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La mente non può spingersi nell'incognito
Può ciò che è incommensurabile essere trovato da te e da me? Può ciò che non è del tempo essere scovato da quella cosa che è fatta di tempo? Può una disciplina praticata diligentemente condurci all'ignoto? Vi è un mezzo per giungere a ciò che non ha né principio né fine? Può quella realtà essere colta nella rete dei nostri desideri? Ciò che noi possiamo catturare è la proiezione di ciò che è noto; ma l'ignoto non può essere colto dal noto. Ciò che ha un nome non è ineffabile e nominando noi ridestiamo soltanto dei riflessi condizionati. Questi riflessi, per nobili e belli, non sono le risposte del reale. Noi reagiamo a degli stimoli, ma la realtà non offre stimoli: essa è. La mente muove dal cognito al cognito e non può spingersi nell'incognito. Non possiamo pensare a qualcosa che non conosciamo; è impossibile. Ciò che pensate viene dal cognito, dal passato, sia questo passato remoto o il secondo appena trascorso. Questo passato è pensato, foggiato e condizionato da molte influenze, si modifica secondo le circostanze e le pressioni, ma rimane sempre un processo temporale. Il pensiero può soltanto negare o asserire, non può scoprire il nuovo. Il pensiero non può trovare il nuovo; ma quando il pensiero tace, allora può esserci il nuovo: che è immediatamente trasformato nel vecchio, nello sperimentato, dal pensiero. Il pensiero forma sempre, modifica, cobra secondo uno schema di esperienza. La funzione del pensiero è di comunicare, ma non di essere nello stato di sperimentazione. Quando la sperimentazione cessa, allora subentra il pensiero e la definisce entro la categoria del cognito. Il pensiero non può penetrare nell'incognito, così che non può mai scoprire o sperimentare la realtà. Discipline, rinunce, distacchi, riti, esercizio della virtù, tutte queste cose, per nobili che siano, sono il processo del pensiero; e il pensiero può soltanto operare verso un fine, una conquista, che sono sempre del cognito. Il conseguimento è sicurezza, la certezza auto-protettiva del cognito. Cercare la sicurezza in ciò che è senza nome vuoi dire negarla. La sicurezza che si può trovare è soltanto nella proiezione del passato, del cognito. Per questa ragione la mente deve rimanere in profondo e totale silenzio; ma questo silenzio non può essere acquistato mediante il sacrificio, la sublimazione o la soppressione. Questo silenzio viene quando la mente non cerca più, non è più presa nel processo del divenire. Questo silenzio non è cumulativo, non può essere creato attraverso la pratica. Questo silenzio deve essere così sconosciuto alla mente come ciò che è senza tempo; perché se la mente sperimenta il silenzio, allora c'è lo sperimentatore che è la somma di esperienze passate, che è consapevole di un passato silenzio; e ciò che è sperimentato dallo sperimentatore è soltanto una ripetizione che si auto-proietta. La mente non può mai sperimentare il nuovo, così che la mente deve starsene tranquilla all'estremo. La mente può tacere solo quando non sperimenta, vale a dire quando non definisce o nomina, non registra e non accumula nella memoria. Questo dare un nome e registrare è un processò Continuo dei differenti strati della coscienza, non soltanto della mente più elevata. Ma quando la mente superficiale è in quiete, la mente più profonda può far sentire le sue intimazioni. Quando l'intera coscienza è muta e tranquilla, libera d'ogni divenire, che è spontaneità, allora soltanto l'incommensurabile viene in essere. Il desiderio di conservare questa libertà dà continuità alla memoria del diveniente, la qual cosa è un ostacolo alla realtà. La realtà non ha continuità; è di momento in momento, sempre nuova, sempre recente. Ciò che ha continuità non può mai essere creativo.
La
mente superiore è soltanto uno strumento di comunicazione, non può misurare ciò
che è incommensurabile. Della realtà non si deve parlare; e quando se ne parla,
non è più realtà.
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