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ISTRUZIONI PRELIMINARI sulla PRATICA MEDITATIVA di CALMA e DISCERNIMENTO (Shikan = Samatha-vipasyana = Calmness and Discernment)
I) indossato un abito comodo, entriamo rispettosamente nella Sala di meditazione; II) sediamo in silenzio aspettando l'inizio formale della seduta di meditazione; la pratica in gruppo rinforza la nostra motivazione e concentra la nostra energia: anche meditando da soli, ci sarà di grande aiuto il "sintonizzarci" con gli innumerevoli praticanti che, in varie parti del mondo, stanno meditando in quello stesso momento: anche noi contribuiremo così a sostenere questa grande comunità virtuale; III) pratichiamo la meditazione da seduti (zazen = sitting meditation) in più periodi della durata di 15-25 min ciascuno, intervallati da 5 min di meditazione camminando (kinhin = walking meditation) o da esercizi di flessione-estensione; IV) assumiamo una postura stabile e cerchiamo di conservarla durante tutta la seduta, ricordando che una postura corretta assicura una buona respirazione e la stabilità della mente:
V) durante la meditazione concentriamo tutta la nostra attenzione sul respiro, non per modificarlo, ma per osservarlo così com'è; inizialmente può essere utile, per aumentare la concentrazione, contare "uno" per l'inspirazione e "due" per l'espirazione, fino a "dieci", per poi ricominciare da "uno"; VI) usciamo con calma e rispettosamente dalla Sala di meditazione, cercando di conservare l'atteggiamento meditativo in tutte le "condizioni" (camminando, giacendo, lavorando, etc.) e "aspetti" dell'esperienza (vedendo, ascoltando, etc.), poiché è possibile meditare in ogni e su ogni circostanza: realizziamo in tal modo una "pratica incessante"; VII) non trascuriamo la pratica delle precondizioni; VIII) non trascuriamo la pratica della revisione; IX) praticando con una postura corretta, con una respirazione calma e profonda e con una mente uni-versa, sentiremo sempre più intensamente l'unificazione della mente, l'unificazione della mente col corpo, l'unificazione con la totalità del reale; la pratica meditativa ci aiuta a costruire la "mente della Via di mezzo" e a superare illusioni e dualismi; la presenza del samgha nella meditazione di gruppo ci aiuta a produrre una mente che trascende l'individuo; la mente transpersonale diviene la sede della consapevolezza universale e realizza la nostra identità col Buddha (o Grande forza della vita cosmica, per cui viviamo e in cui viviamo); X) gli insegnamenti del buddhismo, in particolare quelli della tradizione mahayana, ci ricordano che gli altri sono parte di noi e noi parte degli altri; pertanto
XI) benché parliamo di inizio e fine in termini di pratica meditativa, non c'è nessun dualismo e nessuna differenza tra essi: questa è la "pratica perfetta e immediata di calma e discernimento" (En-Don Shi-Kan - vedi sotto); XII) queste tecniche meditative sono quelle insegnate dal Buddha e dalla tradizione vivente del buddhismo: conserviamo un atteggiamento riconoscente verso chi ha aperto all'umanità il sentiero della liberazione e della pace interiore; congiungere le mani, inchinarsi o prostrarsi sono mezzi consacrati dalla tradizione per esprimere riconoscenza, superamento di ogni dualismo, abbandono di attaccamenti e avversioni.
En-don Shi-Kan [Perfetta e immediata meditazione di calma-e-discernimento] [1]
Il metodo perfetto e immediato [2] della pratica di calma-e-discernimento prende, fin dall'inizio, come oggetto la Realtà ultima [3]. Qualunque sia l'oggetto del discernimento [4], esso è visto come identico al Mezzo [5]. Non c'è nulla che non sia la Realtà ultima. Fissando la mente [6] sulla Realtà universale [7] e unificando la propria consapevolezza [8] colla Realtà universale [realizza che] non c'è un solo colore o odore che non sia la Via di mezzo [9]. Mente, Buddha, esseri senzienti sono, parimenti, [la Via di mezzo]. Poiché [10] tutti gli aggregati [11] e le forme di sensibilità sono la realtà così come è, non c'è alcuna sofferenza da cui liberarsi. Poiché la nescienza e le afflizioni sono identiche al corpo illuminato, non c'è alcuna origine della sofferenza da sradicare. Poiché i due punti di vista estremi sono il Mezzo e le visioni erronee sono la Verità [12], non c'è alcun percorso da praticare. Poiché il samsara è identico al nirvana, non c'è alcuna estinzione [della sofferenza] da realizzare. Non essendoci né sofferenza né origine della sofferenza, nulla vi è di mondano [13]; non essendoci né sentiero né estinzione, nulla vi è di sopramondano [14]. C'è una sola, pura Realtà; non c'è nessuna entità al di fuori di essa. La tranquillità della natura ultima di tutte le entità è detta "calma"; il suo perenne splendore è detto "discernimento" [15]. Benché noi parliamo di inizio e fine in termini di pratiche meditative, non c'è nessuna dualità, nessuna distinzione tra essi. Questo è ciò che è chiamato [il metodo] "perfetto e immediato [di pratica] di calma-e-discernimento" [16]. A questo scopo, dobbiamo realizzare la natura [del rapporto tra il microcosmo] del nostro corpo e [il macrocosmo] dell'ambiente: tremila mondi sono in un momento della vita [17]. Compiendo il cammino si diviene consapevoli dell'essenza della realtà. Il nostro corpo-mente individuale permea la Realtà universale [18]. [1] Calma-e-discernimento ossia shi-kan. Pratica di meditazione che mira a relizzare direttamente la Realtà ultima. ^^ [2] Il metodo specificamente T'ien-t'ai. ^^ [3] La Realtà ultima è l'oggetto di focalizzazione per calma e discernimento; la nostra mente è quindi messa in relazione con la Realtà ultima. ^^ [4] Qualunque fenomeno, in genere, e quindi anche gli oggetti di meditazione proposti da Chih-i. ^^ [5] Mezzo come Medietà o Via di mezzo, la quale non indica più soltanto una modalità della condotta umana, ma la natura della Realtà ultima. Come scrive Daisetz T. Suzuki, contrapporre l'Assoluto al relativo significa «abbassare l'Assoluto al livello del mondo degli opposti», mentre «l'Assoluto è nel mondo degli opposti e non separato da esso»; in altre parole, questa è la concezione dell'Assoluto come Via di mezzo. ^^ [6] Non è un passo di facile interpretazione. "Fissare" indica la calma concentrazione presente nel discernimento della mente consapevole; la calma che si applica alla consapevolezza unificata; la mente che nell'unificazione si illumina. Masao Ichishima (professore alla Taisho; Daigaku; [Università della "Natura essenziale delle cose"] di Tokyo) traduce (comunicazione pers.): «Calma la tua mente finché non si unisce col Dharmadhatu, discerni la realtà finché la tua mente non si identifica col Dharmadhatu». Ossia, potremmo intendere che scegliendo la Realtà universale come oggetto di meditazione (come vuole il metodo), nell'unità di calma-e-discernimento, occorre calmare la mente fintantoché non sia unificata col Dharmadhatu e discernere la realtà (soprattutto la realtà della mente) fintantoché la mente stessa non si scopre identica alla Realtà universale. A questo punto tutto è visto come Via di mezzo. ^^ [7] Realtà universale o Dharmadhatu. ^^ [8] "Consapevolezza" indica il discernimento presente nella calma (della mente tranquilla). ^^ [9] La natura-di-Buddha è, in altre parole, presente in ogni oggetto o fenomeno. ^^ [10] I quattro "poiché..." si riferiscono alle Quattro nobili verità del buddhismo che qui vengono "negate" nella loro interpretazione sostanzialistica. ^^ [11] I cinque (tradizionali) componenti della vita: forma, sensazione [o percezione], percezione [o concettualizzazione], formazione [o volizione], coscienza. ^^ [12] I punti di vista estremi, come, ad es., nichilismo ed eternalismo, sono unificati nella Via di mezzo e le visioni erronee composte nella Verità ultima. ^^ [13] Non c'è alcuna realtà mondana da trascendere. ^^ [14] Non c'è alcuna realtà trascendente da raggiungere. ^^ [15] Calma o s´ amatha; discernimento o vipas´ yana. Nell'unità di mente individuale e Realtà universale, ciò che viene detto dell'una vale anche per l'altra, benché - ovviamente - a livello ontologico calma significhi vacuità, eguaglianza, indifferenziazione... e discernimento dinamicità, splendore della pienezza autorivelantesi, misericordia... ^^ [16] Fin qui il testo di Kuan-ting (II patriarca della scuola T'ien-t'ai, 561-632, compilatore del testo detto da Chih-i); il successivo paragrafo è di Chan-jan (VI patriarca, 711-82). ^^ [17]L'espressione suona i nien san ch'ien, in cin., e ichinen sanzen, in giapp. ^^ [18] È una estrema espressione della "dignità" del soggetto individuale, di cui si dice che non solo non è disgiunto dalla Realtà universale, ma che la permea e pertanto la modifica. ^^
Da: http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/CulturaBuddhista/5pratica/istr.html
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