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LA
PREGHIERA ININTERROTTA
di GIORGIO GALITIS
Lo sforzo dell'uomo di sfuggire alla miseria dell'apostasia e portare la
sua mente, il suo cuore e tutta la sua esistenza a una giusta relazione con Dio,
la sola relazione che costituisce la beatitudine, si dice vita
spirituale.
Guida costante nella vita spirituale sono i Padri della Chiesa che
indicano, ciascuno a suo modo, la strada che conduce verso Dio, all'unione con
lui, alla deificazione. La strada della vita spirituale, proposta da san Gregorio Palamas, insieme al gruppo dei padri neptici e degli esicasti, la via che conduce all'unione con Dio, alla deificazione, passa attraverso la preghiera ininterrotta.
Non possiamo esaminare la preghiera ininterrotta al di fuori della sua
cornice naturale che è l'esicasmo, questa grande corrente che porta a san
Gregorio Palamas. Gregorio è colui che è riuscito, alcuni decenni prima della
caduta di Bisanzio, a riassumere in una sintesi dogmatica, la tradizione
secolare della vita monastica contemplativa dell'oriente cristiano, dell'esicasmo.
Per parlare dunque della preghiera ininterrotta secondo san Gregorio
Palamas, dovremmo cominciare dalle fonti di questa corrente, dall'esicasmo e
seguire sistematicamente il suo sviluppo. Quando saremo arrivati a san Gregorio
che riassume i predecessori e mette loro basi dogmatiche, avremo già percorso
la maggior parte del cammino.
Così questa relazione è stata divisa in due parti. Nella prima parte
esaminiamo la preghiera ininterrotta alla sua nascita e nel suo sviluppo fino a
san Gregorio Palamas e, nella seconda parte, il contributo di san Gregorio nel
riepilogare e codificare questa tradizione orientale.
I
È inconcepibile qualsiasi aspetto della vita spirituale, qualsiasi
tentativo di avvicinarsi a Dio, senza la preghiera. Con questa l'uomo parla con Dio, con questa diventa suo amico, con questa si unisce a Lui. Ciò che facciamo senza una preghiera e senza speranza, dice san Marco l'Asceta, alla fine diventa dannoso e incompleto. Giovanni Crisostomo scrive:
"Se qualcuno priva se stesso della preghiera, fa come quello che
toglie il pesce dall'acqua. Poiché però per il pesce la vita è l'acqua, così
per noi stesi la vita è preghiera".
La stessa cosa intende dire anche l'apostolo Paolo quando scrive nella
sua prima lettera ai Tessalonicesi (5, 17):
"pregate ininterrottamente".
Qui qualcuno si chiederà come debba essere inteso questo «ininterrottamente».
Il cuore lavora ininterrottamente anche quando l'uomo dorme, anche quando
lavora, anche quando pensa e quando legge; Lo stesso per il respiro. La
preghiera dunque non pretende un'attività consapevole della mente, in modo che
nessuno posa pregare nel sonno, durante lo studio o un lavoro che esiga
attenzione?
Questo dubbio non è nuovo. Nel corso dei secoli molti, in modi diversi,
cercarono di interpretare questo "ininterrottamente" e di metterlo in
pratica. Origene ritiene che prega ininterrottamente colui che unisce la
preghiera alle cose da fare e i fatti pratici alla preghiera. Poco dopo gli eretici Messaliani, volendo utilizzare questo "ininterrottamente", rifiutarono il culto esteriore, pur avendo numerose preghiere che accompagnavano con entusiastiche danze.
All'inizio del V secolo d. C., apparvero i cosiddetti monaci Akimiti, che
applicavano la preghiera ininterrotta, intercalandola con cori di monaci durante
le 24 ore, in modo da esercitare continuamente la preghiera del monastero.
Questi sistemi però erano soprattutto tecnici, cercavano cioè di
realizzare la preghiera ininterrotta in modo esteriore "organizzato". Oltre a questo in Oriente, a poco a poco, prevalse anche un altro accorgimento che vedeva nella preghiera ininterrotta non l'azione ma la situazione.
Forieri di questa interpretazione della preghiera ininterrotta furono i
monaci d'Oriente. Nel deserto gli anacoreti introdussero una pratica secondo la
quale la continua ripetizione di una
breve preghiera conduce alla situazione della preghiera ininterrotta. Così si
venne a creare un metodo secondo il quale in modo concreto e con un tipo di
preghiera, si può raggiungere la situazione di preghiera ininterrotta.
La base di questo metodo è la situazione della cosiddetta quiete; per
questo i padri che esercitavano la quiete furono chiamati esicasti
e il loro metodo esicastico. Questo
metodo nel suo aspetto compiuto consiste nell'allontanare dalla mente ogni
riflessione e ogni pensiero terreno e nel concentrarsi nel ricordo e
nell'invocazione del nome di Gesù. Questo allontanamento dalla mente di ogni
riflessione viene detto "nh'yi"" (nêpsis).
Perciò anche i padri che lo applicarono vengono detti "nhptikoi; patevre""
(neptikoì patéres).
Rintracciando le fonti del metodo esicastico della preghiera
ininterrotta, arriviamo all'asceta del IV secolo Macario l'Egiziano che fu, come
sembra dalle sue poche massime pervenuteci, uno dei più antichi enunciatori di
questo aspetto della preghiera. Non occorre, diceva Macario, dire molte parole
nella preghiera. Stendi le braccia e dì a Dio "Signore, come vuoi e come
sai, abbi pietà di me". Nella battaglia grida "Signore, aiuto!" Ed egli sa di che cosa hai bisogno e avrà pietà di te.
È evidente che Macario intendeva questa la piccola preghiera, che è
costituita da due parole e che viene detta nella Chiesa ortodossa, una, tre,
dodici, quaranta e anche cento volte.
È il Kyrie eleison che viene
detto tante volte, appunto, come un guerriero grida nella battaglia, o come uno
che affoga grida "aiuto" senza riflettere o senza aver bisogno di dire
frasi intere frasi complicate per attirare l'attenzione e l'aiuto dell'altro. Allievo di Macario, ma anche dei Padri cappadoci Basilio il Grande, Gregorio il Teologo e Gregorio di Nissa, e allo stesso tempo anche loro amico, era il monaco Evagrio Pontico.
La sua istruzione vicino a questi grandi spirituali e il cambiamento
avvenuto in lui dopo averli frequentati, aiutarono l'asceta erudito a presentare
una sintesi e una - diciamo - giustificazione filosofica della preghiera
ininterrotta, appoggiata a una antropologia di evidente origine platonica. Per Evagrio la preghiera è un dialogo della mente con Dio, è una ascesa della mente verso Dio.
La preghiera senza interruzione è la più alta funzione della mente. E
dice in modo epigrammatico "allora la tua preghiera supererà ogni gioia quando
veramente diventerai tu stesso preghiera."
Diventando l'uomo egli stesso preghiera, vivendo cioè in una continua
situazione di preghiera, ottiene la "preghiera
ininterrotta". Così la preghiera ininterrotta è per Evagrio una
"situazione mentale" e perciò venne chiamata "preghiera
mentale".
Molto presto la preghiera mentale si arricchì con l'aggiunta del nome di
Gesù e prese infine la forma "Signore Gesù Cristo abbi pietà di me"
o "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me".
E poiché comprende una sola frase, un solo significato, un solo pensiero,
venne chiamata preghiera monolovgioth (monològiote). Qui dobbiamo notare che nel IV secolo si era diffusa largamente, come sembra, l'abitudine della preghiera di Gesù nel mondo monastico, perché la incontriamo non solo nei deserti d'Egitto, ma anche a Salonicco con san Crisostomo che scrive: "Colui che vive da solo, sia che mangi, che beva, che stia seduto, che lavori, che cammini, che faccia qualsiasi altra cosa, deve gridare il ‘Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me’".
Quell'articolo "il", prima della parola preghiera, mostra che
questa forma era già completata, conosciuta e diffusa quando scriveva
Crisostomo.
Nel V secolo la preghiera di Gesù passa i confini della vita monastica
ed ascetica e diventa nota e cara a moltitudini.
Maestri in questo erano Diadochos, vescovo di Fotiché, l'odierna
Paramithia, in Epiro, e il quasi suo contemporaneo Macario l'Egiziano, autore
delle "omelie spirituali", un'opera molto importante che gli venne
attribuita erroneamente.
Macario e Diadochos mettono l'accento sul significato del cuore
nella preghiera ininterrotta, del cuore che è per questi il campo della
presenza della grazia divina e la sede dell'intelligenza.
Così la preghiera di Gesù diventa "preghiera del cuore". In
modo particolare l'esicasmo, che era con Evagrio una imitazione delle teorie di
Platone e intellettuale, diventa con le opere che vengono attribuite a Macario,
biblico e cristocentrico e il loro scopo si diversifica nel fatto che l'uomo,
con il continuo ricordo del nome di Gesù, riporta lo spirito, che aveva perduto
nella caduta, al suo posto naturale, al cuore.
Diodochos di Fotiché ribadisce particolarmente la relazione della
preghiera intellettuale ininterrotta con il ricordo di Dio. Dietro al ricordo
del nome di Gesù che viene praticato nella preghiera intellettuale, si trova il
ricordo di Gesù, il ricordo di Dio.
Su questa necessità del ricordo di Dio altri misero l'accento anche
precedentemente. Classica è la frase di san Gregorio di Nazianzo
"Ricordate Dio piuttosto che respirare". A proposito di questa frase
Diadochos di Fotiché scrive: La mente ha bisogno di trovarsi continuamente in
movimento. Quando noi chiudiamo tutte le uscite con il ricordo di Dio, la mente
chiede imperiosamente di darle un lavoro che soddisfi il suo bisogno di
movimento.
Noi allora dobbiamo darle il Signore Gesù, perché questa sia la sua
unica occupazione, una occupazione che corrisponda perfettamente al suo
obiettivo. Lo stadio successivo nello sviluppo della preghiera intellettuale lo troviamo in san Giovanni Climaco. Superiore del monastero di santa Caterina del Sinai agli inizi del VII secolo, Giovanni scrisse la sua notissima opera Scala del Paradiso, che gli diede anche il nome, e dove. per la prima volta, viene descritta sistematicamente e analiticamente la vita degli esicasti e la pratica della preghiera del cuore che è, secondo Giovanni, "scienza delle scienze e arte delle arti.
Il fatto che la Chiesa onori la sua memoria nello stesso modo di quella
di san Gregorio Palamas, dedicando ai due grandi esicasti una domenica della
Grande Quaresima, mostra il grado di stima che ha per il contributo di tutti e
due nello sviluppo della vita spirituale ortodossa.
Quando preghi, scrive Giovanni, non cercare di farlo con le tue parole.
Il gabelliere disse una frase sola, lo stesso anche il ladrone. Le molte parole
disuniscono la mente, le poche parole la portano al raccoglimento.
Lo scopo dell'esicasta e, secondo Giovanni, la rotazione del Dio
incorporeo nel corpo di colui che prega ininterrottamente e l'armonizzazione del
nome di Gesù con il suo respiro. E a questo proposito scriveva «se unisci la
memoria di Gesù al tuo respiro, conoscerai l'utilità della quiete».
La stessa cosa viene ripetuta in seguito nell'opera di Isichio il Sinaita,
conosciuta col nome di Ecatondades,
uno dei più notevoli trattati sulla preghiera a Gesù. «Il nome di Gesù venga
incollato al tuo respiro», scrive, e aggiunge «per tutta la tua vita», e
altrove «all'inspirazione del tuo naso, unisci temperanza e il nome di Gesù».
Si deve notare che la preghiera di una sola parola, per la prima volta, per
quanto è a nostra conoscenza, viene chiamata «preghiera di Gesù» nell'Ecatondades
di Isichio.
Allo stesso modo anche un altro esicasta, Isacco Siro, ribadisce: «senza
la preghiera ininterrotta non puoi avvicinarti a Dio».
Tralasciamo i grandi esicasti quali i santi Efrem Siro, Massimo il
Confessore, i sinaiti Filoteo, Nilo e molti altri che insegnarono la preghiera
mentale ininterrotta non solo ai monaci, ma anche alle masse dei laici e
formarono così la vita spirituale ortodossa, ma anche la devozione laica, per
arrivare a un altro grande maestro esicasta, san Simeone il Nuovo Teologo.
Simeone, che visse tra la fine del X secolo e l'inizio dell'XI, fu il
primo e forse l'unico che parlò così apertamente della
sua esperienza nella preghiera ininterrotta. I precedenti insegnano, esitano però e rifuggono dal parlare delle loro vite personali. Simeone, natura impetuosa e piena di sentimento, viene compresso da tutto ciò che sente nel suo personale incontro con Dio che è l'oggetto del suo violento amore, e non calcola niente: registra i suoi sentimenti e descrive le sue esperienze, questo con chiarezza e con particolari che ci rivelano il meraviglioso mondo della vita mistica. Questa vita si può riassumere con la visione di Dio, che è equivalente alla deificazione. Anche altri prima parlarono della deificazione, come Gregorio di Nissa o Massimo il Confessore, Simeone però fu quello che descrisse la situazione della deificazione come la visse egli stesso.
E arriviamo al XIV secolo, all'epoca in cui visse san Gregorio Palamas.
L'esicasmo di quell'epoca fiorisce trasferendosi dal Sinai al Monte Athos che
diventa il centro dell'esercizio della preghiera ininterrotta.
Stature spirituali come Ignazio e Callisto Xanthòpulos, Callisto il
Nikiforos, Massimo il Kafsokalivitis e tutti quelli a cui ci riferiremo in
seguito, sono insieme a molti altri gli iniziati della preghiera mentale, della
quale insegnano la teoria e la pratica, con scritti e parole, ai loro molti
allievi.
Già dal secolo precedente, monaci del Monte Athos, ma anche metropoliti,
come il maestro spirituale di Palamas san Theòliptos di Filadelfia e patriarchi
come Atanasio I, insegnano al popolo il metodo degli esicasti. L'esempio di
Atanasio e di Theòliptos, uomini di intensa attività ecclesiastica ma anche
sociale e politica, che praticavano e allo stesso tempo insegnavano, la
preghiera ininterrotta, dimostra il grado della sua diffusione.
Tra i contemporanei di Palamas, due grandi esicasti e maestri della
preghiera mentale sul Monte Athos, si distinguono, famosi in tutto il mondo
bizantino: Niceforo, che prese il soprannome di «l'Esicasta», e san Gregorio
il Sinaita. Il primo fu maestro e guida spirituale di Palamas. Sul secondo ci
sono dubbi se sia lo stesso Gregorio al quale Palamas fu subordinato nella Skita
Glossia del Monte Athos.
Infine, anche se non fu direttamente il suo maestro, lo fu comunque
indirettamente, essendo stato influenzato profondamente dall'insegnamento dello
stesso e dei suoi allievi.
Niceforo mette l'accento sul significato dell'attenzione
e della concentrazione della mente sul nome di Gesù.
L'esperto esicasta consiglia metodi pratici di controllo della mente e
della fantasia con una sosta anche del respiro, metodi che espone
particolareggiatamente senza però considerarli come qualcosa di sovrastante.
La cosa principale per lui è la richiesta di un esperto maestro
spirituale che si assuma la guida di colui che desidera essere iniziato alla
preghiera ininterrotta. «Se non trovi un maestro così» scrive Niceforo, «chiedi
a Dio con spirito contrito e lacrime, supplicalo spogliandoti e fa quello che ti
dirò: per prima cosa la tua vita deve diventare tranquilla, libera da ogni
preoccupazione, in pace con tutti. Se avviene ciò, allora va nella tua cella,
chiuditi dentro, mettiti in un angolo e fai quello che ti dirò in seguito.» E
segue la descrizione del metodo psicosomatico che, come abbiamo detto, non è
quello principale, non è cioè né la sostanza, né lo scopo dell'esicasmo. E
questo è il punto che differenzia radicalmente la preghiera intellettuale dallo
Yoga dell'induismo, tecnica che cerca di portare con l'automatismo
a una situazione mistica che ha come scopo di liberare l'anima dal «dolore
dell'esistenza» senza il pregio di trasfigurarla e di santificarla. L'altro grande maestro dell'esicasmo, contemporaneo di san Gregorio Palamas, fu come abbiamo detto, Gregorio Il Sinaita.
L'irradiazione spirituale di questo grande padre neptico fu molto forte.
Dallo stuolo dei suoi allievi uscirono quelli che nel secolo seguente diffusero
l'esicasmo in Russia e di seguito negli altri paesi slavi, creando gli starets,
come vengono detti in russo, i superiori dei monasteri. Gregorio il Sinaita mette l'accento sul significato centrale della memoria di Dio. L'esicasta deve spegnere ogni altro pensiero e trattenere saldamente il ricordo di Dio, durante la preghiera ininterrotta.
II
E arriviamo a san Gregorio Palamas. Quanto abbiamo detto finora è stato
il presupposto per una corretta comprensione di questa grande corrente
spirituale, che irrigò e continua a irrigare la vita spirituale della chiesa
ortodossa.
Arrivando a Palamas, abbiamo già seguito il procedimento dello sviluppo
di questa corrente, e abbiamo compreso il suo significato. Un significato che
san Gregorio riassunse, ricapitolò, strutturò e diffuse perché prima egli
stesso lo assorbì e lo visse.
Vediamo un po' da vicino il contributo di Gregorio alla Teoria della
preghiera ininterrotta. Nato nel 1296 a Costantinopoli, fu allievo in un
ambiente dove veniva esercitata la preghiera mentale. Il padre di Gregorio era a
conoscenza del metodo degli esicasti. Si dice che a volte, quando partecipava a
una riunione del senato e dall'imperatore veniva chiesta la sua opinione su
qualche tema, egli non sentiva la domanda, perché era assorto nella preghiera.
Il pio imperatore, che conosceva la preghiera mentale, non voleva
interromperlo.
All'età di 20 anni Gregorio diventa monaco al Monte Athos, dove vivrà
in tutto vent'anni. I primi tre anni li vive nell'ambiente del monastero di
Vatopedi come subalterno di Nicodemo. Dopo un soggiorno di altri tre anni al
monastero della Lavra, si ritira nell'eremitaggio di Glossia (circa dove è
l'odierna Provata). Lì incontra noti esicasti come Kàllistos Katafigiotis e
altri e particolarmente il celebre Gregorio il Bizantino.
Palamas diventa allievo e subalterno del vecchio santo il quale, insieme
a Niceforo è tra i suoi principali maestri nella teoria e e nella pratica della
preghiera mentale.
Le frequenti incursioni dei turchi obbligano Palamas e gli altri asceti a
fuggire dai loro eremitaggi. Alcuni cercano la salvezza tra le mura fortificate
dei monasteri del Monte Athos, altri si rifugiano nei luoghi santi e nel Sinai.
Palamas segue questi ultimi, però non gli riesce di arrivare oltre
Salonicco. Lì entra nel circolo di Isidoro, allievo di Gregorio il Sinaita
divenuto pio patriarca ecumenico, che aveva come obiettivo la diffusione della
preghiera mentale tra i laici. Più tardi , all'età di 30 anni, Gregorio viene
ordinato sacerdote e dopo un intervallo di cinque anni di esercizi vicino a
Veria, ritorna al Monte Athos. Si trovava lì quando avvennero i fatti che lo
misero in evidenza come grande difensore dell'esicasmo e come grande teologo, i
noti avvenimenti con il monaco Barlaam e i suoi seguaci.
Due erano principalmente gli obiettivi contro i quali sparava l'erudito
calabrese. Il primo era il metodo psicosomatico della preghiera. Il secondo il
credere che la luce che durante l'esercizio della preghiera mentale pretendevano
di vedere, era increata.
Barlaam unificando, come gli scolastici occidentali, le energie di Dio
con la sua essenza, che certamente nessuno può vedere poiché è inaccessibile,
sostenne che anche la luce che i monaci vedevano, se è effettivamente increata,
non può essere vista, poiché anche il Dio increato non può essere visto. E
poiché gli eretici messaliani sostenevano di vedere l'essenza di Dio, Barlaam
li chiamò esicasti messaliani.
Palamas rispose a Barlaam con molti scritti, con lettere e anche con il
«tomo agioretico», un testo che i superiori e i monaci controfirmarono in una
loro riunione al Protato. In questi testi Gregorio riassume l'insegnamento dei
Padri dell'esicasmo, nel quale agisce insieme con l'anima anche il corpo, quanto
anche la possibilità della visione della luce increata, che crea la
deificazione.
Quest'ultimo Gregorio lo sviluppò in una grandiosa composizione nella
quale comprendeva ed esponeva sistematicamente l'insegnamento relativo dei Padri
che distinguono la inaccessibilità e impartecipabile essenza di Dio dalle sue
energie increate partecipabili, con le quali solo Dio può essere conosciuto. Di
conseguenza la visione della luce increata è una visione non dell'essenza
increata e impartecipabile di Dio, ma dell'energia divina partecipabile, anche
se increata, della gloria increata di Dio. La gloria di Dio però è per l'uomo lo stesso Dio che l'uomo vede come luce. Coloro che pregano incessantemente vedono la luce increata che è Dio stesso, risplendono per questa luce e diventano tutt'uno con essa, cioè si deificano. La deificazione dunque come risultato della preghiera ininterrotta, è per san Gregorio Palamas, come anche per tutta la tradizione dell'Oriente, un avvenimento ontologico, esistenziale.
L'insegnamento di Gregorio fu accettato dalla Chiesa come espressione
della sua fede e della sua tradizione e fu convalidata da tre sinodi a
Costantinopoli. Palamas, che nel frattempo venne scelto e ordinato arcivescovo
di Salonicco, continuò fino alla sua morte nel 1359 le sue lotte contro i
nemici dell'esicasmo, contro Barlaan e due nuovi avversari, Gregorio Akindinos e
Niceforo Gregora.
Il valore del contributo di Gregorio Palamas alla tradizione dell'esicasmo
di incalcolabile. Gregorio, anche se principalmente dogmatico, pratica egli
stesso, come molti esicasti, la preghiera ininterrotta. Riepilogando, la
tradizione dello esicasmo non descrive le esperienze, come Simone il Nuovo
Teologo, ma lo stato della preghiera
ininterrotta.
Senza tentare di spiegare il sistema di insegnamento di san Gregorio
sulla preghiera ininterrotta, cosa che non si può fare in una relazione come la
presente, potremmo segnalare alcuni punti caratteristici del suo insegnamento a
questo proposito.
Innanzitutto, che cosa non è
la preghiera ininterrotta? Gregorio esclude che sia preghiera ininterrotta ciò
che Barlaam crede. Barlaam, dice Gregorio, crede che sia impossibile
l'osservanza dell'ordine sulla preghiera ininterrotta, ,se non accettiamo i
fatti come li interpreta lui.
L'interpretazione che dà Barlaam è che Paolo con l'ordinare la
preghiera ininterrotta non intende l'azione,
con la quale si espleta la preghiera.
Preghiera ininterrotta è per Barlaam la coscienza
che non si può fare niente, se non lo vuole Dio. Chiunque crede a ciò prega
incessantemente.
San Gregorio ribatte questa opinione con un ragionamento per assurdo, con
una semplice ma ben azzeccata osservazione: se è così - dice - il filosofo che
è occupato in continuazione con lo studio, non alzerà mai la testa dai suoi
libri e allo stesso tempo pregherà ininterrottamente.
Questo, naturalmente, è assurdo, perciò, anche colui che prega così,
sarà, come si dice, «in preghiera ininterrottamente e mai».
Che cos'è dunque la preghiera ininterrotta?
Secondo Gregorio che parla di cose divine, la preghiera è un dono
mistico segreto e spirituale di Dio, che resta ininterrottamente nell'anima di
quelli che rivolgono la loro mente a questa e acquistano così la possibilità
di unirsi a Dio. Questo dono attira da solo la mente degna di unirsi a Dio e
scaturisce dalla santa letizia.
Quanti sono diventati partecipi della grazia hanno radicata nell'anima
loro continuamente in attività anche la preghiera, in accordo con il brano del Cantico
dei cantici (5, 20): «io dormo ma il mio cuore veglia».
Allora chiunque voglia questa vera e reale preghiera ininterrotta con
Dio, viva senza attaccarsi a nulla di umano, eccetto che alle cose
indispensabili, e anche in mezzo alle necessità umane non si allontani dal
ricordo di Dio per quanto gli sia possibile, ma si porti in giro il concetto di
Dio stampato sull'anima come un sigillo indelebile, come dice Basilio il Grande.
Dobbiamo esercitarci con opere, con parole e con i pensieri alla preghiera
ininterrotta, finché non otterremo questo dono.
Perché, come dice anche san Nilo, se non hai ricevuto il prezioso dono
della preghiera, dedicati a essa e la riceverai.
Scopo della preghiera ininterrotta non è, secondo san Gregorio, di
convincere Dio o di fargli conoscere qualche cosa che non sa, né di attrarre a
noi Dio, perché Dio è sempre presente dappertutto; scopo della preghiera
ininterrotta è di innalzarci verso
Dio e di unirci a lui. Questo
costituisce lo scopo dell'esistenza
dell'uomo.
Lo scopo cioè della preghiera è lo stesso scopo dell'esistenza
dell'uomo, dunque pregando l'uomo assolve allo scopo per il quale esiste. Per
questo dunque invochiamo ininterrottamente Dio, per trovarci sempre con lui
ininterrottamente.
Un posto significativo nell'insegnamento di san Gregorio Palamas riguardo
la preghiera ininterrotta è occupato dalla collaborazione del corpo che quando
si rivolta contro deve essere sostenuto e quando cammina correttamente dobbiamo
lasciarlo fare. La collaborazione del
corpo è assolutamente necessaria, perché mediante questa si arriva
all'impassibilità. Nella preghiera mentale, quelli che sono giunti allo stadio
dell'impassibilità, non hanno cioè mortificato il desiderio dell'anima di
peccare e non sono liberati dalla passionalità, hanno bisogno del digiuno e
della veglia per accompagnare la preghiera. Perché solo così si mortifica il
desiderio del corpo di peccare, si indeboliscono i pensieri e arriva la
compunzione che elimina le impurità e attrae la misericordia di Dio.
Gregorio spiega altrove con particolari che cosa sia la imperturbabilità.
La imperturbabilità non è la mortificazione della passionalità, cioè
dell'animosità e delle cose che desideri, che costituiscono assieme la parte
passionale dell'anima.
La imperturbabilità è la trasposizione della passione per le cose più
basse alle cose superiori e la sua azione deve essere in accordo con il volere
di Dio, cioè un'avversione per la malvagità e un rivolgersi alle cose buone.
Imperturbabile è colui che ha gettato via le sue cattive abitudini e le
ha sostituite con le buone; colui che ha sottomesso l'animosità e i desideri,
cioè le passioni della parte ragionevole, giudiziosa e riflessiva dell'anima,
tanto quanto i passionali sottomettono la riflessione alla passione. Colui che
ha mortificato la passione non è imperturbabile, perché sarà immobile e
abulico anche di fronte alle esperienze, relazioni e disposizioni divine;
imperturbabile è colui che sottomette la passione e lascia che Dio lo guidi in
modo che la sua mente si convinca e con il
ricordo ininterrotto di Dio tenda verso Dio.
Come Paolo quando «fu rapito verso il terzo cielo» scrive Gregorio, non
sapeva se era dentro il suo corpo o fuori dal corpo, perché aveva dimenticato
tutte le cose relative al corpo, così anche colui che si affretta ad andare
verso Dio con la preghiera, non deve accorgersi di niente che riguardi il corpo;
e non solo si deve disimpegnare dalle attività del corpo, ma anche da quelle
della mente, e tra queste anche dalle più sante e divine ascese, poiché Dio
mette l'uomo più in alto anche di queste con la preghiera e lo unisce a sé.
Quanti sentirono la grazia spirituale di questa preghiera nel loro cuore, sanno
che questa non è una rappresentazione fantasiosa o una cosa che a volte esiste
e a volte no, ma è una energia instancabile che viene provocata dalla grazia,
che esiste insieme con l'anima e ha le sue radici in questa. È una fonte da cui
sgorga la sacra gioia che attira vicino a sé la mente e l'allontana dalle
fantasie materiali. Il piacere del corpo si sposta dal corpo alla mente e la fa
diventare «corporea», mentre il piacere spirituale che va dalla mente al
corpo, lo trasforma e lo rende spirituale, gli fa rigettare i suoi appetiti
materiali senza portare in basso l'anima, ed esso stesso sale verso l'alto con
essa, in modo che l'uomo sia tutto spirito, in accordo con quanto disse Cristo (Giov
3, 6): «colui che è rinato nello spirito sia spirito».
Infine per ottenere risultati
nella preghiera ininterrotta Gregorio insiste che con la preghiera ininterrotta
si ottiene il ricordo di Dio, che potrebbe essere chiamato «abitazione di Dio».
E questo perché la preghiera ininterrotta crea i presupposti perché l'uomo
accetti Dio e perché, chiedendo l'uomo in continuazione Dio, provoca questa
abitabilità, porta cioè Dio a inserirsi dentro di lui. E dice lo stesso Cristo
(Luc, 11, 13): «Dio darà il suo
Santo Spirito a quelli che lo chiedono giorno e notte», a quelli cioè che
pregano ininterrottamente.
La grazia deificante fa in modo che gli occhi dell'anima vedano la
luminosità della natura divina con la quale Dio viene a contatto con i santi.
La grazia deificante però, quella cioè che conduce alla deificazione, la porta
solo la preghiera, la preghiera non come abitudine passiva, ma come azione
cosciente di tutto l'uomo. La mente, come natura immateriale,
con la preghiera ininterrotta immateriale, sale verso la luce più alta
di tutto a quella che è veramente luce, a Dio, e poiché viene contenuta dalla
luce divina, si trasforma e diventa come un angelo. Allora la mente partecipa alla luminosità di Dio della quale è immagine, e irradia da sola lo splendore della bellezza di Dio, la luminosità e l'inaccessibile aurora. Questo intendeva anche Davide quando disse (Salmi, 89, 17): lo splendore del nostro Dio su di noi.
Abbiamo fatto una traversata nei mondi mistici dell'esicasmo che sono i
mondi della preghiera ininterrotta, i mondi della memoria di Dio.
Abbiamo visto come si è sviluppato il cammino nell'adattamento della
preghiera ininterrotta nella pratica fino al santo che ancora oggi veneriamo,
che ha riassunto e ricapitolato quanto i suoi predecessori avevano detto.
Nella sua epoca l'esicasmo regnava in Bisanzio e influenzò una vasta
classe di laici. E fu questa influenza che ci mantenne ortodossi, negli anni
della schiavitù che venne poco dopo, e di conseguenza ci mantenne greci.
La tradizione dei padri neptici fu quella che nutrì le generazioni dei
nostri avi e temprò la volontà nella lotta della rivoluzione nazionale contro
i turchi(1821).
«La fede di Cristo, la santa», mantenuta da questa tradizione, cui ha
portato anche la «libertà della patria».
Questa tradizione non si spense sotto la dominazione turca. Fu sempre
conservata nei monasteri e nelle povere case dei greci pii. Quando nel 1782
venne pubblicato a Venezia da san Nicodemo l'Agiorita la Filokali;a tw'n iJerw'n
nhptikw'n, che contiene la quintessenza dell'insegnamento degli esicasti con
principale primo loro rappresentante san Gregorio Palamas, non cadde su un
terreno incolto. Trovò al contrario nel popolo e nei monasteri quei presupposti
che fecero in modo che la Filocalia
fosse amata e creasse una rinascita.
Questa rinascita provocata dalla Filocalia
si trasferì anche con Paisio Velikofski in Romania e da lì in Russia dove
c'era già un terreno preparato dagli allievi di san Gregorio Sinaita e dove
personalità come quelle di san Serafino di Sarov e di san Giovanni di Kronstant
misero il loro suggello nella vita spirituale di questo immenso paese.
L'eco di questa rinascita dei popoli ortodossi e particolarmente della
nostra patria, con esaltazioni e allontanamenti, continua fino ai nostri giorni.
Ciò che oggi abbiamo di buono nella vita spirituale del nostro paese lo
dobbiamo a quelli che ci hanno insegnato la, preghiera ininterrotta, cioè alla
tradizione dell'esicasmo che san Gregorio Palamas ricapitola e giustifica in
modo dogmatico e che è compresa nella Filocalia.
Anche i popoli ortodossi dei paesi del nord attingono la loro forza dalla
tradizione e dalla Filocalia per contrastare le situazioni avverse e questa
forza li conserva nella carestia spirituale di quest'epoca.
Non esiste cosa più necessaria per l'uomo del ricordo di Dio. E non
esiste cosa più alta, non esiste cosa più profonda, non esiste per l'uomo cosa
più magnifica della preghiera. E non esiste cosa più semplice, più efficace
della preghiera menale, del cuore e di quella fatta di una sola parola. Questa
che viene detta umilmente con il rosario e comprende la frase più semplice, ma
piena di significato: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me».
Questa è la preghiera per i principianti, questa è anche la preghiera per gli
esperti. Essa costituisce il balbettio degli ignoranti, esprime lo stupefatto
gemito dell'imperturbabile. Essa porta la pietà al peccatore e rivela la luce
increata al santo.
Di essa hanno bisogno i monaci che combattono la dura battaglia corpo a
corpo contro il nemico, di essa hanno bisogno anche i laici che vengono
raggirati nella confusione della varietà dei sistemi e delle ideologie che
agitano la nostra società e che trascinano nel loro passaggio da incubo la
canuta vecchiaia e la gioventù ingenua.
Essa ci è stata insegnata dagli esicasti e ci è stata tramandata da san
Gregorio Palamas. Questo dunque è il messaggio che san Gregorio manda
attraverso i secoli alla nostra epoca confusa.
Da
Simposio Cristiano
Edizione
dell'Istituto di Studi Teologici Ortodossi
San
Gregorio Palamas
Milano
1989, pp. 13-2
Trad. a cura di Archimandrita Timòtheos Moschòpulos e Laura Giamporcaro
Da: http://www.webitaly.com/hellenismos/galitis.htm
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