Prima Sezione
L'Ora di Dio
L'ORA DI DIO
Vi sono momenti in cui lo Spirito abita tra gli uomini ed il Respiro del
Signore aleggia sulle acque del nostro essere; ve ne sono altri nei
quali si ritira e gli uomini vengono lasciati agire con la forza o nella
debolezza del loro egoismo. I primi sono periodi nei quali anche un
piccolo sforzo produce grandi risultati e cambia il destino; i secondi
quelli in cui anche un grande lavoro porta scarsi risultati. E' vero
forse che gli ultimi sono preludio per i primi; forse l'alito del
sacrificio che sale fino al cielo fa scendere la pioggia della bontà di
Dio.
Infelice è l'uomo o la nazione che al giungere del momento divino è
addormentato o impreparato a riceverlo, perché la lucerna non è stata
alimentata per accogliere l'ospite e le orecchie sono sorde al suo
richiamo. Ma guai a coloro che pur essendo forti e pronti sprecano la
loro forza o fanno cattivo uso del momento; vanno incontro ad una
perdita irreparabile o ad una grande distruzione.
Nell'ora di Dio monda la tua anima da ogni autoinganno, da ogni
ipocrisia e da ogni vano autocompiacimento per poter vedere chiaramente
nel tuo spirito e udire la sua chiamata. Tutta la falsità della tua
natura, una volta protezione dallo sguardo del Maestro e dalla luce
dell'ideale, diviene ora uno squarcio nella tua armatura e ti espone ai
fendenti.
Se anche vinci per un momento è peggio per te, perché il colpo può
giungere in seguito ed abbatterti nel mezzo del trionfo.
Piuttosto restando puro scaccia ogni paura, perché l'ora è spesso
terribile, come un incendio, un turbine e una tempesta, come l'azione
del torchio del furore divino; ma colui che resiste fermamente, fedele
al suo scopo, rimarrà saldo; anche se cadrà si rialzerà di nuovo; anche
se sembrerà svanire sulle ali del vento, ritornerà.
Non lasciare che la prudenza del mondo mormori al tuo orecchio, poiché è
giunta l'ora dell'inatteso, dell'incalcolabile, dell'incommensurabile.
Non misurare il potere dello Spirito con i tuoi strumenti
insignificanti, ma abbi fiducia e prosegui nel cammino.
Soprattutto mantieni libera la tua anima, anche solo per un po', dal
clamore dell'ego. Allora un fuoco illuminerà per te la notte, la
tempesta ti sarà amica e il tuo stendardo sventolerà sulle altezze
sublimi della grandezza finalmente conquistata.
LA LEGGE DEL SENTIERO
Per prima cosa sii certo della chiamata e della risposta della tua
anima. Infatti se la chiamata non è autentica, se non si tratta del
tocco del potere di Dio o della voce dei suoi messaggeri ma di un
richiamo del tuo ego, il tuo impegno porterà ad un vano fallimento
spirituale o ad un grande disastro.
E se solo il consenso e l'interesse mentale e non il fervore dell'anima
rispondono alla chiamata divina, o se solamente i desideri vitali
inferiori si lasciano attrarre dai frutti del potere e del piacere che
derivano dallo Yoga, o ancora se soltanto un'emozione passeggera
saltella come fiamma instabile mossa dall'intensità, dalla dolcezza o
dalla maestosità della Voce, è pericoloso percorrere il difficile
sentiero dello Yoga.
Gli strumenti esteriori dell'uomo mortale non hanno la forza di fargli
vincere gli austeri ardori di questo viaggio spirituale e la sua
Titanica battaglia interiore, di fargli affrontare le traversie
terribili ed i continui cimenti, né hanno la capacità di temprarlo e
fortificarlo perché possa affrontare e superare i pericoli sottili ed
immensi del viaggio. Solo la volontà maestosa ed incrollabile del suo
spirito, il fuoco inestinguibile e l'ardore invincibile della sua anima
possono compiere questa difficile trasformazione ed assolvere questo
compito improbo.
Non pensare che la strada sia facile: il cammino è lungo, arduo,
pericoloso e difficile. Ogni passo nasconde un agguato, ogni svolta un
pericolo. Migliaia di nemici visibili ed invisibili si scaglieranno
contro di te, terribilmente astuti contro la tua ignoranza, enormemente
potenti contro la tua debolezza. E quando con dolore li avrai distrutti
altre migliaia ne sorgeranno e li sostituiranno.
L'Inferno vomiterà le sue orde per opporsi a te ed il Cielo ti si farà
incontro con le sue prove impietose ed i suoi dinieghi freddi e
splendenti. Sarai solo nella tua angoscia: i demoni furiosi sul tuo
sentiero e gli Dei riluttanti sopra di te.
Antichi, potenti, crudeli ed invitti, vicini ed innumerevoli sono i
Poteri oscuri e tremendi che prosperano nel regno della Notte e
dell'Ignoranza, invariabilmente ostili. Distaccati, lenti ad arrivare e
lontani sono gli Esseri di Luce che hanno la volontà o il permesso di
soccorrerti con apparizioni brevi e rare.
Ogni passo avanti è una battaglia. Il cammino si compie attraverso
discese precipitose, con scalate infinite e sempre nuove vette da
conquistare. Ogni altopiano scalato è soltanto un passo sul cammino, che
rivela nuove, infinite, altezze. Ogni vittoria che appare come l'ultima
lotta trionfale non è che il preludio di centinaia di battaglie feroci e
pericolose…
Ma tu dirai: "Non è forse la mano di Dio accanto a me per soccorrermi e
la Madre Divina al mio fianco con il suo sorriso pieno di grazia?"
Non sai allora che la grazia di Dio è più difficile da ottenere e da
conservare del nettare degli Immortali o dei tesori inestimabili di
Kuvera?
Chiedilo ai suoi eletti e loro stessi ti diranno quanto spesso l'Eterno
ha nascosto il suo volto, quanto spesso si è allontanato da loro
ammantandosi del suo velo misterioso, lasciandoli soli nella morsa
dell'Inferno, nell'orrore dell'oscurità, nudi ed indifesi nell'angoscia
della battaglia.
Ed anche quando riesci a percepire la sua presenza dietro al velo, essa
è simile al sole invernale coperto dalle nuvole, che non ti ripara dalla
pioggia e dalla neve, né dai pericoli della tempesta, dal vento
sgradevole e dal gelo pungente, né dal grigiore di un'atmosfera colma di
dolore, o da un'ottusità scialba e noiosa. Senza dubbio l'aiuto è
presente anche quando sembra mancare ma l'apparenza è quella della notte
totale, senza sole che sorge o stelle di speranza a perforare
l'oscurità.
Bello è il volto della Madre Divina, ma altrettanto duro e terribile. E'
forse l'immortalità un gioco, da mettere con leggerezza nelle mani di un
bambino, o la vita divina un bottino da conquistare senza sforzo, la
corona dei deboli?
Combatti rettamente e l'avrai; abbi fede e la tua fede sarà infine
premiata, ma questa è la dura legge del sentiero e nessuno la può
abrogare.
IL SUPERUOMO DIVINO
Questo è il tuo compito, lo scopo del tuo essere e la ragione per la
quale sei qui: diventare il superuomo divino ed un veicolo perfetto
della Divinità. Qualunque altra cosa ti trovi a fare è solo una
preparazione, una gioia lungo il cammino o una deviazione dal tuo
proposito. Questa è la meta e questo è lo scopo, ed il tuo essere trova
la propria grandezza ed il proprio diletto nella gioia della meta e non
nel potere o nella gioia del cammino. Il cammino è un cammino di gioia
perché ciò che ti attira è anche tuo compagno di viaggio ed il potere di
arrampicarti ti è stato dato perché tu possa giungere alle tue stesse
sommità.
Se hai un dovere da compiere, questo è il tuo dovere; se ti chiedi quali
sia il tuo scopo, fa che questo sia lo scopo; se cerchi il piacere, non
c'è gioia più grande, perché ogni altra gioia è frammentaria e limitata,
come quella del sogno, del sonno o dell'oblio di sé. Questa invece è la
gioia del tuo intero essere.
Perciò se ti chiedi cosa sia il tuo essere, questo è il tuo essere, il
Divino, ed ogni altra cosa è solo la sua immagine frammentata e
distorta. Se cerchi la Verità, questa è la verità. Ponila dinanzi a te
ed in ogni cosa e restale fedele.
Disse bene colui che, intravedendo la verità attraverso il velo e
scambiandolo per il vero volto, affermò che il tuo scopo è divenire te
stesso; giustamente disse anche che è nella natura dell'uomo trascendere
se stesso. Questa è davvero la sua natura e quello è veramente lo scopo
supremo del suo trascendere se stesso.
Che cos'è dunque il sé che devi trascendere e che cos'è il sé che devi
divenire?
Proprio nel comprendere questo non devi commettere alcun errore, perché
tale errore, il non conoscere te stesso, è la fonte di tutto il tuo
dolore e la causa di ogni difficoltà.
Ciò che devi trascendere è il tuo sé apparente, l'uomo per come lo
conosci, il Purusha apparente.
E che cos'è quest'uomo?
E' un essere mentale, schiavo della vita e della materia, e quand'anche
non è schiavo della vita e della materia lo è della propria mente.
Schiavitù, quest'ultima, grave e pesante perché essere schiavi della
mente significa esserlo di ciò che è falso, limitato ed illusorio.
Il sé che devi diventare è ciò che già interiormente sei, dietro al velo
della mente, della vita e della materia. E' l'essere spirituale, il
divino, il superuomo, il vero Purusha. Proprio ciò che oltrepassa
l'essere mentale è il superuomo.
Essere il superuomo significa divenire il maestro della tua mente, della
tua vita e del tuo corpo; regnare sulla Natura della quale ora sei lo
strumento; innalzarti al disopra di Lei che ora ti schiaccia sotto i
suoi piedi. Significa essere libero e non schiavo, essere uno e non
diviso, immortale e non limitato dalla morte, splendente di luce e non
immerso nell'oscurità, colmo di gioia e non soggetto ad angoscia e
sofferenza; significa essere innalzato al potere e non abbattuto nella
debolezza. Significa vivere nell'Infinito e possedere il finito, vivere
in Dio ed essere uno con Lui. Diventare te stesso significa tutto questo
e ciò che ne deriva.
Sii libero in te stesso e perciò libero nella mente, nella vita e nel
corpo. Perché lo Spirito è libertà.
Sii uno con Dio e con tutti gli esseri; vivi nel tuo sé e non nel tuo
piccolo ego. Perché lo Spirito è unità.
Sii te stesso, immortale, e non credere nella morte, perché la morte non
riguarda te ma il tuo corpo. Perché lo Spirito è immortalità.
Immortale significa infinito nell'essere, nella coscienza e nella gioia,
poiché lo Spirito è infinito ed ogni cosa finita vive grazie alla sua
infinità.
Tu sei tutto questo e perciò lo puoi divenire; se già non fossi tutto
questo non potresti mai diventarlo. Solo ciò che è dentro di te può
essere manifestato nel tuo essere. Sembri diverso da tutto ciò, ma vuoi
forse vivere schiavo delle apparenze?
Piuttosto svegliati, trascendi te stesso e divieni te stesso. Tu sei
uomo e la vera natura dell'uomo è superare se stesso. E' stato l'animale
uomo, deve diventare più che l'uomo animale. E' il pensatore,
l'artigiano, il cercatore di bellezza. Dovrà trascendere il pensatore ed
essere il veggente della conoscenza; dovrà superare l'artigiano per
diventare il creatore ed il maestro della sua creazione; dovrà andare
oltre il cercatore della bellezza per gioire di ogni bellezza e di ogni
gioia.
Limitato essere fisico anela alla sua sostanza immortale; essere vitale
cerca la vita immortale ed il potere infinito del suo sé; mentale e
parziale nella conoscenza anela alla luce perfetta ed alla visione
assoluta.
Possedere tutto ciò è divenire il superuomo, cioè ergersi oltre la mente
nella supermente. Chiamatela mente divina o Conoscenza o supermente, è
il potere e la luce della volontà e della coscienza divine. Per mezzo
della supermente lo Spirito vide e creò se stesso nei mondi; tramite la
supermente vive in essi e li governa. Per mezzo della supermente è
Svarat Samrat, colui che regola sé stesso ed ogni cosa.
La supermente è il superuomo, perciò andare oltre la mente è la
condizione necessaria.
Essere il superuomo significa vivere la vita divina, essere un dio,
poiché gli dei sono i poteri di Dio. Sii un potere di Dio nell'umanità.
Vivere nell'Essere divino e lasciare che la coscienza, la gioia, la
volontà e la conoscenza dello Spirito prendano possesso di te, questo è
il senso, il significato.
Questa è la tua trasfigurazione sulla montagna. E' scoprire Dio in te
stesso e riconoscerlo in ogni cosa. Vivi nel suo essere; risplendi della
sua luce; agisci con il suo potere e gioisci della sua gioia. Sii quel
Fuoco, quel Sole e quell'Oceano. Sii quella gioia, quella grandezza e
quella bellezza.
Quando avrai fatto questo anche solo in parte avrai compiuto i primi
passi nel cammino verso la 'superumanità'.
Seconda Sezione
Sullo Yoga
CERTEZZE
Nelle profondità si celano ulteriori profondità, nelle altezze
un'altezza ancora maggiore. L'uomo giungerà più velocemente ai confini
dell'infinito che alla pienezza del proprio essere, poiché quell'essere
è l'infinito, è Dio.
Aspiro ad una forza infinita, ad una conoscenza senza limiti e ad una
gioia infinita. Potrò mai ottenerla?
Si, ma la natura dell'infinito è non avere fine.
Perciò non puoi dire io la ottengo, ma piuttosto io la divento. Solo
così l'uomo può ottenere Dio, diventando Dio. prima di giungere a
divenire Dio l'uomo può entrare in relazione con Lui. Entrare in
rapporto con Dio è Yoga, l'estasi più grande e l'occupazione più nobile.
Esistono rapporti tipici dello stadio attuale di evoluzione
dell'umanità, chiamati preghiera, venerazione, adorazione, sacrificio,
riflessione, fede, scienza e filosofia. Esistono altre relazioni che
superano le nostre attuali capacità ed appartengono ad uno stadio
evolutivo ancora da raggiungere. Tali sono le relazioni alle quali si
giunge attraverso le pratiche conosciute sotto il nome di Yoga.
Possiamo conoscerlo come Dio, come Natura, come il nostro Sé Superiore,
come Infinito o come una qualche meta ineffabile. Così lo avvicinò
Buddha, così lo avvicina il rigido Advaitin. Anche l'ateo può entrare in
contatto con Lui. Al materialista Egli si rivela nella materia. Per il
nichilista attende in agguato nel cuore dell'annichilimento.
In qualunque modo gli uomini vengano a Me,
così vengono accolti dal Mio Amore.
CONCETTI E DEFINIZIONI INIZIALI
Quattro sono i poteri e gli strumenti dello Yoga: purezza, libertà,
beatitudine e perfezione. Chiunque abbia portato a pienezza questi
quattro poteri nel trascendentale, nell'universale, nel lilamaya e nel
Dio individuale è lo Yogin perfetto ed assoluto.Tutte le manifestazioni
di Dio sono manifestazioni del Parabrahman.
Il Parabrahman Assoluto è per noi inconoscibile, non perché sia la
negazione di tutto ciò che siamo - perché, al contrario, qualunque cosa
siamo, in realmente o apparentemente, altro non è che Parabrahman - ma
perché Egli è preesistente e sovrasta anche i metodi più elevati e puri
e gli strumenti più potenti ed illuminati di cui l'anima incarnata
dispone.
Nel Parabrahman la conoscenza cessa di essere conoscenza e diviene
un'identità inesprimibile. Divieni Parabrahman se vuoi e se Quello te lo
permetterà, ma non cercare di conoscerLo, perché non potrai avere
successo con questi mezzi e questo corpo.
In realtà tu sei già Parabrahman, lo sei sempre stato e lo sarai per
sempre. Per diventare Parabrahman in qualunque altro senso devi
trascendere completamente il mondo della manifestazione e persino
oltrepassare il concetto di trascendenza.
Perché dunque dovresti anelare a trascendere la manifestazione come se
il mondo fosse un male? Non si è forse Quello manifestato in te e nel
mondo e sei forse tu, anima incarnata, vittima dell'inganno mentale, più
saggia, pura e migliore dell'Assoluto? Quando Quello ti riassorbirà
dovrai andare, ma finché la Sua forza abiterà in te non potrai andare
oltre, per quanto la tua mente possa lagnarsi o desiderarlo
ardentemente. Perciò non desiderare e non evitare il mondo, ma piuttosto
cerca la gioia, la purezza, la libertà e la grandezza di Dio qualunque
siano il tuo stato e le tue circostanze.
Finché nutrirai un qualunque desiderio, fosse anche quello della
non-nascita o della liberazione, non potrai raggiungere Parabrahman.
Quello, infatti, non ha desideri, né di nascere, né di non nascere, né
di appartenere al mondo, né di lasciare il mondo. L'Assoluto non è
limitato dai tuoi desideri, come non è accessibile alla tua conoscenza.
Se tu volessi conoscere Paratpara Brahman lo conosceresti come sceglie
di manifestarSi nel mondo e trascendendo il mondo stesso - poiché anche
la trascendenza è una relazione con il mondo e non con il puro Assoluto
- dato che in altro modo è inconoscibile. Questa è contemporaneamente la
conoscenza e la non conoscenza del Vedanta.
Di Parabrahaman non dovremmo dire che Egli trascende il mondo o è
immanente al mondo, o che è o non è in relazione con il mondo, perché
tutte queste idee di mondo e non-mondo, di trascendenza, di immanenza e
di relazione sono espressioni del pensiero tramite il quale la mente
impone i propri valori alla manifestazione di Parabrahman, al Suo
principio di conoscenza. Non possiamo asserire che qualcuno di essi,
nemmeno il più elevato, sia la vera realtà di ciò che è al tempo stesso
ogni cosa ed oltre ogni cosa, nulla ed oltre il nulla.
Un silenzio profondo e privo di pensieri è l'unica attitudine che
l'anima manifestata nel mondo dovrebbe assumere nei confronti
dell'Assoluto.
Di Parabrahman sappiamo che E', in un modo in cui nessun oggetto o stato
può essere nel mondo, perché ogni volta che raggiungiamo gli estremi
limiti dell'esperienza dell'anima, della mente o del corpo, giungiamo
sull'orlo di Quello e lo percepiamo esistere, in modo inconoscibile,
senza alcuna capacità da parte nostra di sperimentare su di esso una
qualunque verità.
Quando la tua anima scendendo di profondità in profondità ed
espandendosi di vastità in vastità si erge nel silenzio del proprio
essere davanti ad uno sconosciuto inconoscibile, origine e meta
dell'esistenza del mondo, non materialmente reale, né mentalmente reale,
né sogno o falsità, sappi allora che sei alla presenza del Santo dei
Santi, dinanzi al Velo che non può essere lacerato. Abitando il tuo
corpo mortale non puoi lacerarlo, né in un altro corpo, né come sé
incarnato e nemmeno come puro sé, né in stato di veglia, né durante il
sonno, e nemmeno in trance, in nessuno stato ed in nessuna circostanza,
perché devi essere oltre qualunque stato prima di poter entrare in
Paratpara Brahman.
Quello è il Dio sconosciuto al quale non può essere innalzato alcun
altare e che non può essere oggetto di adorazione; l'universo è il Suo
unico altare e l'esistenza la Sua sola adorazione. Che noi siamo,
sentiamo, pensiamo ed agiamo o che siamo ma non sentiamo, né pensiamo o
agiamo è indifferente per Quello. Per Quello il santo è uguale al
peccatore, l'attività all'inattività, l'uomo al mollusco, perché tutti
egualmente Sue manifestazioni. Tutte le differenze sono al più sfumature
del Parabrahman e Para Purusha (Anima Suprema, Dio), che è il Supremo
che noi conosciamo ed il più prossimo all'Assoluto. Ma che Quello sia
dietro al velo o come dietro al velo consideri Se stesso e le Sue
manifestazioni è qualcosa che nessuna mente può conoscere o di cui può
parlare; egualmente presuntuoso è colui che Gli innalza e Gli dedica un
altare e chi vuole descrivere lo Sconosciuto a coloro che sanno di non
poterlo conoscere.
Non confondere il pensiero, non disorientare l'anima nel suo cammino di
crescita; piuttosto rivolgiti all'Universo per conoscere Quello, tad va
etad, perché solo in questi termini si è manifestato per farsi conoscere
da coloro che appartengono all'universo. Non lasciarti ingannare
dall'Ignoranza; non farti ingannare dalla conoscenza; non esiste
schiavitù, né libertà, né ricerca della libertà, ma solo Dio che gioca
con queste cose nell'immenso potere della Sua consapevolezza, para maya,
mahimanam asya, che noi chiamiamo universo.
LO SCOPO DEL NOSTRO YOGA
Lo scopo del nostro Yoga è la perfezione di Sé e non l'annullamento di
Sé.
Esistono due sentieri che lo Yogin può percorrere, quello del ritiro
dall'universo e quello della perfezione nell'universo; il primo è il
risultato dell'ascetismo, il secondo si compie attraverso tapasya; il
primo ci accoglie quando ci lasciamo sfuggire Dio nell'Esistenza, il
secondo è compiuto quando perfezioniamo l'esistenza in Dio. Che il
nostro sia il cammino della perfezione e non della resa; che il nostro
scopo sia la vittoria nel combattimento e non la fuga da ogni conflitto.
Buddha e Shankara ritennero il mondo fondamentalmente falso e
miserabile, perciò la fuga dal mondo fu per loro l'unica forma di
saggezza. Ma questo mondo è Brahman; il mondo è Dio; il mondo è Satyam;
il mondo è Ananda; è solo la nostra errata interpretazione del mondo,
filtrata dall'egoismo mentale, ad essere una falsità e la nostra
relazione sbagliata con Dio nel mondo ad essere fonte di sofferenza. Non
esiste altra falsità, né altra fonte di dolore.
Dio ha creato il mondo in Se Stesso attraverso Maya, ma il significato
Vedico di Maya non è illusione, bensì saggezza, conoscenza, potere,
ampia estensione della coscienza. Prajna prasrta purani. La saggezza
onnipotente creò il mondo; il mondo non è l'errore grossolano di un
Sognatore Infinito; il Potere onnisciente vi si manifesta o cela con
tutto Se Stesso e con tutta la Sua Gioia. Il mondo non è un peso imposto
al Brahman libero e assoluto dalla Sua stessa ignoranza.
Se il mondo fosse l'incubo che il Brahman ha imposto a se stesso,
svegliarsi e porre fine all'incubo sarebbe la meta unica e naturale del
nostro sforzo supremo; se la vita nel mondo fosse irrevocabilmente
votata al dolore, qualunque mezzo per sfuggire a questo vincolo sarebbe
l'unico segreto degno di essere svelato. Ma la verità perfetta nella
vita del mondo è possibile, perché Dio vede ogni cosa con l'occhio della
verità; la gioia perfetta nel mondo è possibile perché Dio gioisce di
ogni cosa nella più completa libertà. Anche noi possiamo gioire di
questa verità e di questa beatitudine, che i Veda chiamano amrtam,
Immortalità, se immergendo la nostra esistenza egoica nella perfetta
unità con il Suo essere acconsentiamo a ricevere la percezione divina e
la divina libertà.
Il mondo è un movimento di Dio nel Suo stesso essere; noi siamo centri e
nodi della coscienza divina che comprende e sostiene il processo del Suo
movimento. Il mondo è il Suo gioco in cui gioisce di Se Stesso, Egli che
è il solo ad esistere, libero, infinito e perfetto; noi siamo le
moltiplicazioni di quella gioia cosciente, catapultati nell'esistenza
per essere i Suoi compagni di gioco. Il mondo è una formula, un ritmo,
un sistema di simboli che rivela Dio a Se Stesso nella propria
coscienza; non ha una realtà materiale perché esiste solo nella Sua
coscienza e nella Sua espressione.
Noi, come Dio, siamo nel nostro essere interiore la Realtà espressa e
nel nostro essere esteriore termini di quella formula, note di quel
ritmo, simboli di quel sistema. Facciamo in modo di assecondare il
movimento di Dio; giochiamo il Suo Gioco; interpretiamo la Sua formula e
suoniamo la Sua armonia; esprimiamoLo in noi stessi nel Suo sistema.
Questa è la nostra gioia e la nostra realizzazione; a tale scopo noi che
trascendiamo e siamo più vasti dell'universo, siamo entrati
nell'esistenza dell'universo.
Lo scopo è trovare la perfezione e raggiungere l'armonia.
L'imperfezione, la limitazione, la morte, il dolore, l'ignoranza, la
materia sono soltanto i primi termini della formula, incomprensibili
finché non abbiamo scoperto i termini più vasti e reinterpretato la
formula stessa; sono le dissonanze iniziali dell'accordatura musicale.
Oltre l'imperfezione dobbiamo costruire la perfezione; oltre la
limitazione scoprire l'infinito; oltre la morte trovare l'immortalità;
oltre il dolore riscoprire la gioia divina; oltre l'ignoranza ritrovare
la consapevolezza divina; oltre la materia rivelare lo Spirito.
Perseguire questo fine per noi stessi e per l'umanità è lo scopo della
nostra pratica Yogica.
IL GRANDE INTENTO DELLO YOGA
Per mezzo dello Yoga possiamo passare dalla menzogna alla verità, dalla
debolezza alla forza, dal dolore e dalla sofferenza alla gioia, dalla
schiavitù alla libertà, dalla morte all'immortalità, dall'oscurità alla
luce, dalla confusione alla chiarezza, dall'imperfezione alla
perfezione, dalla frammentazione all'unità, da Maya a Dio. Qualunque
altro utilizzo dello Yoga porta solo vantaggi parziali e frammentari,
non sempre degni di essere ottenuti. Solo ciò che aspira a possedere la
pienezza di Dio è purna yoga ed il sadhaka della Perfezione Divina è il
purna yogin.
Il nostro scopo deve consistere nell'essere perfetti come lo è Dio nel
Suo essere e nella Sua gioia, puri come Egli è puro, beati come Egli è
beato e, divenuti noi stessi siddha nel purna yoga, condurre tutta
l'umanità alla stessa perfezione divina. Non ha importanza se al momento
ci sentiamo inadeguati alla grandezza del nostro scopo, se comunque ci
consacriamo con tutto il cuore al nostro compito e lo viviamo
costantemente; se compiamo solo pochi passi lungo il cammino anche quel
poco aiuterà l'umanità ad uscire dalla lotta e dal crepuscolo in cui si
trova, per entrare nella Gioia luminosa che Dio le ha riservato.
Qualunque sia il nostro successo immediato, il nostro scopo invariabile
deve essere quello di compiere l'intero viaggio, evitando di fermarci
soddisfatti lungo il sentiero in un luogo di riposo imperfetto.
Tutto lo Yoga che astrae completamente dal mondo è una sfaccettatura
elevata ma limitata e parziale del tapasya divino. Dio nella Sua
perfezione abbraccia ogni cosa ed anche noi dobbiamo diventare
onnicomprensivi.
Dio nella Sua vera essenza, oltre ogni manifestazione e possibilità di
conoscenza, è il Parabrahman Assoluto. In relazione al mondo egli
trascende l'esistenza universale, sia che si volga verso di essa, sia
che distolga da essa lo sguardo. Egli è ciò che contiene e sostiene
l'universo; Egli è ciò che diviene l'universo; è l'universo e tutto ciò
che contiene.
E' anche l'Individualità Assoluta e Suprema che agisce nell'universo e
come universo. Nell'universo appare come la sua Anima ed il suo Signore;
come universo egli è il moto della Volontà del Signore ed il risultato
oggettivo e soggettivo di tale moto. Tutti gli stati del Brahman, il
trascendente, l'immanente, l'universale, l'individuale sono informati e
sostenuti dalla Personalità divina. Egli è contemporaneamente
l'Esistente e l'esistenza.
Chiamiamo l'esistenza il Brahman Impersonale e Colui che Esiste il
Brahman Personale. Non c'è tra loro alcuna differenza se non per il loro
ruolo nei confronti della nostra coscienza; infatti ogni stato
impersonale dipende da una Individualità manifesta o segreta e può
rivelare la Personalità che sostiene e vela, ed ogni Personalità si
appoggia e si immerge in un'esistenza impersonale. Ciò è possibile
perché il Personale e l'Impersonale sono soltanto diversi stati di
autocoscienza di un unico Essere Assoluto.
Le filosofie e le religioni discutono sull'importanza dei diversi
aspetti di Dio, e vari Yogin, Rishi e Santi hanno privilegiato una
filosofia o una religione rispetto ad un'altra. A noi non interessa
discutere di tutto ciò ma piuttosto comprendere e divenire tutto questo;
non vogliamo privilegiare un aspetto particolare escludendo gli altri;
vogliamo invece abbracciare Dio in tutti i Suoi aspetti ed oltre ogni
manifestazione.
Dio disceso nel mondo in varie forme ha portato a compimento su questa
terra la forma mentale e fisica che chiamiamo umanità.
Egli, tramite l'azione dell'Anima che governa ogni cosa con la propria
Volontà creatrice, ha creato nel mondo un ritmo esistenziale con la
Materia quale termine inferiore ed il puro essere come termine
superiore. Mente e Vita si trovano al di sopra della Materia (Manas e
Prana al di sopra di Annam) e costituiscono l'emisfero inferiore
dell'esistenza manifestata nel mondo (aparardha) ; la coscienza pura e
la gioia perfetta emanano dal puro Essere ( Cit e Ananda emanano da Sat)
e costituiscono l'emisfero superiore dell'esistenza manifestata nel
mondo. L'idea pura (Vijnana) è il collegamento tra i due emisferi.
Questi sette principi o livelli di esistenza sono la base dei sette
mondi dei Purana (Satyaloka, Tapas, Jana, Mahar, Swar, Bhuvar e Bhur).
L'emisfero inferiore di questo spettro di coscienza è costituito dai tre
vyahrti del Veda, "Bhur, Bhuvar, Swar"; si tratta di stati di coscienza
nei quali i principi del mondo superiore vengono espressi o cercano di
esprimersi in modo limitato. Puri nel proprio luogo d'origine, in questo
paese straniero sono soggetti a distorsioni, interferenze e perversioni.
Lo scopo ultimo della vita è liberarsi dalle perversioni, dalle impurità
e dalle interferenze per poterli esprimere perfettamente anche nelle
condizioni ordinarie. La nostra vita sulla terra è la traduzione di un
poema divino in linguaggio terrestre, un'armonia musicale espressa in
parole.
L'Essere in Sat è uno nella molteplicità, l'uno che osserva la propria
molteplicità senza perdersi o confondersi in essa; è la molteplicità che
si riconosce come unità senza perdere il potere di manifestarsi in forme
innumerevoli nell'universo.
Con la comparsa della mente, della vita e del corpo nasce ahamkara e la
forma di coscienza soggettiva o oggettiva viene erroneamente considerata
un essere separato, il corpo una realtà autonoma e l'ego una personalità
indipendente. L'uno in noi si perde nella sua molteplicità e quando
ritrova la propria unità, a causa della natura della mente, gli riesce
difficile mantenere la sua manifestazione di molteplicità. Perciò quando
siamo assorbiti dal mondo perdiamo Dio nella Sua Essenza e quando
vediamo l'Essenza di Dio ce lo lasciamo sfuggire nel mondo. Il nostro
compito è dissolvere l'ego mentale e ritrovare l'unità divina senza
perdere il nostro potere di esistenza individuale e molteplice
nell'universo.
La coscienza in Cit è luminosa, libera, immensa ed efficace; la
consapevolezza di Cit (Jnana-Sakti) si realizza infallibilmente come
Tapas (Kriya-sakti), perché Jnana-sakti e Kriya-sakti altro non sono
rispettivamente se non l'aspetto statico, onnicomprensivo ed avvolgente
e la manifestazione del dinamismo creativo di un unico Essere Cosciente
che trae da Se Stesso il proprio splendore. Si tratta un unico potere di
forza cosciente di Dio (Cit-sakti del Sat Purusha).
Al contrario, nell'emisfero inferiore, assoggettata ai limiti della
mente, della vita e del corpo, la luminosità si divide e si spezza in
raggi irregolari; la libertà è ostacolata dalla presenza dell'ego e di
forme diseguali e l'efficacia è velata da un gioco di forze non
equilibrate. In tal modo abbiamo stati di coscienza, di non-coscienza, e
di falsa coscienza; esistono stati di conoscenza, di ignoranza e di
falsa conoscenza, di forza efficace, d'inerzia e di forza inefficace.
Nostro compito è fondere la nostra capacità di azione e di pensiero
individuale, divisa e dall'andamento irregolare, nella Cit-sakti
universale e indivisa di Kali, per sostituire alle attività del nostro
ego l'azione della Kali universale nel nostro corpo e trasformare così
la cecità e l'ignoranza in conoscenza e l'inefficace forza umana nella
potente Forza divina.
La gioia in Ananda è perfetta, pura, una e contemporaneamente
molteplice. Assoggettata ai limiti della mente, della vita e del corpo
diviene frammentaria, limitata, confusa e deviata, ed a causa degli urti
tra forze diseguali e della sua distribuzione non equilibrata, è
soggetta alla dualità di movimenti positivi e negativi: sofferenza e
gioia, dolore e piacere. Nostro compito è dissolvere queste dualità
rimuovendone la causa per immergerci nell'oceano della gioia divina,
una, molteplice, equamente distribuita (sama), che trae piacere da ogni
cosa e non rifugge da nulla.
In breve, dobbiamo sostituire la dualità con l'unità, l'egoismo con la
coscienza divina, l'ignoranza con la saggezza divina, trasformare il
pensiero in conoscenza divina; dobbiamo sostituire la debolezza, la
lotta e lo sforzo con la forza divina paga di se stessa, il dolore ed il
piacere illusorio con la gioia divina. Tutto ciò nel linguaggio del
Cristo è far scendere il regno dei cieli sulla terra, ed in linguaggio
moderno realizzare e portare a compimento Dio nella realtà del mondo.
L'umanità è, sulla terra, la forma di vita prescelta per realizzare
questa aspirazione e giungere al compimento divino; ogni altra forma di
vita o non ne sente la necessità o non è in grado di giungere a tutto
ciò, se non entrando a far parte dell'umanità. Di conseguenza la
pienezza divina è l'unico scopo autentico dell'umanità. Tale pienezza
deve realizzarsi nell'individuo per divenire effettiva nell'intera
razza.
L'essere umano è un'esistenza mentale in un corpo vivente; il suo
fondamento è la materia, il suo centro e strumento la mente ed il suo
mezzo la vita. Questa è la condizione media tipica dell'umanità
naturale.
In ogni essere umano giacciono nascosti (avyakta) i quattro principi più
elevati. Mahas, idealità pura in Vijnana, non è un vyahrti ma la
sorgente di ogni vyahrti, il punto di origine di ogni azione mentale,
vitale e fisica, la banca nella quale l'infinita ricchezza
dell'esistenza superiore viene cambiata nelle monete di piccolo taglio
dell'esistenza inferiore. Essendo Vijnana il collegamento tra lo stato
divino e l'animale umano, essa è la porta attraverso la quale l'uomo può
giungere allo stato di umanità soprannaturale o divina.
Il genere umano inferiore gravita verso il basso, dalla mente verso la
vita ed il corpo; l'umanità media vive costantemente nella mente
limitata ed attratta dalla vita e dal corpo; l'umanità superiore tende
verso un'esistenza mentale idealizzata o verso l'idea pura, verso la
verità della conoscenza diretta e la verità spontanea dell'esistenza.
L'umanità suprema si innalza fino alla beatitudine divina e da quel
livello sceglie di salire verso il puro Sat e Parabrahman o di rimanere
a beneficio di coloro che sono più indietro nel cammino per innalzare
fino alla divinità questa esistenza umana in se stessa e negli altri.
L'uomo che abita nell'emisfero superiore o divino, nell'emisfero
nascosto della propria coscienza, l'uomo che ha scostato il velo, è il
vero superuomo ed il risultato ultimo della manifestazione progressiva
di Dio nel mondo, della manifestazione dello Spirito che emerge dalla
Materia, che viene oggi chiamata principio evolutivo.
Giungere all'esistenza, alla forza, alla luce ed alla gioia divine e
ricreare in quello stampo l'intera esistenza del mondo è l'aspirazione
suprema della religione ed il vero scopo pratico dello Yoga. Il fine è
realizzare Dio nell'universo, ma tale scopo non può essere raggiunto
senza trovare il Dio che trascende l'universo.
PARABRAHMAN, MUKTI ED I SISTEMI DI PENSIERO UMANI
Parabrahman è l'Assoluto, e proprio per questo non può essere ridotto a
termini che permettano di conoscerLo. In qualche modo puoi conoscere
l'Infinito, mai l'Assoluto.
Ogni cosa nell'esistenza o nella non-esistenza è un simbolo
dell'Assoluto, creato nell'autocoscienza (Cid-Atman). Attraverso i Suoi
simboli l'Assoluto può essere conosciuto per quello che i simboli
rivelano o indicano di Lui, ma la conoscenza della somma dei simboli non
equivale alla vera conoscenza dell'Assoluto. Puoi divenire Parabrahman;
non puoi conoscerLo. Divenire Parabrahman significa ritrovare
Parabrahman attraverso l'autocoscienza, perché tu sei già Quello;
soltanto, nella tua coscienza, hai proiettato te stesso verso l'esterno
nei Suoi termini o simboli, Purusha e Prakriti, tramite i quali sostieni
l'universo. Perciò per divenire Parabrahman privo di termini o simboli
devi smettere di sostenere l'universo.
Divenendo Parabrahman privo di simboli non diventi nulla che tu già non
sia, né l'universo cessa di esistere. Soltanto Dio ritira dall'oceano
della coscienza manifestata un rivolo, un aspetto, di Se Stesso
immergendolo in Ciò da cui ogni coscienza è scaturita.
Non tutti coloro che escono dalla coscienza dell'universo vanno
necessariamente in Parabrahman. Alcuni entrano a far parte della Natura
indifferenziata (Avyakrita Prakriti), altri si perdono in Dio, altri
passano in uno stato di non esistenza e di oblio dell'universo (Asat,
Sunya), altri ancora in uno stato di oblio luminoso, Puro Atman
Indifferenziato, Puro Sat o Esistenza-Base dell'Universo; alcuni
attraverso uno stato temporaneo di sonno profondo (Sushupti) vanno nei
principi impersonali di Ananda, Cit o Sat. Tutte queste sono forme di
liberazione e l'ego riceve da Dio, tramite la Sua Maya o Prakriti,
l'impulso che lo spinge verso una di esse, quella verso la quale il
supremo Purusha sceglie di dirigerlo.
Quelli che desidera liberare tenendoli nel mondo li rende Jivanmukta o
li emette nuovamente come propri Vibhuti, con il consenso da parte loro
ad indossare per lo scopo divino un velo temporaneo di Avidya, velo che
non li offusca affatto e che possono scostare o eliminare con facilità.
Perciò desiderare ardentemente di diventare Parabrahaman è una specie di
splendida illusione o di gioco sattvico di Maya, poiché in realtà
nessuno è schiavo e nessuno è libero, non c'è nessuno che ha bisogno di
essere liberato e tutto è solamente il Lila di Dio, il gioco di
manifestazione di Parabrahman. Dio usa questa Maya sattvica per spingere
certuni verso l'alto in accordo al Suo scopo particolare e per tali
individui quello è l'unico sentiero possibile.
Lo scopo del nostro Yoga è Jivanmukti nell'universo; non perché abbiamo
bisogno di essere liberati o per altre ragioni simili, ma perché tale è
il volere di Dio in noi; dobbiamo perciò vivere liberi nel mondo e non
al di fuori di esso.
Il Jivanmukta deve, in virtù della propria conoscenza perfetta e della
completa realizzazione di sé, rimanere sulla soglia di Parabrahman,
senza oltrepassarla. La convinzione che riporta dallo stare sulla soglia
è che Quello E' e noi siamo Quello, ma ciò che Quello è o non è non può
essere espresso in parole, né compreso dalla mente.
Essendo Egli l'Assoluto non è possibile applicare a Parabrahman alcuna
definizione, né alcun concetto. Non è l'Essere o il non-Essere, ma
qualcosa di cui l'Essere e il Non-Essere sono simboli primari; non è
Atman o Non-Atman o Maya; né Personalità o Impersonalità, né Qualità o
Non-Qualità, né Coscienza o Assenza di Coscienza, né Gioia o Assenza di
Gioia, né Purusha o Prakriti; non è dio, né uomo o animale, né libertà o
schiavitù, ma qualcosa di cui tutto ciò è un simbolo primario o
derivato, generale o particolare. Perciò quando diciamo che Parabrahman
non è né questo, né quello, intendiamo dire che nella sua essenza non
può limitarsi a questo o a quel simbolo, né ad una qualunque somma di
simboli; in un certo senso però Parabrahman è tutto questo e tutto
questo è Parabrahman. Non esiste nient'altro che possa essere tutto ciò.
Essendo l'Assoluto, Parabrahman non è soggetto alla logica, perché la
logica si applica solamente a ciò che è determinato. Creiamo confusione
se diciamo che l'Assoluto non può manifestare il determinato e quindi
che l'universo è falso o non esistente. La vera natura dell'Assoluto è
tale per cui non sappiamo ciò che l'Assoluto è o non è; non sappiamo ciò
che può fare e ciò che non può fare; non c'è ragione di supporre che ci
sia qualcosa che non può fare o che la sua Assolutezza sia limitata da
una qualunque forma di impotenza. Sperimentiamo spiritualmente che
quando oltrepassiamo ogni altra cosa arriviamo all'Assoluto;
sperimentiamo spiritualmente che l'universo nella natura stessa della
propria manifestazione procede dall'Assoluto, ma tutte queste parole
sono meri tentativi intellettuali di esprimere l'inesprimibile. Dobbiamo
renderci conto che facciamo del nostro meglio per vedere, senza bisogno
di discutere ciò che altri vedono o affermano; piuttosto dovremmo
accettare la loro opinione e cercare a modo nostro di capire e
verificare ciò che hanno visto o affermato. Dovremmo argomentare
solamente con coloro che denigrano la visione altrui o negano la libertà
di visione ed il valore delle affermazioni altrui, non con coloro che si
limitano ad affermare il proprio modo di vedere.
Un sistema filosofico o religioso è soltanto una definizione di un certo
modo di manifestarsi dell'esistenza nell'universo, modo che Dio ci ha
rivelato in relazione al nostro stato d'essere. Esiste per fornire alla
mente qualcosa su cui appoggiarsi mentre agiamo in Prakriti. La nostra
visione non deve necessariamente coincidere con la visione altrui, né il
tipo di pensieri che si adattano ai nostri schemi mentali devono
necessariamente adattarsi ad una mentalità diversa. Perciò la nostra
visione intellettuale dovrebbe essere basata sulla fermezza di adesione
al nostro sistema, senza cadere nel dogmatismo, unita alla tolleranza
priva di debolezza verso gli altri sistemi.
Qualcuno potrà mettere in discussione il tuo sistema basandosi sul fatto
che non è consistente con questo o quest'altro Sastra, con la visione di
questa o quest'altra grande autorità, filosofo, santo o Avatar. Ricorda
allora che soltanto l'esperienza e la realizzazione sono importanti. Ciò
che Shankara affermò o Vivekananda concepì intellettualmente riguardo
all'esistenza, e persino ciò che Ramakrisha stabilì dall'alto delle sue
molteplici esperienze spirituali, ha valore per te soltanto se, guidato
da Dio, lo accetti e lo rinnovi attraverso la tua esperienza personale.
Le opinioni dei pensatori, dei santi e degli Avatar dovrebbero essere
accettate come aiuti e non trasformarsi in ceppi. L'importante per te è
quello che tu stesso hai visto o ciò che Dio, nel suo aspetto Personale
o Impersonale, o attraverso l'azione di un insegnante, un guru o un
ricercatore della verità, decide di mostrarti lungo il cammino dello
Yoga.
IL FINE EVOLUTIVO DELLO YOGA
Nella Katha Upanishad compare una delle frasi potenti e pregnanti, così
frequenti nelle Upanishad, che racchiudono in poche parole un mondo di
significati,: Yogah hi prabhavapayayau, che significa lo "Lo Yoga è il
principio e la fine di ogni cosa". Nei Purana il significato della frase
viene chiarito ed approfondito.
Per mezzo dello Yoga Dio creò il mondo; con lo Yoga lo riassorbirà in Se
Stesso alla fine. Non soltanto la creazione e la dissoluzione finale
dell'universo, ma tutti i grandi cambiamenti, le creazioni, le
evoluzioni e le distruzioni sono influenzate dal processo fondamentale
dello Yoga, tapasya. In questa antica visione lo Yoga è considerato il
movimento essenziale, la vera forza esecutiva della Natura, responsabile
di tutti i suoi processi. Se ciò vale per le operazioni generali della
Natura, se cioè una Conoscenza ed una Volontà divine insite in ogni cosa
sono la vera causa di ogni forza e di ogni efficacia, la stessa regola
deve valere a maggior ragione per le attività umane. Deve applicarsi in
particolare a quei processi consci e volontari della disciplina
psicologica denominati sistemi Yogici. Lo Yoga non è davvero altro che
un processo naturale, volontario e consapevole per raggiungere
rapidamente obiettivi ai quali il movimento naturale ordinario tende
lentamente, al ritmo tranquillo di un'evoluzione secolare o addirittura
millenaria.
Apparentemente sembra esserci una differenza. Lo scopo che ci proponiamo
nello Yoga è Dio; lo scopo della Natura è di rendere effettiva la
supernatura, ma tali scopi sono le due facce della stessa medaglia. Dio
e la supernatura sono l'uno l'aspetto reale e l'altra quello formale di
una realizzazione, di una completezza inaccessibile, verso la quale è
diretto il cammino ascendente dell'umanità.
Lo Yoga per l'uomo è il cammino ascendente della Natura, liberata da una
lenta evoluzione e da lunghe ricadute, e consapevole di Sé nella
conoscenza divina o umana. Dio è il Tutto ed al tempo stesso supera il
Tutto e Lo Trascende; non c'è nulla nell'esistenza che non sia Dio, ma
Dio non è la somma di tutto ciò che esiste, né qualcosa che appartiene
all'esistenza, se non simbolicamente, nell'immagine della Propria
coscienza. In altre parole, tutto ciò che esiste, preso separatamente, è
un simbolo particolare e l'intera somma dell'esistenza è un simbolo
generale che cerca di tradurre l'esistenza intraducibile, Dio, nel
linguaggio della coscienza del mondo.
Il simbolo è progettato per tentare e non per riuscire, perché nel
momento in cui riuscisse cesserebbe di essere ciò che è e diverrebbe
esso stesso quel qualcosa di intraducibile da cui è partito e cioè Dio.
Nessun simbolo è pensato per esprimere Dio perfettamente, nemmeno il più
elevato; ma è privilegio dei simboli più elevati perdere in Lui la
propria definizione separata, cessare di essere simboli e divenire nella
coscienza ciò che rappresentano.
L'Umanità è un tale simbolo o immagine di Dio; siamo fatti, secondo la
frase Biblica, a Sua immagine. Con ciò non si intende un'immagine
formale, ma l'immagine del Suo essere e della Sua personalità; siamo
fatti dell'essenza e della qualità della Sua divinità; siamo formati
nello stampo e portiamo l'impronta di un essere divino e di una
coscienza divina.
In tutto ciò che esiste a livello fenomenico, o per meglio dire,
simbolicamente, esistono due parti dell'essere, la cosa in sé ed il
simbolo, il Sé e la Natura, res (ciò che è ) e factum (ciò che è creato
o costruito), l'essere immutabile ed il divenire mutevole, ciò che è
oltre la natura e ciò che è naturale.
Ogni stato di esistenza ha in sé una forza che lo porta a trascendere se
stesso. La Materia tende a divenire Vita; la Vita si muove per diventare
Mente; la Mente aspira a divenire Verità ideale, la Verità si innalza
fino a diventare Spirito divino ed infinito. La ragione di ciò è che
ogni simbolo, essendo un'espressione parziale di Dio, si protende e
cerca di realizzare la propria realtà completa; aspira a divenire il
proprio sé reale trascendendo la propria natura apparente. Ciò che è
creato è attratto da ciò che esiste in sé; il divenire tende verso
l'essere, il naturale verso il soprannaturale, il simbolo verso la 'cosa-in-sé'
e la Natura verso Dio.
Di conseguenza, il movimento ascendente è la via per la realizzazione di
sé in questo mondo, ma non è un imperativo per ogni cosa. Infatti
esistono tre condizioni in cui ogni esistenza mutevole può trovarsi: il
movimento ascendente, lo stato di arresto e la caduta verso il basso.
La natura nei suoi stadi inferiori si muove verso l'alto a livello
collettivo, cercando la salvezza finale solo per un numero limitato dei
suoi membri. Non da ogni forma di materia nasce la vita, nonostante ogni
forma di materia brulichi dello spirito di vita e sia pregna del suo
urgente bisogno di liberarsi e di manifestarsi. Non ogni forma di vita
dà origine alla mente, anche se la mente è presente in ogni forma di
vita, insistente, alla ricerca della propria liberazione e
manifestazione. Neppure ogni essere mentale è adatto a manifestare la
Verità ideale, nonostante in ogni essere mentale, - nel cane, nella
scimmia e nel verme non meno che nell'uomo -, lo spirito di verità e di
conoscenza imprigionato cerchi la via per la liberazione e per
l'espressione di sé.
La natura per ogni piano della propria costruzione cerca in primo luogo
di assicurare l'esistenza delle sue creature di quel piano; solo dopo
che questo obiettivo primario è stato raggiunto cerca attraverso le
creature più adatte di superare la propria opera, di rompere ciò che ha
costruito per andare oltre e raggiungere qualcos'altro. E' solo quando
giunge all'uomo che dispone di un genere nel quale ogni individuo è
essenzialmente in grado di realizzare dentro sé non solo ciò che è
naturale ma anche ciò che trascende la natura, ed anche questo è vero
con le dovute eccezioni ed in gradi diversi a seconda degli individui.
Di tutto ciò conviene però parlare dettagliatamente in un altro momento.
Ciò nonostante, rimane vero che il movimento ascendente è la tendenza
primaria della natura; lo stato di arresto è una realizzazione
inferiore, e se perfetta, una perfezione passeggera, transitoria. Si
tratta di una perfezione nei reami della lotta e nell'ambito delle forme
mutevoli, una realizzazione nel regno di Ashanaya Mrityu, la Fame che è
morte, la Fame che crea e si nutre delle proprie creature.
Il movimento ascendente è quello che ci conduce dalla morte
all'immortalità e realizza su questa terra e nel corpo il Regno dei
Cieli luminoso e beato; la caduta verso il basso è distruzione, è
l'Inferno, la grande perdizione, mahati vinastih.
La Gita indica l'esistenza di tre gati o stati finali del divenire,
uttama, madhyama, adhama, superiore, intermedio ed inferiore, tra i
quali l'umanità può scegliere. Ognuno di noi deve scegliere. A seconda
di come scegliamo, Dio si realizzerà in noi attraverso una soddisfazione
umana passeggera, una perfezione divina o una decomposizione della
nostra umanità nel fecondo materiale di scarto della Natura.
Ogni stato naturale è quindi un passo verso un qualche stato
soprannaturale, verso qualcosa di per se stesso naturale ma superiore a
ciò che lo precede. La Vita è soprannaturale per la Materia; la Mente è
soprannaturale per la Vita; l'Essere Ideale è soprannaturale per la
Mente e lo Spirito Infinito è soprannaturale per l'Essere Ideale. Perciò
dobbiamo accettare come nostra meta il soprannaturale, perché la
tendenza della nostra natura verso la supernatura che la sovrasta è un
imperativo del Potere del Mondo, al quale si deve obbedire in modo
indiscusso e senza ribellione.
E' a questo punto che la Fede diventa importante, e la Religione, se non
corrotta, diviene di grande utilità, poiché la nostra mente cerca di
restare ancorata alla propria natura ed è scettica riguardo alla
possibilità di superarla. La fede e la religione furono un dono della
Saggezza Universale per abituare l'uomo naturale e puramente mentale ai
richiami della sua anima ideale, che cerca sempre di uscire dal
crepuscolo nella luce del giorno, di emergere dall'oscurità nella quale
brancola verso la verità, di lasciare le impressioni dei sensi ed il
ragionamento per arrivare alla visione e all'esperienza diretta. La
tendenza ascendente è imposta su di noi e non possiamo resisterle per
sempre; prima o poi Dio imporrà su di noi le Sue mani e ci spingerà a
salire lungo il pendio scosceso così difficoltoso per i nostri passi non
ancora rigenerati.
Allo stesso modo in cui l'animale tende verso l'umanità e nei suoi
esemplari più flessibili raggiunge un certo tipo di umanità, con la
stessa sicurezza con cui la comparsa della scimmia e della formica ha
portato inevitabilmente alla venuta dell'uomo, così l'uomo evolve verso
il divino ed attraverso gli individui più capaci si avvicina sempre più
alla divinità ottenendo una forma deità, e poiché il genio ed il santo
sono una realtà l'uomo è costretto a sviluppare dentro e fuori di sé il
superuomo, il siddha purusa.
Per giungere a questa conclusione non occorrono poteri profetici o
rivelazioni; è l'inevitabile corollario delle precedenti dimostrazioni
che la Natura ha fornito nel suo vasto laboratorio.
Dobbiamo trascendere la Natura, per divenire la Supernatura, ma da
quanto detto in precedenza si deduce che dovremmo procedere servendoci
di qualcosa che è ancora imprigionato nella Natura stessa, seguendo la
strada che la Natura stessa sta tentando di aprire per noi.
Cedendo alla nostra natura ordinaria ci allontaniamo dalla Natura stessa
e da Dio; trascendendo la Natura soddisfiamo il suo impulso più forte;
realizziamo tutte le sue possibilità e ci innalziamo verso Dio. L'umano
dapprima tocca il divino e poi diviene il divino stesso.
Esistono uomini che cercano di uccidere la Natura per divenire il Sé.
Dovremmo forse seguirli?
Certamente no, per quanto sublime ed elevato sia il loro sentiero e per
quanto possente e splendida sia la loro aspirazione, perché ciò non è il
volere di Dio per l'umanità e quindi non è il nostro vero dharma.
Lasciate pure che qualcuno dica, se vuole, che abbiamo operato una
scelta inferiore. Risponderemo nel linguaggio della Gita sreyan
svadharmo vigunah: migliore è la legge del nostro essere sebbene
inferiore, perché troppo pericolosa è la legge superiore di un altro
essere. Obbedire alla volontà di Dio in noi è senz'altro più gioioso, e
forse anche più divino, che innalzarsi fino alle austere altezze dell'Advaitin
e giungere all'ineffabile annullamento di sé in un'Esistenza
indefinibile. A noi basta l'abbraccio di Krishna e la gloria del grembo
possente di Kali. Dobbiamo trascendere e possedere la Natura, non certo
ucciderla.
Ad ogni modo, qualunque possa essere la scelta riservata ad individui
eccezionali, ciò che noi cerchiamo senza dubbio o esitazione alcuna, è
un sentiero di realizzazione suprema per l'umanità in generale, perciò
non ti propongo attraverso lo Yoga un cammino individuale incurante del
resto dell'umanità. Né le esagerazioni della spiritualità, né quelle del
materialismo sono il nostro autentico sentiero. Qualunque movimento
umano che neghi la Natura, sia esso religioso, nobile o ascetico, pur se
di una spiritualità e di una purezza accecante, ha sempre portato e
sempre porterà con sé fallimento, frustrazione, disillusione e
perversione, perché per sua stessa natura rappresenta per la massa
dell'umanità un impulso passeggero verso l'esagerazione, in quanto
contraddice ciò che Dio ha stabilito facendo della Natura un elemento
indispensabile per la Sua realizzazione nell'universo e di noi degli
strumenti prescelti e dei collaboratori per l'opera della realizzazione
divina sulla terra.
Qualunque movimento umano che ci inviti ad accontentarci della nostra
Natura ordinaria, a soggiornare sulla terra, a cessare di aspirare al
nostro Cielo interiore ed a scegliere di vivere come animali protesi
verso il nostro futuro mortale ed attratti verso il basso dalla terra
che coltiviamo e non verso l'alto da Dio e dalla nostra aspirazione
inappagata, è destinato a portare noia, stagnazione, a finire ben presto
o a suscitare una reazione repentina e violenta verso il soprannaturale,
perché anche questo rappresenta per la massa dell'umanità un impulso
passeggero verso l'esagerazione ed è contrario al piano di Dio che è
entrato in noi ed abita segretamente nella nostra natura per attirarci
verso di Sé con una forza istintiva, globale e travolgente.
I movimenti materialisti sono più innaturali delle religioni ascetiche e
delle filosofie basate sulla negazione, perché queste almeno ci spingono
ad innalzarci, anche se vanno troppo veloci e conducono troppo lontano
per la nostra umanità; il materialista invece con la pretesa di farci
ritornare alla Natura ci separa completamente da lei. Egli dimentica o
non vede che la Natura è Tale solo a livello fenomenico, ma in realtà è
Dio. L'elemento divino in lei è ciò che veramente ed essenzialmente è;
il resto è solo una condizione accessoria, parte del processo di
rivelazione progressiva della divinità segreta. Egli dimentica anche che
la natura è in evoluzione, e non pienamente evoluta, e quindi ciò che
siamo ora non può mai essere un termine di paragone per stabilire ciò
che saremo domani. Il soprannaturale non può che essere la vera logica
delle cose, lo scopo e la meta del divenire.
Perciò, la prima cosa che dobbiamo imparare, se vogliamo essere yogin
completi e procedere con sicurezza verso la nostra perfezione divina, è
non essere intrappolati, non rimanere impantanati e vincolati dalla
Natura e nello stesso tempo non accanirci contro di lei e distruggerla.
Tutti gli esseri, anche i saggi, seguono la propria natura e che
vantaggio potranno mai procurare la costrizione e la tortura? Prakrtim
yanthi bhutani, nigrahah kim karisyati? Ed è tutto talmente inutile!
Ti senti intrappolato da lei e desideri ardentemente la liberazione?
Solo nelle sue mani troverai la chiave che scioglierà i tuoi ceppi.
Si frappone forse tra te ed il Signore? Lei è Sita; pregala, e si farà
da parte per mostrarti il Suo volto; non credere però di poter separare
Sita da Rama, di poterla relegare prigioniera in qualche lontana Lanca
per possedere Rama tutto per te in Ayodhya. Lotta con Kali, se vuoi;
Kali ama un buon combattente; ma non combattere con lei in modo freddo e
distaccato o con odio e ripugnanza, perché la sua irritazione è
terribile e distrugge gli Asura, pur amandoli. Piuttosto studiala
attentamente e poniti sotto la sua protezione; avvicinati a Lei con la
giusta comprensione e con Volontà pura e risoluta; ti condurrà magari
girando intorno, ma nel modo più sicuro e saggio verso la Persona Beata
e la Presenza Ineffabile. La Natura è il Potere stesso di Dio che guida
la moltitudine degli esseri attraverso la notte ed il deserto, oltre le
linee nemiche, verso l'eredità segreta che è stata loro promessa.
La supernatura, quindi, è il vero scopo del nostro Yoga; rimanere
naturali nel mondo e trascendere la natura nell'interiorità in modo tale
da poter, sia interiormente che esteriormente, prendere possesso della
Natura e godere di lei come esseri liberi e signori, svarat e samrat ;
restando un simbolo in un mondo di esseri-simbolo raggiungere ciò che il
simbolo rappresenta, comprendere il simbolo; continuando ad essere un
membro dell'umanità, un uomo tra gli uomini, un corpo vivente tra corpi
viventi, manus, un essere mentale ospitato dalla materia vivente tra
altri esseri mentali rivestiti di materia vivente, essendo e restando
uguali nei nostri aspetti esteriori, oltrepassare tutto ciò e divenire
nel corpo quello che in realtà siamo nel nostro sé segreto: Dio,
spirito, essere supremo ed infinito, pura Beatitudine fatta di gioia
divina, pura Forza di azione divina, pura Luce di conoscenza divina. La
nostra vita apparente ha soltanto un valore simbolico ed è buona e
necessaria nel divenire; ma ogni divenire ha l'essere come proprio fine
e come propria realizzazione, e Dio è l'unico essere.
Diventare divini nella natura del mondo e nel simbolo dell'umanità é la
perfezione per la quale siamo stati creati.
LA PIENEZZA DELLO YOGA NEL LIMITE
Dobbiamo oltrepassare la nostra condizione umana e diventare divini; per
poter fare questo dobbiamo prima comprendere Dio, perché l'ego è la
parte inferiore ed imperfetta del nostro essere e Dio l'aspetto
superiore e perfetto. Egli è colui che detiene la nostra supernatura e
senza il Suo permesso non può esserci alcuna vera rinascita. Il finito
non può diventare infinito se non percepisce la propria infinità segreta
e non è attirato da e verso di essa; né può l'essere-simbolo, a meno che
non intuisca, ami e persegua in se stesso il Vero Essere, superare con
le sue sole forze i limiti della sua natura apparente. E' una forma
particolare del divenire ed è limitato alla natura del simbolo che deve
diventare; solo il tocco di ciò che comprende ed oltrepassa ogni
divenire può liberarlo dai vincoli della sua Natura limitata. Dio è
Tutto e trascende il Tutto. Di conseguenza soltanto la conoscenza,
l'amore ed il possesso di Dio possono renderci liberi.
Soltanto il Trascendente può renderci capaci di trascendere noi stessi;
solo Colui che è universale può renderci vasti, facendoci oltrepassare i
limiti della nostra esistenza particolare.
Tutto ciò giustifica l'esistenza di quella forza della Natura, potente
ed indistruttibile, che il Razionalismo ha disprezzato ingiustamente e
stupidamente: la Religione. Sto parlando di religione - non di un credo,
di una chiesa o di una visione teologica, perché queste sono forme
esteriori di religiosità piuttosto che l'essenza della religione o la
sua vera azione, - di quella religione intima e personale, questione di
temperamento, spirito e vita, non di opinioni o azioni rituali, che
trascina l'uomo completamente ed appassionatamente verso la sua
personale visione del Supremo o verso l'idea di qualcosa di superiore a
se stesso, che egli sente di dover seguire o diventare. Senza una
fervente adorazione del Supremo nel cuore, una potente aspirazione nella
volontà o una sete veemente di Lui nel temperamento, non possiamo avere
l'impulso di diventare qualcosa di diverso da noi stessi o la forza di
fare qualcosa di così difficoltoso come trascendere la nostra natura
umana radicata e possessiva.
I profeti hanno parlato e gli Avatar sono scesi sulla terra sempre ad
unico scopo: richiamare la nostra attenzione su Dio, farci tendere con
tutte le nostre forze verso questa chiamata e predisporre qualcosa nel
mondo in grado di avvicinare l'umanità alla meta del suo difficile
cammino ascendente.
A prima vista può sembrare che la religione e lo spirito religioso non
siano necessari. Se lo scopo è superare l'uomo ed evolvere verso il
superuomo, se il paradigma evolutivo corrisponde a verità, - e l'uomo si
è evoluto dalla scimmia, la scimmia dagli animali inferiori, questi a
loro volta da molluschi, protoplasmi, meduse e forme tra l'animale ed il
vegetale -, che necessità c'è di qualcosa di diverso dall'addestramento,
meglio se il più intelligente e scientifico possibile, delle nostre
energie mentali, morali e fisiche, fino a che non siano trasformate
dall'alchimia psichica della Natura nel genere superiore che deve
venire?
Il problema non è davvero così semplice.
In questa domanda scettica si nascondo tre errori basilari. Con essa
fraintendiamo il genere di operazioni da effettuare, le caratteristiche
del potere e del processo che le compie e la natura di ciò che utilizza
il potere e che progetta il processo.
La Natura non propone all'uomo di elaborare un esemplare superiore a
livello mentale, morale e fisico variando il modello dell'attuale essere
umano, del simbolo che siamo; propone di spaccare il modello generale
della specie per arrivare ad un nuovo essere-simbolo che sarà
soprannaturale per l'uomo attuale come l'uomo lo è per l'animale. E'
opinabile che la Natura possa migliorare il modello puramente umano più
di quanto non abbia fatto finora; che possa generare ad esempio un
modello mentale migliore di Newton, Shakespeare, Cesare o Napoleone, un
modello etico superiore a Buddha, Cristo o San Francesco, un modello
fisico più potente dell'atleta Greco antico, o per fare esempi moderni,
di un Ramamurti. Può cercare di creare una migliore combinazione di
energie mentali e fisiche, ma può davvero oltrepassare il livello
raggiunto da Confucio e Socrate?
E' più probabile, e sembra essere vero, che la Natura cerchi di
generalizzare un livello più elevato ed una migliore combinazione di
energie mentali, morale e fisiche. Non dobbiamo però credere che il suo
scopo sia portare tutti gli uomini allo stesso livello, poiché ciò può
avvenire solo tramite un livellamento in basso. Nulla in Natura è privo
di diseguaglianze, tranne le forme inferiori e meno evolute. Maggiore è
lo sforzo compiuto e migliore è la dotazione dell'organismo in una certa
specie, maggiori sono le possibilità di disuguaglianza. In una specie
evoluta come quella Umana, l'uguaglianza delle opportunità individuali è
concepibile, ma l'uguaglianza delle capacità e dei talenti naturali è
una vana chimera. Né si può dire che la diffusione delle conoscenze o
l'aumento degli strumenti materiali influenzino le capacità naturali.
Tutte le scoperte degli scienziati moderni e le innumerevoli conoscenze
disponibili non rendono l'uomo attuale mentalmente superiore ad
Aristotele o a Socrate, né gli danno maggiori acutezza e potenza
mentali. Le diverse espressioni della filantropia moderna non lo rendono
moralmente superiore a Buddha o a San Francesco; l'invenzione
dell'automobile non gli restituisce l'agilità e la velocità perdute, né
la ginnastica gli conferisce la prestanza fisica della razza negra o
degli indiani d'America. Da ciò vediamo i limiti delle possibilità della
Natura nel simbolo umano, imposti dalle caratteristiche intrinseche al
simbolo stesso e riconosciuti dalla Natura nel suo sforzo per la
trasformazione.
E' da stabilire se entro tali limiti la preoccupazione principale della
Natura sia quella di esaurire tutte le possibilità del simbolo umano.
Questa sembra piuttosto la preoccupazione dell'essere umano e quindi la
direzione che la Natura sceglie quando l'intelletto umano interferisce
con l'andamento naturale. Lasciata a se stessa, o soggetta
all'interferenza umana, la Natura sembra più occupata a rompere lo
stampo che a perfezionarlo, solamente nei suoi individui più avanzati e
nelle sue sperimentazioni più ardite e con il dovuto riguardo per la
salvezza del genere umano in quanto tale; questo è sempre il metodo che
predilige quando vuole far emergere un nuovo simbolo senza distruggere
le specie preesistenti.
Più l'uomo diviene civilizzato, più la Natura lo affligge con deformità
morali, eccessi e mescolanza di vizi e virtù; più diviene intellettuale
e porta all'estremo la propria razionalità, più la Natura si mostra
insoddisfatta e lo spinge a sviluppare piuttosto i propri istinti e le
proprie intuizioni; più egli combatte per la salute e l'igiene, più lei
moltiplica le malattie della mente e del corpo. Non appena l'uomo sembra
aver trionfato sul soprannaturale, riducendo la Natura a termini
materiali, razionali ed umani ecco che quest'ultima se ne esce
improvvisamente ed aggressivamente con impensabili ondate di ritorno
esagerato al soprannaturale.
Qualunque sia l'opera che decide di intraprendere non si lascerà
ostacolare dalla limitatezza della ragione umana. Nell'immensa vastità
del proprio essere percepisce la pulsazione di un potere soprannaturale,
l'opera ed il lavorio di una conoscenza superiore alla ragione
materiale; perciò prorompe, obbliga ed insiste. Dovunque vediamo i suoi
tentativi di rompere il genere mentale, morale e fisico che ha creato
per oltrepassarlo e creare nuovi processi non ancora definiti. Attacca
deliberatamente la pienezza della salute e dell'equilibrio del nostro
essere intellettuale, morale e fisico. Soffre anche di una tendenza
all'esagerazione: strutture colossali, combinazioni colossali, altezze e
velocità colossali, sogni ed ambizioni colossali compaiono un po'
dappertutto, più o meno chiaramente o velatamente. Ancora incapace di
realizzare il proprio volere nell'individuo, opera con le masse; non
potendo agire nella mente manifesta il proprio potere attraverso forme
materiali ed invenzioni; incapace di compimenti reali si esprime con
sogni e speranze. Incapace di ricreare dei 'Napoleoni' o creare dei 'Super-Napoleoni',
innalza il livello generale delle capacità umane dal quale potranno
emergere più facilmente dei tipi superiori, ed intanto crea corazzate e
super corazzate, potenze mondiali dotate di armi che possono seminare
distruzione nel mondo intero e sembra furiosamente decisa a fare a pezzi
le limitazioni di tempo e spazio da lei stessa create.
Come per indicare ciò che intende raggiungere, riunisce i segni di
questo processo di distruzione e ricostruzione nel genio. E' risaputo
che difficilmente la genialità si manifesta priva, nella fase emergente
o in ogni sua fase, di anomalie nel corpo, nel vitale e nella mente che
la contiene; spesso si accompagna a fattori degenerativi, a
manifestazioni di follia, ad anomalie nell'ereditarietà , creando
disordini e fenomeni straordinari nell'ambiente in cui si manifesta. La
tendenza spiccata a generalizzare in maniera affrettata porta a
concludere che il genio stesso è un fenomeno morboso, connesso con la
malattia mentale o con la degenerazione, ma la vera spiegazione di
questi fenomeni è piuttosto chiara.
Per instaurare il genio nel sistema umano la Natura è costretta a
disturbarne ed a romperne parzialmente la normalità , perché sta
introducendo in esso un elemento estraneo e superiore al genere che
vuole arricchire. Il Genio non è l'evoluzione perfetta di quell'elemento
nuovo e divino; è soltanto un inizio o, al massimo, un'approssimazione
parziale. Procede in modo incostante ed incerto nell'enorme massa di
disordine dell'atmosfera mentale, dell'instabilità vitale e
dell'animalità fisica umana. In se stessa la cosa è divina; è soltanto
lo stampo in cui opera che è ,in misura maggiore o minore, frantumato o
incrinato dalla forza non assimilata che lo riempie. Talvolta un raggio
dell'intruso divino si protende verso lo stampo per sostenerlo affinché
non si rompa, né si incrini, o affinché si verifichino solo disordini
lievi e trascurabili. Tale elemento era presente in Cesare, Shakespeare
e Goethe.
Talvolta si manifesta anche una forza che non possiamo definire genio,
se non commettendo un errore di terminologia. Allora coloro che hanno
occhi per vedere si inchinano riconoscendo l'Avatar. La missione dell'Avatar
è spesso quella di incarnare, completamente o solo parzialmente, ciò che
la Natura non è ancora riuscita a realizzare nelle masse o nemmeno nel
singolo individuo, così da poterlo imprimere nell'etere materiale in cui
viviamo.
Qual è dunque questo nuovo tipo a cui la grande Madre sta lavorando? Che
cosa nascerà dalle grida e dalle doglie di questa gravidanza prolungata
e potente?
Forse un genere superiore di umanità, ma per capire ciò che stiamo
dicendo dobbiamo prima comprendere chiaramente che cos'è questa umanità
che la grande Madre sta cercando di superare.
Il simbolo umano attuale è un essere mentale con un ego mentale che
agisce in un rivestimento vitale sempre attraverso la mente, ma sulla
materia, nella materia ed attraverso la materia. E' limitato nelle sue
opere più elevate dai suoi strumenti inferiori; il fondamento della sua
mente è egoistico, legato alle sensazioni e determinato dall'esperienza
e dall'ambiente, perciò la sua conoscenza si allarga e si restringe
ciclicamente in un intervallo rigido e limitato. Similmente il suo
temperamento morale e le sue azioni sono egoistiche, legate alle
sensazioni e determinate dall'esperienza e dall'ambiente; è quindi
legato sia al peccato che alla virtù e tutti i tentativi di moralizzare
radicalmente la razza entro i limiti della sua natura egoistica si sono
dimostrati, nonostante cambiamenti in particolari individui, inutili e
destinati a fallire irrimediabilmente. L'umanità non è soltanto un
genere composito, ma anche confuso, con il corpo ed il vitale che
interferiscono con la mente e la mente che è ostacolata ed al tempo
stesso ostacola il vitale ed il fisico.
La sua ricerca di conoscenza, basata sul contatto con i sensi, è un
brancolare, simile a quello dell'uomo che ha smarrito la strada nella
foresta di notte. Entra in contatto con l'ambiente tastando, cozzando ed
inciampando in ciò che lo circonda e, seppur dotato della luce incerta
della ragione che compensa parzialmente questa incapacità, dato che la
ragione deve comunque partire dai sensi che falsificano i dati in
maniera consistente, la sua conoscenza razionale non è solo limitata, ma
anche zeppa di imprecisioni ed incertezze persino in ciò che ritiene di
aver compreso. Mette al sicuro rari fiori di verità in un groviglio
spinoso di dubbi ed errori. Anche le sue azioni sono un districarsi a
fatica nella foresta, un incedere ottimista e tormentato, costellato di
ostacoli, verso grandi fallimenti o successi temporanei e parziali.
Immensamente superiore a tutto ciò che la Natura ha realizzato finora,
questo genere è ancora così carico di limiti ed incapacità che se non
fosse possibile rompere la sua forma e proseguire, dovremmo dar ragione
alle filosofie pessimiste che disperano della Vita e vedono nella
Volontà di non vivere l'unica via di fuga per l'umanità, non concependo
per quest'ultima nessun'altra forma di salvezza. Ma la Natura è la
volontà del Dio di Infinita Saggezza e non sta lavorando per ridurre il
mondo all'assurdo. Conosce la propria meta e sa che l'uomo attuale è
solo un essere di transizione e, compatibilmente con la sopravvivenza
del genere umano, spinge verso ciò che sta oltre, prefigurato nella
conoscenza eterna di Dio.
Dalla parzialità dell'ego procede verso una coscienza universale, dalle
attuali limitazioni verso un movimento libero nell'infinito, da questa
mente che brancola nel crepuscolo verso la visione diretta della cose,
visione rischiarata dalla piena luce del sole, da questa lotta senza
fine tra vizio e virtù ad un incedere che segue spontaneamente il
sentiero indicato da Dio, da questo agire frammentario e costellato di
dolore ad un'attività gioiosa e libera, da questa lotta caotica tra le
nostre membra ad una coordinazione pura, libera ed armoniosa, da questa
mente immersa nella materia ad una vita, un corpo ed una mente ideale ed
illuminata; dal simbolo alla realtà; dall'uomo separato da Dio all'uomo
in Dio e Dio nell'uomo. In breve, come la Natura ha desiderato con
successo il passaggio dalla materia alla vita, dalla vita alla mente ed
all'ego mentale, così ora aspira con successo già decretato ad un
elemento che va oltre la mente, il vijnana degli Indù, l'Idea luminosa
in se stessa o il Vero Sé, attualmente nascosto e supercosciente per
l'uomo e per il mondo, allo stesso modo in cui la vita è sempre stata
nascosta nella materia e la mente nella vita. Ancora non sappiamo In
cosa consista questo vijnana , ma per suo tramite la Natura sa che può
reggersi fermamente su quel termine supremo che è la realtà di tutti i
simboli, nello Spirito in Saccidananda.
Lo scopo della Natura è anche quello dello Yoga. Lo Yoga, come la Natura
ai propri vertici, cerca di rompere questo stampo dell'ego, questa forma
di corpo e vitale mentalizzati, per conseguire l'azione ideale, la
verità ideale e la libertà infinita nel nostro essere spirituale. Per
raggiungere un fine così grande si devono usare processi grandiosi e
pericolosi. Coloro che si sono lanciati su questa strada o hanno aperto
nuovi sentieri verso la meta hanno dovuto affrontare la possibilità,
spesso realizzatasi, di perdere la ragione, la vita e la salute o di
perdere il proprio essere morale. Non devono essere compatiti o derisi
anche se soccombono; piuttosto considerati martiri del progresso
dell'umanità, molto più del navigatore sperduto o dello scienziato
ucciso dai pericoli della sua ricerca.
Costoro preparano coscientemente la suprema realizzazione possibile,
verso la quale il resto dell'umanità procede istintivamente ed
inconsciamente. Lo Yoga è il mezzo d'elezione che la Natura riserva per
il raggiungimento del proprio fine, dopo che avrà finito di portare
almeno una parte dell'umanità ad un livello di temperamento adatto allo
sforzo, intellettualmente, moralmente e fisicamente preparato per avere
successo. La Natura procede verso la supernatura, lo Yoga si muove verso
Dio; l'impulso del mondo e l'aspirazione umana sono un unico movimento e
la medesima avventura.
LA NATURA
Se tale è l'opera da compiere, non il perfezionamento della forma umana
attuale ma la sua rottura per giungere ad un genere superiore, quali
sono dunque il potere ed il processo che la realizzano? Cos'è questa
Natura di cui parliamo tanto?
Abitualmente ne parliamo come di qualcosa di potente e consapevole che
vive ed è capace di progetti; le attribuiamo un fine, unitamente alla
saggezza necessaria per perseguirlo ed al potere di realizzarlo. Il
nostro linguaggio è veramente giustificato dalla realtà che osserviamo
nell'universo o non è dovuto soltanto della nostra inveterata abitudine
di attribuire ad ogni cosa caratteristiche umane e di considerare
intelligenti processi che non lo sono, processi che si verificano solo
perché ciò è nella loro natura e quindi devono avvenire e non perché
esista un qualche atto di volontà, e creano questo meraviglioso universo
ordinato per qualche necessità cieca e bruta, di natura ed origine
inconcepibile per gli esseri intelligenti?
Se così è questa forza cieca e bruta ha prodotto qualcosa di superiore a
se stessa, qualcosa che non è stato concepito nel suo grembo e che non
le appartiene in alcun modo.
Non possiamo comprendere che cosa siano l'essere e la Natura, non perché
ancora troppo piccoli e limitati ma perché ci troviamo troppo al di
sopra dell'essere e della Natura. La nostra intelligenza è una
macchiolina luminosa immersa in un'oscurità dalla quale non può essere
stata generata, dato che in quell'oscurità nulla viene considerato la
causa delle proprie creazioni. A meno che la mente non fosse insita
nella materia bruta, ed in tal caso si può parlare di materia bruta solo
in apparenza, sarebbe stato impossibile per la materia dare origine alla
mente. Tutto ciò ci porta a trarre conclusioni assurde e quindi non può
essere vero. Dobbiamo quindi concludere che se la materia è bruta lo è
anche la mente.
L'intelligenza è un'illusione; non esiste altro che uno scontrarsi di
impulsi materiali che creano vibrazioni e reazioni nella materia,
reazioni che si traducono in fenomeni apparentemente intelligenti. La
conoscenza è soltanto una relazione tra materia e materia e non è
sostanzialmente diversa, né in qualche modo superiore alle interazioni
ed agli urti tra atomi o allo scontro tra due tori al pascolo. Gli
agenti materiali coinvolti ed i fenomeni prodotti sono diversi e perciò
non riteniamo il contraccolpo che ognuno dei tori riceve durante lo
scontro corna a corna un atto di conoscenza o dettato dall'intelligenza,
ma ciò che si verifica è intrinsecamente la medesima cosa.
L'intelligenza è essa stessa inerte e meccanica, mero risultato
fisiologico di un movimento fisiologico e non ha nulla di psichico o
mentale nel senso da sempre attribuito alle parole anima e mente. Tale è
la visione del moderno razionalismo scientifico, espressa a dire il vero
con parole diverse da quelle tipiche dello scienziato, parole che ne
rendono evidenti le conseguenze e le implicazioni logiche, ma in ogni
caso la moderna spiegazione dell'esistenza dell'universo.
Nell'ambito di tale visione una cosa è costituita dalla sua
composizione, dalle proprietà tipiche della composizione e dalla leggi
di funzionamento imposte da tali proprietà; ad esempio il ferro è
composto da certe sostanze elementari, a causa della sua composizione
chimica possiede determinate proprietà, come ad esempio la durezza, e si
comporterà in un dato modo in certe circostanze proprio in virtù delle
sue proprietà. Trasponendo questo ragionamento su vasta scala vediamo
l'universo come un insieme di forze brute che agiscono in determinate
sostanze materiali, forze dotate in se stesse e nelle sostanze su cui
agiscono di proprietà primarie e secondarie, generali e particolari e la
cui azione è il risultato di tendenze invariabili e processi determinati
che chiamiamo, con un'espressione chiaramente antropomorfa, "Leggi di
Natura".
Ad un'analisi attenta la Natura appare come il gioco di due entità:
Forza e Materia; ma entrambe, se la visione unitaria dell'universo è
corretta, saranno riconosciute come un'unica entità, o solamente Materia
o solamente Forza.
Anche accettando questa visione moderna dell'universo, visione che
scomparirà certamente nell'arco di un secolo, inglobata in una sintesi
più ampia, resta ancora qualcosa da aggiungere circa la presenza o
l'assenza di intelligenza nella Natura. In che cosa consiste dopotutto
l'intelligenza, quali sono le proprietà e le leggi inerenti alla sua
composizione? Che cos'è dunque l'intelligenza umana, il solo tipo di
intelligenza che siamo in grado di studiare intimamente e quindi di
comprendere?
E' contraddistinta da tre qualità o processi che le sono propri: il
potere di cambiare, di adattarsi per raggiungere uno scopo, la capacità
di distinguere i diversi stimoli che colpiscono i suoi sensi ed il
potere di comprendere coscientemente a livello mentale. In breve,
l'intelligenza umana è teleologica, capace di discriminazione e
mentalmente cosciente. Riguardo a tutto ciò che non è umano, animali,
alberi, metalli e forze, non possiamo asserire nulla dall'interno, ma
soltanto inferire la presenza o l'assenza di elementi di consapevolezza
dall'evidenza prodotta dall'osservazione esterna. Non possiamo dire con
certezza, non potendo sperimentare l'essere albero, che l'albero non sia
in realtà una mente imprigionata nella materia, incapace di esprimersi
con i mezzi a sua disposizione; non possiamo dire che non provi emozioni
di piacere o di dolore; ma da quanto ci appare dall'esterno traiamo la
conclusione contraria. La nostra conclusione negativa è probabile, non
certa; potrebbe essere negata a sua volta con l'avanzare della
conoscenza.
Comunque, anche attenendoci strettamente all'evidenza, quali sono i
fattori che si evidenziano in questo paragone tra ciò che in Natura
riteniamo intelligente e la Natura che consideriamo priva di
intelligenza?
In primo luogo la Natura possiede una capacità teleologica ed una
conoscenza dei processi che ne derivano decisamente superiore a quella
umana; è in grado di porsi un fine, di combinare, di adattare,
modificare ed unificare strumenti e processi per raggiungerlo; possiede
la capacità di lottare e di superare le difficoltà, di scovare mezzi per
aggirare gli ostacoli quando non è in grado di superarli e questo è
proprio uno degli aspetti ritenuti più nobili e divini dell'intelligenza
umana, ma la manifestazione di questa facoltà nell'essere umano è
soltanto una specializzazione della sua azione universale nella Natura.
Questa facoltà della Natura si manifesta parzialmente nell'uomo
attraverso la ragione, negli animali attraverso un raziocinio scarso e
rudimentale ed in gran parte attraverso istinto, memoria, impulso e
sensazione, nella piante ed in altri oggetti tramite un raziocinio
scarsissimo e soprattutto attraverso impulso o azione meccanica,
cosiddetta involontaria. Ma in ogni cosa è presente un fine e la
tensione verso di esso, ed in ogni cosa i mezzi usati sono gli stessi.
Anche nell'uomo la Natura si serve della ragione solo per identificare
gli scopi ed i processi, continuando ad utilizzare ampiamente mezzi
tipicamente animali, memoria, impulso, sensazione, istinto; forse si
tratta un istinto meno direttivo e più generico di quello tipicamente
animale, ma sicuramente indirizzato ad un fine ed a scopi ben precisi;
per altri aspetti utilizza gli stessi impulsi meccanici e lo stesso tipo
di azione involontaria tipici di ciò che erroneamente definiamo
esistenza inanimata. Asteniamoci dal pensare che la prodigalità della
Natura, il suo spreco di materiali, i frequenti fallimenti, le apparenti
bizzarrie o i suoi frequenti sgambetti siano la dimostrazione
dell'assenza in Lei di intenzionalità e di intelligenza. L'uomo con la
sua ragione è colpevole delle stesse negligenze e deviazioni, ma né
l'Uomo, né la Natura sono per questo privi di intenzionalità e di
intelligenza. E' la Natura che costringe l'Uomo stesso a superare la
propria tendenza fortemente utilitaristica, perché conosce molto di più
dell'economista o del filosofo utilitarista. Si tratta di
un'intelligenza universale che deve badare ad ogni effetto universale e
particolare, prendendosi cura dell'intero senza trascurare alcun
dettaglio; deve curarsi di ogni dettaglio a livello di gruppo, di genere
e dell'insieme di tutte le specie esistenti al mondo.
L'uomo, intelligenza specifica limitata dalla propria ragione, non è
capace di una tale vastità; egli pone davanti a sé i propri fini e non
comprende quando questi minano il suo benessere generale, né riesce ad
intuire se i suoi scopi contrastano con il fine universale. I fallimenti
della Natura hanno una loro utilità, e con il tempo vedremo quanto
grande ed importante essa sia; le sue bizzarrie nascondono una grande
serietà.
Soprattutto la Natura ricorda che, al di là di ogni fine formale, il Suo
unico scopo è ritrovare la gioia universale, utilizzando accomodamenti
successivi come strumenti d'azione, ma superando poi qualunque mezzo; la
Natura procede verso quella gioia e gioisce del cammino, gioisce del
lavoro da compiere e di ciò che lo supera.
Da quanto detto finora, considerando la Natura come cosciente si se
stessa, arriviamo a concludere che la Natura è teleologica in modo più
ampio e perfetto di quanto non lo sia l'uomo e l'essere umano è capace
di porsi un fine solo in quanto parte della Natura e dotato degli stessi
mezzi elementari tipici delle piante e degli animali e di mezzi nuovi
propri della mente. Si potrà obiettare che tutto ciò non è Intelligenza,
perché l'intelligenza non è solo teleologica ma anche capace di
discriminare e mentalmente cosciente. La Natura possiede al massimo
grado la capacità di discriminazione meccanica, infatti in sua assenza
qualsiasi processo teleologico risulterebbe impossibile. Il viticcio che
si protende dritto nell'aria, a contatto con una fune, un paletto di
legno o lo stelo di una pianta immediatamente lo afferra come se avesse
le dita e muta la propria crescita rettilinea in un movimento a spirale,
sinuoso, avvolgendosi strettamente attorno al supporto. Che cosa provoca
il cambiamento? Che cosa induce il riconoscimento del supporto e della
possibilità di un nuovo modo di muoversi? L'istinto del viticcio che non
è sostanzialmente diverso dall'istinto del neonato che afferra il seno
della madre o dagli istinti dell'uomo nei suoi bisogni e nelle sue
azioni più meccaniche. Vediamo il 'loto della luna' aprire i propri
petali per salutare la luce lunare e richiuderli all'arrivo del giorno.
In che modo questo movimento discriminante differisce dalla reazione
istintiva che fa ritrarre la mano dal contatto con il fuoco o dalla
sensazione di disgusto e di irritazione che ci fa allontanare
meccanicamente da una scena orribile, o ancora dalla reazione mentale di
chiusura e rifiuto di un'idea o un'opinione sgradevole? A livello
intrinseco non sembra esserci alcuna differenza, ma c'è una diversità di
circostanze. L'azione del loto non è eseguita con consapevolezza
mentale, mentre le altre azioni sono accompagnate da questo elemento
estremamente importante.
Riteniamo erroneamente che non esista volontà nell'azione del viticcio e
del loto e nemmeno discernimento. Al contrario esiste una volontà , ma
non una volontà mentalizzata; esiste un potere di discernimento, ma non
un discernimento mentalizzato. Diciamo che si tratta di qualcosa di
meccanico, ma capiamo veramente ciò che stiamo dicendo? E adoperiamo
così altri termini, chiamando forza la volontà e reazione naturale o
tendenza organica il discernimento. Tutti questi termini sono solo
maschere che nascondono un'identità intrinseca.
Anche se non potessimo proseguire nel nostro ragionamento avremmo già
compiuto un enorme passo in avanti; infatti già concepiamo ciò a cui
diamo il nome di Natura come dotato, contenente o coincidente con una
grande Forza o una grande Volontà, protesa verso un grande fine e verso
un complesso innumerevole di scopi incidentali, tendente a raggiungerli
attraverso fantasiose invenzioni, adattamenti, aggiustamenti e
stratagemmi, per mezzo di un'infallibile capacità di discernere ed
ampiamente capace di compiere il suo lavoro così complesso.
L'intelligenza umana è solo un aspetto limitato ed inferiore di questa
grande Forza, guidato ed usato da essa, al servizio dei suoi scopi anche
quando sembra ostacolarli. Potremmo sempre negare ad un tale Potere la
facoltà dell'Intelligenza, dato che non mostra segni di consapevolezza
mentale e non utilizza per il proprio lavoro un'intelligenza di tipo
umano, ossia mentale, ma la nostra obiezione sarebbe soltanto una
distinzione metafisica.
Praticamente, ponendoci sul piano della vita e non su quello del
pensiero astratto, possiamo ritenere che i risultati di questo potere di
discriminazione privo di intelligenza siano gli stessi che sarebbero
raggiunti da un'Intelligenza universale e che gli scopi ed i mezzi
tipici della volontà meccanica siano identici a quelli che verrebbero
scelti da una Saggezza Onnipotente.
Giungendo ad una simile conclusione, non è forse la stessa Ragione a
chiederci di ammette nella Natura o dietro ad essa la presenza di
un'Intelligenza universale e di una Saggezza Onnipotente? Sei i
risultati sono quelli che proprio quei poteri sarebbero capaci di
creare, non dobbiamo ammettere l'esistenza di tali poteri come cause dei
risultati stessi? Che cos'è più Razionale? Ammettere che risultati
intelligenti sono prodotti dall'Intelligenza o pensare che siano
prodotti da una Macchina cieca, inconsciamente protesa verso la
perfezione? Ammettere che la comparsa dell'intelligenza nell'umanità è
dovuta ad una specializzazione di un'intelligenza segreta che permea
l'universo o ritenerla il risultato di una Forza sostanzialmente priva
del principio di Intelligenza?
Giustificare il paradosso dicendo che le cose sono in un determinato
modo perché ciò è nella loro natura è prendersi gioco della ragione,
perché questo discorso non ci fa avanzare minimamente sulla strada della
ricerca delle cause; sappiamo che le cose stanno così ma ne ignoriamo il
perché.
La vera ragione della moderna riluttanza ad ammettere che la Natura è
dotata di intelligenza e saggezza, o meglio è intelligenza e saggezza, è
la costante associazione operata dalla mente umana tra intelligenza e
saggezza da un lato e personalità cosciente di sé stessa attraverso la
mente dall'altro. Riteniamo che l'intelligenza necessiti di 'qualcuno'
che sia intelligente e di un io che la possieda e la utilizzi. Un
attento esame della coscienza umana dimostra che questa associazione è
errata. L'intelligenza ci possiede e non siamo noi a possederla,
l'intelligenza si serve di noi, non siamo noi ad usarla. L'ego mentale
dell'uomo è una creazione ed uno strumento dell'intelligenza e la stessa
intelligenza è un attributo della Natura, che si manifesta in modo più o
meno rudimentale o evoluto in tutta la vita animale. L'obiezione quindi
viene a cadere. E non è tutto; la Scienza stessa, considerando
correttamente l'ego un prodotto della mente, ha dimostrato che
l'intelligenza non è proprietà esclusiva dell'uomo, ma piuttosto una
forza della Natura, un attributo della Natura e la manifestazione di una
Forza universale.
Rimane ancora una domanda: si tratta di un attributo fondamentale ed
onnipresente o soltanto di qualcosa che si è sviluppato e manifestato in
una minoranza selezionata di opere della Natura? Ancora una volta la
difficoltà deriva dal fatto che associamo l'intelligenza ad una
coscienza organizzata a livello mentale.
Cominciamo ad osservare ed interrogare i dati resi disponibili dalla
Scienza. Prenderemo in considerazione la piante carnivore che si trovano
in America. Siamo in presenza di un organismo vegetale che ha fame,
potremmo dire una fame inconscia, di cibo animale, che necessita di cibo
animale, che progetta una trappola, allo stesso modo del ragno, che
avverte il momento in cui la vittima sfiora la trappola ed
immediatamente si chiude per afferrare la preda, la mangia, la digerisce
e si pone in attesa di altre vittime. Questi meccanismi sono gli stessi
che caratterizzano l'intelligenza mentale del ragno, alterati e
condizionati soltanto dalla relativa immobilità della pianta e
indirizzati solamente, per quanto ci è dato di osservare, alla
soddisfazione del bisogno fondamentale. Perché dovremmo attribuire
intelligenza mentale al ragno e non alla pianta?
Pur essendo rudimentale ed indirizzata verso scopi estremamente
specifici, sembra trattarsi della medesima Forza naturale che agisce nel
ragno e nella pianta, scovando intelligentemente i mezzi per raggiungere
lo scopo e coordinando l'utilizzo di tali mezzi. Se non esiste mente
nella pianta, allora, in modo inconfutabile, l'intelligenza mentale e
quella meccanica sono essenzialmente la stessa cosa; il viticcio che
abbraccia il suo supporto, la pianta che afferra la preda ed il ragno
che cattura la propria vittima sono tutte forme di un'unica Forza di
azione, che possiamo rifiutarci di chiamare intelligenza, se lo
vogliamo, ma che è ovviamente identica all'Intelligenza. La differenza è
tra Intelligenza organizzata sotto forma di mente e Intelligenza non
mentale ma capace di lavorare con una chiarezza di base più ampia, in un
certo modo meno fallibile dell'azione mentale. Alla luce di queste
considerazioni la concezione della Natura come Potere di Intelligenza
infinita, teleologica e capace di discernimento, non organizzata ed
impersonale perché superiore all'organizzazione ed all'aspetto personale
diviene la più probabile, relegando la teoria meccanica al rango di mera
possibilità.
In assenza di certezze la Ragione ci chiede di privilegiare ciò che è
probabile rispetto a ciò che è solamente possibile e preferisce una
spiegazione armoniosa e naturale rispetto ad una conflittuale ed incline
al paradosso.
Possiamo, d'altra parte, essere certi che in questa Intelligenza e nelle
sue opere, la Mente come specializzazione e la Personalità, distinte
dall'ego mentale, siano del tutto assenti se non come manifestazione
superficiale della Mente come sia abituati a concepirla? Siamo portati a
pensare in questo modo perché riteniamo che dove non esistono
manifestazioni animali di coscienza, la coscienza non può esistere e non
esiste. Anche questa è soltanto un'ipotesi. Ricordiamoci che non
sappiamo nulla dell'albero o della pietra se non per le loro
manifestazioni esteriori di vitalità o inerzia.
L'unica conoscenza di cui disponiamo intimamente è quella relativa alla
psicologia umana, ma anche in quest'ambito limitato molte sono le cose
su cui dovremmo riflettere profondamente prima di affrettarci a trarre
conclusioni negative. Un uomo dorme, crede di dormire un sonno senza
sogni, ma sappiamo che in ogni momento la sua coscienza è attiva e
sogna, sogna continuamente; egli non sa nulla del proprio corpo e di ciò
che lo circonda e nonostante ciò il corpo svolge autonomamente tutte le
operazioni necessarie alla vita. Nell'uomo svenuto o in trance si
verifica lo stesso fenomeno di divisione dell'essere: la coscienza
interiore attiva mentalmente è separata dal corpo che è mentalmente
piatto come l'albero o la pietra, ma vitale e funzionante come l'albero.
La catalessi mostra il fenomeno ancora più curioso di un corpo morto ed
inerte come la pietra, privo finanche della vitalità dell'albero, e di
una mente perfettamente consapevole di se stessa, dei propri mezzi e di
ciò che la circonda, sebbene non più in possesso dei propri mezzi e
quindi incapace di influire sulle circostanze esterne. Di fronte a tali
esempi come possiamo sostenere che non c'è vita nella pietra e che non
esiste mente nella pietra o nell'albero?
La premessa del sillogismo con cui la scienza nega la mente all'albero o
la vita alla pietra, cioè l'asserire che l'assenza di manifestazioni
vitali o di consapevolezza mentale prova la non esistenza della vita e
della consapevolezza mentale stesse, si rivela falsa. Emerge così, in
ragione dell'unità della Natura e dell'intelligenza onnipresente in
tutte le sue opere, la possibilità, e persino una certa probabilità, che
l'albero e la pietra siano nella loro interezza simili ad un essere
diviso, una forma non ancora penetrata e posseduta da una mente
cosciente, un'intelligenza che sogna se stessa interiormente, o come
nello stato catalettico, cosciente dell'ambiente circostante ma, poiché
non ancora in pieno possesso dei propri mezzi (l'intelligenza nello
stato catalettico è temporaneamente spodestata), incapace di manifestare
segni di vita e di consapevolezza mentale o di agire energicamente
sull'ambiente esterno. Non abbiamo bisogno di considerare tutto ciò come
una mera probabilità perché le scoperte più recenti della psicologia lo
rendono sempre più probabile e prossimo ad essere provato.
Sappiamo che nell'uomo esiste una coscienza di sogno, o un sé del sonno,
diverso dalla coscienza di veglia, attivo nello stordimento, sotto
l'effetto di droghe, in stato di ipnosi o nel sonno; un sé che conosce
cose che la coscienza di veglia non conosce, che comprende ciò che la
mente di veglia non comprende e che ricorda accuratamente ciò che la
coscienza di veglia non si prende nemmeno la briga di notare.
Chi è dunque questo sé che apparentemente dorme nella coscienza di
veglia, questo elemento che si risveglia nel sonno, dotato di
un'attenzione onnicomprensiva, di una perfetta capacità di osservazione,
di una memoria e di un'intelligenza tali da far apparire la nostra
coscienza di veglia un sogno frammentario ed affrettato?
Chiariamo subito il punto fondamentale che tale coscienza più perfetta
dentro di noi non è il prodotto dell'evoluzione; non esiste nel mondo
ordinario di veglia un essere capace di ricordare e ripetere
automaticamente i suoni di una lingua straniera che sono chiacchiere
prive di senso per la mente istruita, capace di risolvere spontaneamente
problemi di fronte ai quali la mente istruita si ritira sconfitta ed
esausta; un essere capace di notare ogni cosa, di capire e ricordare
ogni particolare. Di conseguenza questa coscienza interiore è
indipendente dall'evoluzione e perciò presumibilmente anteriore ad essa.
Esa suptesu jagarti, afferma la Katha Upanishad, questo è Colui che
veglia in tutto ciò che dorme.
La recente ricerca psicologica è ancora ad uno stadio infantile è non
può dirci che cosa sia questa coscienza, ma la conoscenza ottenuta
attraverso lo Yoga ci permette di asserire che si tratta dell'essere
mentale interiore, signore della vita e del corpo, manomayah
prana-sarira-neta. Egli è colui che guida la nostra evoluzione e fa
emergere la mente dalla vita e che sta prendendo sempre maggior possesso
di questo corpo umano vitale, suo mezzo e strumento, così che possa
divenire ciò che ancora non è: uno strumento perfetto per l'espressione
Mentale.
Questo essere interiore è presente anche nella pietra e nell'albero;
anche in quei dormienti qualcuno veglia, ma in quelle forme non ha
ancora preso possesso degli strumenti per gli scopi della mente; può
usarli soltanto per gli scopi della vita nella sua crescita o nel suo
funzionamento attivo. Vediamo perciò che la psicologia moderna,
prendendo le distanze dalle uniche conclusioni razionali e logiche
possibili a partire dai dati a sua disposizione, sta marciando
inevitabilmente, spinta dalla forza dei fatti, verso le stesse verità
intuite migliaia di anni fa dagli antichi Rishi.
Come vi giunsero? Non certo attraverso la speculazione, come ritengono
vanamente gli eruditi, ma tramite lo Yoga. Infatti il grande ostacolo
che si presenta sulla via della Scienza è la sua incapacità di entrare
negli oggetti della sua indagine, la sua necessità di costruire teorie
sulla base di inferenze derivanti dall'osservazione esterna e qualunque
tentativo disperato e crudele di colmare la lacuna, con la vivisezione o
altri esperimenti spietati, non può risolvere il problema. Lo Yoga ci
permette invece di entrare nell'oggetto dissolvendo nell'osservatore le
barriere artificiali dell'esperienza corporea e dell'ego mentale. Ci
libera dalla presa dell'esperienza personale proiettandoci nelle grandi
correnti universali; ci fa uscire dalla guaina della mente personale per
renderci uno con il sé e la mente universali. Perciò gli antichi Rishi
erano capaci di vedere ciò che stiamo nuovamente iniziando ad intuire
vagamente e cioè che non solo la Natura stessa è Potere impersonale di
Intelligenza e Coscienza infinita, teleologica e discriminante, prajna
prasrta purani , ma che Dio dimora nella Natura e al di sopra di essa
come Personalità universale infinita, universale nell'universo,
individualizzato e contemporaneamente universale nella forma
particolare, come autocoscienza che percepisce, gioisce e porta a
compimento le sue opere grandi e complesse.
Non c'è solo Prakriti, ma anche Purusha. Finora siamo riusciti a farci
un'idea della grande forza che lavora per portarci dalla natura verso la
supernatura. E' la forza di un Essere Cosciente che si manifesta in
movimenti e forme diverse e guida passo a passo il progresso
predeterminato del nostro divenire e rivela la Volontà di Dio nel Mondo.
MAYA
Il mondo esiste come simbolo di Brahman ma la mente crea ed accetta
falsi significati e scambia il simbolo per la realtà. Tale è
l'ignoranza, l'illusione cosmica, l'errore della mente e dei sensi da
cui il Mago stesso, il Maestro dell'Illusione, ci chiede di liberarci.
Tale errata valutazione del mondo è la Maya della Gita che può essere
trascesa senza abbandonare la vita attiva o l'esistenza nel mondo. Anche
l'intera esistenza universale è un'illusione di Maya, poiché non si
tratta della realtà ultima immutabile e trascendente, ma soltanto di una
realtà simbolica, di una rappresentazione della realtà del Brahman in
termini di coscienza cosmica.
Tutto ciò che vediamo, o di cui siamo mentalmente consapevoli come di
una realtà oggettivamente esistente, è solo una forma di coscienza.
Si tratta della 'Cosa-in-sé' dapprima manifestata in termini ed idee
generate da un movimento o da un processo ritmico della coscienza e poi
oggettivata nella coscienza stessa, e non realmente esterna ad essa. Di
conseguenza tutte le cose hanno una realtà convenzionale fissata, ma non
una realtà essenziale durevole; sono solo simboli e non la realtà che
rappresentano, sono soltanto strumenti di conoscenza e non la realtà da
conoscere.
Partendo da un altro punto di vista, possiamo dire che l'Esistenza, o
Brahman, ha due stati fondamentali di coscienza: la coscienza cosmica e
la coscienza trascendente. Per la coscienza cosmica il mondo è reale in
quanto termine primario diretto che esprime l'inesprimibile; per la
coscienza trascendente il mondo è soltanto un termine secondario ed
indiretto per esprimere ciò che non può essere espresso.
Dimorando nella coscienza cosmica vedo il mondo come il mio Sé
manifestato; nella coscienza trascendente non vedo il mondo come la
manifestazione del mio Sé, ma come una manifestazione di qualcosa che
scelgo di porre in essere nella mia Autocoscienza. Si tratta di una
rappresentazione convenzionale attraverso cui mi esprimo, ma che non mi
vincola; potrei dissolverla ed esprimermi in altro modo. E' simile ad un
vocabolo di una determinata lingua che vuole esprimere oralmente o per
iscritto un concetto che potrebbe essere espresso altrettanto bene da un
altro vocabolo appartenente ad un'altra lingua. Dico tiger (tigre) in
inglese; potrei benissimo esprimermi in sanscrito ed usare il termine
sardula; ciò non comporta cambiamenti né per la tigre, né per me, ma
solo per il mio gioco con i simboli del discorso e del pensiero. Tutto
ciò vale anche per Brahman e l'universo, per la 'Cosa-in-sé' ed i suoi
simboli con i loro significati convenzionali, alcuni dei quali sono
relativi alla coscienza generale ed altri alla coscienza individuale
dell'essere-simbolo.
Ad esempio, Materia, Mente e Vita sono simboli generali con un
significato generale fissato per Dio nella Sua coscienza cosmica, ma
assumono significati individuali diversi, hanno un diverso impatto o,
per così dire, si manifestano diversamente in me, in una formica, in una
divinità o in un angelo. Tale percezione del valore meramente
convenzionale della forma e del nome nell'universo viene espressa in
termini metafisici con la formula in base alla quale il mondo è una
creazione di Para Maya, l'Illusione Cosmica suprema.
Quanto detto finora non implica che il mondo sia irreale o non abbia
un'esistenza degna di tale nome. Nessuna delle antiche scritture
dell'Induismo sostiene l'irrealtà del mondo, né tale irrealtà è la
logica conseguenza della grande verità, così remota e complessa da non
poter essere adeguatamente espressa in parole. Dobbiamo ricordare che
tutti questi termini, Maya, illusione, sogno, irrealtà, realtà relativa,
significato convenzionale, sono solo forme verbali e non devono essere
prese troppo alla lettera. Sono simili al pennello che il pittore lancia
contro il suo quadro nella disperazione che deriva dal non poter
raggiungere gli effetti che vorrebbe creare, si tratta di pietre
scagliate in direzione della verità e non della verità stessa. Ci
renderemo chiaramente conto di questo quando guarderemo il Cosmo non dal
punto di vista di Maya ma da quello di Lila . Alcune grande menti
metafisiche, non capendo che le parole, come qualunque altra cosa, hanno
solo significati convenzionali e sono simboli di una verità in sé stessa
inesprimibile, hanno tratto dalle idee suggerite da queste parole
conclusioni concrete e rigorose. In tal modo hanno ridotto il mondo ad
un sogno miserabile e menzognero, reso ancora più odioso e privo di
senso da un certo elemento di realtà alla quale è impossibile sfuggire,
realtà che la parte più illuminata delle loro menti non può evitare di
intuire e di ammettere almeno parzialmente. La verità delle premesse ha
reso le loro dottrine un potente strumento di liberazione per anime
grandi ed austere; l'errore presente nelle loro conclusioni ha afflitto
l'umanità con il vangelo inutile e sterile della vanità non solo degli
aspetti falsi ed insinceri dell'esistenza terrena, ma della totalità
dell'esistenza terrena.
Per le forme più estreme di questa visione, sia la natura che la
supernatura, l'uomo e Dio, sono menzogne della coscienza, miti di un
sogno cosmico, indegni di essere accettati. Il miglioramento è una vana
chimera; Dio una lusinga; l'unico fine degno di essere perseguito è il
perdersi in un'esistenza impersonale e trascendente.
Gli adoratori di Dio, i ricercatori della perfezione umana, coloro che
innalzano l'umanità dalla natura verso la supernatura, incontrano due
grandi ostacoli sul proprio cammino: da una parte la tendenza ordinaria
della natura a rimanere attaccata alle conquiste del passato,
rappresentate dall'ebete naturalismo dell'uomo pratico e mondano,
dall'altra la tendenza esagerata a voler oltrepassare il simbolo,
rappresentata non tanto dall'asceta che si ritira dal mondo, che dopo
tutto, può farlo a pieno diritto, ma piuttosto dal pessimismo deprimente
degli ignoranti che non vogliono fuggire il mondo, né, se tentassero di
farlo, potrebbero innalzarsi fino alle vette dell'ascetismo, ma sono
comunque imbevuti a livello intellettuale e dominati nel temperamento da
queste dottrine distaccate e catastrofiche.
Un'alba migliore sorgerà per l'India quando la nebbia si diraderà e la
mentalità indiana, pur senza rinunciare alla verità di Maya, riuscirà ad
intuire che si tratta solo di una spiegazione parziale dell'esistenza.
L'esistenza terrena non è indispensabile all'essere o alla gioia di Dio,
ma non per questo è vanità; né un'esistenza terrena liberata, libera in
Dio, può essere considerata vana o falsa.
La dottrina ordinaria di Maya non è una verità semplice, ma deriva da
tre diversi livelli di percezione spirituale. La prima e più elevata è
la percezione che il mondo è un insieme di simboli-coscienza dotati di
un valore convenzionale; gli esseri esistono solo nell'autocoscienza di
Brahaman e la personalità ed il senso dell'ego sono solo simboli e
termini dell'esistenza-simbolo universale. Lo abbiamo già detto e
vedremo che questa percezione non ci costringe a considerare il mondo
come un mito o una convenzione priva di valore. Lo stesso Mayavadin non
sarebbe giunto a questa conclusione estrema se non avesse incluso nella
purezza della sua esperienza spirituale più elevata gli altri due
livelli di percezione. Il secondo di tali livelli, il più basso, è la
percezione di Apara Maya o Maya inferiore, di cui ho parlato all'inizio
di questo saggio, la percezione del sistema di falsi valori imposti
dalle mente e dai sensi ai fatti-simbolo dell'universo. Ad un certo
livello di cultura mentale è facile rendersi conto del fatto che i sensi
sono guide ingannevoli; tutte le opinioni ed i giudizi mentali sono
incerti, parziali e minati dal dubbio; il mondo non è una realtà nel
modo in cui la mente lo considera reale, nel modo in cui i sensi
dominati e preoccupati solo del valore pratico delle cose, del loro
vyavaharika arta, lo ritengono reale. Raggiungendo questo stato la mente
arriva a percepire che tutti i valori che attribuisce al mondo sono
falsi, forse perché non esiste alcunché di vero in se stesso o alcun
vero valore concepibile dalla mente,; da questa idea è semplice per
l'impazienza della nostra natura umana giungere affrettatamente alla
conclusione che è veramente così e che l'intera esistenza, o per lo meno
l'intera esistenza del mondo è illusoria, una sensazione senza alcun
fondamento reale, un gioco di zeri. Da ciò nascono il Buddismo, le
filosofie agnostiche basate sui sensi e il Mavavada.
Nuovamente è facile ad un certo stadio di sviluppo morale percepire che
i valori morali imposti dalle emozioni, dalle passioni e dalle
aspirazioni alle azioni ed alle esperienze sono falsi valori; è facile
sentire che l'oggetto dei nostri peccati è qualcosa per cui non vale la
pena di peccare e che i nostri principi ed i nostri valori non hanno
impatto e non contribuiscono a scuotere le condizioni effettive del
mondo, ma sono solo, essi stessi, meri valori convenzionali che sembrano
non influenzare la grande marcia della Natura. Da tali premesse è
naturale e corretto giungere a vairagya, il disgusto per una vita di
fatta di false percezioni e molto facile affrettarsi, nuovamente per
l'impazienza tipica della nostra natura umana imperfetta, al compimento
di un vairagya totale: non soltanto insoddisfazione verso una vita
morale falsa, ma avversione e disgusto per qualunque tipo di vita e
l'affermazione della vanità dell'esistenza terrena.
Abbiamo un vairagya mentale, un vairagya morale ed a queste forti
motivazioni si aggiunge il genere più potente di tutti, il vairagya
spirituale. Ad un certo stadio di educazione spirituale percepiamo il
mondo come un sistema di meri valori-coscienza in Parabrahman, o meglio,
sperimentiamo, - e questo fu probabilmente l'aspetto decisivo per le
menti dei grandi ricercatori spirituali come Shankara -, il puro e
splendente Saccidananda impersonale, che sta oltre l'intera esistenza
cosmica, apparentemente lontano e completamente distaccato da essa.
Osservando intellettualmente questa grande esperienza la conclusione
naturale e quasi inevitabile è che questo Uno Puro e Splendente
considera l'universo un miraggio, un'irrealtà, un sogno. Ma questi sono
solo i termini, i valori convenzionali delle parole e delle idee con cui
la mente traduce l'esperienza della trascendenza libera da ogni impatto.
La mente dà questa interpretazione perché questi sono i termini che è
abituata ad applicare a tutto ciò che la supera, che è lontano da lei e
con cui non riesce a stabilire relazioni tangibili.
La mente avvinta dalla materia dapprima accetta solamente una realtà
oggettiva, chiamando tutto ciò che non può essere oggettivato o non può
esprimersi oggettivamente, menzogna, miraggio, sogno, irrealtà o, se
disposta favorevolmente, ideale. Quando in seguito corregge il proprio
modo di vedere, la prima cosa che fa è rovesciare i propri valori,
giungendo in una regione, ad un livello, in cui la vita nel mondo
materiale appare remota, priva di spiritualità, o incapace di una
realizzazione spirituale; allora immediatamente applica i vecchi
termini, sogno, miraggio, menzogna, irrealtà o semplicemente idea priva
di verità e trasferisce dalla materia allo spirito il suo modo esclusivo
ed intollerante di utilizzare le parole-simbolo della realtà.
Aggiungiamo a questa traduzione mentale dell'esperienza della
trascendenza le conclusioni intellettuali e la repulsione emotiva
tipiche del vairagya mentale e morale, che alterano e sfigurano l'idea
del mondo come un sistema di valori-coscienza , ed otteniamo Mayavada.
Terza Sezione
L'Assoluto e la Manifestazione
OM TAT SAT
L'intuizione più elevata finora raggiunta dalla comprensione e
dall'esperienza umana può essere condensata come segue, senza
dimenticare che per il fatto stesso di essere umana è necessariamente
incompleta.
TAT. Quello.
L'Assoluto non manifestato , Parabrahman, Purushottama, Parameshwara
(che contiene in sé Parasakti ed in Lei il Tutto).
SAT. L'Esistente, Colui che E' (Io Sono).
L'Assoluto che contiene tutto il potere della manifestazione. L'Assoluto
è Parabrahman-Mahamaya. L'Assoluto è Purushottama=Paraprakriti.
L'Assoluto è Parameshwara-Adya (l'originale) Parasakti.
OM. Il Suono della Manifestazione.
A La manifestazione esterna (la coscienza della dimensione del reale e
del concreto, corrispondente per la consapevolezza umana allo stato di
veglia).
U La manifestazione interna (intermedia, tipica dell'essere interiore e
non dell'essere intimo e segreto, coscienza che si esprime nelle
potenzialità interiori e negli stati intermedi tra il più profondo
supermentale e la dimensione esterna; questa coscienza è subliminale per
la consapevolezza umana ed è associata allo stato di sogno).
M La coscienza seme, la coscienza condensata più profonda e segreta (il
supermentale più recondito, intuito dalla consapevolezza umana come
qualcosa di supercosciente, onnisciente, onnipotente ed associato al
Sonno senza sogni o all'apice della Trance ).
AUM Turiya, il Quarto; il puro Spirito che trascende i tre livelli
precedenti, la coscienza dell'Atman che entra in Tat Sat e riesce ad
identificarsi con esso. Ritenuto raggiungibile nella sua totalità solo
nella Trance assoluta, il nirvikalpa samadhi.
Tutto ciò (secondo le Upanishad) è la visione che si può avere partendo
dalla consapevolezza mentale. Tale punto di vista è incompleto perché
sono stati trascurati due elementi sostanzialmente identici: la
Manifestazione Personale ed il nome della Mahasakti.
L'aumentare della conoscenza spirituale ha comportato uno sforzo
costante per aggiungere tali elementi mancanti.
Quando il segreto più profondo sarà svelato e reso effettivo, la
coscienza umana sarà trascesa ed il supercosciente diverrà cosciente; il
subcosciente o incosciente, che è l'inevitabile ombra del
supercosciente, sarà colmato di vera coscienza spirituale e
supermentale. La Trance, il Sogno e gli Stati di Veglia (tutti
attualmente imperfetti e soggetti all'oscurità ed al limite)
diventeranno completamente coscienti e le barriere, le lacune ed i
capovolgimenti di coscienza che li separano saranno eliminati.
*
Tat apparirà allora in tutta la sua verità, l'Assoluto Supremo, 'l'Uno-in-Due',
l'uno interamente nell'altro ed entrambi uniti in una Esistenza, una
Coscienza ed una Gioia ineffabili.
Sat è la verità infinita ed eterna di Saccidananda pronta per
manifestarsi. E' l'Esistenza Una; i 'Due-in-Uno' esistono ognuno in sé
stesso, ognuno perfetto nell'altro.
OM è la manifestazione. La Mahasakti si protende dal Supremo per creare.
Nella manifestazione eterna i 'Due-in-Uno' sono evidenti l'uno
all'altro; la loro identità e la loro unione sono il fondamento della
diversità di questo gioco di manifestazione ed è questa verità che rende
la manifestazione stabile ed eterna.
Nella creazione temporale Sat sembra separato da Cit e da Ananda. Perciò
il gioco dell'incoscienza diviene possibile e similmente la creazione
dell'Ignoranza, di una Maya ignorante. La Cit-Sakti deve rivelare il Sat
Purusha a se stessa ed alla sua creazione per poterlo incontrare e
recuperare così la vera identità e la vera unione nell'Ananda. Sembra
uscire da lui ma in ogni momento lei è in lui e lui in lei. E' questa la
verità segreta che deve essere manifestata e resa effettiva; la sua
scoperta è il segreto della nuova creazione nella quale il
supercosciente e l'incosciente diventeranno coscienti e saranno pervasi
dal Saccidananda supremo, 'l'Uno-in-Due' ed i 'Due-in-Uno'.
Allora la manifestazione temporale verrà ricreata ad immagine della
Verità. Sarà in armonia con la manifestazione eterna, costituita da ciò
che procede direttamente dall'Eterno, poiché attraverso l'Ananda ed il
Supermentale la manifestazione eterna sottointende alla creazione
temporale e sostiene segretamente i suoi movimenti involutivi ed
evolutivi.
LA MAHASAKTI SUPREMA
Il nome segreto della Mahasakti suprema significa:
°Amore, Gioia cioè Ananda, mayobhuh…radha
° Potere di Conoscenza Creatore e Formatore cioè Cit-Tapas, mahamaya,
paraprakrti
° Sostegno, Protezione, Diffusione cioè Sat.
Il Supremo è Ananda che unifica la Coscienza e l'Esistenza in un unico
Potere (Sakti).
*
Ogni cosa è creata dalla Dea Suprema, la Mahasakti Suprema e Originaria;
ogni cosa procede da lei, tutto vive per causa sua, tutto vive in lei e
lei vive in ogni cosa. Ogni forma di saggezza e di conoscenza sono la
sua saggezza e la sua conoscenza; ogni potere è il suo potere, tutta la
volontà e la forza sono la sua volontà e la sua forza; ogni azione è la
sua azione ed ogni movimento il suo movimento. Tutti gli esseri sono
parte del suo potere di esistenza.
*
'Sette volte sette' sono i piani di esistenza della Dea Suprema, i
livelli ascendenti e discendenti dell'Adya-sakti Universale, che
trascende il Divino.
Sopra troviamo i triplici sette piani supremi di Sat-Cit-Ananda, Satyam
rtam brhat ; nel mezzo i sette piani della Verità e Vastità Divine,
Mahad Brahma, trih sapta parama padani matuh ; sotto si trovano i i
triplici sette gradi di ascesa e discesa nel mondo evolutivo
dell'esistenza terrena.
Queste tre gradazioni sono la Supermente o Mente-di-Verità con i suoi
sette soli; la Vita con i suoi sette Loti e la Terra con le sue sette
Gemme.
I sette loti sono i sette cakra della tradizione Tantrica, che scendono
dalla Mente (Sahasraradala, Ajna, Visuddha, Anahata) che raccoglie la
Vita, attraverso la Vita come Forza d'azione (Manipura, Svadhisthana) ,
fino alla Vita involuta nella Materia (Muladhara).
Questi sette centri vitali sono in se stessi centri di Verità nella
Vita, come ognuno dei sette Soli è un cuore ardente di Verità nello
splendore dell'Esistenza e della Mente Divina; ma questi loti sono stati
velati, chiusi, limitati alle loro energie occulte, dall'Ignoranza. Da
ciò derivano l'oscurità, la falsità, la morte e la sofferenza tipiche
della nostra esistenza.
Le Gemme della Madre Terra sono in essenza sette Centri di Verità, ma
sono stati imprigionati nell'oscurità, fossilizzati nell'immobilità,
velati, chiusi, limitati alle loro energie occulte, dalla durezza,
dall'oscurità e dall'inerzia dell'Incoscienza materiale.
Liberare questi poteri attraverso la discesa luminosa ed ardente dei
Soli della Supermente e svelare l'ottavo Sole di Verità nascosto nella
Terra, nell'oscurità dell'Incoscienza, nella caverna di 'Vala' e dei
suoi 'Pani' è il primo passo verso la restituzione della Madre Terra
alla divinità che le è propria e verso il ritorno dell'esistenza
terrestre alla luce originaria, alla verità, alla vita ed alla Gioia del
puro Ananda.
I
SETTE SOLI DELLA SUPERMENTE
1. Il Sole della Verità Supermentale, il Potere di Conoscenza che dà
origine alla creazione supermentale. Discende nel Sahasradala.
2. Il Sole della Luce e del Potere di Volontà Supermentale, che
trasmette il Potere di Conoscenza sotto forma di visione dinamica ed
ordine di creare, costituire ed organizzare la creazione supermentale.
Discende nel Ajna cakra, il centro tra le sopracciglia.
3. Il Sole del Verbo Supermentale, che incarna il Potere di Conoscenza
reso capace di esprimere e dare ordine alla creazione supermentale.
Discende nel cakra della Gola.
4. Il Sole dell'Amore, della Bellezza e della Gioia Supermentale, che
diffonde lo Spirito del Potere di Conoscenza per vivificare ed
armonizzare la creazione supermentale. Discende nel Loto del Cuore.
5. Il Sole della Forza Supermentale, resa dinamica come potere e
sorgente di vita per sostenere la creazione supermentale. Discende nel
cakra dell'Ombelico.
6. Il Sole dei Raggi della Vita (Raggi di Potere), che distribuisce la
forza riversandola in forme concrete. Discende nel penultimo cakra.
7. Il Sole dell'Energia-Sostanza e dell'Energia-Formatrice, resa capace
di dar corpo alla vita supermentale e di stabilizzare la creazione.
Discende nel Muladhara.
I
SETTE CENTRI DELLA VITA
1. Il Loto dai mille petali, situato sopra la testa con la base nel
cervello. Base o supporto della Vita-Mente per il Sovramentale; centro
che introduce alla Mente illuminata.
2. Il centro tra le sopracciglia in mezzo alla fronte. Volontà, visione,
potere interiore di creatività mentale interiore, Mente attiva e
dinamica.
3. Il Centro della gola. Espressione verbale, mente esteriore, tutta
l'espressione e la creatività esteriore.
4. Il Loto del Cuore. Esteriormente è la mente emotiva, il mentale
vitale; interiormente è il cuore del centro psichico.
5. Il centro dell'ombelico. Il Vitale propriamente detto; il centro
della forza vitale.
6. Il centro intermedio tra l'ombelico ed il Muladhara. Il Vitale
inferiore; connette i centri superiori con la dimensione fisica.
7. L'ultimo centro o Muladhara. Supporto materiale per Il vitale;
introduce alla dimensione fisica.
Tutto ciò che sta al di sotto è fisico subcosciente.
L'ASSOLUTO SUPREMO CONTENUTO IN SE STESSO
Primo Assoluto - Tat. L'Assoluto Trascendente, il Supremo, Paratpara
(che contiene tutto e non è limitato da nulla).
Secondo Assoluto - Sat. L'Esistenza Assoluta contenuta in se stessa,
Saccidananda, (Ananda che unifica Sat e Cit), che mantiene nella propria
assoluta unità il Principio duale (Lui e Lei, sah e sa) ed il principio
quadruplice, OM con i suoi quattro stati in uno.
Terzo Assoluto - Aditi - M [La Madre] . Aditi coscienza, forza e Ananda
inseparabili del Supremo; M [La Madre] e la sua forza vivente, l'Amore
supremo, la Saggezza, il Potere. Adya-Sakti del Tantra = Parabrahman.
Quarto Assoluto - Parameshwara della Gita = Parameshwari del Tantra.
LA MANIFESTAZIONE
I
Primo Assoluto - L'Avyakta Supremo Nascosto. Saccidananda, Parabrahman
(Parameshwara-ishwari) involuto.
Secondo Assoluto - Aditi - M [La Madre] che contiene in sé il Supremo.
La Coscienza, la Forza e la Gioia Divine che sostengono gli universi -
Para Sakti, Para Prakrti, Mahamaya (yayedam dharvate jagat).
Terzo Assoluto - La Manifestazione Eterna ( I Satya loka, Chaitanya loka,
Tapoloka, Ananda loka Supremi, non quelli del livello mentale).
II
LA SCALA DELLA COSCIENZA
IL SUPREMO
|
Saccidananda - Non Manifesto, che rende possibile ogni forma di
manifestazione.
|
SACCIDANANDA NELLA MANIFESTAZIONE
I Piani Supremi della Coscienza Infinita
1. Sat (che implica Cit-Tapas e Ananda
2. Cit (che implica Sat e Ananda)
3. Ananda (che implica Sat e Cit Tapas).
|
SUPERMENTE (SUPERMIND) O GNOSI DIVINA
(Coscienza Infinita che Si Autodetermina)
Dal punto vista del nostro cammino ascendente questa è la Coscienza di
Verità, distinta da tutto ciò che sta al di sotto e che appartiene
all'Ignoranza separatrice.
|
SOVRAMENTE (OVERMIND) O MAYA
(L'Overmind riceve tutta la Verità dalla Supermente, ma organizza
ciascuna Verità come una forza ed un'idea separata capace di entrare in
conflitto o di cooperare con le altre. Ogni essere sovramentale ha il
proprio mondo, ogni forza ha il proprio disegno e si manifesta per
giungere alla propria realizzazione nel gioco cosmico. Ogni cosa è
possibile e da tale combinazione di possibilità conflittuali e magari
mutuamente esclusive, deriva anche, non appena entrano in gioco la
mente, la vita e la materia, la possibilità dell'ignoranza,
dell'incoscienza, della falsità, della sofferenza e della morte.)
LE GRADAZIONI DALLA SOVRAMENTE (OVERMIND) ALLA MENTE
Quarta Sezione
L'uomo ed il Superuomo
L'UOMO E LA SUPERMENTE
L'uomo è un essere di transizione, non definitivo, perché in lui e al di
sopra di lui inizia il radioso cammino ascendente che conduce alla
'superumanità' divina.
La transizione dall'uomo al superuomo è la prossima realizzazione
dell'evoluzione terrestre. In ciò consiste il nostro destino e la chiave
per liberare la nostra esistenza umana, protesa verso il Divino ma
limitata e travagliata, destino inevitabile perché è l'intenzione dello
Spirito e la logica conseguenza del processo Naturale.
La comparsa di una possibilità umana in un mondo materiale e animale fu
il primo bagliore di una Luce divina che doveva venire, la prima remota
manifestazione di una divinità che doveva emergere dalla Materia; la
comparsa del superuomo nel mondo umano sarà il compimento di quella
lontana splendida promessa.
La differenza tra l'uomo ed il superuomo sarà la differenza tra la mente
ed una coscienza così superiore quanto la coscienza mentale lo è
rispetto a quella della pianta o dell'animale; la caratteristica
peculiare dell'uomo è la mente, l'essenza tipica del superuomo sarà la
supermente o gnosi divina.
L'uomo è mente imprigionata, velata e circoscritta in un corpo vivente
precario e non completamente cosciente. Il superuomo sarà un'entità
supermentale che abiterà ed userà liberamente un corpo cosciente e
plastico all'azione delle forze spirituali. Il suo corpo fisico sarà un
supporto stabile ed uno strumento adeguato all'azione ed al lavoro dello
spirito divino nella Materia.
La Mente, anche nel suo aspetto più puro, libero e privo di impedimenti,
non è la massima espressione della coscienza, perché non è in possesso
della Verità; è soltanto un contenitore imperfetto, uno strumento
ignorante affamato di verità, che cerca avidamente di saziare la propria
fame con il nutrimento inadeguato di un ammasso di falsità o mezze
verità.
Oltre la mente esiste il potere di coscienza supermentale o gnostico,
che è eternamente cosciente della Verità; tutti suoi moti, i suoi
sentimenti, le sue emozioni, le sue azioni e tutti i suoi modi di
manifestarsi sono luminosi ed istintivamente connessi alla vera realtà
intima delle cose e non possono che esprimere tale realtà.
La supermente o gnosi è. nella sua natura originaria e nella sua
manifestazione. saggezza infinita ed infinita volontà. Alla sorgente è
la coscienza dinamica del Divino Conoscitore e Creatore.
Nel manifestarsi sempre più chiaro e definito della forza dell'Unica
Esistenza, un aspetto di questo potere discende nella nostra natura
umana limitata; allora e soltanto allora l'uomo può superare se stesso e
conoscere, agire e creare in maniera divina, per diventare, infine, una
parte cosciente dell'Eterno. Nascerà il superuomo, non un essere mentale
magnificato ma un potere supermentale incarnato nella nuova vita del
corpo terrestre trasformato. Il raggiungimento di una 'superumanità'
gnostica è la prossima vittoria trionfale che deve essere riportata
dallo spirito disceso nella natura terrestre.
Un sole segreto di Potere, Gioia e Conoscenza sta sorgendo dalla
coscienza materiale nella quale la nostra mente lavora in condizioni di
schiavitù, simile ad un demiurgo disorientato ed impotente; la
supermente sarà la forma corporea di quello splendore radioso.
Il superuomo non è l'uomo che ha raggiunto il suo zenit naturale, né un
maggior grado di grandezza umana, di conoscenza, di potere,
intelligenza, volontà, carattere, genialità, potere d'azione, santità,
amore, purezza o perfezione. La supermente va oltre l'uomo mentale ed i
suoi limiti, è una coscienza più grande della massima coscienza
possibile per la natura umana.
L'uomo è un essere dei mondi mentali e le sue facoltà mentali operano in
essi oscurate e degradate da un cervello fisico, private dei loro poteri
più tipicamente divini ed incapaci di influenzare la vita se non entro
limiti angusti e precari. Anche negli uomini più evoluti le possibilità
luminose di forza e libertà suprema sono ostacolate da questa
dipendenza. Molto spesso e nella maggioranza degli uomini la mente è
soltanto un servitore, un fornitore di divertimenti a disposizione delle
necessità e degli interessi della vita e del corpo.
Il superuomo sarà invece un Re Gnostico della Natura; la supermente
anche all'inizio della sua evoluzione si manifesterà in lui come un
raggio di eterna onniscienza ed onnipotenza. Sovrano ed irresistibile,
dominerà gli strumenti mentali e fisici e, tenendosi al di sopra ed al
tempo stesso compenetrando e possedendo gli aspetti inferiori,
trasformerà la mente, il vitale ed il corpo nella sua stessa natura
luminosa e divina.
L'uomo in se stesso non è molto più che un'ambiziosa nullità. Egli è
ristrettezza che tende ad un'ampiezza irraggiungibile, piccolezza che
anela ad una grandezza che lo trascende, un nano innamorato delle
altezze. La sua mente è un raggio oscurato dello Splendore della Mente
Universale; la sua vita un'onda che lotta, esulta e soffre, un momento
della Vita Universale mosso dal desiderio e dalla passione e soggetto al
dolore, un momento insignificante che si affanna scioccamente nella
propria cecità. Il suo corpo è una particella effimera dell'universo
materiale. Un'anima immortale è nascosta in qualche parte di lui e
manifesta di tanto in tanto scintille della propria presenza ed uno
spirito eterno lo sovrasta e lo copre con le sue ali e sostiene con il
proprio potere la continuità dell'anima nella natura umana. Ma questo
spirito potente è ostacolato nella sua discesa dalla rigida armatura
della personalità e la radiosa anima interiore è avvinta, inibita ed
oppressa dalla materia densa che la riveste. Soltanto in pochi è
raramente attiva, nella maggior parte è difficile persino percepirne la
presenza. L'anima e lo spirito nell'uomo sembrano esistere al disopra ed
oltre la sua natura piuttosto che essere parte della sua realtà
visibile; subliminali nel suo essere interiore o supercoscienti in
qualche stato non ancora raggiunto, costituiscono per la sua coscienza
esteriore delle possibilità piuttosto che delle realtà attualizzate. Lo
spirito è in gestazione, non ancora nato, nella Materia.
Questo essere imperfetto con la sua coscienza limitata, confusa,
disordinata e quasi sempre inefficace, non può rappresentare il fine e
la sommità della realizzazione della misteriosa ondata ascendente della
Natura. C'è qualcos'altro che deve essere fatto scendere dall'alto e che
ora si manifesta soltanto con sporadici bagliori che filtrano attraverso
improvvise brecce presenti nel muro mastodontico dei nostri limiti. E
c'è qualcos'altro che deve evolvere dal basso, che giace addormentato
sotto il velo della coscienza mentale dell'uomo o si manifesta
parzialmente con dei flash, come la vita che giaceva addormentata nella
pietra o nel metallo, come la mente che dormiva nella pianta o la
ragione nascosta nei recessi della memoria dell'animale, velata da un
apparato emotivo, sensoriale ed istintivo imperfetto.
C'è in noi qualcosa di inespresso, che deve essere reso manifesto da
un'illuminazione avvolgente che scende dall'alto. Nei nostri recessi più
profondi vive imprigionata una divinità ed una divinità ancora più
grande è pronta a discendere dalle sommità supermentali. Il segreto del
nostro futuro sta nell'unione tra quella discesa e la forza risvegliata
in noi.
La grandezza dell'uomo non sta in ciò che è ma in ciò che rende
possibile. La sua gloria sta nell'essere il laboratorio segreto nel
quale il divino Artefice sta preparando la 'superumanità'. Egli
partecipa ad una grandezza ancora maggiore perché, diversamente dalle
forme inferiori della creazione, gli è permesso di essere parte
cosciente del cambiamento divino. Il suo libero assenso, la sua volontà
e la sua consacrazione sono necessari perché nel suo corpo possa
discendere la gloria che lo sostituirà. La sua aspirazione è la voce
della terra che chiama il Creatore supermentale. Se la terra chiama ed
il Supremo risponde, proprio questo istante può essere il momento di
quella trasformazione immensa e gloriosa.
L'INVOLUZIONE E L'EVOLUZIONE DELLA DIVINITA'
L'involuzione di uno Spirito supercosciente nella Materia incosciente è
la causa segreta di questo mondo visibile. La soluzione dell'enigma
terrestre è l'evoluzione graduale di una coscienza ed un potere
infiniti, nascosti in una Natura apparentemente inerte ed insensibile,
spinti ad emergere da una forza inarrestabile. La vita terrestre è la
dimora scelta da una grande Divinità e ed il suo volere incommensurabile
muterà questa buia prigione in uno splendido palazzo, in un tempio che
arriva fino al cielo.
La presenza della Divinità nel mondo è un enigma per la mente, ma alla
nostra coscienza che si va ampliando sempre più sembrerà una presenza
normale ed inevitabile. Liberati, entreremo nella stabilità immutabile
di un'esistenza eterna che rivela la propria molteplicità assumendo
innumerevoli forme mutevoli. Illuminati, diverremo consapevoli della
luce indivisibile e della coscienza infinita che erompono in
aggregazioni multiformi ed in molteplici rivoli di conoscenza. Dotati di
un potere sublime, condivideremo l'azione incontenibile di una forza
onnipotente che opera le proprie meraviglie a partire dalle limitazioni
che ha scelto di avere. Centrati in una gioia perfetta, sperimenteremo
la calma e l'estasi di una Delizia incommensurabile, di una gioia
creatrice e comunicativa che si esprime eternamente con onde e ritmi
molteplici, che manifesta se stessa ed il mondo in ondate di intensità
sempre crescente, ondate che alternativamente si rivolgono verso
l'esterno e verso l'interno. Tale, dato che siamo in essenza
manifestazioni di quello Spirito, sarà la natura della nostra
quadruplice esperienza nel momento in cui la Divinità in evoluzione
manifesterà la propria azione senza più veli.
Se la manifestazione si fosse svelata completamente fin dall'inizio, non
ci sarebbe stato nessun problema terrestre, nessun tormento di crescita,
nessuna faticosa ricerca di conoscenza, forza e gioia, nessun anelito ad
un'esistenza immortale da parte della mente, della volontà e del corpo.
Ma questa Divinità, sia in noi, che al di fuori di noi, nelle cose,
nelle forze e nelle creature iniziò con un'involuzione nell'incoscienza
della Natura e cominciò dalla manifestazione di ciò che si manifesta
come il suo opposto. Da un'incoscienza, un'inerzia ed un'insensibilità
cosmiche, da un camuffamento iniziale simile alla non esistenza, lo
Spirito involuto nella Materia ha scelto di evolvere e di dar forma al
proprio potere, alla propria luce, infinità e beatitudine in una
sostanza recalcitrante e solo parzialmente duttile.
Il significato dell'evoluzione terrestre sta nella liberazione lenta e
progressiva dello Spirito latente. Il cuore del mistero è l'apparizione
faticosa, il lento divenire di Qualcosa o Qualcuno di divino già
involuto nella Natura fisica. Lo Spirito è là con tutto il suo
potenziale, a porre le basi della propria presenza nella sua stessa
sostanza che ancora resiste. I movimenti successivi che portano
all'emergere della vita, della mente, dell'intuizione, dell'anima, della
supermente e della luce della Divinità sono già là, bloccati e compressi
nel potere primigenio e nelle prime espressioni della Materia. Prima di
qualunque evoluzione doveva necessariamente esserci l'involuzione del
Divino Tutto che dovrà emergere, altrimenti non ci sarebbe stata
un'evoluzione ordinata e dotata di significato ma una creazione continua
di cose imprevedibili, non contenute, ne derivanti da ciò che le
precede.
Il mondo non è un'insieme apparentemente ordinato, gestito in modo
fortuito da un Caso inesplicabile e nemmeno un meraviglioso ingranaggio
ideato da una Forza incosciente o da una Necessità meccanica casualmente
fortunate. Non è nemmeno una struttura concepita dalla fantasia o dalla
volontà di un Creatore esterno e quindi necessariamente limitato. Ognuna
di queste soluzioni, concepibili dalla mente, può spiegare un lato, un
aspetto della realtà del mondo, ma esiste una verità più grande che sola
può unire con successo tutti gli aspetti e svelare completamente
l'enigma.
Se tutto fosse davvero il risultato del Caso cosmico, non ci sarebbe
alcuna necessità di un'ulteriore evoluzione; niente di superiore alla
mente dovrebbe apparire nel mondo materiale, - come non sarebbe stato
necessario che la mente si manifestasse nel vortice della materia, cieco
e privo di significato. La coscienza stessa sarebbe solo un'apparizione
casuale, uno strano riflesso allucinatorio, un fantasma originato dalla
Materia.
Se tutto ciò che esiste fosse il risultato dell'azione di una Forza
meccanica, la manifestazione della mente non sarebbe stata necessaria al
funzionamento dell'ingranaggio; questa invenzione meccanica e cieca, più
sottile ma anche meno efficace, non sarebbe stata indispensabile. Nessun
fragile cervello pensante avrebbe dovuto arrovellarsi per comprendere i
complessi meccanismi del primo automa infallibile. Una supermente
aggiunta a questa complessità brillante e penosa sarebbe stata ancora
più superflua, una sorta di luminosa insolenza, nient'altro che
l'assurda pretesa di una coscienza transitoria che si crede capace di
governare e possedere la grande Forza incosciente che l'ha creata. O se
un Creatore esterno e perciò limitato, in vena di esperimenti, fosse
l'inventore della vita animale soggetta al dolore, della mente umana
maldestra e pasticciona e di questo enorme universo in gran parte
inutilizzato ed inutile, non ci sarebbe ragione per cui non avrebbe
dovuto troncare lo sviluppo di un'intelligenza mentale nelle sue
creature, pago dell'ingegnosità del proprio lavoro. Anche se fosse
onnipotente ed onnisciente avrebbe potuto fermarsi lì perché,
proseguendo, la creatura avrebbe rischiato di avvicinarsi troppo al
livello del proprio Artefice.
Se d'altra parte è vero che uno Spirito infinito, una Presenza Divina
eterna, una Coscienza, una Forza e una Gioia Divine sono involute e
nascoste nella materia ed emergono lentamente, allora è inevitabile che
i loro poteri, o i livelli ascendenti dell'unico potere, debbano
emergere l'uno dopo l'altro fino a che non sia manifestata la pienezza
della gloria ed una potente Realtà divina sia resa incarnata, dinamica e
visibile.
Tutte le nostre idee sulla natura delle cose sono considerazioni
inconcludenti della nostra ragione assolutamente carente che cerca,
nella sua visione limitata e nella sua pretesa autosufficienza, di
valutare la probabilità dell'esistenza di un ordine universale che si
sottrae ad ogni speculazione e rimane comunque e sempre un enigma. Il
vero testimone e scopritore è la nostra coscienza che cresce; tale
coscienza è al tempo stesso la manifestazione ed il potere del Divino in
evoluzione; la sua crescita oltre l'incoscienza apparente dell'universo
materiale è l'evento fondamentale, costante e progressivo della lunga
storia della terra.
Soltanto quando questa coscienza divina potrà ergersi nella pienezza del
proprio potere conosceremo direttamente noi stessi ed il mondo, invece
di afferrare brandelli di una parvenza di conoscenza. Il pieno potere
della coscienza è la supermente o gnosi, - supermente perché per
raggiungerla dobbiamo andare oltre ed ergerci al di sopra della mente,
allo stesso modo in cui la mente ha superato la vita e la materia
incosciente, gnosi perché da sempre in possesso della Verità ed
essenzialmente costituita della sostanza dinamica della conoscenza.
La vera conoscenza delle cose è preclusa alla nostra ragione, perché la
ragione non è il potere essenziale del nostro spirito ma solo un
espediente, uno strumento di transizione destinato ad interagire con la
superficie delle cose e con i processi fenomenici. La vera conoscenza
comincia solo quando la nostra coscienza può oltrepassare i suoi normali
limiti nell'uomo: solo allora diviene direttamente consapevole del
proprio sé e del Potere nel mondo ed inizia ad avere almeno un minimo di
conoscenza per identità, l'unica vera conoscenza. Da allora in poi sa e
vede, non più tramite la ragione che brancola tra informazioni esterne,
ma attraverso un'esperienza sempre più forte e luminosa che illumina il
sé ed il tutto. Infine diventerà una parte cosciente del Divino che si
manifesta nel mondo; la sua vita diventerà uno strumento di evoluzione
cosciente per quel Divino involuto che non è ancora rivelato
nell'universo materiale.
L'EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA
Tutta la vita è uno stadio, una manifestazione, dell'evoluzione
progressiva dello Spirito che si dischiude e si rivela dopo essersi
involuto nella Materia e che sta lavorando per manifestarsi in quella
sostanza recalcitrante. Questo è il vero segreto della vita terrestre.
Non dobbiamo però cercare la chiave per svelare il segreto nella vita o
nel corpo; il geroglifico non è nell'embrione o nell'organismo, puri
mezzi fisici: l'unico mistero significativo dell'universo è
l'apparizione e lo sviluppo di una coscienza nell'enorme muta ottusità
della Materia. L'emergere della Coscienza da quella che poteva sembrare
inizialmente un'Incoscienza, - ma si trattava solo apparentemente di
incoscienza perché la coscienza è sempre esistita in forma mascherata e
latente, poiché l'incoscienza della Materia non è altro che coscienza
imbavagliata, la lotta che la Materia compie per ritrovarsi, per
raggiungere la completezza che le è propria, per ritrovare la
perfezione, la gioia, la luce, la forza, la regalità, l'armonia, la
libertà, - tale è il miracolo continuo e naturale, il fenomeno
onnicomprensivo di cui siamo al tempo stesso osservatori e parti
coinvolte, strumenti e veicoli.
La Coscienza, l'Essere, il Potere, la Gioia erano qui fin dall'inizio,
profondamente imprigionati nella propria apparente negazione, in questa
notte primigenia, nell'oscurità e nell'ignoranza della Natura materiale.
Ciò che è, ed è sempre stato, libero, perfetto, eterno ed infinito, Ciò
che è il tutto, Ciò che chiamiamo Dio, Brahman, Spirito, si è rinchiuso
nei propri opposti. L'Onnisciente è sprofondato nell'Ignoranza, la
Coscienza Pura si è mutata in Incoscienza, l'Eterna Saggezza è divenuta
Ignoranza perpetua. L'Onnipotente si è rivestito di un'Inerzia cosmica
che crea per mezzo della disintegrazione; l'Infinito si manifesta in una
frammentazione illimitata; la Pienezza della Gioia si è ammantata di
un'enorme insensibilità per superare la quale lotta attraverso il
dolore, la fame, il desiderio e la sofferenza. In qualunque altro luogo
il Divino è; qui nella vita fisica, nell'oscuro mondo materiale sembra
quasi che il Divino non sia un essere ma soltanto un divenire. Theos ouk
estin alla gignetai. Il divenire, l'emergere graduale del Divino dai
suoi opposti fenomenici è il significato ed il fine dell'evoluzione
terrestre.
L'essenza dell'evoluzione non è lo sviluppo di un corpo sempre più
organizzato, o di una vita sempre più efficiente, essendo questi
soltanto strumenti e fenomeni esteriori. L'evoluzione è la lotta che la
Coscienza addormentata nella Materia compie per risvegliarsi e ritrovare
la propria libertà, per riconquistare se stessa e tutte le proprie
possibilità, le più estreme, le più ampie, le più vaste e le più
elevate. L'evoluzione è l'emancipazione di un'Anima che si rivela a Se
stessa, nascosta nelle Forme e nelle Forze, è il lento divenire di una
Divinità, la crescita di uno Spirito.
L'uomo mentale non è la meta ed il fine di tale evoluzione, né il suo
valore globale o il suo significato ultimo e più elevato; egli è ancora
troppo piccolo ed imperfetto per essere il coronamento di questo potente
travaglio della Natura. L'uomo non è il fine; è soltanto un termine
intermedio, un essere di transizione, uno strumento intermedio
dell'evoluzione.
La natura dell'evoluzione e la posizione intermedia dell'uomo non sono
immediatamente evidenti; ad un osservatore esterno può sembrare che
l'evoluzione, almeno quella fisica, sia finita molto tempo fa,
producendo l'uomo come suo misero risultato migliore, e che non possano
apparire nuovi esseri o creazioni superiori. Ma tutto ciò ci sembra vero
finché guardiamo solo alle forme esteriori e non prestiamo attenzione
all'intimo significato dell'intero processo. La materia, il corpo, la
vita sono i fondamenti necessari al lavoro che doveva essere fatto. Non
nascono nuove forme di vita perché la Forza Evolutiva non si occupa ora,
o almeno non in modo preponderante, di far evolvere nuovi esseri, ma
piuttosto nuovi poteri di coscienza. Creando un corpo eretto e capace di
pensare, di progettare, di interrogare se stesso ed il mondo, di agire
coscientemente su se stesso e sulle cose, la Natura, il Potere Divino,
ha raggiunto ciò che il Suo fine segreto richiedeva; relegando ogni
altra cosa nella sfera dei movimenti secondari, si è indirizzata verso
il suo scopo a lungo celato e verso le sue forze più elevate. Tutto fino
a quel momento è stato una lunga preparazione estremamente lenta;
comunque in tutto questo lavoro lo sviluppo della coscienza che giunge
nell'uomo al punto cruciale di svolta è rimasto celato nella Natura come
suo unico vero scopo.
Questa lenta preparazione ha richiesto eoni e spazi infiniti nei quali
pareva non esistere altro fine; il vero scopo ci si presenta, almeno
quando guardiamo con l'occhio esterno della ragione, come un evento
accidentale avvenuto quasi alla fine, in un attimo brevissimo, in un
piccolissimo angolo insignificante di una delle più piccole regioni di
uno tra i tanti, infiniti universi. Potremmo comunque rispondere che il
tempo e lo spazio non hanno alcuna importanza per l'Infinito e l'Eterno;
per Quello non è uno spreco di energia - come lo sarebbe per le nostre
brevi esistenze limitate dalla morte - lavorare miliardi di anni per
sbocciare solo per un istante. Ma il paradosso è solo apparente - perché
la storia della nostra terra non è l'intera storia dell'evoluzione -
altre terre esistono altrove, e anche qui sul nostro pianeta sono
esistiti molti cicli prima di noi e molti ne verranno.
La Natura ha lavorato innumerevoli milioni di anni per creare un
universo materiale di soli ardenti e di sistemi planetari; per un numero
minore ma sempre enorme di milioni di anni si è degnata di rendere la
terra un pianeta abitabile. Per tutto quel tempo incalcolabile era o
sembrava occupata solo con l'evoluzione della Materia; la vita e la
mente era tenute segrete in un'apparente non esistenza. Ma venne il
tempo in cui la vita poteva avere una possibilità di manifestarsi: la
vibrazione nel metallo, la crescita, lo sforzo, lo strattone e la
tensione verso l'esterno della pianta, una forza e una sensibilità
istintiva, un miscuglio di gioia e dolore, fame, emozione, paura e lotta
nell'animale, - una prima coscienza organizzata, l'inizio del miracolo a
lungo atteso. Da allora la Natura non si occupò più esclusivamente della
Materia in quanto tale, ma della materia palpitante, del plasma utile
per l'espressione della vita; l'evoluzione della vita divenne il suo
unico scopo. E lentamente anche la mente iniziò a manifestarsi nella
vita, una mente dominata dall'emozione e capace di pensieri e progetti
molto rudimentali nell'animale, un apparato totalmente organizzato
nell'uomo, un essere mentale in via di sviluppo seppure ancora
imperfetto, Manu, la creatura capace di pensare, progettare, aspirare,
già dotata di autocoscienza. E da quel momento in poi la splendida
preoccupazione della Natura, la sua grandiosa scommessa è stata lo
sviluppo della mente e non un cambiamento radicale della vita. Il corpo
pareva non evolvere oltre; la vita stessa nei suoi cicli evolveva solo
quel tanto che serviva per l'espressione della Mente che si elevava ed
espandeva il proprio potere nel corpo vivente; un'evoluzione celata ed
interiore divenne da quel momento la più grande passione della Natura ed
il suo unico fine.
Se la Mente fosse tutto ciò che la coscienza è in grado di ottenere, se
fosse la Divinità segreta, se non vi fosse nulla di più elevato, di più
vasto, di più miracoloso, l'uomo potrebbe essere lasciato a perfezionare
la propria mente ed a completare il proprio essere, e niente oltre a
questo sarebbe necessario, niente di più per raggiungere la sommità
della coscienza, per portarla all'estrema vastità e per tuffarsi nelle
sue insondabili profondità. Perfezionando se stesso l'uomo porterebbe a
compimento la Natura. L'evoluzione terminerebbe in un Uomo-Dio,
coronamento dei cicli terrestri.
Ma la Mente non è tutto, perché oltre la mente c'è una coscienza più
grande, esistono una supermente ed uno spirito. Come la Natura ha
lavorato nell'animale, l'essere vitale, per giungere a manifestare
l'uomo, Manu, il pensatore, così sta lavorando nell'uomo, l'essere
mentale, per riuscire a manifestare una divinità spirituale e
supermentale, il Veggente consapovole della verità, colui che conosce
per identità, il Trascendentale e l'Universale incarnati nella natura
individuale.
Dalla zolla, al metallo, alla pianta, dalla pianta all'animale,
dall'animale all'uomo, fin qui ha compiuto il suo viaggio; un enorme
sforzo ed un balzo stupefacente l'attendono ancora. Come è già passata
dalla materia alla vita e dalla vita alla mente, così ora deve passare
dalla mente alla supermente, dall'uomo al superuomo; questo è il golfo
sul quale deve gettare un ponte, il miracolo supremo che deve compiere
prima di poter smettere di lottare e di aspirare, per esistere nella
radiosità di quella coscienza suprema, glorificata, trasfigurata e paga
del proprio lavoro.
Il subumano era un tempo il suo vertice supremo, l'umano che lo ha
sostituito sfida ora il Tempo, ma, scopo e meta del futuro, il
supermentale, il superuomo attendono di manifestarsi, una gloria di là
da venire attende di essere raggiunta.
IL SENTIERO
Lo Yoga supermentale è al tempo stesso un'ascesa verso Dio e una discesa
della Divinità nella natura incarnata.
L'ascesa si può ottenere soltanto con l'aspirazione dell'anima, della
mente, del vitale e del corpo, un'aspirazione potente e totale verso
l'elevazione; la discesa avviene solo quando l'intero essere invoca con
tutto sé stesso il Divino infinito ed eterno. Se l'invocazione e
l'aspirazione esistono o nascono e crescono fino ad impossessarsi
dell'intera natura, allora e solo allora sono possibili l'elevazione e
la trasformazione sovramentali.
L'invocazione e l'aspirazione sono solo requisiti di base; devono
esserci anche come loro conseguenza un'apertura dell'intero essere al
Divino ed una resa totale. L'apertura è un allargarsi dell'intera natura
a tutti i livelli ed in tutte le sue parti per accogliere in se stessa
senza alcun limite la più vasta Coscienza divina, Coscienza che già
sovrasta, sostiene ed ingloba l'esistenza mortale e semicosciente.
Nel ricevere non ci deve essere alcuna incapacità di contenere, nessuna
incrinatura del sistema, della mente, del vitale, dei nervi e del corpo
a seguito dello stress indotto dalla trasformazione. E' necessaria una
ricettività infinita, una capacità crescente di sopportare l'azione
della Forza divina sempre più insistente e forte. Senza tutto ciò non è
possibile fare nulla di grande e duraturo; lo Yoga sfocerà in una
rottura, in un rallentamento inerte o in un arresto invalidante e
disastroso di un processo che deve essere assoluto ed integrale per non
fallire.
Ma dato che nessun sistema umano dispone di una ricettività infinita e
di una capacità infallibile, lo Yoga supermentale può avere successo
solo se la discesa della Forza Divina aumenta il potere personale e
pareggia la forza dell'essere che riceve con la Forza che scende
dall'alto per agire sulla natura di colui che riceve.
Ciò è possibile solo se da parte nostra c'è un abbandono progressivo
dell'essere nelle mani del Divino; è necessario un assenso totale ed
immancabile, una volontà coraggiosa di lasciare che il Potere Divino
faccia in noi tutto ciò che è necessario per il lavoro da compiere.
L'uomo non può con il suo solo sforzo superare la propria umanità;
l'essere mentale non può da solo, senza alcun aiuto, divenire lo spirito
supermentale. Solo la discesa della Natura Divina può divinizzare il
ricettacolo umano, perché i poteri della nostra mente, del vitale e del
corpo sono costretti dai loro limiti e per quanto possano innalzarsi o
espandersi non possono oltrepassare i limiti naturali. Ad ogni modo,
l'uomo mentale può aprirsi a ciò che lo trascende ed invocare la discesa
della Luce, della Verità e del Potere supermentali perché compiamo in
lui ciò che la mente non può fare. Se la mente non può da sola superare
se stessa, la supermente può discendere e trasformarla a propria
immagine.
Se con il consenso sagace e l'abbandono vigile dell'uomo il Potere
supermentale ha il permesso di agire in accordo alla propria intuizione
profonda ed alla propria capacità di plasmare, produrrà lentamente o
improvvisamente la trasformazione divina della nostra natura caduta ed
imperfetta.
La discesa della Forza, il lavoro, non è priva di cadute rischiose o di
pericoli. Se la mente umana o il desiderio vitale si impossessano della
forza che discende e cercano di usarla in accordo alle loro idee fallaci
e limitate o ai loro impulsi egoistici ed imperfetti, - è ciò è in certa
misura inevitabile finché l'essere inferiore non ha imparato qualcosa
sul sentiero che conduce alla natura immortale,- non si possono evitare
intoppi, deviazioni, ostacoli ardui ed apparentemente insuperabili,
ferite e sofferenze ed anche la morte o la caduta totale non sono
impossibili. Solo quando la mente, il vitale ed il corpo avranno appreso
ad abbandonarsi totalmente al Divino, il cammino dello Yoga diventerà
facile, diretto, rapido e sicuro.
E deve trattarsi di un abbandono ed un'apertura diretti unicamente verso
il Divino e non verso qualcos'altro. Infatti è possibile per una mente
ottusa o per un vitale impuro arrendersi a forze ostili e antidivine
scambiandole per il Divino. Non c'è errore più catastrofico. Perciò il
nostro abbandono non deve essere passività cieca ed inerte a qualunque
influenza, ma una resa sincera, cosciente, vigile e rivolta all'Uno ed
al Supremo soltanto.
L'abbandono del proprio essere alla Madre infinita e divina, per quanto
difficoltoso, rimane l'unico nostro mezzo efficace ed il solo rifugio
sicuro. Abbandonarci a Lei significa che la nostra natura deve divenire
un suo strumento e l'anima simile ad un bimbo tra le braccia della
Madre.
NOTE AL TESTO
I
brani raccolti in questo libro furono scritti da Sri Aurobindo tra il
1910 ed il 1940. Nessuno di essi venne pubblicato mentre egli era ancora
in vita e nessuno subì la revisione finale a cui sottopose le sue opere
maggiori. La maggior parte dei brani vennero inizialmente stampati su
diverse pubblicazioni dell' Ashram ed in seguito nelle diverse edizioni
di The Hour of God, la prima delle quali risale al 1959.
I
saggi ed i diagrammi qui pubblicati sono solo una selezione tra le molte
opere di prosa prodotte da Sri Aurobindo a Pondicherry tra il 1910 ed il
1950. Quelli scelti sono i più completi e chiari tra i suoi scritti in
prosa pubblicati postumi.
I
brani qui riuniti non sono mai stati considerati da Sri Aurobindo parti
di un'unica opera. Alcuni furono scritti a gruppi di due, tre o quattro
ma molti sono brani separati senza alcuna relazione tra loro. Il lavoro
di selezione e di arrangiamento è stato svolto dagli editori.
Nel riunire i brani sono stati considerati tre fattori, la relazione
fisica (ricavabile dai manoscritti), quella tematica e stilistica e
quella cronologica. I brani scritti sullo stesso taccuino sono stati
stampati assieme rispettando l'ordine in cui comparivano. Come nelle
precedenti edizioni di The Hour of God, i brani sono stati raggruppati
in categorie tematiche: lo Yoga, l'Uomo ed il Superuomo (l'Evoluzione),
ecc. Tali categorie sono sufficientemente consistenti da un punto di
vista cronologico, da permetterci di considerare tutte le sezioni tranne
la prima come un singolo periodo temporale e da consentirci di disporre
tutte le sezioni eccetto la prima nel naturale ordine cronologico dalla
più remota alla più recente.
PRIMA SEZIONE : L'ORA DI DIO
I
tre brani di questa sezione sono stati raggruppati perché l'argomento
trattato e lo stile li rendono adatti come pezzi introduttivi. Non sono
tra loro in relazione fisica, né appartengono allo stesso periodo, ma
condividono il tono del discorso e l'uso della seconda persona singolare
per rivolgersi al lettore.
L'Ora di Dio. Risale molto probabilmente al 1918, o al massimo ad uno o
due anni dopo. Un testo incompleto venne pubblicato sotto forma di
"messaggio darshan" dell'Ashram nell'agosto del 1954. Il testo completo
uscì sul numero del novembre 1979 del Bulletin of Sri Aurobindo
International Centre of Education.
La Legge del Sentiero. Brano scritto intorno al 1927 e pubblicato per la
prima volta nel Bulletin dell'Aprile 1951. Nel manoscritto è privo di
titolo; gli editori hanno usato una parte dell'ultima frase come titolo.
Nelle precedenti edizioni il brano era intitolato "The Way" (la Via, il
Sentiero).
Il Superuomo Divino. Scritto intorno al 1918 (come l'Ora di Dio) questo
saggio potrebbe essere stato concepito per far parte della rivista
mensile Arya, pubblicata da Sri Aurobindo a quell'epoca. Venne
pubblicato per la prima volta nel Bulletin dell'Aprile 1951.
SECONDA SEZIONE : SULLO YOGA
I
nove brani di questa sezione, accomunati dall'argomento che trattato,
formano un preciso insieme cronologico; infatti furono scritti tutti
intorno al 1913.
Certezze. Non è possibile risalire con certezza alla data di questo
brano, ma sicuramente fu scritto durante i primi anni di permanenza di
Sri Aurobindo a Pondicherry, dal 1910 al 1914. Si può ulteriormente
restringere senza tema di errore l'intervallo temporale dal 1911 al
1913. Venne pubblicato per la prima volta in The Advent del Febbraio
1957. La frase finale compare in sanscrito nel testo inglese ed è una
citazione tratta dalla Bhagavad Gita (4.11).
Concetti e Definizioni Iniziali. Il taccuino nel quale fu scritto questo
brano, probabilmente nel 1913, riporta due titoli: "Cenni sullo Yoga" e
"La Psicologia dello Yoga". Concetti e Definizioni Iniziali è l'unico
brano completo del taccuino. Venne pubblicato per la prima volta in The
Advent del Novembre 1951.
Lo Scopo del Nostro Yoga. Brano rinvenuto nel taccuino che conteneva
anche i due brani seguenti. Fu scritto dopo di essi, ma probabilmente
nello stesso anno, nel 1913. Nel manoscritto è privo di titolo.
Il Grande Intento dello Yoga. Parabrahman, Mukti ed i Sistemi di
Pensiero Umani. Vennero scritti insieme nell'ordine in cui appaiono,
quasi certamente nel 1913. Nel manoscritto hanno i medesimi titoli e
sono etichettati con i numeri "I" e "II". Un terzo brano, incompleto e
privo di titolo, escluso da questa edizione, compare di seguito nello
stesso taccuino. I tre brani vennero pubblicati per la prima volta nel
"The Advent" dell'Aprile 1954 con il titolo di "Purna Yoga".
Il Fine Evolutivo dello Yoga. La Pienezza dello Yoga nel Limite. La
Natura. Maya Questi quattro brani compaiono nell'ordine sul medesimo
taccuino, scritti probabilmente nel 1913. Sulla copertina del taccuino
compare "Natural and Supernatural Man" (L'Uomo Naturale e
Soprannaturale). Tale avrebbe dovuto essere il titolo di un libro
contenente questi ed altri brani. I quattro brani apparvero per la prima
volta nel numero dell'Aprile 1981 del "Sri Aurobindo: Archives and
Research".
TERZA SEZIONE: L'ASSOLUTO E LA MANIFESTAZIONE
Tutti i pezzi risalgono al 1926 o 1927, tranne gli ultimi due diagrammi
che sono di epoca posteriore. Tutti pezzi del 1926 o 1927 tranne uno
appartengono allo stesso taccuino.
Om Tat Sat. Forse queste tre parole scritte all'inizio del pezzo non
erano necessariamente il titolo. Pubblicato per la prima volta nel
Bullettin dell' Aprile 1976.
LA Mahasakti Suprema. Sotto questo titolo sono stati riuniti tre pezzi
correlati per argomento, appartenenti allo stesso taccuino in cui
compaiono nell'ordine. Dato però che tra un pezzo e l'altro compariva
del materiale non attinente, i tre brani sono stati separati da
asterischi. Gli ultimi due brani furono pubblicati per la prima volta
nel Bullettin dell' Aprile 1976; il primo compare qui per la prima
volta.
Al tema del primo pezzo si allude in "Om Tat Sat".
Le parole sanscrite, scritte in devanagari, possono essere traslitterate
come segue:
mayobhuh…radha
mahamaya, paraprakrti
La prima parola è un termine Vedico che significa "creatore di gioia".
Radha è la "personificazione dell'amore assoluto per il Divino" (vedi
Letters on Yoga, p.796).
Gli ultimi due termini sono definiti nel glossario. Forse Sri Aurobindo
intendeva scrivere un terzo insieme di parole sanscrite ma non lo fece
mai.
Nel terzo pezzo le parole sanscrite, scritte in devanagari, possono
essere traslitterate come segue
Satyam rtam brhat e trih sapta parama padani matuh. La prima frase è
definita nel glossario; la seconda significa "i triplici sette piani
(letteralmente, "impronte") della Madre".
I
Sette Soli della Supermente. Pubblicato per la prima volta nella prima
edizione di "The hour of God (1959).
I
Sette Centri della Vita. Pubblicato per la prima volta nel Bullettin
dell'Aprile 1976.
L'Assoluto Supremo Contenuto in Se Stesso. La Manifestazione. Il primo
potrebbe non essere un titolo ma solo l'intestazione del diagramma.
Pubblicati per la prima volta in Mother India del Dicembre 1953 sotto il
titolo di "The Divine Plan" (Il Piano Divino).
La Scala della Coscienza. Le Gradazioni dalla Sovramente (Overmind) alla
Mente. Questi diagrammi risalgono al 1931. Dovevano far parte di una
lettera in cui Sri Aurobindo rispondeva alle domande di un discepolo che
chiedeva chiarimenti su " systems of spiritual and occult knowledge
(sistemi di conoscenza spirituale ed occulta)" ognuno dei quali "constructs
its own schema (costruisce il proprio schema)". Le frasi tra virgolette
sono
tratte dalla risposta che Sri Aurobindo inviò al discepolo (pubblicata
in Letters on Yoga, pp. 249-51). I diagrammi non furono mai spediti e
vennero pubblicati nella prima edizione di "The hour of God (1959). La
Madre affermò in una delle sue conversazioni che Sri Aurobindo doveva
aver steso quei diagrammi quasi per scherzo.
QUARTA SEZIONE: L'UOMO ED IL SUPERUOMO
Bozze dei primi due pezzi risalgono quasi certamente al 1927. Le
versioni qui riportate appartengono ad un unico taccuino e sono state
scritte intorno al 1930. Gli altri due pezzi risalgono allo stesso
periodo.
L'Uomo e la Supermente. Esistono numerose bozze di questo brano e di
brani affini per tematica. La prima bozza risale 1927 circa. La seconda,
scritta poco dopo, venne pubblicata, arricchita di passaggi correlati,
sotto il titolo di "Man A Transational Being (L'uomo un Essere
Transizione)" nel Bulletin dell'Agosto 1951. Tra detta bozza e quella
pubblicata in questo libro ne esiste un'altra, probabilmente dei primi
anni '30, pubblicata nel Bulletin dell'Agosto 1976.
L'Involuzione e L'Evoluzione della Divinità. Una prima bozza di questo
brano, risalente al 1927, venne pubblicata, sotto il titolo di "
Evolution (Evoluzione)" nel Bulletin del Novembre 1951. L'attuale bozza,
probabilmente dei primi anni '30 (appare nello stesso taccuino di "Man
and Supermind (L'uomo e la Supermente)"), venne pubblicata per la prima
volta nel Bulletin dell'Agosto 1976.
L'Evoluzione della Coscienza. Appartiene allo stesso taccuino ed allo
stesso periodo, intorno al 1930, dei due brani precedenti. Venne
pubblicato per la prima volta nel Bulletin dell'Agosto 1976 come il
primo di due brani dal titolo "Evolution (Evoluzione). Nel presente
libro il pezzo, privo di titolo nel manoscritto, è stato intitolato "The
Evolution of Consciousness (L'Evoluzione della Coscienza).
Il Sentiero. E' uno dei molti pezzi scritti intorno al 1930 sullo Yoga
Sovramentale. Tre di tali pezzi vennero pubblicati sotto il titolo di
"The Supramental Yoga" nel numero del Novembre 1955 di The Advent. Il
pezzo qui riportato è il più completo e l'unico provvisto di titolo nel
manoscritto.
GLOSSARIO DEI TERMINI SANSCRITI
adhama: inferiore, più basso.
aditi: la Madre degli Dei ; la coscienza-forza indivisibile del Supremo;
Natura suprema o coscienza infinita.
advaitin (Adwaitin): monista Vedantino.
adya mahasakti: la mahasakti originaria.
adya sakti: potere originario; la Madre trascendente.
ahamkara: senso egoico; il principio di divisione che porta alla
formazione dell'ego.
ajna cakra: centro (cakra) tra le sopracciglia , che governa la mente
dinamica, la volontà, la visione, le formazioni mentali (forme
pensiero).
amrtam: Immortalità.
anahata: il loto del cuore, il centro (cakra) che governa la emotiva ed
il mentale vitale.
ananda: gioia, beatitudine, delizia, estasi spirituale; il principio
essenziale della delizia, un gioire di sé che è la reale natura
dell'esistenza trascendente ed infinita.
anandaghanaloka: mondo di beatitudine densa.
anandaloka: mondo di beatitudine.
annam: materia.
apara Maya: maya inferiore.
aparardha: l'emisfero inferiore (dell'esistenza nel mondo).
asat: non-essere, non-esistenza, nulla.
atman: sé; spirito; la natura originaria ed essenziale della nostra
esistenza.
AUM: vedi om.
avatara (Avatar): discesa (della Divinità nell'uomo); Incarnazione.
avidya: lIgnoranza; la coscienza relativa e molteplice.
avyakrta prakrti (Ayakrita Prakriti): natura indifferenziata.
avyakta: non manifestato; non rivelato.
avyakta paratpara: il supremo dei Supremi non manifestato.
Ayodhya: regno governato da Dasaratha ed in seguito da suo figlio Rama.
bhur: il mondo materiale.
bhuvar: il mondo vitale.
brahman: la Realtà; l'Eterno; l'Assoluto; lo Spirito, l'Uno oltre il
quale nulla esiste.
caitanyaloka: mondo di coscienza.
cakra : centro sottile, ganglio nel sistema nervoso.
cid-atman: Sé di coscienza.
Cidghanaloka: mondo di coscienza densa.
cit : coscienza, il principio della coscienza pura.
cit-sakti : Coscienza-forza; l'Energia Divina.
cit-tapas : Coscienza-forza; pura energia di coscienza.
dharma: legge dell'essere; dovere.
esa suptesu jagarti : ciò che veglia nei dormienti (Katha Upanishad
2.2.8).
gati: stato dell'anima naturale; stato finale del divenire.
guru: maestro spirituale; guida.
guru: maestro spirituale; guida.
Isvari: Colei che ha padronanza; La Madre che regola.
Jana: la gioia che partorisce la vita ed il mondo; il mondo della gioia
creatrice dell'esistenza (nel senso di janaloka).
Jivanmukta: uomo liberato vivente.
Jivanmukti: liberazione durante la vita.
jana-sakti : potere di conoscenza.
Kali :la Madre divina nel suo aspetto terribile di distruttrice di
demoni.
Kriya-sakti: potere di operare ed agire.
Krsna (Krishna): il Signore di ananda, amore e bhakti (devozione).
Kuvera: dio della ricchezza.
Lanka (Lanca): l'isola regno di Ravana, capo dei demoni, dove tenne
prigioniera Sita dopo averla rapita.
lila: gioco; gioco cosmico.
lilamaya: giocoso; tipico del gioco cosmico (lila).
madhyama: intermedio.
mahad brahma: il grande Brahman; la Verità e la Vastità Divina.
mahamaya: la grande maya.
mahar, mahas: il grande mondo, il mondo della Verità; il supermentale.
mahati vinastih: la grande perdizione. (Kena Upanishad 2.5).
mahimanam asya: la Sua grandezza.
manas: mente sensoriale; mente.
manipura: il centro (cakra) dell'ombelico, centro della forza vitale che
governa il vitale propriamente detto.
manomayah prana-sarira-neta : l'Essere mentale, signore della vita e del
corpo. (Mundaka Upanishad 2.2.8).
manu: essere mentale.
maya: originariamente rappresentava nei Veda la conoscenza creatrice
universale; successivamente in senso derivato e figurato significò
inganno, magia, illusione, l'illusione cosmica, la coscienza fenomenica.
mayavada: dottrina che sostiene che l'universo è maya, illusione.
mayavadin: chi professa il mayavada.
muladhara: cakra radice; è il centro della coscienza; è il supporto del
vitale e la base del fisico.
nirvikalpa samadhi: trance assoluta.
om: il mantra, o suono simbolico, di espressione del brahman nei suoi
quattro piani di esistenza, dal turiya al piano esterno o materiale (il
piano esteriore, quello interiore o sottile, ed il piano causale
supercosciente. Ogni lettera A, U,M, indica in ordine ascendente uno dei
tre piani precedenti e l'insieme manifesta il quarto stato, turiya).
om tat sat: Colui che E'.
parabrahman: il brahman supremo; il Divino.
para maya: Potere creatore supremo, Natura divina più elevata.
paramesvara (Parameshwara): il Signore supremo.
paramesvari (Parameshwari): il supremo isvari.
para prakrti (Para Prakriti): la Natura suprema.
para-purusa (Parapurusha): l'anima surema; Dio.
para sakti: il potere supremo.
paratpara: Il supremo dei Supremi.
paratpara brahman: Il supremo Brahman.
prajna prasrta purani :La saggezza che si propagò fin dal principio. (Shwetashwatara
Upanishad 4.18)
prakrti (Prakriti): Natura, Anima della Natura; forza esecutiva.
prakrtim yanthi bhutani, nigrahah kim karisyati: Tutti gli esseri
seguono la propria natura e che valore può avere costringerla? (Gita
3.33)
prana: Forza vitale; vita.
purna Yoga: lo Yoga Integrale.
purusa (Purusha): Persona; Essere cosciente; Anima Cosciente; Anima;
essenza che sostiene il gioco di prakrti.
Rama: Figlio di Dasaratha, re di Ayodhya; considerato un'incarnazione di
Vishnu.
rsi (Rishi): veggente.
sa: lei.
saccidananda : l'Essere Divino, una trinità di Esistenza (sat),
Coscienza (cit) e Gioia (ananda).
sadhaka: Il praticante, il discepolo.
sadghanaloka: mondo di esistenza densa.
sah: lui.
sahasraradala: il cakra più elevato; il loto dai mille petali; il centro
che apre alla mente illuminata.
sakti: Energia, Forza, Potenza, Volontà, Potere; il Potere autoesistente,
autocosciente e autoefficace del Signore.
sama: costante, stabile, equo.
samrat: colui che regola ogni cosa.
sardula: tigre.
sastra: scrittura sacra
sat: Essere, esistenza; Colui che Esiste.
sat Purusha: il puro Sé divino; Dio.
sattvika (tradotto con sattvico/a): Che consiste di luce, equilibrio e
pace.
satyaloka: Mondo della più alta verità dell'essere.
satyam: Verità, verità dell'essere.
satyam rtam brhat (Satyam Ritam Brihat): il Vero, il Giusto, il Vasto.
siddha: perfetto; perfezionato.
siddha purusa: un essere perfetto; il superuomo.
Sita: figlia di re Janaka e moglie di Rama.
sreyan svadharmo vigunah: Meglio è seguire la propria legge d'azione,
sebbene imperfetta in se stessa…. (Gita 3.35).
sunya: zero; vuoto.
susupti (Sushupti): sonno profondo; lo Stato del Dormiente
svadhisthana : il secondo cakra situato tra l'ombelico ed il muladhara;
governa il vitale inferiore.
Svar (Swar): mondo corrispondente al principio della mente chiara e non
oscurata.
svarat (Swarat): colui che governa sé stesso, che si dà le proprie
regole.
tad va etat: che davvero è questo.
tapas: calore, energia; il principio essenziale dell'energia.
tapasya: sforzo, energia, austerità nella volontà personale;
concentrazione. della volontà e dell'energia per uno scopo yogico o
altro scopo elevato.
tapoghanaloka: mondo di tapas denso.
tapoloka: mondo di tapas. Mondo di Volontà o coscienza forza infinita.
tat: Quello (l'Assoluto).
turiya: il quarto; il quarto piano della nostra coscienza; il
supercosciente.
Uttama: superiore, più elevato.
vairagya: avversione, disgusto (per il mondo).
Vibhuti: potere divino; un potere di Dio nell'uomo, Forza Mondiale
incarnata o leader umano.
vijnana: idea Pura; l'intelligenza totalmente spirituale, libera e
Divina; Gnosi; Supermente.
vijnanaloka: il mondo di vijnana; il mondo supermentale.
vijnanesvara (Vijnaneshwara) : il Signore di vijnana.
vijnanesvari (Vijnaneshwari) : l'isvari di vijnana.
visuddha : il cakra della gola; governa la capacità di comunicare, la
mente esteriore e tutte le capacità espressive.
vyahrti: Ciascuno dei tre mondi simbolici del mantra: (om) bhur bhuvah
svah.
vyavaharika arta: valore pratico.
yayedam dharyate jagat: ciò da cui questo mondo è sostenuto. (Gita 7.5)
yoga: unione; l'unione dell'anima con l'essenza immortale e con la
coscienza e la gioia del Divino; uno sforzo metodico che tende a tale
unione ed all'autoperfezione.
yogah hi prabhavapayayau: lo yoga è il principio e la fine di ogni cosa.
(Katha Upanishad 2.3.11).
yogin: chi pratica lo yoga, specialmente chi vive stabilmente nella
realizzazione yogica.
Da:
http://www.holos.biz/theourofgodbiblio.htm
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