in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Lettera di Mircea Eliade a Raffaele Pettazzoni del 10 febbraio 1949


 

* Da Μ. Eliade e R. Pettazzoni, L'Histoire des religions a-t-elle un sens? Correspondance 1929-1959, a cura di Ν. Spineto, Cerf, Paris 1994, pp. 200 sg. Traduzione di Gaetano Riccardo.

 

 

Parigi, 10 febbraio 1949

 

Caro Maestro,

Riuscite a immaginare la gioia con cui ho accolto la vostra lettera?...

Ricevuto da voi, anche il minimo apprezzamento equivale a una brillante ricompensa. Fin dall'iηizio dei miei studi storico-religiosi vi ho considerato come mio unico Maestro, e se il Trattato non vi è parso troppo deplorevole, sono soddisfatto. Purtroppo, la vita che ho condotto dopo la guerra mi ha impedito di pubblicare il lavoro in un solo volume. Ι capitoli più importanti e - mi spingerei a dire! - personali troveranno collocazione del secondo tomo. Ε Dio solo sa quando esso vedrà la luce!... Ad ogni modo, spero che il saggio conservi un'utilità anche nella sua forma attuale, così fastidiosamente frammentata. Anzitutto, come voi stesso avete sottolineato, mi sforzo di mostrare tutto ciò che vi è di religioso nella sedicente storia delle religioni; inoltre, cerco di fare un passo in avanti nella comprensione dei fenomeni religiosi senza ricorrere né alla fenomenologia, né alla filosofia in generale. Un libro concepito in 15 anni e approntato in 8 conserva troppe ineguaglianze e imperfezioni, e sono io il primo a rendermene conto. Ε per questo che preferisco gli ultimi capitoli, meno scolastici e più densi. È stato l'editore Payot a scegliere il titolo! Personalmente

avevo pensato a qualcosa come: Prolegomeni..., oppure: Princìpi di storia delle religioni. Non essendo mia ambizione quella di presentare didatticamente una materia così fuggevole e sfumata, ho soltanto voluto invitare il lettore a riflettere su dei fatti religiosi presentati non fenomenologicamente, bensì nel loro contesto storico. Non sorridete! So bene che, ai vostri occhi, la « storia » comporta responsabilità tali che, per esempio, paragonare un rito battesimale europeo a un mito o simbolo acquatico equivale a impedirsi la pretesa di pensare storicamente. Quanto a me, dopo aver studiato i maestri dello storicismo successivo a Hegel e fino a Ortega, sono diventato più scettico e tollerante. Ho scoperto che, persino nell'uomo più condizionato storicamente, esiste una enorme volontà antistorica, una tendenza verso l'archetipo, il metastorico; e sono rimasto colpito nel constatare come un qualsiasi atto religioso aiuti l'uomo (qualsiasi uomo!) a oltrepassare la storia. Il secondo tomo del Trattato e, in parte, Il mito dell'eterno ritorno, evidenziano tale meccanismo. Di conseguenza non considero un attentato alla storia la comparazione di realtà religiose in apparenza eterogenee...

Ma mi sono lasciato trascinare in una discussione che un intero libro non basterebbe ad avviare! Spero di incontrarvi prossimamente a Parigi, per esporvi a grandi linee la mia posizione teorica. Per intanto vi ringrazio, e vi prego di leggere gli ultimi quattro capitoli, poiché è a partire da essi che riprenderà l'argomentazione del secondo tomo. [...]

Ι miei ringraziamenti e la mia ammirazione.

 

 

 

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