è niente di più sicuro e di più infallibile che le tenebre
della fede. Ma da che parte andare quando la fede è così oscura? Andate dovunque
vorrete. Non ci si può più perdere quando non si ha più strada da cercare e
l'oscurità rende tutto uguale; non si può più tendere a nessuna mèta e non si ha
alcun oggetto davanti agli occhi.
L'unico segreto è l'abbandono; ma
segreto senza segreto, arte senz'arte; è la via diritta che Dio esige da tutti
spiegandola chiaramente e rendendola molto [intelligibile] e semplice. Quello
che la via di pura fede ha di oscuro non sta in ciò che l'anima deve praticare,
ma in quel che Dio ha riservato a se stesso. Niente di più facile da capire
della prima cosa e niente di più luminoso. Il misterioso non è che in quel che
Dio fa. Ammiriamo ciò che accade nell'Eucaristia: quello che è necessario per
cambiare [il pane nel] corpo di Gesù Cristo è così chiaro e così facile che
tutti, per quanto incolti siano, ne sono capaci, purché abbiano il carattere
[sacerdotale]. E tuttavia è il mistero dei misteri, in cui tutto è così nascosto
e così oscuro, così incomprensibile che più si è illuminati e spirituali, più
fede ci vuole per credere. La via di pura fede presenta qualcosa di analogo; il
suo effetto è di far trovare Dio a ogni momento, che è la cosa più elevata, più
mistica, più beatificante. E' un tesoro inesauribile di pensieri, di discorsi,
di scritture, è un insieme e una fonte di meraviglie. Tuttavia, per produrre un
effetto così prodigioso, che cosa ci vuole? Una sola cosa: lasciar fare a Dio e
fare tutto quello che egli vuole, secondo il proprio stato. Niente di più facile
nella vita spirituale e che non sia alla portata di tutti. E dunque questo il
meraviglioso, è questo l'oscuro cammino; per percorrerlo l'anima ha bisogno di
una grande fede, contro ogni sospetto che la ragione di continuo viene a
insinuare; essere obbligati a credere quello che non si vede è cosa che non
corrisponde a nulla di quanto si è letto, è una cosa nuova. I profeti erano dei
santi, questo Gesù è un seduttore! così dicevano i Giudei. Ah, che poca fede ha
l'anima che, sul loro esempio, resta scandalizzata! Gesù Cristo vive in noi fin
dall'origine del mondo , e opera in noi lungo tutto il tempo della nostra vita.
Quello che trascorrerà fino alla fine del mondo è un giorno. Gesù ha vissuto e
vive ancora, ha cominciato in se stesso e continua nei suoi santi una vita che
non finirà mai. O vita di Gesù, che comprende e supera tutti i secoli! Vita che
si esprime a ogni istante con nuove operazioni! Il mondo intero è incapace di
contenere tutto quello che si potrebbe scrivere di Gesù, ciò che ha fatto o
detto e la sua vita intima; il Vangelo non ce ne delinea che pochi piccoli
tratti. Se la prima ora è così sconosciuta e così feconda, quanti vangeli
bisognerebbe scrivere per fare la storia di tutti gli istanti di questa vita
mistica di Gesù Cristo che moltiplica le meraviglie all'infinito e le
moltiplicherà eternamente!
Da: http://www.monasterovirtuale.it/caussade.html
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