in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Brani tratti dalla Guida Spirituale di Miguel de Molinos


 

MEDITAZIONE E CONTEMPLAZIONE:

Due modi vi sono per andare verso Dio: l’uno per riflessione e ragionamento, l’altro per purezza di fede, conoscenza indistinta, generale e confusa. Il primo si chiama meditazione, il secondo raccoglimento interiore o contemplazione acquisita. Il primo è dei principianti, il secondo dei colti; il primo è sensibile e materiale, il secondo più nudo, puro e interiore.

Quando l’anima è già abituata a ragionare di misteri, accompagnandosi con la fantasia e servendosi di immagini corporali, essendo tratta da creatura a creatura e da conoscenza a conoscenza (avendone assai scarsa di quella che desidera) e da queste al Creatore, allora suole Dio prenderla per mano – se non avviene che la richiami ai principi e l’avvii senza discussione per il cammino della pura fede – e facendo che l’intelletto si lasci dietro tutte le considerazioni e i ragionamenti, la tira innanzi e toglie da quello stato sensibile e materiale, e fa che, sotto una semplice e oscura notizia di fede, aspiri solo con le ali dell’amore al suo Sposo, senza che abbia bisogno per amarlo di persuasioni e informazioni dell’intelletto, perché in tal modo sarebbe molto costoso il suo amore, molto dipendente dalle creature, molto a gocce, e codeste cadute a intervalli, lente.

Quanto meno dipenderà dalle creature e più si appoggerà solo a Dio e al suo segreto insegnamento, mediante la fede pura, più saldo, duraturo e forte sarà l’amore. Dopo che l’anima ha acquistato la conoscenza che le possono dare tutte le meditazioni e le immagini corporali delle creature, se ora il Signore la trae da quello stato, privandola del ragionamento, lasciandola nella divina tenebra, perché avanzi per il cammino diritto e per la fede pura, si lasci guidare e non domandi amore con la scarsezza e povertà che esse le insegnano, ma supponga che è niente quanto tutto il mondo e i più fini concetti degli intelletti più savi le possano dire, e che la bontà e la bellezza del suo amato trascende infinitamente tutto il suo sapere, persuadendosi che tutte le creature sono troppo ignoranti per informarla e trarla alla verace conoscenza del suo Dio.

 

 

AMARE SENZA CONOSCERE:

Deve, quindi, avanzare col suo amore lasciandosi dietro tutte le sue conoscenze. Ami Dio come è in sé e non come glielo presenta e forma la sua immaginazione; e se non lo può conoscere come è in sé, lo ami senza conoscerlo, sotto i velami oscuri della fede, alla guisa di un figlio che mai vide suo padre, per quel che di lui gli hanno riferito, e a cui profondamente crede, lo ama come se già lo avesse veduto.

L’anima cui si è tolto il ragionamento, non deve violentarsi, né cercare per forza notizia più chiara e particolare, ma senza gioghi né aiuti di conforto o notizie sensibili, con povertà di spirito e vuotezza di tutto quanto il suo naturale appetito le chiede, restar quieta, ferma e costante, lasciando operare il Signore, anche se si veda sola, arida e piena di tenebra, perché sebbene le sembrerà oziosità, essa è solo della sua semplicità e materiale attività, non di quella di Dio, il quale sta suscitando in essa la scienza vera.

Diranno che la volontà non amerà, ma se ne starà oziosa se l’intelletto non capisce con precisione e chiaramente; perché è accertato principio che non si può amare se non ciò che si conosce. A ciò si risponde che anche se l’intelletto non conosca distintamente, mercè ragionamento, immagini e considerazioni, intende e conosce in virtù della oscura fede, generale e confusa, la cui conoscenza, sebbene così oscura, indistinta e generale, poiché è soprannaturale, è più chiara e perfetta conoscenza di Dio di qualunque nozione sensibile e particolare che in questa vita si possa formare, perché ogni immagine corporale e sensibile dista da Dio infinitamente.

 

 

LA VERA CONOSCENZA DI DIO:

«Più perfettamente – dice san Dionisio – conosciamo Dio per negazioni che per affermazioni». «Più altamente sentiamo Dio sapendo che è incomprensibile, e al di sopra di ogni nostra intelligenza, che conoscendolo sotto qualche immagine e bellezza creata, e intendendolo a nostro grossolano modo» (Mistica Theolog., cap. I, § 2). È perciò che maggiore stima e amore si genera da questo modo confuso, oscuro e negativo, che da qualunque altro sensibile e distinto; perché quello è più proprio di Dio e nudo di creature, e questo, al contrario, quanto più dipende dalle creature, tanto meno tiene di Dio.

Quando già l’anima conosce la verità, sia per l’abitudine che ha acquistata nei ragionamenti o perché il Signore le ha data particolare luce, e quando ha fissi gli occhi dell’intelletto in codesta verità, guardandola semplicemente, con quietudine, calma e silenzio, senza bisogno di considerazioni, né di discorsi, né d’altre prove per convincersi; e la volontà sta amando, meravigliandosi e godendo di essa; questa si chiama propriamente orazione di fede, di quiete, raccoglimento interiore o contemplazione.

La quale, dicono san Tommaso e tutti i maestri mistici, «è una visione ingenua, soave e quieta della eterna verità, senza ragionamento, né riflessione». Ma se si rallegra o guarda gli effetti di Dio nelle creature, e tra quelle, nell’umanità di Cristo, come più perfetta di tutte, questa non è perfetta contemplazione, secondo prova San Tommaso, poiché tutte quelle sono mezzi per conoscere Dio come è in sé; e sebbene l’umanità di Cristo sia il mezzo più santo e più perfetto per giungere fino a Dio, e il supremo strumento della nostra salvezza, e il canale attraverso il quale riceviamo tutto il bene che speriamo, con tutto ciò, l’umanità non è il sommo bene, il quale consiste nel vedere Dio. Ora, poiché Gesù Cristo è tale più per la sua divinità che per la sua umanità, così chi pensa e guarda sempre a Dio, – come la divinità è congiunta alla umanità – sempre guarda e pensa a Gesù Cristo; e maggiormente il contemplativo nel quale la fede è più ingenua, pura ed esercitata.

 

 

IL RAGGIUNGIMENTO DELLA QUIETE:

Sempre che si raggiunge il fine cessano i mezzi e, giungendo in porto, la navigazione. Così l’anima, se, dopo essersi affaticata nella meditazione, giunge alla quiete, alla calma e al riposo della contemplazione, deve allora ridurre i ragionamenti e riposare quieta con sollecitudine amorosa e ingenua visione di Dio, guardandolo e amandolo, respingendo con soavità tutte le immaginazioni che gli si offrono, acquietando l’intelletto in quella divina presenza, raccogliendo la memoria, fissandola tutta in Dio, appagandosi della conoscenza generale e confusa che di Lui possiede in virtù della fede, applicando tutta la sua volontà nell’amarlo, dove ha fondamento tutto il frutto.

Dice San Dionisio (Mistics Theol.): «In quanto a voi, carissimo Timoteo, applicandovi seriamente alle mistiche speculazioni, lasciate i sentimenti e le operazioni dell’intelletto, tutti gli oggetti sensibili e intelligibili e universalmente tutte le cose che esistono e quelle che non esistono, e in un modo conosciuto e ineffabile, per quanto all’uomo è possibile, sollevatevi verso la unione con Colui che è al di sopra di tutta la natura e la conoscenza». Fin qui il Santo.

Dunque occorre abbandonare ogni essere creato, tutto ciò che è sensibile, tutto ciò che è intelligibile, affettivo, e finalmente tutto quel che è e quel che non è, per sommergersi nell’amoroso seno di Dio, perché egli ci restituirà tutto ciò che avremo lasciato, insieme a nuova forza ed efficacia per amarlo più ardentemente; il cui amore ci manterrà in questo santo e felice silenzio, che vale più di tutti gli atti insieme. Dice San Tommaso: «È molto poco quel che l'intelletto può attingere di Dio in questa vita; ma è molto quel che la volontà può amarne».

Quando l'anima giunge a tale stato, deve raccogliersi dentro se stessa, nel suo puro e profondo foro, dove si trova l'immagine di Dio. Là sono l'attenzione amorosa, il silenzio, l'oblio di tutte le cose, l'applicazione della volontà con perfetta rassegnazione, ascoltando e conversando con Lui così da soli, come se in tutto il mondo non esistessero altri che loro due. 

Giustamente dicono i Santi che la meditazione opera con travaglio e con frutto; la contemplazione senza fatica, con serenità, pace, diletto e molto maggior frutto. La meditazione semina e la contemplazione raccoglie; la meditazione cerca e la contemplazione trova; la meditazione rumina il cibo, la contemplazione lo gusta e se ne nutrisce.

 

 

IL SILENZIO INTERIORE E MISTICO:

Tre sono le modalità per il silenzio interiore: la prima è di parole, la seconda di desideri e la terza di pensieri. Nella prima, di parole, si raggiunge la virtù; nella secondasi consegue la quiete e nella terza l'interiore raccoglimento. Non parlando, non desiderando, non pensando si giunge al vero e perfetto silenzio mistico, nel quale Dio parla all'anima, si comunica e le indica nel suo più intimo fondo la più perfetta e alta sapienza.

A questa interiore solitudine e silenzio mistico chiama e conduce l'anima quando le dice che le vuole parlare da sola, nel più segreto e intimo del cuore. In questo silenzio mistico devi entrare se vuoi udire la soave, interiore e divina voce. Non ti basta fuggire dal mondo per raggiungere questo tesoro, né rinunciare ai suoi desideri, né distaccarti da tutto il creato, se non ti distacchi da ogni desiderio e pensiero. Riposa in questo mistico silenzio e aprirai la porta perché Dio ti si comunichi, ti unisca a sé e ti trasformi.

La perfezione dell'anima non consiste nel parlare, né nel pensare molto a Dio, ma nell'amarlo molto. Si raggiunge questo amore per mezzo della rassegnazione perfetta e del silenzio interiore. Tutto è opera; l'amore di Dio ha poche parole.

 

 

L'UOMO ESTERIORE E L'UOMO INTERIORE:

Vi sono due tipi di persone spirituali: le une interiori, esteriori le altre. Queste cercano Dio da fuori, per mezzo del discorso, immaginazione e considerazione; procurano con grande sforzo, per raggiungere le virtù, molte astinenze, macerazione del corpo e mortificazione dei sensi; si abbandonano alla rigorosa penitenza, si vestono di cilici, castigano la carne con discipline, procurano il silenzio e portano la presenza di Dio, formandoselo presente nella loro idea o immaginazione, ora come pastore, ora come medico, ora come amoroso padre e signore; si deliziano a parlare continuamente di Dio, facendo molto spesso ferventi atti di amore, e tutto ciò è arte e meditazione.

Per questa via desiderano d'essere grandi a forza di volontarie ed esteriori mortificazioni; vanno in cerca dei sensibili affetti e fervorosi sentimenti, sembrando loro che solo quando li posseggono risiede Dio in essi.

Questo è cammino esteriore e da principianti, e quantunque sia buono, non si arriverà mai per esso alla perfezione, né vi si darà un passo, come dimostra l'esperienza in molti, che dopo cinquant'anni di questo esteriore esercizio si trovano vuoti di Dio e pieni di se stessi e di spirituali hanno soltanto il nome.

Vi sono altri veri spirituali che sono passati per i principi dell'interiore cammino  che quello che conduce alla perfezione ed unione con Dio, al quale li chiamò il Signore per la sua infinita misericordia da quel cammino esteriore nel quale si esercitarono dapprima. Costoro, raccolti nell'interno delle proprie anime con vero abbandono nelle mani divine, con oblio e totale nudità anche di se stessi, vanno sempre con spirito sollevato alla presenza del Signore, per fede pura e senza immagine, forma, né figura, ma con grande sicurezza fondata sulla tranquillità interiore e sulla quiete, nel cui infuso raccoglimento attira lo spirito con tanta forza da far rifugiare là dentro l'anima, il cuore, il corpo e tutte le corporali forze.

 

Da: http://www.mistica.info/prima.htm

 

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