"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
1.
Dio opera maggiormente in un cuore
umile, perché è là che trova la maggiore possibilità di operare, trovandovi
la maggiore somiglianza con se stesso. In tal modo ci insegna come dobbiamo
penetrare nel nostro fondo di vera umiltà e di vero spogliamento, perché
deponiamo tutto quello che non abbiamo per natura, che è peccato e mancanza,
e anche ciò che abbiamo per natura, ovvero tutto ciò che appartiene all'io
proprio. Infatti, chi vuole penetrare nel fondo di Dio, in ciò che ha di più
intimo, deve prima penetrare nel fondo proprio, in ciò che ha di più intimo,
poiché nessuno conosce Dio se prima non conosce se stesso. L'uomo, che è al
di sopra delle altre creature, conosce in una luce vera, in cui non è né
tempo né spazio, senza "qui" né "ora". L'anima, che è una luce, racchiude in
sé molto di Dio. (Sermone "Haec est vita aeterna, ut cognoscat te solum")
2.
L'intelletto è servo in senso più
proprio della volontà o dell'amore. Volontà e amore si dirigono verso Dio in
quanto è buono e, se non fosse buono, non lo degnerebbero di attenzione.
Invece l'intelletto si spinge in alto, verso l'essere, senza far caso alla
bontà, alla sapienza o alla potenza, o a tutto ciò che è accidentale. Non si
rivolge a ciò che è aggiunto a Dio; lo coglie in se stesso: si immerge
nell'essere e prende Dio come puro essere. Anche se non fosse sapiente, né
buono, né giusto, lo prenderebbe in quanto puro essere. In ciò l'intelletto
è simile alla più elevata signoria angelica, che comprende i tre cori: i
Troni abbracciano Dio in sé e lo custodiscono, e Dio riposa in essi; i
Cherubini confessano Dio e stanno vicini; i Serafini sono il fuoco.
L'intelletto è simile a questi tre, e custodisce Dio in sé. Insieme a questi
angeli, l'intelletto prende Dio nel suo guardaroba, nudo, in quanto è Uno,
senza distinzione. (Sermone 37, Mio marito, tuo servo, è morto)
1.
Chi è come deve essere si trova bene in
ogni luogo e con chiunque, ma chi non è come deve essere non si trova bene
in nessun luogo e con nessuno. Colui che è come deve essere ha Dio vicino a
sé in verità, e chi possiede Dio in verità, lo possiede ovunque: per la
strada e accanto a qualsiasi persona, così come in chiesa, in solitudine o
nella cella. Se un uomo siffatto lo possiede veramente, e possiede lui
soltanto, nessuno gli può essere di ostacolo. Questo perché egli ha Dio solo
e a Dio solo va la sua intenzione, e tutte le cose divengono per lui Dio
solo. Un tale uomo porta Dio in tutte le sue opere e in ogni luogo, ed è Dio
soltanto a compiere tutte le opere di un tale uomo. L'uomo deve cogliere Dio
in ogni cosa, e abituare il proprio spirito ad aver Dio sempre presente in
sé, nella propria intenzione e nel proprio amore. Considera dunque in che
modo sei rivolto a Dio quando sei in chiesa o nella tua cella, e mantieni
un'identica disposizione dello spirito anche in mezzo alla folla, nel
tumulto, fra le cose disuguali. Chi possiede Dio nella sua essenza, coglie
Dio nella sua divinità; per quest'uomo Dio risplende in tutte le cose: per
lui infatti tutte le cose sanno di Dio e in esse egli vede la sua immagine.
(Istruzioni spirituali, n.6)
2.
Dice nostro Signore: "A chi rinuncia a
qualcosa per amor mio e per amore del mio nome, io renderò il centuplo me la
vita eterna" (Mt 19,29). Ma se tu ti distacchi da qualcosa per il centuplo o
per la vita eterna, non ti sei distaccato da nulla, e, neppure per una
ricompensa mille volte più grande, ti sei distaccato da nulla. Tu devi
abbandonare te stesso, completamente, ed allora sei veramente distaccato.
L'uomo che si è distaccato da se stesso, è così puro che il mondo non può
sopportarlo. Chi ama la giustizia, di lui la giustizia si prende cura, ed
egli viene preso dalla giustizia, ed è una sola cosa con la giustizia.
L'uomo giusto non serve né Dio né le creature, perché è libero; e quanto più
è vicino alla giustizia, tanto più è vicino alla libertà, e tanto più è la
stessa libertà. Tutto quel che è creato non è libero. Finché è sopra di me
qualcosa che non è Dio stesso, ciò mi opprime, per quanto piccolo o comunque
sia; fosse anche lo stesso intelletto e l'amore; in quanto è creato e non
Dio stesso, mi opprime, perché non è libero. L'uomo ingiusto serve la
verità, gli sia gioia o dolore, e serve l'intero mondo e tutte le creature,
ed è un servo del peccato. (Sermone "Ego elegi vos de mundo)
3.
L'uomo che è così saldo nell'amore di
Dio deve essere morto a se stesso e a tutte le cose create, in modo tale da
non fare attenzione a se stesso più che a chi è lontano oltre mille miglia.
Quest'uomo permane nell'uguaglianza, permane nell'unità sempre completamente
uguale: non entra in lui alcuna disuguaglianza. Quest'uomo deve avere
rinunciato a se stesso e a tutto il mondo. Se ci fosse un uomo a cui il
mondo intero appartenesse, e se egli lo abbandonasse, per Dio, ritrovandosi
nudo così come lo ha avuto, Nostro Signore gli restituirebbe questo mondo
tutto intero, e in più la vita eterna. Un altro uomo, che non avesse
assolutamente nulla di corporeo o di spirituale cui rinunciare, né da
donare, rinuncerebbe di più dell'altro. Tutto sarebbe donato a chi
rinunciasse a se stesso assolutamente, anche per un solo istante. Ma se un
uomo fosse stato nel distacco per vent'anni, e riprendesse se stesso anche
per un solo attimo, non sarebbe ancora distaccato. L'uomo che ha
abbandonato, che si è distaccato, che non guarda più assolutamente a ciò che
ha abbandonato e permane costante, immutabile e impassibile in se stesso,
soltanto quest'uomo è distaccato. (Sermone "Qui audit me non confundetur")
4.
È un uomo povero quello che niente
vuole, niente sa, niente ha. a) Niente vuole: fintanto che l'uomo ha ancora
in sé la volontà di compiere la dolcissima volontà divina, non ha ancora la
povertà di cui parliamo. Infatti, egli ha ancora in sé una volontà, con cui
vuole soddisfare la volontà di Dio, e questa non è la vera povertà. Perché
l'uomo sia davvero povero deve essere privo della propria volontà come lo
era quando non esisteva. Ve lo dico nell'eterna verità: finché avete la
volontà di compiere la volontà di Dio e avete desiderio dell'eternità e di
Dio, non siete ancora poveri; infatti vero uomo povero è solo colui che
niente vuole e niente desidera. b) Niente sa: l'uomo dovrebbe vivere in modo
da non vivere né per se stesso, né per la verità, né per Dio. Ma
aggiungiamo: l'uomo che deve avere questa povertà, deve vivere così da non
sapere neppure che egli vive né per se stesso, né per la verità, né per Dio.
Egli deve essere così vuoto di ogni sapere, da non sapere né conoscere né
sentire che Dio vive in lui. Inoltre, deve essere privo di ogni conoscere
che vive in lui. c) Niente ha: l'uomo deve essere così povero da non avere,
e non essere, alcun luogo in cui Dio possa operare. Quando l'uomo mantiene
un luogo, mantiene anche una differenza. Perciò prego Dio che mi liberi da
Dio, perché il mio essere essenziale è al di sopra di Dio, in quanto noi
concepiamo Dio come inizio delle creature. In quell'essere di Dio in cui
Egli è al di sopra di ogni essere e di ogni differenza, là ero io stesso,
volevo me stesso e conoscevo me stesso per creare quest'uomo che io sono.
Perciò io sono causa originaria del mio essere, che è eterno, e non secondo
il mio divenire, che è temporale. (Sermone "Beati pauperus spiritu")
1.
Chi vuole iniziare una nuova vita o una
nuova opera, deve rivolgersi al suo Dio e chiedergli con grande forza e con
tutta la sua devozione di disporre per lui le cose nel modo che egli giudica
migliore e più degno, non volendo e non cercando costui il proprio bene, ma
soltanto la volontà di Dio. Qualsiasi cosa Dio gli mandi, deve accettarla
come derivante immediatamente da lui, considerarla la cosa migliore, ed
esserne totalmente soddisfatto. Se poi gli piace di più un altro modo di
agire, pensi allora che Dio gli ha assegnato quello, e che pertanto deve
essere per lui il migliore. Egli deve avere fiducia in Dio, facendo
rientrare in quel modo tutti i buoni modi di agire, e accettando in quello e
secondo quello tutte le cose, di qualunque natura siano. (Istruzioni
spirituali, n.22)
2.
Non si deve cercare niente, né
conoscenza né scienza, né interiorità né devozione né pace, ma soltanto la
volontà di Dio. Se si cerca soltanto la volontà di Dio, si deve accettare
quello che ci capita o che ci viene manifestato, come un dono di Dio e non
stare a vedere e considerare se venga dalla natura o dalla grazia, o da dove
o in qual modo: tutto ciò deve essere per noi indifferente. Allora uno è
come deve essere; e si deve condurre una semplice vita cristiana, senza
mirare a una condotta particolare. Quel che si fa è sempre sufficiente, se
v'è in noi l'amore di Dio. L'anima è fatta per un bene così grande ed alto,
che essa non può in alcun modo trovare riposo, ed è sempre infelice, finché
non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa
è fatta. Non vi giunge però con impeto, con la rigida ostinazione a fare
questo e a lasciare quello, ma con la mitezza, in fedele umiltà e rinuncia a
se stesso, nei confronti di tutto quello che capita. A questo mira ciò che
si può consigliare e insegnare: che l'uomo si lasci condurre e non abbia che
Dio in vista, per quanto questo si possa presentare con molte e diverse
parole. L'uomo non deve pensare di progredire in una vita buona per il fatto
che digiuna molto o compie molte opere esteriori; un segno del suo progresso
è invece l'avere maggiore amore per le cose eterne e più avversione per
quelle effimere. L'uomo deve rivolgere il proprio volere a Dio in ogni opera
ed avere negli occhi Dio solo. E così proceda e non abbia timore, senza
stare a considerare se così va bene per non compiere passi falsi. L'uomo
deve seguire la prima ispirazione e procedere avanti; allora giunge dove
deve e va bene così. (Sermone "Gott hat die Armen")
1.
Lo spirito libero è quello non turbato
da nulla, non legato a nulla, che non fa dipendere da alcunché il suo bene
supremo, che in nulla mira a quanto è suo, ma è completamente sprofondato
nella dolcissima volontà di Dio e ha deposto ciò che è suo. E la più intensa
preghiera, la più potente per ottenere qualsiasi cosa, e l'opera fra tutte
superiore, è quella che proviene da uno spirito libero. (Istruzioni
spirituali, n.2)
2.
Sappi per vero che lo spirito libero,
quando permane in un autentico distacco, costringe Dio a venire al suo
essere, e, se potesse permanere senza forma e senza accidente alcuno,
assumerebbe l'essere proprio di Dio. (Del distacco)
1.
L'uomo deve essere libero e signore
delle proprie opere, senza essere distrutto né costretto. (Istruzioni
spirituali, n. 22)
2.
I maestri sono d'accordo nel dire che
finché l'uomo è nella grazia, tutte le opere che egli compie sono degne del
premio eterno. E questo è vero, perché nella grazia è Dio che opera le
opere. E dicono: se l'uomo cade in peccato mortale, sono morte anche tutte
le opere che egli compie mentre si trova in peccato mortale, come egli
stesso è morto, e non sono degne del premio eterno. E dicono poi: se Dio
restituisce la grazia all'uomo cui dispiacciono le proprie colpe, allora
tutte le opere che egli compì nella grazia risorgono e vivono come prima, e
le opere compiute in peccato mortale sono perdute per sempre, il tempo e le
opere insieme. E a questo contraddico io e dico: di tutte le buone opere che
l'uomo ha compiuto mentre si trovava in peccato mortale, nessuna è perduta,
e neppure il tempo in cui avvennero, dal momento che l'uomo riconquista la
grazia. Se avviene un'opera buona attraverso un uomo, l'uomo si libera con
questa opera e diviene più vicino al suo principio di quanto lo fosse prima
e pertanto è migliore e più beato. Ma l'opera non è né buona né santa, né
beata, ma è beato l'uomo in cui permane il frutto dell'opera. In questo
senso non è mai andato perduto l'agire buono e neppure il tempo in cui
avvenne, non perché esso permanga in quanto opera e tempo, ma perché,
sciolto dall'opera e dal tempo, è eterno con la sua qualità nello spirito,
come lo spirito è eterno in se stesso. Quando l'uomo compie buone opere
mentre si trova in peccato mortale, non le compie a partire dal peccato
mortale, ma piuttosto a partire dal fondo del suo spirito, che è buono in se
stesso per natura, anche se egli non si trova nella grazia. Questo non nuoce
allo spirito, perché il frutto dell'opera, sciolto dall'opera e dal tempo,
permane nello spirito ed è spirito con lo spirito, e non viene annullato,
così come non viene annullato l'essere dello spirito. (Sermone "Mortus
erat et revivixit")
3.Come mai spesso Dio
permette che uomini buoni, veramente buoni, siano sovente impediti nelle
loro buone opere. Il fedele Dio permette che i suoi amici cedano spesso
alla propria debolezza, affinché venga loro a mancare qualsiasi sostegno cui
potersi volgere o appoggiare. Per una persona che ama sarebbe infatti grande
gioia riuscire a fare grandi cose: veglie, digiuni, e altri esercizi, e
compiere imprese particolari, grandi e difficili; persone così trovano in
ciò grande gioia, sostegno, speranza, in maniera che le loro opere sono un
appoggio, un sostegno, una ragione di fiducia. Nostro Signore vuole privarle
di ciò per essere il loro unico sostegno, la loro unica ragione di fiducia.
Dio fa questo per pura bontà e misericordia: niente altro, infatti, che la
sua pura bontà lo determina ad operare. Le nostre opere non servono in alcun
modo a che Dio ci dia o compia qualcosa per noi. Nostro Signore vuole che i
suoi amici si distacchino da ciò, e per questo toglie loro ogni sostegno:
per essere il loro unico sostegno. Dio vuol dare loro molto, e lo vuole
nella sua libera bontà; lui solo deve essere loro appoggio e loro
consolazione: perciò essi devono stimarsi un puro nulla in mezzo ai grandi
doni di Dio. Infatti, più è spogliato e nudo lo spirito che si rivolge a Dio
ed è sorretto da lui stesso, più l'uomo è profondamente fissato in Dio, e
più è capace di ricevere i suoi preziosissimi doni. L'uomo, infatti, deve
costruire unicamente su Dio. (Istruzioni spirituali, n. 19)
4. Tu dici: Dio opera cose tanto
grandi in molte persone; il loro essere è riplasmato dall'essere di Dio, e
così a operare in esse è Dio, non loro. Ringrazia Dio dei doni che fa loro
e, se li fa a te, accettali, in nome di Dio. Se poi non te li accorda, fanne
volentieri a meno; abbi soltanto lui nel tuo pensiero, e non curarti di
sapere se a compiere le tue opere è Dio o sei tu stesso. Bisogna infatti che
sia Dio a compierle, se hai soltanto lui nel tuo pensiero - che egli lo
voglia o meno. (Istruzioni spirituali, n. 23)
1.
Io lodo il distacco ancor più di ogni
misericordia, giacché la misericordia in null'altro consiste se non nel
fatto che l'uomo esce da se stesso per andare verso le miserie del prossimo,
e così il cuore ne ricava turbamento. Di tutto ciò il distacco resta scevro,
permane in se stesso, e da nulla si lascia turbare. Infatti, finché qualcosa
è in grado di turbare l'uomo, egli non è tale quale dovrebbe essere. (Del
distacco)
2.
In Dio non c'è tristezza né sofferenza
né tribolazione. Se vuoi essere liberato da ogni sofferenza e tribolazione,
volgiti a Dio e unisciti in purezza a lui soltanto. Di certo, ogni
sofferenza proviene dal fatto che tu non ti volgi unicamente in Dio e a Dio.
Nulla che sia ineguale o ingiusto, nessuna cosa del mondo creato può far
soffrire il giusto, perché, essendo tutto ciò che è creato così tanto al di
sotto di lui quanto lo è al di sotto di Dio, non può influenzarlo né
contaminarlo, né generarsi in lui, che ha Dio soltanto come Padre. Perciò
bisogna che l'uomo molto si adoperi nello spogliarsi di se stesso e di tutte
le cose create, e non riconosca altro padre che Dio soltanto. Così, nulla
potrà farlo soffrire, né Dio né creatura, nulla di creato o di increato,
giacché tutto il suo essere, vita, conoscenza, sapere e amare, è da Dio, in
Dio, è Dio stesso. (Il libro della consolazione divina)
1.
L'uomo non deve spaventarsi di nulla,
finché la sua volontà è buona, né deve affliggersi se non può metterla in
pratica attraverso le opere; né deve considerarsi lontano dalle virtù, se ha
in sé una vera buona volontà giacché la virtù e ogni bene risiedono nella
buona volontà. Se tu possiedi una volontà giusta, nulla ti mancherà: né
amore, né umiltà, né virtù alcuna. Ciò che tu vuoi con tutta la tua volontà,
tu lo possiedi, e non te lo può togliere né Dio né alcuna creatura, purché
la tua volontà sia integra e veramente divina, e applicata al presente. Non
devi dire "Vorrei...", giacché questo rimanda al futuro, ma invece: "Voglio
che ora sia così". In verità, con la volontà io posso tutto. Posso sostenere
la pena di tutti gli uomini, nutrire tutti i poveri, compiere le opere di
ogni uomo, e qualsiasi cosa tu possa immaginare. Se non è la volontà che ti
manca, ma solo la possibilità di agire, in verità tu hai compiuto, davanti a
Dio, tutto questo. E nessuno te lo può togliere o contestare un solo
istante, giacché voler fare, se se ne avesse la possibilità, e aver fatto,
sono davanti a Dio la stessa cosa. Ugualmente, se io volessi avere tanta
volontà quanta ne ha il mondo intero, e se tale desiderio fosse grande e
totale, davvero io avrei questa volontà, perché io ho ciò che voglio avere.
La volontà è piena e retta quando è totalmente spoglia di se stessa,
disappropriata, e formata sulla volontà di Dio. (Istruzioni spirituali,
n. 10)
1.
Ho letto una parola espressa da san
Paolo nell'epistola [Ef 4,6]: Un solo Dio e padre di tutti, che è
benedetto al di sopra di tutti, da tutti e in noi tutti. Quando dice:
Un solo Dio, egli intende con ciò che Dio è Uno in se stesso e separato
da tutto. Dio non appartiene ad alcuno, e nessuno gli appartiene; Dio è Uno.
Boezio dice: Dio è Uno e non muta [Consolazione 3,9]. Tutto quel che
Dio ha creato, lo ha creato soggetto al mutamento. Tutte le cose in quanto
create, portano su di sé il mutamento. Questo significa che noi dobbiamo
essere Uno in noi stessi, separati da tutto, sempre immutabili, Uno con Dio.
Al di fuori di Dio non vi è che il nulla. Perciò è impossibile che in Dio
abbia luogo qualche mutamento o cambiamento. Chi cerca un luogo fuori di sé,
si muta. Ma Dio possiede in sé tutte le cose in pienezza; perciò non cerca
niente fuori di sé, ma solo nella pienezza che è Dio. L'Uno è qualcosa di
più puro della bontà e della verità. Bontà e verità non aggiungono niente,
ma aggiungono nel pensiero: quando qualcosa viene pensato, si aggiunge.
Invece l'Uno non aggiunge niente, là, dove egli è in se stesso, prima di
effondersi nel Figlio e nello Spirito santo. Un maestro dice: L'Uno è la
negazione della negazione. Se dico che Dio è buono, gli aggiungo qualcosa.
Invece l'Uno è negazione della privazione. Che significa l'Uno? L'Uno
significa ciò cui niente è aggiunto. L'anima coglie la Divinità come essa è
pura in se stessa, dove niente le è aggiunto, neppure col pensiero. L'Uno è
negazione della negazione. Tutte le creature portano in sé una negazione:
ciascuna nega di essere l'altra. Un angelo nega di essere l'altro. Ma Dio ha
una negazione della negazione; egli è l'Uno e nega ogni altra cosa, giacché
niente è al di fuori di Dio. Tutte le creature sono in Dio e sono la sua
propria divinità, e questo significa la pienezza. (Sermone "Un solo Dio e
padre di tutti")