in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

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Prefazione di Mircea Eliade al Trattato di storia delle religioni


 

La scienza moderna ha riabilitato un principio gravemente compromesso da certe confusioni del XIX secolo: la scala crea il fenomeno. Henri Poincaré si domandava, non senza ironia: «Un naturalista che avesse studiato l'elefante esclusivamente al microscopio, potrebbe affermare di conoscerlo in modo sufficiente?» Il microscopio rivela la struttura e il meccanismo delle cellule, che sono identici in tutti gli organismi pluricellulari, e l'elefante è sicuramente un organismo pluricellulare. Ma è soltanto questo? Su scala microscopica, si può ammettere una risposta dubbiosa. Su scala visuale umana, che per lo meno ha il merito di presentare l'elefante come un fenomeno zoologico, l'esitazione non è più possibile. Allo stesso modo, un fenomeno religioso risulterà tale soltanto a condizione di essere inteso nel proprio modo di essere, vale a dire studiato su scala religiosa. Girare intorno al fenomeno religioso per mezzo della fisiologia, della psicologia, della sociologia, dell'economia, della linguistica, dell'arte ecc., significa tradirlo e lasciarsi sfuggire appunto il quid unico e irriducibile che contiene: il suo carattere sacro. Certamente non esistono fenomeni religiosi «puri»; non vi sono fenomeni unicamente ed esclusivamente religiosi. In quanto cosa umana, la religione è insieme qualcosa di sociale, linguistico ed economico, non essendo concepibile l'uomo all'infuori del linguaggio e della vita collettiva. Ma sarebbe vano proporsi di spiegare la religione con una di queste funzioni fondamentali che definiscono, in ultima analisi, l'uomo. Sarebbe vana pretesa render conto di Madame Bovary con tutta una serie di fatti - sociali, economici, politici -, reali, senza dubbio, ma privi di conseguenza per l'opera letteraria in sé.

Volendo rimanere nel nostro argomento, non neghiamo che il fenomeno religioso si possa utilmente accostare da punti di vista diversi; ma importa anzitutto considerarlo in sé, in quel che ha di irriducibile e di originale. L'impresa non è facile, perché si tratta, se non di definire il fenomeno religioso, almeno di circoscriverlo e di collocarlo entro il complesso degli altri oggetti dello spirito. E, come ha osservato Roger Caillois all'inizio del suo brillante volumetto su L'Homme et le sacré: «In fondo, la sola cosa che si possa validamente affermare intorno al sacro in generale, è contenuta nella definizione stessa della parola: sacro è ciò che si oppone al profano. Appena si tenta di precisare la natura, la modalità di questa opposizione, si incontrano grandissimi ostacoli. Per quanto elementare, nessuna formula risulta applicabile alla complessità labirintica dei fatti». Ora, nelle nostre ricerche, sono anzitutto i fatti che interessano, quella complessità labirintica dei fatti che sfugge a qualsiasi formula e a qualsiasi definizione. Un tabù, un rituale, un simbolo, un mito, un demone, un dio ecc., ecco alcuni di questi fatti religiosi. Ma presentare i documenti in modo così lineare, sarebbe semplificazione abusiva. In realtà, ci troviamo di fronte a una massa polimorfa, e spesso anche caotica, di gesti, credenze e teorie, che formano quanto potrebbe chiamarsi il fenomeno religioso.

Questo libro tratta un duplice problema: 1) Che cosa è la religione? 2) In che misura si può parlare di storia delle religioni? Essendo scettici quanto all'utilità di una definizione preliminare del fenomeno religioso, ci siamo contentati di discutere le ierofanie nel senso più ampio della parola (ierofania = qualche cosa che manifesta il sacro). Di conseguenza, potremo porci il problema della storia delle forme religiose soltanto dopo averne studiato un buon numero. Un'esposizione dei fenomeni religiosi che vada dal semplice al complesso, che parta cioè dalle ierofanie più elementari (il mana, l'insolito ecc.) per passare poi al totemismo, al feticismo, al culto della Natura o degli spiriti, e quindi agli dèi e ai demoni, terminando infine con la nozione monoteistica di Dio, non ci sembra per nulla adatta, se teniamo presenti i fini della nostra ricerca. Simile esposizione sarebbe arbitraria, perché implica un'evoluzione del fenomeno religioso, «dal semplice al complesso», e questa ipotesi non è dimostrabile: non si trova in nessun posto una religione semplice, ridotta alle ierofanie elementari. D'altra parte, tale esposizione sarebbe contraria al fine stesso che ci siamo proposti: quello di mostrare che cosa sono i fatti religiosi, e cosa essi rivelano. La strada che abbiamo seguito, se non è più semplice, è almeno più sicura. Abbiamo cominciato la nostra ricerca illustrando alcune ierofanie cosmiche attraverso la sacralità che rivelano, a diversi livelli cosmici, il Cielo, le Acque, la Terra, le Pietre. Abbiamo scelto queste classi di ierofanie non perché le riteniamo le più antiche (non poniamo ancora il problema storico), ma perché la loro descrizione spiega, da una parte, la dialettica del sacro, dall'altra, le strutture entro le quali esso si costituisce. Per esempio, l'esame delle ierofanie acquatiche o celesti ci fornirà del materiale documentario atto a arci capire: 1) il senso preciso della manifestazione del sacro a quei livelli cosmici (il Cielo e le Acque); 2) in quale misura le ierofanie uraniche o acquatiche costituiscano strutture autonome, rivelino cioè una serie di modi complementari e integrabili del sacro. Passeremo poi alle ierofanie biologiche (i ritmi lunari, il Sole, la vegetazione e l'agricoltura, la sessualità ecc.), quindi alle ierofanie topiche (luoghi consacrati, templi ecc.), infine ai miti e ai simboli Dopo aver passato in rassegna una quantità sufficiente di tali documenti, saremo in grado di affrontare, in un futuro lavoro, gli altri problemi della storia delle religioni: le «forme divine», le relazioni fra l'uomo e il sacro, la manipolazione del sacro (riti ecc.), la magia e la religione, le idee circa l'anima e la morte, le persone sacre (il sacerdote, il mago, il re, l'iniziato ecc.), le relazioni. che vi sono fra il mito, il simbolo e l'ideogramma, la possibilità di fondare una storia delle religioni ecc.

Questo non significa che esporremo ogni argomento separatamente, come si fa nelle voci delle enciclopedie, evitando, per esempio, di trattare il mito o il simbolo nel capitolo delle ierofanie acquatiche o lunari; tanto meno intendiamo impegnarci a discutere le figure divine esclusivamente nel capitolo «Dèi» ecc. Al contrario, il lettore sarà forse sorpreso di incontrare nel capitolo delle ierofanie uraniche numerosi documenti relativi agli dèi celesti e atmosferici, o di notarvi allusioni, perfino commenti, a simboli, riti, miti e ideogrammi. L'argomento stesso ci ha imposto tale osmosi, costringendoci a interferenze continue fra i contenuti dei diversi capitoli. Era impossibile parlare di sacralità celeste tacendo delle figure divine che riflettono tale sacralità o vi partecipano, tacendo di certi miti uranici o dei riti connessi col sacro celeste, o dei simboli e degli ideogrammi che li ipostatizzano . Ogni documento ci rivela, a suo modo, una modalità della sacralità celeste e della sua storia. Ma, poiché ciascun problema viene discusso nel capitolo che ne tratta, non esiteremo a riferirci al senso esatto del mito, del rito o della «figura divina» nel capitolo riservato al Cielo. Parimenti, nelle pagine dedicate allo studio delle ierofanie telluriche, vegetali e agrarie, interesseranno le manifestazioni del sacro a detti livelli biocosmici, e l'analisi della struttura degli dèi della vegetazione o dell'agricoltura sarà rimandata al capitolo che tratta delle «forme divine». Questo però non ci impedirà affatto di alludere agli dèi, ai miti, ai riti o ai simboli della vegetazione o dell'agricoltura nelle ricerche preliminari. Questi primi capitoli si propongono di mettere in chiaro, per quanto è possibile, la struttura delle ierofanie cosmiche, mostrare cioè che cosa ci rivela il sacro, manifestato attraverso il Cielo, le Acque o la Vegetazione ecc.

Facendo il bilancio dei vantaggi e degli svantaggi del nostro metodo, credo che i primi prevalgano notevolmente, per molte ragioni: 1) possiamo fare a meno di definire a priori il fenomeno religioso; tuttavia il lettore, scorrendo i vari capitoli del libro, potrà riflettere sulla morfologia del sacro; 2) l'analisi di ciascun gruppo di ierofanie (Cielo, Acque, Vegetazione ecc.), mettendo in chiaro in modo naturale le modalità del sacro e facendo capire come si integrano in un sistema coerente, sgombrerà contemporaneamente il terreno, preparandolo alle discussioni finali sull'essenza della religione; 3) l'esame simultaneo delle forme religiose «inferiori» e «superiori» farà risaltare i loro elementi comuni; eviteremo così certi errori dovuti a un'ottica «evoluzionista» od «occidentalista»; 4) i complessi religiosi non saranno troppo sminuzzati, ogni classe di ierofanie (acquatiche, celesti, vegetali ecc.) formerà, a suo modo, un tutto, sia dal punto di vista morfologico (si tratta infatti di dèi, miti, simboli ecc.) sia da quello storico (la ricerca dovrà spesso estendersi a numerosi cicli culturali, distinti nel tempo e nello spazio); 5) ogni capitolo metterà in rilievo una modalità del sacro, una serie di relazioni fra l'uomo e il sacro, e, interni a queste relazioni, una serie di «momenti storici».

In questo senso, e soltanto in questo, il nostro libro può intitolarsi Trattato di storia delle religioni, cioè nella misura in cui fa penetrare il lettore nella complessità labirintica dei fatti religiosi, gli rende familiari le loro strutture fondamentali e la diversità dei cicli culturali da cui dipendono. Ci siamo studiati di dare a ciascun capitolo un'architettura speciale, talvolta anche uno «stile» suo proprio, per evitare la monotonia che insidia ogni esposizione didattica. La distribuzione in paragrafi mira anzitutto a semplificare i rinvii. La portata del libro si può afferrare soltanto a prezzo di una lettura integrale, poiché questo non è affatto un manuale di consultazione. Le bibliografie furono concepite per stimolare le prime ricerche e non sono mai esaurienti, anzi potranno essere talvolta insufficienti. Tuttavia abbiamo voluto ricordare i rappresentanti del maggior numero possibile di concetti e di metodi.

Buona parte delle analisi morfologiche e delle conclusioni metodologiche di questo volume fu argomento dei nostri corsi di storia delle religioni all'Università di Bucarest e delle nostre due serie di lezioni all'École des Hautes Études di Parigi (Recherches sur la morphologie du sacré, 1946; Recherches sur la structure des mythes, 1948). Solo una piccola parte del testo è stata scritta direttamente in francese. La traduzione dal rumeno è stata interamente riveduta e corretta dal mio dotto amico e collega Georges Dumézil. Desidero esprimergli qui la mia profonda riconoscenza per l'interessamento dimostrato a questo lavoro.

M. E.

 

Oxford, 1940

Parigi, 1948

 

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