in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Breve biografia di Krishnamurti (Ermando Danese)


Nel secolo scorso è sorto un movimento filosofico piuttosto singolare con l'intento di unificare tutte le religioni, e con la credenza della venuta sulla Terra del «Maestro del Mondo». Si tratta della teosofia.
Stuart Holroyd scrive che «uno dei credi principali della teosofia (il movimento religioso fondato nel 1875 da uno spiritualista americano, il colonnello Olcott, e da un'energica russa e occultista Helena Blavatsky), è che in certi momenti critici della storia mondiale, un essere soprannaturale, mirabilmente saggio e benevole, il dio Maitreya, s'incarna sulla Terra sotto sembianze umane. Una volta si era incarnato in India come Sri Krishna, e in un'altra occasione in Palestina come Gesù Cristo. I teosofi, inoltre, credevano che il tempo nel quale il dio Maitreya, il Maestro del Mondo, si sarebbe incarnato di nuovo, fosse imminente, e madame Blavatsky affermava, a volte, che lo scopo principale della Società Teosofica era di preparare l'umanità per la venuta del Maestro del Mondo. Questo tema fu ripreso dopo la sua morte nel 1891 da un'altra teosofa di straordinaria abilità e vitalità, Annie Besant, che in seguito doveva diventare presidente della Società, e avere quello che considerava il particolare onore di essere responsabile dell'educazione del Maestro del Mondo.
L'essere umano, nel quale si doveva incarnare il dio Maitreya, fu scoperto da un altro teosofo eccezionale, un vecchio allievo di madame Blavatsky, Charles Leadbeater. Un giorno, nella primavera del 1909, Leadbeater, che si riteneva avesse poteri psichici e di chiaroveggenza molto sviluppati, vide un gruppo di bambini che facevano il bagno sulla spiaggia di Adyar vicino Madras, dove aveva sede il quartiere generale internazionale della Società Teosofica. Fece notare a un amico che uno di quei bambini aveva un'aura straordinaria, che indicava che sarebbe diventato un grande maestro e oratore spirituale. Il ragazzo era uno dei quattro figli di un povero bramino vedovo, Narianiah, che aveva un umile impiego presso la Società e viveva stentatamente in una baracca fuori della cinta di case.
Il ragazzo, sui quattordici anni, appariva debole e denutrito e, certamente, fu grazie alla fiducia nei poteri di percezione psichica di Leadbeater, che questo ragazzo divenne, attraverso un'incredibile trasformazione, il grande Maestro spirituale Jiddu Krishnamurti».
«Jiddu Krishnamurti è nato l'11 maggio 1895 a Madanapalle - scrive Mary Lutyens -una piccola città di collina a circa 250 km a nord di Madras. Suo padre, Jiddu Narianiah, dopo essersi laureato all'università di Madras, divenne un funzionario nel dipartimento erariale dell'amministrazione britannica, raggiungendo alla fine della sua carriera, la posizione di Tashilor, quindi, secondo i metri di valutazione indiana, la famiglia non era affatto povera.
Narianiah aveva sposato una seconda cugina, Jiddu Sanjeevamma, che gli generò undici figli, dei quali solamente sei sopravvissero all'infanzia. Ella aveva presentito che questo suo ottavo figlio, in qualche modo sarebbe diventato importante e aveva insistito perché il bimbo nascesse nella puja al piano terra, un locale speciale abbastanza isolato destinato alla preghiera nelle case indù ortodosse.
Dopo la nascita, Kumara Shrowtulu, uno degli astrologi più famosi di quella regione, lesse l'oroscopo del neonato, e poté garantire a Narianiah che il figlio sarebbe stato veramente un personaggio di primo piano. Ma per molti anni parve molto improbabile che questa predizione si potesse avverare. Ogni volta che l'astrologo incontrava Narianiah chiedendogli: «Che ne è di tuo figlio Krishna?», la risposta di Narianiah non era mai tale da alimentare molte speranze e l'astrologo doveva tornare ad assicurare il padre deluso: «Aspetta. Ti ho detto il vero; diventerà qualcuno, sarà grande e meraviglioso»».

Nel 1905 morì la madre di Krishnamurti. Questo dolore gli causò un profondo stato di prostrazione psichica. La depressione fu tale che, a scuola, il maestro lo picchiava con il bambù, lasciandolo spesso fuori dall'aula per punizione.
La Lutyens scrive che «metà del tempo a scuola lo passava a piangere sulla veranda; quando il maestro si scordava di richiamarlo, sarebbe rimasto sulla veranda tutta la notte se Nitya, più piccolo ma più sveglio, non l'avesse preso per la mano e non l'avesse riportato a casa. Inoltre odiava i libri di testo, ed era così sognante e svagato da apparire, a volte, mentalmente ritardato.
Alla fine del 1907, a cinquantadue anni, Narianiah fu collocato forzatamente a riposo, con una pensione equivalente alla metà del precedente stipendio, decise di scrivere alla Besant offrendole i suoi servizi per qualunque cosa servisse a Adyar. (Pur essendo un bramino ortodosso, Narianiah apparteneva alla Società Teosofica fino dal 1882; la teosofia abbraccia tutte le religioni). Alla fine del 1908 ottenne un posto come aiuto segretario. Il 23 gennaio 1909 si trasferì con i figli a Adyar. Non essendoci appartamenti disponibili all'interno del complesso, alla famiglia fu assegnata una casetta fatiscente e priva di servizi igienici, subito fuori del complesso. I ragazzi arrivarono in condizioni fisiche spaventose».
Con la «scoperta» di Leadbeater, lo stato depressivo di Krishnamurti fu aggravato dalle cosiddette iniziazioni cui il fanciullo fu sottoposto nella Società Teosofica spesso anche insieme al fratello Nitya.
Annie Besant decise pure di dare un'adeguata istruzione a Krishnamurti e, insieme al fratello, gli fece frequentare delle scuole in Inghilterra, nonostante la contrarietà del padre dei due ragazzi.
Grazie alla buona pubblicità della Società Teosofica, la scoperta del Maestro del Mondo sollevò notevole scalpore. Fu fondato l'Ordine della Stella dell'Est, con a capo lo stesso Krishnamurti, che ben presto ebbe un buon numero di seguaci. Tutta quella pubblicità intorno alla sua persona, così sensibile, contribuì soltanto a
prostrare ulteriormente il suo spirito, che continuava anche a essere sempre sottoposto alle più impensabili e assurde «prove» d'iniziazioni.

L'enorme crisi psicologica ebbe l'apogeo nel 1922, quando Krishnamurti aveva 27 anni. Qui avvenne un fatto eccezionale che cambiò radicalmente la sua vita, nonostante in quel periodo il suo stato era da considerarsi ormai critico, tanto che spesso era in preda al delirio. Il fatto veramente straordinario è che lui
riuscì a ravvedersi in quella tremenda crisi senza perdervi definitivamente la ragione, ed ebbe pure una strabiliante esperienza su cui è basato tutto il suo insegnamento.
Questo grande avvenimento si ebbe il 20 agosto del 1922, a Ojai Valley, 105 km a nord di Los Angeles, dove Krishnamurti si trovava con suo fratello e altre persone: in un cottage di proprietà di una certa Mary Gray che, c'informa la Lutyens, l'aveva affittato ai due fratelli.
Nella serata di questo giorno, a Krishnamurti, nella speranza che trovasse un po' di sollievo per il suo stato, fu consigliato di andarsi a mettere sotto un albero di schino che si trovava di fronte al cottage.
Mary Lutyens cita quanto scrisse proprio Krishnamurti su quest'avvenimento che lo vide protagonista, e dove possiamo renderci conto dello stato in cui versava: «La mattina del giorno dopo fu quasi identico al giorno prima, e non riuscivo a sopportare troppa gente nella stanza. Potevo sentirli in modo piuttosto curioso e le loro vibrazioni mi scuotevano i nervi. Quella sera, più o meno alla stessa ora, le sei, mi sentii peggio che mai. Non volevo nessuno accanto a me o nessuno che mi toccasse. Mi sentivo estremamente stanco e debole. Credo di aver pianto per semplice esaurimento e mancanza di controllo fisico. La testa mi doleva e in alto mi sembrava trafitta da molti aghi. Ho continuato così per qualche tempo finché, alla fine, sono uscito fuori della veranda, e mi sono seduto per pochi istanti e leggermente più calmo. Ho cominciato a rientrare in me e finalmente mr Warrington mi ha detto di andarmene sotto lo schino vicino casa. E là mi sono seduto a gambe incrociate in posizione di meditazione. C'era una calma così profonda nell'aria e in me, la calma del fondo di un profondo e insondabile lago. Come il lago, sentivo il mio corpo fisico, con la sua mente e le sue emozioni; poteva incresparsi in superficie ma niente, sì niente poteva turbare la calma dell'anima mia. Ero supremamente felice, perché avevo visto. Tutto era cambiato. Avevo bevuto le acque pure e limpide della sorgente della fonte della vita e non avevo più sete. Anzi non potevo più avere sete, né avrei potuto più trovarmi al buio nelle tenebre. Ho visto la Luce. Ho avuto un contatto con la compassione che sana ogni angoscia e ogni sofferenza; e questo non per me, ma per il mondo. Sono stato là, sulla cima del monte. Non mi trovavo più nel buio delle tenebre; le tenebre si sono dissolte. L'Amore in tutta la sua gloria ha inebriato il mio cuore; il mio cuore non si può più chiudere. Ho bevuto alla fonte della Gioia e dell'Eterna
Bellezza. Sono inebriato da Dio».

Purtroppo, l'enorme crisi psicologica che aveva condotto Krishnamurti a quel lietissimo evento, gli lasciò anche un ben altro dono. Dei fortissimi dolori caratterizzati soprattutto alla nuca e alla testa e con riflessi, a volte, lungo la spina dorsale.
Queste manifestazioni dolorose, Krishnamurti le battezzò in un unico nome: «Il processo».
La Lutyens ne parla ancora nella presentazione di un manoscritto di Krishnamurti, che questi aveva composto nel 1961: «Nel 1922, all'età di ventisette anni, Krishnamurti ha vissuto un'esperienza spirituale che ha trasformato la sua vita e che è stata seguita da anni di acuto e quasi continuo dolore alla testa e alla spina dorsale. Il manoscritto mostra che il «processo», come lui chiamava il misterioso dolore, proseguiva ancora quasi quarant'anni dopo, sebbene in una forma quasi più mite. Il «processo» è un fenomeno fisico da non confondersi con lo stato di coscienza cui Krishnamurti variamente si riferisce nei quaderni di appunti, definito come la «Benedizione», la «Diversità», l'«Immensità»».
Vediamo come Krishnamurti stesso descrive il «processo» negli appunti del 1961: «L'intero processo è andato avanti tutto il giorno: la pressione, lo spasmo e il dolore dietro la testa; mi sono svegliato gridando diverse volte e anche durante il giorno c'è un gemere e un gridare involontario. [...] La testa ha fatto male tutto il giorno; la cosa peggiore quando uno sta solo. Tutta la scorsa notte sembra sia continuato, e mi sono svegliato parecchie volte gridando e gemendo; anche durante il riposo del pomeriggio c'è stato un dolore accompagnato da grida. Ci si domanda quanto a lungo il corpo possa resistere».
Come vediamo, anche dopo superata la crisi e ricevuto il Dono di Dio, la vita di Krishnamurti non è stata certo di rose e fiori. Questo «processo» non è mai stato tanto ben specificato, potrebbe trattarsi di un fenomeno di estrinsecazione di facoltà psichiche, questa tesi è avvalorata dal fatto che tali facoltà non sono estranee nella vita di Krishnamurti. Egli stesso ne ha fatto riferimento in occasione di una discussione sul mondo dell'occulto: «Ora è venuto di moda parlare e fare ricerche sull'occulto. Sembra essere la mania del momento. La persona che vi sta parlando - mi dispiace dover fare questo riferimento - ne sa qualcosa di tutta questa faccenda. Se vi parla di tutte queste cose, è perché sa di cosa parla; vi sta parlando di fatti accaduti, ma considera tutte queste cose assolutamente puerili».
«Krishnamurti è sempre stato molto reticente sul suo potere di guaritore - ci confida la Lutyens - e non l'ha mai considerato più di una semplice attività collaterale. Non vuole farsi conoscere come guaritore o che la gente vada da lui solo per la salute fisica. In alcuni casi non conosce nemmeno il nome della gente che sostiene di essere stata curata da lui. Era così disgustato dalle rivelazioni psichiche di Arundale e Wedgwood del 1925 che lungi dal servirsi di questi poteri o dallo svilupparli, si decise, da allora in poi, a farli passare in secondo piano non potendo eliminarli del tutto. La sua antipatia per la chiaroveggenza è ancor più dichiarata; la ritiene un'intrusione nella sfera privata individuale».
Con molta probabilità, dunque, la resistenza all'estrinsecazione di questi fenomeni - che ebbero origine nel periodo della forte crisi - sta alla base del «processo» di Krishnamurti. Il parapsicologo Piero Cassoli, che ha dedicato la vita allo studio dei poteri psichici, sostiene che «questi fenomeni devono seguire la natura, quando sono il risultato di un soggetto propriamente dotato. Ho studiato e seguito, ormai, un centinaio, forse più, di questi soggetti: spesso cominciano ad accusare disturbi strani, malesseri che non reagiscono alle normali cure mediche e sui quali i medici rimangono perplessi. Ma quando trovano (o se trovano) la possibilità di estrinsecare i loro poteri, il più delle volte questi disturbi spariscono, ed essi ritrovano la serenità».

Dopo l'eccezionale avvenimento che lo vide protagonista, Krishnamurti era ancora piuttosto confuso mentre si stabilizzava nella nuova visione del mondo. Ecco quanto scrisse in proposito, come cita la Lutyens: «Non riesco a rendermi conto di aver fatto un passo così importante; mentre vivevo questa straordinaria esperienza, non ne ho valutato l'importanza, almeno non come ora. È stato come uno splendido sogno e adesso ne comprendo la grande realtà. Il grosso problema è che mi sento così piccolo e incapace di fare questo poderoso lavoro; manco ancora di fiducia in me steso e non credo che sarò mai pieno di me. Non ho questa sensazione. Però devo migliorare, imparare».
Nel 1925 morì suo fratello Nitya che, sebbene più piccolo, era stato un grande sostegno morale per lui sin dall'infanzia. Mary Lutyens ci fa sapere che la notizia della morte del fratello «lo affranse completamente. I dieci giorni che seguirono furono un martirio per lui e per chi l'aveva davanti agli occhi. Di notte singhiozzava, gemeva e urlava chiamando Nitya, usando a volte la sua lingua madre, il telugu».
Ma la nuova visione di Krishnamurti ebbe ben presto il sopravvento, facendogli superare facilmente questa nuova crisi. Infatti scrisse, come cita la Lutyens: «Una nuova visione sta cominciando a formarsi e una nuova coscienza a spiegarsi. Si avverte già un nuovo entusiasmo e un nuovo fremito della stessa vita. Una forza nuova nata dalla sofferenza pulsa nelle vene e una nuova simpatia e comprensione sta scaturendo dalla passata sofferenza. Un più vivo desiderio di vedere altri soffrire di meno e, se devono soffrire, vedere che lo sopportino nobilmente e ne escono senza eccessive ferite. Io Krishnamurti adesso ho zelo più ardente, fede più grande, simpatia più viva e amore più forte. Adesso so, e ne sono più certo che mai, che nella vita esiste veramente una Bellezza , una felicità che nessun avvenimento materiale può sconvolgere, una grande forza che gli eventi transeunti non possono indebolire e un grande Amore permanente, imperituro e invincibile».
Del resto, dobbiamo precisare che dopo la Grande Esperienza, le manifestazioni dell'Immensità sono, naturalmente, continuate. Cioè il Donum Dei stabilisce definitivamente l'unione tra la creatura e il Creatore.
La Lutyens scrive che egli continuava ancora a parlare di queste esperienze: «Una nuova vita, una nuova tempesta ha spazzato il mondo. È come la tramontana che soffia e pulisce ogni cosa, vento selvaggio che spazza dagli alberi ogni particella di polvere, le ragnatele della nostra mente e delle nostre emozioni e ci fa puri, completamente puri».
Nelle varie conferenze che teneva alla Società Teosofica, scrive ancora Lutyens che ai suoi «discepoli» diceva: «Potete prendermi il cuore, potete prendere il mio sangue e berne e la cosa non avrà importanza, perché io possiedo tutte le cose e voi siete così piccoli». A dei giornalisti, prosegue la sua biografa, fece la seguente confessione: «Io non sono mai solo. Ho qualcosa che non potete prendermi».

A questo punto inizia pure il vero e grande insegnamento di Krishnamurti. Anche se ufficialmente egli è il capo dell'Ordine della Stella dell'Est e possiede ancora dei seguaci, il suo insegnamento non lascia adito ad alcun dubbio: i suoi ascoltatori, chiunque essi siano, non devono seguire lui ma camminare con i propri piedi. È questo rapporto sconcertante tra maestro e discepolo che porterà, ben presto, a un'inevitabile rottura.
I suoi «seguaci» aspettavano qualcosa di originale e di diverso, cioè il «nuovo insegnamento» come la Società Teosofica aveva dichiarato, ma non si aspettavano certo che fossero indirizzati verso l'autoconoscenza.
Holroyd scrive che «Annie Besant e i principali teosofi avevano detto spesso che gli insegnamenti del Maestro del Mondo, una volta giunto tra loro, sarebbero stati del tutto diversi da quelli che avevano presupposto e sperato, e che la gente sarebbe dovuto rimanere aperta al nuovo, all'inaspettato; ma ciò che Krishnamurti diceva ora era così inaspettato e così incompatibile con gli insegnamenti e le profezie della teosofia, che essi non erano in grado di tener fede ai loro stessi ammonimenti e consigli».
 Krishnamurti invitava i suoi «seguaci» all'autoconoscenza prendendo esempio dalla sua propria esperienza.
Holroyd cita, in proposito, uno dei suoi brani autobiografici: «Come tutti anche Krishnamurti, in passato, cercò, obbedì e adorò, ma col trascorrere del tempo, quando venne la sofferenza volle scoprire la realtà che si nasconde dietro il quadro, dietro il tramonto, dietro l'immagine, dietro tutte le filosofie, dietro tutte le religioni, tutte le sette, tutte le organizzazioni, e scoprire e capire che viveva sospeso nell'irrealtà, nella falsità, finché, a poco a poco, fu in grado di superare tutti questi mostri sacri che limitano, legano; tutti quegli idoli che vogliono essere adorati. Superando tutte queste cose, fu in grado di arrivare dove tutte le religioni, e tutti gli affetti sono consumati, dove non esiste il culto, dove cessa il desiderio, dove il sé separato, essendo distrutto, si purifica. È proprio perché sono passato attraverso quegli stadi che posso parlare con l'autorità della mia esperienza, con l'autorità della mia conoscenza, e vorrei trasmettervi questa conoscenza e quest'esperienza».
Qui si trova il fondamento che differenzia l'insegnamento essoterico di Krishnamurti dall'insegnamento esoterico degli altri Saggi: far partecipe anche gli altri a quell'incredibile e grandioso fenomeno che egli ha trovato da solo. Mary Lutyens cita un altro passo assai espressivo di Krishnamurti: «C'è una persona chiamata Jiddu Krishnamurti che ha sempre avuto in vista il fine da raggiungere, e per cercarlo e trovarlo ha affrontato molte lotte, molte angosce, molti dolori. Ha esplorato molte vie pensando che portassero alla meta. E poi è arrivato la visione della cima del monte e, cioè, l'unione con l'Amato, e cioè la liberazione. E da quel momento ha messo da parte ogni affetto, ogni desiderio, tutto a parte la conquista di quella meta. E adesso quella meta è raggiunta e lui è entrato nella Fiamma. E cosa accadrà dopo poco importa che la scintilla resti nella Fiamma o ne prorompa. E potete avere sempre con voi l'Amato anche prima di essere diventati uno con l'Amato. Se vi dico, e ve lo dirò, di essere uno e uno solo con l'Amato, lo faccio perché lo sento e lo so. Ho trovato quel che cercavo, mi sono immerso nell'Unità, e quindi non ci potrà essere separazione, perché pensieri, desideri, ambizioni, quelli del sé individuale, sono tutti distrutti. Ho raggiunto l'unità con l'Amore e noi due insieme andremo vagando sulla faccia della Terra».

Le conversazioni di Krishnamurti, dunque, vertevano tutte sul punto che la Verità ognuno doveva trovarla da solo. Ecco un paio di questi discorsi citati dalla Lutyens: «La Verità arriva come un ladro di notte, quando meno ve lo aspettate. Vorrei poter inventare un nuovo linguaggio, ma non potendolo, vorrei distruggere tutti i vecchi frasari e le antiche concezioni. Nessuno può darvi la liberazione, dovete scoprirla da voi, ma dato che io l'ho trovata vorrei indicarvi la via. Chi ha acquistato la liberazione è diventato il Maestro, come me. Consiste nel potere che tutti hanno di entrare nella Fiamma, di diventare la Fiamma. La liberazione non è per pochi eletti. La liberazione è vita e la cessazione della vita. È un gran Fuoco e quando vi entrate voi diventate la Fiamma e diventate scintille, lingue, particelle di quella Fiamma. Io sostengo che esiste una Vita Eterna che è la sorgente e la foce, l'inizio e la fine e pur sempre senza fine e senza inizio. Solamente in quella Vita ci si realizza veramente. E chi riesce a realizzare quella Vita, possiede la chiave della verità senza limiti. E quella Vita è per tutti e in quella Vita sono entrati il Buddha e il Cristo. Dal mio punto di vista, ho raggiunto e sono entrato in quella Vita. Quella Vita non ha forma come la verità non ha forme e non ha limiti. E a quella Vita tutti debbono tornare».

Dopo questi inviti ai «seguaci» a cercare la verità da se stessi, Krishnamurti passò a un vero «scontro» con gli esponenti della teosofia.
La Lutyens scrive che «in un incontro al campo disse: «È venuta l'ora ed è questa in cui non dovete essere più soggetti a nulla. Spero non ascoltiate nessuno ma porgerete ascolto solo alla vostra intuizione, alla vostra comprensione, e rifiuterete pubblicamente chi voglia presentarsi come mediatore per voi». I mediatori erano, naturalmente, i vertici della Società Teosofica. E avvertì chi lo stava a sentire che li avrebbe scossi dalle fondamenta. Nelle varie riunioni aveva dovuto rispondere a molte domande come: «È vero che non volete discepoli». «Cosa ne pensate dei rituali e cerimoniali?» «Siete il Cristo che torna?». Alcuni estratti delle risposte di Krishnamurti ci fanno intendere che chi poneva quelle domande l'aveva capito poco: «Ripeto e ribadisco di non avere discepoli. Tutti voi siete discepoli della Verità, se capite la verità e non seguite individui. L'unico modo di arrivare alla Verità è di diventare discepoli senza mediatori. La Verità non dà speranze, dà comprensione. Non c'è comprensione nel culto della personalità. Continuo a sostenere che tutti i riti liturgici sono inutili per crescere spiritualmente. Non parlate più di me come un'autorità. Mi rifiuto di farvi da puntello. Non ho alcuna voglia di entrare in una gabbia perché possiate onorarmi».
Lady Emily contribuì con un articolo su questo campo di Ommen all'International Str Bullettin del settembre 1928 che esprimeva la perplessità di molti dei partecipanti di quell'anno e sfogava anche il suo turbamento interiore: «Sembra così strano avere atteso per diciassette anni il Maestro del Mondo e ora che parla di quello che è di là da tutte le forme, ci sentiamo offesi e arrabbiati. Ci sta facendo fare il nostro lavoro, mentalmente ed emozionalmente, e questa è l'ultima cosa che ci saremmo aspettati da lui. C'è gente che se ne torna a casa nuda e sola, con le fondamenta del proprio essere sconvolte, comprendono la necessità di orientarsi in un proprio mondo in cui ogni valore è cambiato»».
«Essendo arrivato «dove termina il culto», e avendo imparato a parlare con l'autorità della propria esperienza - scrive Holroyd - Krishnamurti si sentì, naturalmente, in una falsa posizione verso la gente che lo adorava e lo considerava guida e luce. Anche Annie Besant si era dichiarata sua discepola e quand'era presente ai suoi discorsi non sedeva più vicino a lui sul baldacchino, ma sul terreno ai suoi piedi. Nel 1927 e nel 1928 i discorsi di Krishnamurti all'O.S.E., e agli altri incontri della Società Teosofica, testimoniarono la sua crescente impazienza verso tali atteggiamenti, e un'irritazione per la limitatezza e la restrizione create dall'immagine che la gente aveva di lui. «Costruirete un tempio», disse, «imporrete regole alle vostre menti, perché l'individuo Krishnamurti ha rappresentato per voi la Verità. Così innalzerete un tempio, istituirete cerimonie, inventerete frasi, dogmi, sistemi di fede, credi, e creerete filosofie. Se costruirete delle grandi fondamenta su di me, sull'individuo, sarete intrappolati in quella costruzione, in quel tempio e dovrete trovare un altro 'Maestro' che venga a liberarvi da quel tempio, che vi liberi da quelle ristrettezze». Qualche volta divenne tanto severo da rasentare gli insulti, nel tentativo di sbarazzarsi dei suoi seguaci. «Come sareste felici se decidessi per voi», disse a un raduno, «siete come bambini piccoli che non sanno stare in piedi e camminare da soli. Vi siete preparati per diciassette anni e siete intrappolati dalla vostra stessa creazione». «E», chiese, «cosa importerebbe alla gente di tutto il mondo degli insegnamenti della teosofia, del suo ruolo e dell'identità alle quali i suoi seguaci danno tanta importanza? Alla gente del mondo non interessa stabilire se si tratta di una manifestazione, di una teofania, o di una visitazione nel tabernacolo preparato per molti anni, o di Krishnamurti stesso. Ciò che diranno è: 'Soffro. Ho i miei piaceri effimeri e i
dolori mutevoli. Avete qualcosa d'eterno da offrire?'»».
Alle rimostranze dei capi della teosofia, la Lutyens scrive che Krishnamurti, così si espresse: «Voglio fare qualcosa e sto per farlo e questo è tutto. Sto per seguire quella via che è la sola Via. Nessuno può togliermi anche solo una particella di quell'Eterna Via che è in me».
Holroyd scrive che «Annie Besant, personalmente, non manifestò mai pubblicamente il disappunto e la delusione che provò, ma Leadbeater espresse i sentimenti di molti quando pronunciò l'assurda affermazione che «la Venuta era andata male»».

Krishnamurti decise, così, di troncare definitivamente i rapporti con la teosofia sciogliendo l'Ordine della Stella dell'Est. Ecco come Mary Lutyens descrive quest'avvenimento: «Il campo di Ommen del 1929 si aprì il 2 agosto in un'atmosfera di tensione e aspettativa, e per lo più i presenti erano coscienti di quello che stava per accadere. La mattina dopo, alla presenza di msr Besant, di oltre tremila rappresentanti della Stella, e con molte migliaia di olandesi in ascolto alla radio, Krishnamurti pronunciò il discorso con cui si scioglieva l'Ordine della Stella:
«Questa mattina dobbiamo discutere lo scioglimento dell'Ordine della Stella. Molti ne saranno felici, altri, invece, si sentiranno tristi. Ma non si tratta di una questione di felicità o di tristezza, perché è inevitabile, come sto per chiarire. Io proclamo che la Verità è una terra senza vie e non ci si può avvicinare con una via qualsiasi, con una religione, con una setta. È il mio punto di vista e vi aderisco assolutamente e incondizionatamente. La Verità non si può deprezzare a livelli infimi, ma ogni individuo deve sforzassi di raggiungerla con l'ascesi.  È questa la ragione per cui ho deciso, trovandomi a essere il capo dell'Ordine, di scioglierlo. E questo non deve stupire perché non voglio seguaci, cioè voglio dire che dal momento in cui seguite qualcuno smetterete di seguire la verità. E allora, naturalmente, mi chiederete perché me ne vado per il mondo a parlare ininterrottamente. Vi dirò per quale ragione lo faccio. Se ci saranno solo cinque persone che ascolteranno, che vivranno, che hanno lo sguardo verso l'Eternità, sarà sufficiente».
Holroyd rivela che «alla sua intima amica, la signora Emily Lutyens, scrisse: «Sto per aiutare il mondo intero a salire un po' più in alto di dove si trova»». I teosofi cercarono di sminuire l'avvenimento e Leadbeater disse che «la dottrina krishnamurtiana era destinata all'uomo medio e non a chi avesse già una posizione di privilegio», scrive la Lutyens citando anche la risposta di Krishnamurti: «Voi siete i prescelti, i pochi, gli eletti? In questo caso mi dispiace, perché non parlerò agli eletti. Quello che dico lo dico per tutti, compresi gli sventurati teosofisti».

Lasciata la Società Teosofica Krishnamurti ebbe l'opportunità di vivere, per un certo tempo, del tutto isolato. Mary Lutyens cita quanto lui lasciò scritto al riguardo: «Quest'essere così solo è stata un'esperienza tremenda ed era proprio quello di cui avevo bisogno. Tutto nella mia vita, almeno per ora, è arrivato al momento giusto. La mia mente è così serena ma concentrata. Questa solitudine mi è veramente gradita e non posso dire a parole cosa sento».
Per quanto riguardava il suo insegnamento, la sua biografa scrive che «Lady Emily e altri come lei sentivano che la sua dottrina si era fatta troppo astratta per essere veramente utile a chi era obbligato a vivere in un mondo competitivo, con responsabilità di famiglia; era, di fatto, una vera fuga dalla realtà della vita. Molti che non sono riusciti a capirlo avevano questa sensazione e l'hanno ancora».
Krishnamurti chiuse definitivamente con la Società Teosofica soltanto alla morte di Annie Besant, poiché spesso tornava a trovarla. La Lutyens scrive che «Mrs Besant si spense serenamente il 20 settembre 1933. E la sua morte tagliò l'ultimo legame di Krishnamurti con la teosofia. Da allora in poi Krishnamurti se ne andò per la sua strada, libero da ogni forma di organizzazione spirituale».
Krishnamurti ha continuato per tutta la vita a girare il mondo, almeno in quelle parti in cui gli era possibile esprimere il suo pensiero. La routine annuale, in ogni modo, era sempre l'Europa, l'India e gli Stati Uniti d'America. Viveva dappertutto, da un albergo a un cottage o ospite di qualche amico.
Sono sorte anche delle fondazioni che portano il suo nome in Inghilterra, in India e negli Stati Uniti. La Lutyens c'informa che sono di natura puramente burocratica e prendevano accordi per i suoi discorsi e per la pubblicazione dei suoi libri e lo aiutavano a dirigere le scuole di sua ispirazione.
Ultimamente, in una delle sue conversazioni, per richiesta di alcuni interlocutori, Krishnamurti ha ricordato brevemente il periodo della crisi e del grande evento che ne seguì, sottolineando, soprattutto, la questione del condizionamento. «La questione di base è: che relazione c'è tra il K di adesso e il K di prima? Molto poca direi. La questione di base è, come mai il ragazzo che fu «trovato» là, «scoperto», si è detto, come mai non è stato per niente condizionato fin dall'inizio, sebbene egli sia stato allevato in una famiglia di Bramini molto ortodossa e tradizionale, con le sue superstizioni, l'arroganza e lo straordinario senso religioso della moralità, ecc.? Perché allora non rimase condizionato? Il passato è morto, seppellito, andato. Il ragazzo sopportò ogni genere di cose. Una delle cose da chiedersi è se anche gli altri debbono sottostare a questo stesso procedimento. Cristoforo Colombo scoprì l'America con navi a vela e su mari pericolosi e così via, anche noi dobbiamo sopportare tutto ciò per andare in America? Mi capite? È molto più semplice andare in aereo! Questa è una delle domande. Come sia stato allevato il ragazzo è una questione nient'affatto pertinente; ciò che è pertinente è solo l'insegnamento attuale e nient'altro. Quel che è importante in tutto ciò è: è possibile che la mente, pur passando attraverso ogni tipo di esperienza, sia immaginaria sia reale - poiché la Verità non ha nulla a che fare con l'esperienza, non si può sperimentare in alcun modo la Verità, è là, non potete sperimentarla - pur attraversando tutti questi vari stadi immaginari, illusori o reali, è possibile che la mente non resti condizionata mai, e non soltanto nell'infanzia. Questo è il problema di fondo».
Purtroppo la sua intera esistenza è stata, in un certo modo, tormentata dall'immagine che la gente aveva di lui. È poco dire che da quando fu «scoperto» da ragazzo, fino alla sua morte, è sempre stato considerato un fenomeno vivente. Ed egli, fino agli ultimi discorsi della sua vita, è sempre stato costretto a riprendere il pubblico dal culto della personalità. Infatti, diceva: «È importante capire che non c'è nessun culto della personalità. La persona chiamata Krishnamurti non è affatto importante. È importante ciò che dice, non il suo aspetto, la sua personalità, o tutte le altre sciocchezze. Mi dispiace per lui! Sfortunatamente si è fatta una certa reputazione a causa dei libri e tutto il resto».

Mary Lutyens ci segnala pure dei curiosi particolari della vita di Krishnamurti, come che da bambino «era capace di starsene a lungo a guardare gli alberi e le nuvole o di accoccolarsi a terra fissando piante e insetti. Queste osservazioni molto ravvicinate della natura sono un'altra caratteristica che gli è rimasta». Oppure che «aveva una spiccata propensione per la meccanica. Un giorno, suo padre non c'era, smontò l'orologio del padre pezzo per pezzo e si rifiutò di andare a scuola o di mangiare se non l'avesse rimesso insieme. Quest'inclinazione, come del resto la sua generosità, sono state una costante di tutta la sua vita». Lui stesso confida questo particolare, parlando di sé in terza persona: «Aveva sempre amato la meccanica; aveva smontato il motore di una macchina e quando lo rimise in moto girò come nuovo».

Tutte le manifestazioni delle brutture umane sembrano siano avvenute durante la vita di Krishnamurti, ed egli costantemente vi coglieva esempi per indicare che l'uomo cambiasse se stesso.
«Krishnamurti è vissuto in un tempo e in un mondo pieno d'incredibili travagli politici e sociali. - Scrive Holroyd - Ha visto guerre e rivoluzioni distruggere milioni di vite umane, ha osservato come i cambiamenti sociali e tecnologici disorientano la gente nel presente e la intimoriscono per il futuro e, in modo particolare, per la sua nativa India, ha visto società agonizzanti nel processo di autodistruzione, a causa della loro rigida aderenza ai modi tradizionali di pensiero e di comportamento.
All'inizio degli anni '50 fu chiesto a Krishnamurti perché pensasse che la crisi nel mondo, in quel tempo, fosse eccezionale. Egli ne diede tre ragioni. Primo perché i conflitti mondiali non erano per questioni territoriali o economiche, ma per idee, e gli ideologici erano gli assassini più spietati, pronti a chiedere qualsiasi sacrificio per la causa del loro chimerico ideale. Secondo, perché l'uomo e il valore della vita umana avevano cessati di essere importanti per i capi politici mondiali, che potevano osservare con tranquillità lo sterminio di milioni di persone se poteva tornare utile alla loro politica. E terzo l'importanza esagerata che l'uomo dava ai valori materiali e individualistici, poiché tale atteggiamento mentale era la base della violenza e dell'odio umano. Queste circostanze, disse Krishnamurti, costituivano una crisi senza precedenti che richiedeva una soluzione senza precedenti; niente di meno che una rivoluzione psicologica, un cambiamento fondamentale nella mente e nella natura dell'uomo».
Infatti, al riguardo delle riforme ecco quanto ha sempre asserito: «Mettiamo completamente da parte l'intero pensiero di riforma, eliminiamolo dal nostro sangue. Dimentichiamo assolutamente quest'idea di voler riformare il mondo». L'unica soluzione, diceva, dev'essere «un'enorme rivoluzione dentro di noi. Questa è la sola rivoluzione. Ma c'è dentro di voi una completa rivoluzione interiore? Se non c'è e tuttavia volete una rivoluzione esteriore, allora non farete che portare altro caos nel mondo. E il caos nel mondo c'è. Ogni sorta di rivoluzione fisica esteriore, politica, economica, sociale, si risolve sempre in una dittatura, in burocrati o idealisti o in qualche conquistatore. L'idealista, che è anche un rivoluzionario, sebbene possa parlare convincentemente della libertà, inevitabilmente genererà una dittatura dei pochi e dei molti. Noi vogliamo cambiare la superficie delle cose senza andare al nocciolo della questione. Il nocciolo della questione è l'educazione. Tutti gli entusiasti del cambiamento esterno ignorano i problemi fondamentali».

Di Krishnamurti, facciamo rilevare pure la sua grande compassione che l'ha spinto per tanti anni a girare il mondo. Bruno Ortolani ci confida che quando una volta vecchio, «fu chiesto a Krishnamurti: «Quando smetti d'insegnare, di parlare alla gente, di avere conversazioni?». Questi rispose: «Vuoi dire: quando morirò!»».

La Lutyens scrive che Krishnamurti tenne l'ultimo discorso mentre si trovava nella fondazione indiana a Vasanta Vihar: «Il 4 gennaio 1986 Krishnamurti concluse il suo terzo discorso - l'ultimo della sua vita - con le parole: «La Creazione è qualcosa di quanto mai sacro. È la cosa più sacra della vita e se voi fino a oggi avete vissuto a caso, cambiate il vostro atteggiamento. Se non fate questo non potete entrare in questo mondo della Creazione».
Termina qui. Le ultime due parole, alitate più che pronunciate, si sentono appena. Si possono udire solo nella cassetta. Non poterono giungere alle orecchie del pubblico.
Quindi, dopo una lunga pausa, Krishnamurti aggiunse: «Questo è l'ultimo discorso. Volete rimanere seduti tutti insieme in silenzio, per qualche minuto? Bene, signori, rimanete qualche minuto in silenzio»».
Dopo questo Krishnamurti si recò nella fondazione californiana di Ojai e, ricoveratosi all'Ojai Hospital, gli diagnosticarono un tumore al fegato.
La Lutyens scrive che «il dottor Parchure gli disse che probabilmente aveva un cancro per cui non esistevano cure. La cosa sconvolse Mary e Scott, che la consideravano prematura, finché il dottor Parchure spiegò che aveva promesso molto tempo addietro a Krishnamurti di dirgli immediatamente se vedeva un qualsiasi rischio di morte e che, nell'eventualità che intervenisse il coma, aveva sentito di dover adempiere alla sua promessa. L'esame confermò la presenza nella massa al fegato, con calcificazione del pancreas, facendo pensare che fosse quest'ultimo la sorgente prima del male. Quando il dottor Deutsch lo informò, Krishnamurti chiese di poter tornare a Pine Cottage: non voleva morire in ospedale».
La parola morte era stata sempre presente sulle labbra di Krishnamurti. Una volta disse: «Vi chiedo come amico: potete morire mentre vivete? La morte del corpo è reale, concreta, il corpo viene cremato, sepolto, ed è ciò che più viene temuto. Si può vivere insieme alla morte durante la vita?». Prima di morire, scrive la Lutyens, «disse al dottor Deutsch: «Io non ho paura di morire perché ho vissuto con la morte per tutta la vita. Non ho mai portato con me alcun ricordo».
Contrariamente a quanto avviene di solito che gli assistenti confortano il malato, qui fu il malato a dover confortare gli assistenti addolorati. Così vediamo che, nonostante Krishnamurti per tutta la vita abbia negato sia l'autorità sia di essere considerato un maestro, in questo caso, a quelli che lo assistevano, tra i quali c'era anche Mary Lutyens, disse: ««Fintanto che questo corpo vive sono sempre il maestro. Krishnamurti è qui come fosse sul palco. Io sono sempre il capo». Fu una forte emozione sentire Krishnamurti dire queste cose. Si sarebbe potuto dubitarne?

Krishnamurti morì nel sonno il 17 febbraio, subito dopo la mezzanotte. Com'era nei suoi desideri, soltanto alcune persone lo videro dopo la morte e solo un pugno di amici furono presenti alla cremazione, che ebbe luogo a Ventura, alle otto di mattina di quello stesso giorno».
A Pupul Jayakar, una donna indiana sua grande amica, aveva detto il pomeriggio precedente: «Pupul, questa sera io mi allontanerò e passeggerò lì, sulle montagne, e la nebbia salirà».

Non possiamo concludere questa breve biografia di Krishnamurti senza parlare di alcuni misteri sorti intorno alla sua persona. Del primo, vale a dire dell'acquisizione eccezionale del Donum Dei, ne sveleremo più avanti l'enigma. Per quanto concerne gli altri, che sembrano poi in contraddizione, cioè che Krishnamurti conosce alcune verità segrete, come confidò a Mary Zimbalist, riportate dalla Lutyens:  «È tutto deciso da qualcun Altro. Non posso parlarne. Non mi è consentito, capisci? È molto più serio. Ci sono cose che tu non sai. Enormi, e io non posso dirtele».
Quest'esoterismo nella vita di Krishnamurti ha sorpreso tutti ma, scrive ancora la Lutyens, che a lei stessa confidò queste parole: «Io non posso guardare dietro il velo, non posso farlo. Ho tentato con Pupul Jayakar e vari studiosi indiani che me lo chiedevano.  Siamo giunti ad un impasse. Tu potresti riuscirci perché stai scrivendo un libro al riguardo. Io no. Io vedo qualcosa; quello che ho detto è vero: io non potrò scoprirlo mai. Sono sicuro che se altri ci si applicano possono arrivarci. Sono assolutamente sicuro di questo. Assolutamente, assolutamente, e sono anche sicuro che io non posso scoprirlo». Di questi altri misteri, dunque, avremo modo di parlarne in un prossimo libro.

 

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