in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

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(Yun Men)

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"Su ogni tavolo c'erano narcisi selvatici"
(Jiddu Krishnamurti)


 

da: Jiddu Krishnamurti
La sola rivoluzione pp. 129/130
Ed. Ubaldini - Roma

 

Su ogni tavolo c'erano narcisi selvatici, freschi, appena colti dal giardino, con ancora intatto l'incanto della primavera. Su un tavolo accanto c'erano dei gigli, biancovellutati, dal cuore  intensamente giallo. Vedere quel bianco vellutato e il giallo brillante di quei narcisi era come vedere il cielo, profondo, illimitato, silenzioso.

 Quasi tutti i tavoli erano occupati da gente che parlava a voce alta e rideva. A un tavolo vicino, una donna dava da mangiare furtivamente al suo cane la carne che non mangiava. Tutti, a quanto pareva, avevano grosse porzioni e non era un bello spettacolo veder gente mangiare; forse è barbaro mangiare pubblicamente. Un uomo, dall'altra parte della sala, si era rimpinzato di vino e carne e si stava accendendo un grosso sigaro, con un che di beato sulla grassa faccia. Sua moglie, grassa come lui, si accese una sigaretta. Sembravano fuori del mondo.

 Ed essi erano lì, i gialli narcisi selvatici, e nessuno sembrava curarsi di loro. Erano lì per scopi decorativi che non avevano alcun senso; e, quando li osservavi, il loro giallo brillante riempiva la  sala rumorosa. Il colore ha questo strano effetto sull'occhio. Non avveniva tanto che l'occhio assorbisse il colore, quanto che il colore sembrasse riempire il tuo essere.
Tu eri quel colore; tu non diventavi quel colore, tu lo eri, senza identificazione o nome: l'anonimità che è innocenza.

Dove non c'è anonimità c'è la violenza, in tutte le sue forme.

 Ma tu dimenticasti il mondo, la sala piena di fumo, la crudeltà dell'uomo e la rossa, disgustosa carne; quegli eleganti narcisi sembravano portarti al di là del tempo.
 L'amore è così. In lui non c'è tempo, né spazio, né identità. E' l'identità che genera il piacere e l'affanno; è l'identità che porta con sé l'odio e la guerra e innalza un muro intorno agli uomini, intorno al singolo, intorno a ciascuna famiglia e comunità. L'uomo deve superare il muro per incontrare il suo simile, che è chiuso anche lui entro un muro; la morale è una parola che stabilisce un ponte fra i due, e così diventa brutta e vana.
 L'amore non è così; è come quel bosco dall'altro lato della via, che ogni momento si rinnova perché ogni momento muore. In lui non c'è permanenza, la permanenza cercata dal pensiero; è un movimento che il pensiero non potrà mai capire, toccare o sentire. Il sentimento del pensiero e il sentimento dell'amore sono due cose differenti; l'uno porta alla schiavitù e l'altro alla fioritura della bontà.

Quella fioritura non avviene entro la sfera di nessuna società, di nessuna cultura, di nessuna religione, mentre la schiavitù appartiene a tutte le società, credenze religiose e fede nell'altro. L'amore è anonimo, quindi non violento. Il piacere è violento, perché in esso agiscono come fattori sollecitanti il desiderio e la volontà. L'amore non può essere generato dal pensiero, né dalle buone opere. La negazione dell'intero processo del pensiero diviene la bellezza dell'azione, che è amore. Senza di che non c'è beatitudine di verità.

 E laggiù, su quel tavolo, si ergevano i narcisi selvatici . . .

 

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