"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
In questo racconto notiamo la diversa
disposizione d’animo che si deve acquistare di fronte ad ogni circostanza. Così
come siamo tendiamo ad essere succubi di ogni situazione, al contrario con una
preparazione interiore susseguente ad un giusto lavoro su se stessi, ecco che da
succubi diveniamo Signori di noi stessi e siamo pronti ad affrontare tutte le
avversità e non.
PINCHES TIRANOS
Don Juan non mi tornò a parlare del
controllo della consapevolezza fino a qualche mese dopo. Ci trovavamo allora
nella casa dove risiedeva tutto il gruppo dei veggenti.
"Andiamo a fare quattro passi" mi disse brusco Don Juan, mettendomi una mano
sulla spalla. "O meglio ancora, andiamo dove c'è tanta gente, nella piazza del
paese, e sediamoci a chiacchierare."
Fui molto sorpreso che mi parlasse; ero arrivato alla casa da vari giorni e lui
non aveva mai neanche risposto ai miei saluti.
Mentre Don Juan e io stavamo uscendo di casa, la Gorda ci intercettò e pretese
che la portassimo con noi. Sembrava decisa a seguirci. Con voce molto ferma Don
Juan le disse che doveva discutere con me di certe cose in privato.
"Parlerete di me" disse la Gorda; il tono e i gesti tradivano diffidenza e
collera.
"Ebbene, si" rispose seccamente Don Juan.. Passò dinanzi a lei senza girarsi a
guardarla.
Lo seguii e camminammo in silenzio fino alla piazza del paese. Quando ci fummo
seduti gli chiesi di che diavolo potessimo discutere a proposito della Gorda. Mi
pesava ancora lo sguardo minaccioso che mi aveva rivolto quando eravamo usciti
di casa.
"Non abbiamo da discutere nulla sulla Gorda o su nessun'altra persona" rispose.
"Lo dissi. solo per punzecchiare la sua enorme importanza personale. E ha
funzionato. Ce l'ha a morte con noi. lo la conosco bene, starà parlando tra sé e
sé e si sarà detta quanto le basta per darsi fiducia e sentirsi indignata per
essere stata rifiutata e trattata da stupida. Non mi sorprenderebbe se venisse a
sedersi accanto a noi, su questa panchina."
"Se non parleremo della Corda, di che parleremo?" gli chiesi
"Continueremo il discorso che cominciammo a 0axaca" rispose. "Capire questa
spiegazione richiederà il tuo massimo sforzo. Devi essere disposto a cambiare di
continuo livello di consapevolezza, e mentre saremo presi dalla nostra
conversazione, esigerò la tua totale concentrazione e pazienza." .
A mo' di lamentela gli dissi che mi aveva fatto sentire molto a disagio
rifiutandosi di rivolgermi la parola dopo il mio arrivo a casa sua.. Mi guardò e
inarcò le sopracciglia. Un sorriso apparve e scomparve sulle sue labbra,
fugacemente. Mi resi conto che mi stava facendo capire come anch'io fossi
confuso quanto la Gorda.
"Stavo punzecchiando la tua importanza personale" disse col volto aggrottato.
"L'importanza personale è il nostro peggior nemico. Pensaci, quello che ci
indebolisce è sentirci offesi dai fatti e misfatti dei nostri simili. La nostra
importanza personale chiede che noi si passi la maggior parte della nostra vita
offesi da qualcuno.
"I nuovi vedenti raccomandavano che si facesse ogni possibile. sforzo per
sradicare l'importanza personale dalla vita dei guerrieri. lo ho seguito quella
raccomandazione alla lettera e ho cercato di dimostrarti con tutti i mezzi
possibili che senza importanza personale noi siamo invulnerabili."
All'improvviso, mentre lo ascoltavo, gli brillarono di più gli occhi. La prima
idea che mi venne in mente fu che sembrava sul punto di scoppiare a ridere e che
non c'era motivo per farlo, quando uno schiaffo repentino e doloroso sulla
guancia destra mi fece sobbalzare.
Mi alzai inpiedi. La Gorda era ritta alle mie spalle, con la mano ancora per
aria. Aveva il viso arrossato dall'ira.
"Ora puoi dire quello che vuoi di me e a maggior ragione" urlò. "Però, se hai
qualcosa da dire, dimmelo in faccia, figlio di puttana."
La sua uscita sembrò.averla svuotata; si sedette per terra e cominciò a
piangere. Don Juan era bloccato da un giubilo inesprimibile. lo ero teso dalla
furia. La Gorda mi fulminò con lo sguardo e poi si girò verso Don Juan e
sommessamente gli disse che non avevamo alcun diritto di criticarla.
Don Juan rise con tanta foga da piegarsi quasi in due, fino a terra. Non
riusciva neanche a parlare. Due o tre volte cercò di dirmi qualcosa, ma alla
fine si alzò e se ne andò, con il corpo ancora scosso da un convulso di risa.
Fui sul punto di corrergli dietro, ancora furibondo contro la Gorda che in quel
momento mi pareva spregevole, quando mi accadde qualcosa di straordinario. Mi
resi conto all'improvviso di cosa avesse fatto tanto ridere Don Juan. La Gorda e
io eravamo tremendamente somiglianti. La nostra importanza personale era enorme.
La mia sorpresa e la mia furia per essere stato schiaffeggiato erano del tutto
eguali all'ira, e alla sfiducia della Gorda. Don Juan aveva ragione. Il peso
dell'amor proprio è in verità un impaccio terribile.
Gli corsi dietro, tutto eccitato, con le lacrime che mi sgorgavano dagli occhi.
Lo raggiunsi e gli dissi che lo avevo compreso. Ebbe un brillio di malizia e
gioia nello sguardo.
"Che posso fare per la Gorda?" chiesi.
"Nulla" rispose. "Aprire gli occhi su qualcosa è sempre una faccenda molto
personale."
Cambiò argomento e disse che i presagi dicevano di continuare la nostra
discussione in casa,, o in un'ampia sala con comode seggiole oppure nel patio
posteriore che aveva tutt'intorno un passaggio coperto. Disse che ogniqualvolta
avesse tenuto le proprie spiegazioni all'interno della casa, quelle due zone
sarebbero state vietate a tutti gli altri.
Ritornammo alla casa. Don Juan raccontò a tutti quello che aveva fatto la Gorda.
Il diletto dei veggenti e le beffe che le fecero al riguardo, aumentarono
l'imbarazzo della Gorda.
"L'importanza personale non si può combattere con le belle maniere" commentò Don
Juan quando gli manifestai la mia preoccupazione per lo stato d'animo della
Gorda.
Poi chiese a tutti di uscire dalla stanza. Ci sedemmo e Don Juan cominciò la sua
spiegazione.
Mi disse che i veggenti, antichi o nuovi, si dividono in due categorie. La prima
è formata da quelli disposti a controllare se stessi. Questi veggenti sono
capaci di canalizzare le proprie attività verso obiettivi pragmatici di cui
beneficeranno altri veggenti e l'uomo in generale. L'altra categoria è composta
da quelli a cui non importa né il controllo di sé, né alcun obiettivo
pragmatico. Si pensa unanimemente fra i veggenti che questi ultimi non abbiano
saputo risolvere il problema dell'importanza personale.
"L'importanza personale non è qualcosa di semplice e ingenuo" spiegò. "Da un
lato, è il nucleo di tutto ciò che in noi ha valore, dall'altro il nucleo di
tutto il nostro marciume. Disfarsi dell'importanza personale richiede un
capolavoro di strategia. I veggenti di tutte le epoche hanno espresso i più alti
apprezzamenti per coloro che ci sono riusciti."
Mi rammaricai di non capire affatto l'idea di sradicare l'importanza personale,
nonostante a volte mi attraesse molto; gli dissi che le sue direttive e i suoi
suggerimenti per disfarsene erano talmente vaghi che non c'era modo di seguirli.
"Sono stanco di ripeterti," disse "che, per poter seguire la via della
conoscenza, occorre avere molta immaginazione. Come tu stesso stai constatando,
sulla via della conoscenza tutto è oscuro. La chiarezza costa infiniti sforzi,
infinita immaginazione. "
La mia inquietudine mi fece arguire che i suoi ammonimenti sull'importanza
personale mi ricordavano il catechismo. E se qualcosa mi era odioso, era il
ricordo delle prediche sul peccato. Le trovavo sinistre.
"I guerrieri combattono l'importanza personale come una questione di strategia,
non come una questione di fede" replicò. "Il tuo errore sta nell'interpretare
quello che dico in termini morali. "
"Io la considero uomo di grande moralità" insistei.
"Quello che tu intendi per moralità è semplicemente la mia impeccabilità" disse.
"L'impeccabilità, come la liberazione dall'importanza personale,sono concetti
troppo vaghi per essermi utili" commentai.
Don Juan soffocò dalle risa e io lo sfidai a spiegarmi l'impeccabilità.
"L'impeccabilità non è altro che l'uso adeguato dell'energia" disse. "Tutto
quello che io ti dico non ha la benché minima traccia di moralità.. Ho
risparmiato energia e questo mi rende impeccabile. Per poter capire ciò, tu devi
aver risparmiato sufficiente energia o non lo,capirai mai."
Restammo a lungo in silenzio. Volevo pensare a quanto aveva detto. D'improvviso
cominciò a parlare di nuovo.
"I guerrieri fanno inventari strategici" disse. "Elencano le loro attività, i
loro interessi. Dopo decidono quali si possono cambiare per ottenere così una
pausa nel consumo di energia. "
Io dissi che una lista siffatta avrebbe dovuto includere tutto l'immaginabile.
Con molta pazienza mi rispose che l'inventario strategico di cui parlava
riguardava modelli di comportamento che non erano essenziali alla nostra
sopravvivenza e al nostro benessere.
Approfittai dell'opportunità per segnalargli che la sopravvivenza e il benessere
erano categorie che potevano interpretarsi in infiniti modi. Gli dichiarai che
non era possibile mettersi d'accordo su quel che fosse o no essenziale al
benessere e alla sopravvivenza.
Mentre continuavo a parlare, cominciai a
perdere il mio impulso iniziale. Infine mi fermai perché mi resi conto
dell'inutilità dei miei argomenti. Mi resi conto che Don Juan aveva ragione
quando diceva che io avevo il pallino di fare il difficile.
Don Juan allora disse che negli inventari strategici dei guerrieri, l'importanza
personale figura come l'attività che consuma la maggior quantità di energia e
per questo si sforzavano di vincerla.
"Una delle prime preoccupazioni del guerriero è liberare quell'energia per
affrontare con essa l'ignoto" proseguì Don Juan. "L'azione di ricanalizzare
quell'energia è l'impeccabilità. "
Disse che la strategia più efficace fu sviluppata dai veggenti della Conquista,
indiscutibili maestri dell'agguato, che consiste di sei elementi che hanno
influenza reciproca..Cinque sono detti attributi del guerriero: controllo,
disciplina equilibrio, témpismo e intento. Questi cinque elementi appartengono
al mondo privato del guerriero che lotta per perdere l'importanza personale. Il
sesto elemento, forse il più, importante di ogni altro appartiene al mondo
esterno e, si chiama il pinche tiranno, cioè piccolo, meschino, da poco.
Mi guardò come se, senza parlare, mi chiedesse se avevo capito o no.
"Sono davvero confuso" dissi. "L'altro giorno mi disse che la Gorda è la piccola
tiranna della mia vita. Cos'è esattamente un pinche tirano?"
"Un pinche tirano è un torturatore," rispose "qualcuno che ha potere di vita e
di morte sui guerrieri, o che semplicemente gli rende la vita impossibile."
Don Juan sorrise maliziosamente e disse che i suoi veggenti avevano sviluppato
una loro propria classificazione dei pinches tiranni. Nonostante il concetto
fosse una delle loro scoperte più serie e importanti, i nuovi, veggenti lo
prendevano molto alla leggera. Mi assicurò che c'era un tocco di malizioso
humour in quelle loro classificazioni, perché il senso dell'umorismo è l'unico
modo di far fronte all'umana costrizione di noiosi inventari e classificazioni.
In conformità con le loro pratiche umoristiche, i nuovi veggenti reputarono
corretto iniziare la classificazione con la fonte primaria di energia, l'unico e
supremo monarca dell'universo e lo chiamarono semplicemente il tiranno.
Naturalmente trovarono che gli altri despoti e dittatori restavano molto al di
sotto della categoria del tiranno.Paragonati alla fonte di tutto, gli uomini più
temibili sono dei buffoni; di conseguenza i nuovi veggenti li classificarono
come meschini, piccoli, da poco: pinches tiranos, appunto.
La seconda categoria consiste in qualcosa meno del meschino tiranno, qualcosa
che loro chiamarono pinches tiranitos, tirannucci meschini, persone che
perseguitano e fanno danni ma senza di fatto provocare la morte di nessuno. La
terza categoria la chiamarono dei repinches tiranitos, tirannucci , i
meschinetti, oppure dei pinches tiranitos chiquititos, i meschini tirannucci da
niente, e vi inclusero le persone che sono solo esasperanti e moleste a più non
posso.
Le classificazioni mi sembrarono ridicole. Ero sicuro che Don Juan si stesse
inventando i termini spagnoli. Gli chiesi se fosse così.
"Assolutamente no" rispose con espressione divertita. "I nuovi veggenti erano
favolosi a fare classificazioni. Senza dubbio Genaro è tra i migliori; se lo
osservi con attenzione, ti renderai conto con esattezza di quel che sentono i
nuovi veggenti per le loro classificazioni. "
Quando gli chiesi se mi stesse prendendo in giro, scoppiò in una risata
fragorosa.
"Non lo farei mai" disse sorridendo. "Forse lo farebbe Genaro, ma io no,
soprattutto quando so quel che rappresentano per te le classificazioni. E solo
che i nuovi veggenti erano tremendamente irriguardosi."
Aggiunse che la categoria dei meschini tirannucci era stata ulteriormente divisa
in quattro parti., Una era composta da quelli che tormentavano con brutalità e
violenza. Un'altra da quelli che lo fanno creando un'insopportabile apprensione.
Un'altra ancora da quelli che opprimono con la tristezza. L'ultima da quelli che
tormentano facendo infuriare.
"La Gorda è in una categoria speciale. Ti rende la vita impossibile, per il
momento. Ti dà perfino degli schiaffi. Con tutto questo ti sta insegnando a
essere imparziale, a essere indifferente. "
"Ma com'è possibile?" protestai.
"Tuttavia non hai ancora messo insieme gli ingredienti della strategia dei nuovi
veggenti" disse. "Una volta che l'avrai fatto, saprai quanto sia efficace e
ingegnoso lo stratagemma di usare un meschino tiranno che non solo elimina
l'importanza personale, ma prepara anche i guerrieri a capire che
l'impeccabilità è l'unica che conti sulla via della conoscenza. "
Disse che la strategia dei nuovi veggenti era una manovra mortale nella quale il
meschino tiranno è una vetta montagnosa e gli attributi dell'esser guerriero
sono come dei rampicanti che si abbarbicano fino in cima.
"In genere si usano solo i primi quattro attributi" proseguì. Il quinto,
l'intento, si riserva sempre per l'ultimo confronto, per cosi dire, per quando i
guerrieri affrontano il plotone di esecuzione"
"A che si deve questo?" "Al fatto che l'intento appartiene a un'altra sfera,
alla sfera dell'ignoto. Gli altri quattro appartengono al conosciuto,
esattamente dove sono i meschini tiranni. Infatti, quel che trasforma gli esseri
umani in meschini tiranni è proprio l'ossessiva manipolazione di quanto si
conosce."
Don Juan mi spiegò che solo i veggenti che sono guerrieri impeccabili e che
hanno il controllo dell'intento ottengono il collegamento di tutti e cinque gli
attributi. Un'azione di questa naturaè una manovra suprema che non può
realizzarsi al livello umano di tutti i giorni.
"Per trattare con i tiranni meschini peggiori sono necessari solo quattro
attributi" continuò. "E chiaro, sempre e qualora si sia incontrato un meschino
tiranno. Come ho detto, il meschino tiranno è l'elemento esterno, quello che non
possiamo controllare, é l'eleménto forse più importante dì tutti. Il mio
benefattore diceva sempre che il guerriero che incontra un meschino tiranno è un
guerriero fortunato.
La sua filosofia era che, se non hai la fortuna di trovarlo. Tu devi andare a
cercarlo."
- Mi spiegò che uno dei più grandi successi conseguiti dai veggenti dell'epoca
coloniale fu uno schema che lui chiamava la progressione trifase. I veggenti,
comprendendo la natura dell'uomo, erano giunti alla conclusione che se uno può
vedersela con i meschini tiranni,è certamente in grado di far fronte all'ignoto
senza pericolo e allora addirittura può sopravvivere in presenza di ciò che non
si può conoscere.
"La reazione dell'uomo comune è pensare che si dovrebbe invertire tale ordine"
prosegui. "E naturale credere che un veggente, se può far fronte all'ignoto, può
senza dubbio tener testa a qualunque meschino tiranno. Però non è così. Ciò che
distrusse i superbi veggenti del passato fu questo assunto. Lo sappiamo solo
ora. Sappiamo che nulla può temprare lo spirito di un guerriero come trattare
con persone impossibili in posizioni di potere. Solo in queste condizioni i
guerrieri possono acquisire la sobrietà e la serenità necessaria per
fronteggiare l'inconoscibile."
Espressi rumorosamente il mio disaccordo. Gli dissi che, secondo me, i tiranni
trasformavano le proprie vittime in esseri indifesi o tanto brutali quanto gli
stessi tiranni. Gli feci notare che erano stati effettuati innumerevoli studi
sugli effetti della tortura fisica e psicologica su questo tipo di vittime.
"La differenza sta in qualcosa che hai appena finito di dire" ribatté. "Tu parli
di vittime, non di guerrieri. Anch'io la pensavo come te. Ti racconterò quel che
mi fece cambiare, però prima torniamo ancora a quello che ti stavo dicendo dei
tempi della colonizzazione. I veggenti di quell'epoca ebbero la migliore
opportunità. Gli spagnoli furono tali pinches tiranos da porre a dura prova le
più recondite abilità dei veggenti; dopo aver avuto a che fare con i
conquistatori, i veggenti erano pronti ad affrontare tutto. Loro furono davvero
fortunati. A quel tempo c'erano meschini tiranni ovunque: erano prezzemolo in
ogni minestra.
"Dopo quei meravigliosi anni di abbondanza, le cose cambiarono molto. I meschini
tiranni non tornarono più ad avere tanta potenza; solo in quell'epoca la loro
sovranità fu illimitata. L'ingrediente perfetto per produrre un perfetto
veggente è un pinche tirano dalla sovranità illimitata.
"Disgraziatamente ai nostri giorni i veggenti devono giungere agli estremi per
incontrare un tiranno che meriti. Per lo più devono accontentarsi di roba da
poco."
"E lei, Don Juan, ha trovato un pinche tirano?"
"Ho avuto fortuna. Un vero e proprio orco trovò me. Al momento, però, come te,
non mi riusciva di considerarmi fortunato, anche se il mio benefattore mi diceva
il contrario."
Don Juan disse che la sua penosa esperienza cominciò qualche settimana prima di
conoscere il suo benefattore. A quel tempo aveva solo vent'anni. Lo avevano
ingaggiato alla giornata in uno zuccherificio. Era sempre stato molto forte e
per questo gli era stato facile ottenere lavori che richiedevano muscoli. Un
giorno, mentre stava spostando alcuni pesanti sacchi di zucchero, arrivò una
signora. Era molto ben vestita, e sembrava aver mezzi e autorità.. Don Juan
disse che sembrava sulla cinquantina e se ne stette a guardarlo, poi parlò con
il caposquadra e se ne andò. Il caposquadra chiamò Don Juan e gli disse che, se
lo avesse pagato, lui l'avrebbe raccomandato per un lavoro in casa del padrone.
Don Juan gli rispose di non avere un centesimo. Il caposquadra sorrise e gli
disse di non preoccuparsi, che il giorno di paga ne avrebbe avuto abbastanza.
Gli diede una pacca sulla spalla e gli ripeté che era un grande onore lavorare
per il padrone.
Don Juan disse che, poiché era un povero indio ignorante che viveva alla
giornata, non solo credette a ogni parola, ma giunse a pensare, che una fata
buona gli avesse fatto un regalo.
Promise di pagare al caposquadra tutto quel che lui chiedeva. Il caposquadra
menzionò una somma considerevole, da pagarsi a rate.
Subito dopo il caposquadra stesso lo portò alla casa del padrone, che era
parecchio lontana dalla città, e qui lo lasciò con un altro caposquadra, un
omone cupo dall'aspetto tremendo che lo sottopose a un fuoco di fila di domande.
Voleva informazioni sulla famiglia di Don Juan. Don Juan gli disse che non aveva
nessuno.. Questa notizia gli giunse così gradita che sorrise perfino, mostrando
denti cariati.
Promise a Don Juan che sarebbe stato pagato bene e avrebbe anche potuto mettere
denaro da parte perché non avrebbe dovuto spendere niente, visto che avrebbe
mangiato e dormito nella casa.
Il modo con cui l'uomo rideva era
terrificante tanto che Don Juan decise di scappar via di corsa. Arrivò fino alla
porta ma l'uomo gli tagliò la strada con un revolver in mano. Alzò il cane e lo
conficcò nello stomaco di Don Juan.
"Sei qui per lavorare come un mulo" disse. "Non te lo dimenticare. "
Lo spintonò con gran forza e lo picchiò con un randello. Lo portò su un lato
della casa e, dopo avergli fatto osservare che lui faceva lavorare i suoi uomini
dall'alba al tramonto senza intervallo, mise Don Juan a tirar fuori dal terreno
due enormi ciocchi recisi. Disse anche a Don Juan che se avesse tentato ancora
di scappare o fosse andato dalle autorità, lui gli avrebbe sparato.
"Lavorerai qui fino alla morte" gli disse. "E, dopo, un altro indio prenderà il
tuo posto, così come tu ora stai prendendo il posto di un indio morto."
Don Juan disse che la casa sembrava una fortezza inespugnabile, con uomini
armati di machete dovunque. Così che fece l'unica cosa sensata che potesse fare:
si mise a lavorare cercando di non pensare alle sue sventure. Al finire della
giornata l'uomo tornò e poiché non gli piacque lo sguardo di sfida negli occhi
di Don Juan, lo spinse a calci fino in cucina. Minacciò di tagliargli i tendini
delle braccia se non gli ubbidiva. In cucina una vecchia gli servi il pasto, ma
Don Juan era così turbato che non riusciva a mangiare. La vecchia gli consigliò
di mangiare più che poteva. Doveva essere forte, disse lei, perché il suo lavoro
non sarebbe finito mai. L'avvisò che l'uomo che occupava quel posto era morto
proprio il giorno prima. Era troppo debole per lavorare ed era caduto da una
finestra del secondo piano.
Don Juan disse di aver lavorato in casa del padrone per tresettimane,
maltrattato in ogni momento da quell'omone. Il caposquadra lo faceva lavorare
nelle condizioni più pericolose, assegnandoli i compiti più gravosi
immaginabili, sotto costante minaccia di coltello, pistola o bastone. Ogni
giorno lo mandava alle scuderie a pulire i box occupati da nervosi stalloni. Al
sorgere di ogni nuovo giorno, Don Juan aveva la ferma convinzione che non
sarebbe riuscito ad arrivare a sera. E questo avrebbe solo voluto dire
affrontare lo stesso inferno il giorno seguente.
Quel che fece precipitare gli eventi fu la richiesta di Don Juan di avere un
giorno di ferie. Chiese qualche ora per andare in paese a pagare il suo debito
al caposquadra dello zuccherificio. Era, un pretesto. Il caposquadra se ne rese
conto e rispose che Don Juan non poteva smettere di lavorare neanche per un
minuto perché era indebitato fino alle orecchie per il solo privilegio di
lavorare li.
Don Juan ebbe la certezza di non aver più speranze. C api le manovre dei due
capisquadra: erano d'accordo per procurarsi poveri indios dallo zuccherificio,
sfruttarli facendoli morire di lavoro e dividersene il salario. A quella
scoperta Don Juan esplose. Cominciò a dar grida isteriche e, urlando, attraversò
la cucina ed entrò nell'edificio principale. Prese tanto di sorpresa il
caposquadra e gli altri operai che correndo riuscì a uscire dalla porta
padronale. Quasi ce la fece a scappare, ma il caposquadra lo, inseguì e in mezzo
alla strada gli sparò al petto, dandolo per morto.
Don Juan disse che non era suo destino morire; il suo benefattore lo trovò
proprio li e lo curò finché non fu guarito.
"Quando raccontai tutta la storia al mio benefattore, " proseguì Don Juan "egli
riuscì a malapena a trattenere la sua emozione. "Quel caposquadra è un vero
tesoro" disse il mio benefattore. È qualcosa di tanto raro che sarebbe un
peccato sprecarlo. Un giorno devi tornare in quella casa. "
"Continuò a farneticare su quanto ero stato fortunato a trovare un pinche tirano
unico nel suo genere, con un potere quasi illimitato. Pensai che fosse fuori di
testa. Mi ci vollero anni per capire completamente ciò che mi aveva detto in
quella circostanza."
È una delle storie più tremende che abbia sentito in vita mia" dissi. "Edè
davvero tornato ancora in quella casa?"
"Certo che ci sono tornato, tre anni dopo. Il mio benefattore aveva ragione. Un
meschino tiranno come quello era unico nel suo genere e non andava sprecato."
"Come riuscì a tornare?"
"Il mio benefattore escogitò un piano strategico usando i suoi quattro attributi
di guerriero: controllo, disciplina, pazienza e abilità di cogliere il momento
opportuno."
Don Juan disse che il suo benefattore, oltre a spiegargli quello che doveva fare
in casa del padrone per tener testa a quell'orco di un uomo, gli rivelò anche
che i nuovi veggenti credevano ci fossero quattro gradi sul cammino della
conoscenza. il primo è il passo che fanno i comuni esseri umani quando decidono
di diventare apprendisti. Nel momento in cui gli apprendisti cambiano le proprie
idee su se stessi e sul mondo, fanno il secondo passo e si tramutano in
guerrieri, cioè in esseri capaci della massima disciplina e controllo su se
stessi. Il terzo passo lo compiono i guerrieri dopo aver acquisito pazienza e
abilità di cogliere il momento opportuno, diventando uomini di conoscenza.
Quando gli uomini di conoscenza imparano a vedere, hanno fatto il quarto passo e
sono divenuti veggenti.
Il suo benefattore enfatizzò il fatto che
don Juan aveva percorso il cammino della conoscenza abbastanza a lungo per aver
appreso un minimo dei primi due attributi: controllo e disciplina.
"A quel tempo gli altri due attributi mi erano vietati" proseguì don Juan. "La
pazienza e l'abilità di cogliere il momento opportuno rientrano nell'ambito
dell'uomo di conoscenza. Il mio benefattore mi fece usare la sua strategia per
concedermene l'accesso."
"Questo significa che da solo non avrebbe potuto tener testa al meschino
tiranno?" chiesi.
"Sono sicuro che ce l'avrei fatta anche da so lo, benché ho il forte dubbio che
non ci sarei riuscito con stile ed eleganza.Il mio benefattore si divertì molto
a dirigere la mia impresa. L'idea di usare un pinche tirano non serviva solo a
perfezionare lo spirito del guerriero, ma anche per la sua gioia e il suo
godimento."
"Come poteva qualcuno godersi un mostro come quello dalei descritto?"
"Questo tipo non era nulla a paragone dei veri mostri frequentati dai nuovi
veggenti durante la colonizzazione. Tutto sta a indicare che a quei veggenti
vennero gli occhi strabici dal divertimento. Dimostrarono che perfino i peggiori
tiranni possono far divertire, purché, naturalmente, uno sia guerriero."
Don Juan mi spiegò che l'errore che un comune, mortale fa trovandosi dì fronte
un pinche tirano è non avere una strategia a cui appoggiarsi; il difetto fatale
è prendere troppo sul serio ì propri sentimenti, cosi come le azioni dei
meschini tiranni. I guerrieri, d'altra parte, non solo hanno una strategia ben
congegnata ma sono liberi dall'importanza personale Ciò che distrugge
l'importanza personale è l'aver compreso che la realtà é una nostra
interpretazione. Questa conoscenza era il vantaggio definitivo che nuovi
veggenti ebbero sugli spagnoli.
Disse di essersi convinto di poter sopraffare il caposquadra usando solo la
convinzione che ì meschini tiranni si prendono mortalmente sul serio mentre i
guerrieri no.
Seguendo il piano strategico del suo benefattore, Don Juan cercò lavoro nello
stesso zuccherificio dì prima. Nessuno ricordava che lui aveva già lavorato lì;
ì peones lavoravano nello zuccherificio stagionalmente.
La strategia del suo benefattore specificava che Don Juan dovesse stare attento
a chi arrivava in cerca di un'altra vittima.
Arrivò la stessa signora e, come aveva fatto anni prima, notò subito Don Juan
che ora mostrava ancora più forza della volta precedente.
Si ripete la stessa routine con il caposquadra. Tuttavia la strategia richiedeva
che in principio Don Juan si rifiutasse di pagare la tangente al caposquadra.
Nessuno gli aveva mai fatto questo prima e l'uomo restò di stucco. Minacciò dì
licenziare Don Juan. A sua volta Don Juan lo minacciò dicendo che sarebbe andato
direttamente a casa della signora, a trovarla. Disse al caposquadra di sapere
dove lei abitava perché aveva lavorato nei campi della zona a tagliare canna da
zucchero. L'uomo cominciòà mercanteggiare e Don Juan gli chiese del denaro prima
di accettare di andare a casa della signora. Il caposquadra cedette e gli diede
qualche banconota. Don Juan sapeva benissimo che il caposquadra acconsentiva
solo come stratagemma per fargli accettare il lavoro.
"Lui stesso mi accompagnò di nuovo alla casa" disse Don Juan. "Era una vecchia
tenuta, di proprietà della gente dello zuccherificio; ricconi che, o sapevano
benissimo quanto accadeva e non gliene importava, o erano troppo indifferenti
per farci caso.
"Appena arrivati, mi precipitai in casa a cercare la signora. La incontrai,
caddi in ginocchio davanti a lei, baciandole la mano per ringraziarla. I due
capisquadra erano lividi.
"Il caposquadra della casa seguì lo stesso schema di prima. Però io ero
preparatissimo a trattare con lui: avevo controllo e disciplina. Il risultato fu
quello che il mio benefattore aveva previsto. Il mio controllo mi fece
rispondere alle più assurde richieste di quel tipo. Ciò che di solito ci
abbatte, in una simile situazione, è l'offesa inferta al nostro amor proprio.
Chiunque abbia un briciolo di orgoglio si dispera quando lo fanno sentire
inutile e stupido.
"Facevo con gusto tutto quel che mi chiedeva. Ero allegro e forte. E non
m'importava un accidente del mio orgoglio o del mio terrore. Ero come un
guerriero impeccabile. Affinare lo spirito,.quando qualcuno ti maltratta, si
chiama controllo. "
Don Juan mi spiegò che la strategia del suo benefattore prevedeva che, invece di
provare compassione per se stesso, come aveva fatto prima, si dedicasse subito a
studiare il carattere del caposquadra, le sue debolezze, le sue peculiarità.
Trovò che i punti di forza del caposquadra erano audacia e violenza. Aveva
crivellato di colpi Don Juan in pieno giorno e davanti a decine di testimoni. La
sua grande debolezza era che gli piaceva il proprio lavoro e non voleva
rischiarlo. Per nessun motivo avrebbe voluto uccidere Don Juan durante il giorno
all'interno della proprietà.. L'altra sua grande debolezza consisteva nell'aver
famiglia. Moglie e figli abitavano in una casupola vicino alla casa padronale.
"Raccogliere queste informazioni mentre ti stanno picchiando richiede
disciplina" disse Don Juan. "Quell'uomo era un demonio. Non aveva nessuna grazia
a salvarlo. Secondo i nuovi veggenti, il pinche tirano perfetto non ha alcuna
caratteristica che possa redimerlo."
Don Juan disse che gli ultimi due attributi dei guerrieri, che lui allora non
aveva ancora, erano stati automaticamente inclusi nella strategia del suo
benefattore. La pazienza è aspettare con calma, senzafretta, senza angoscia: è
un'attesa semplice e lieta della ricompensa che deve arrivare.
"La mia vita era una quotidiana umiliazione," prosegui Don Juan "a volte perfino
piangevo quando l'uomo mi frustava con la cinghia, e tuttavia ero felice. La
strategia del mio benefattore mi fece vivere giorno dopo giorno senza odio. Ero
un guerriero. Sapevo che stavo aspettando e sapevo ciò che aspettavo. É proprio
qui la grande gioia di essere guerriero."
Aggiunse che la strategia del suo benefattore includeva l'infastidire
sistematicamente l'uomo facendosi scudo di un suo superiore, così come avevano
fatto i veggenti del nuovo ciclo, durante la colonizzazione, facendosi scudo
della Chiesa cattolica. Un umile sacerdote a volte era stato più potente di un
nobile.
Lo scudo di Don Juan era la padrona di casa. Ogni volta che la vedeva, le si
inginocchiava davanti e la chiamava santa. La supplicava di dargli una medaglia
del suo santo patrono in modo che lui lo potesse pregare per ottenerle salute e
benessere.
"Mi diede una medaglietta.della Vergine," continuò Don Juan "e questo quasi
distrusse il caposquadra. E quando riuscii a riunire le cuoche a pregare per la
salute della padrona, gli venne quasi un attacco di cuore. Credo che abbia
deciso di uccidermi allora. Non gli conveniva lasciarmi andare oltre.
"Come contromisura organizzò un rosario tra tutti i servitori della casa. La
signora credeva che io avessi tutte le caratteristiche di un sant'uomo.
"Dopo di allora non dormii più della grossa né dormii più nel mio letto. Ogni
notte mi arrampicavo sul tetto. Da li vidi per due volte l'uomo che si
avvicinava al mio giaciglio con un coltello.
"Tutti i giorni mi spingeva nei recinti degli stalloni con la speranza che mi
uccidessero a calci, però io avevo un tavolato di pesanti assi che appoggiavo in
uno degli angoli: mi ci nascondevo dietro e mi proteggevo dalle zampate dei
cavalli. L'uomo non lo sapeva perché i cavalli lo nauseavano; era un'altra delle
sue debolezze, la più mortale di tutte, come poi risultò alla fine. "
Don Juan disse che l'abilità di cogliere. il momento opportuno e una qualità
astratta che pone in libertà tutto quello che é stato trattenuto. Controllo,
disciplina, pazienza sono come una diga dietro cui è bloccato tutto. L'abilità
di cogliere il momento opportuno è Ia saracinesca della diga.
Il caposquadra conosceva solo la violenza con la quale terrorizzava. Se si
neutralizzava la sua violenza, rimaneva quasi indifeso. Don Juan sapeva che
l'uomo non avrebbe osato ucciderlo sotto gli occhi della gente di casa e cosi un
giorno, in presenza degli altri lavoranti e della signora, lo insultò. Gli disse
che era un vigliacco e un assassino che si proteggeva con il posto di
caposquadra.
La strategia del suo benefattore esigeva che Don Juan stesse all'erta per
cogliere il momento opportuno e approfittarne per voltar le carte al pinche
tirano. Le cose inattese capitano sempre così. All'improvviso lo schiavo più
umile si burla del despota, lo vitupera, lo fa sentir ridicolo dinanzi a
testimoni importanti e poi scappa via senza dargli tempo di far rappresaglie.
"Un attimo dopo" continuò Don Juan "l'uomo era pazzo di rabbia, però io mi ero
già inginocchiato davanti alla padrona."
Don Juan disse che quando la signora rientrò in casa, il caposquadra e i suoi
amici lo chiamarono sul retro, con la scusa che c'era un lavoro da fare. L'uomo
era molto pallido, bianco d'ira. Dal tono della voce Don Juan capì quel che
l'uomo aveva intenzione di fargli. Don Juan finse di obbedire ma invece di
dirigersi dove gli ordinava il caposquadra, corse verso le stalle. Sperava che i
cavalli avrebbero fatto un tale trambusto da fare uscire i padroni per vedere
che cosa stesse succedendo.
Sapeva che l'uomo non avrebbe osato sparargli né tanto meno si sarebbe
avvicinato ai cavalli. Questa supposizione non si avverò. Don Juan aveva spinto
l'uomo molto al di là dei suoi limiti.
"Saltai nel recinto del cavallo più selvaggio, " disse Don Juan "e il piccolo
tiranno, accecato dall'ira, tirò fuori il coltello e mi venne dietro. Io mi
nascosi subito dietro il mio tavolato. Il cavallo gli diede una zampata sola e
tutto finì.
"Avevo trascorso sei mesi in quella casa e in quel periodo avevo esercitato i
quattro attributi del guerriero. Grazie a loro avevo avuto successo. Non provai
compassione per me neanche una sola volta, né piansi d'impotenza. Provai solo
gioia e serenità. Il mio controllo e la mia disciplina erano acuti come non mai.
Inoltre sperimentai direttamente ciò che prova il guerriero impeccabile quando
usa la pazienza è l'abilità di cogliere il momento opportuno, nonostante ancora
non avessi questi attributi. "
"Il mio benefattore mi spiegò una cosa
molto interessante. Pazientare vuol dire trattenere con lo spirito ciò che il
guerriero sa che deve giustamente verificarsi. Non significa che il guerriero se
n'e vada in giro, pensando di far male a qualcuno o facendo piani di vendetta e
regolamenti di conti. La pazienza è una cosa indipendente. Mentre il guerriero
ha controllo, disciplina e abilità di cogliere il momento opportuno, la pazienza
assicura che chiunque se lo sarà guadagnato riceverà tutto quanto gli spetta."
"Qualche volta riescono a spuntarla, i pinches tiranos, e a distruggere il
guerriero che li affronta?" chiesi.
"Naturalmente. Durante la Conquista e la colonizzazione, i guerrieri morirono
come mosche. Le loro fila furono decimate. I piccoli tiranni potevano condannare
a morte chicchessia, per puro capriccio. Sotto questo tipo di pressione, i
veggenti raggiunsero stati sublimi."
Don Juan disse che, a quell'epoca, i veggenti sopravvissuti dovettero sforzarsi
oltre ogni limite per trovare nuovi sbocchi.
I nuovi veggenti" disse Don Juan, guardandomi fisso, "usavano i pinches tiranos
non solo per disfarsi dell'importanza personale ma anche per effettuare la
manovra più sofisticata per uscire da questo mondo. Capirai questa manovra a
mano a mano che discuteremo sulla padronanza della consapevolezza."
Spiegai a Don Juan che quel che gli avevo chiesto era se al presente, nella
nostra epoca, i piccoli tiranni potessero qualche volta sconfiggere un
guerriero.
"Ogni giorno" rispose. "Le conseguenze non
sono così terribili come nel passato. Oggi è sottinteso che i guerrieri hanno
sempre l'opportunità di retrocedere, rifarsi subito e tornare più tardi. Però il
problema della moderna sconfitta è di altro genere. Essere sconfitto da un
repinche tìranito, un tirannucolo da strapazzo, non è mortale ma disastroso. In
senso figurato, il grado di mortalità dei guerrieri è elevato. Con questo voglio
dire che i guerrieri che soccombono dinanzi a un repinche tirano sono annientati
dal- loro personale senso di fallimento. Per me ciò equivale a una morte
figurata."
"Come misura la sconfitta?"
"Chiunque si unisca al meschino tiranno è sconfitto. Adirarsi e agire senza
controllo e disciplina, non aver pazienza vuol dire essere sconfitti."
"Cosa accade quando un guerriero è
sconfitto?,,
"O riformano gruppi e tornano nella mischia con maggior giudizio, o abbandonano
la via del guerriero e si uniscono per sempre alle fila dei pinches tiranos."